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venerdì 16 ottobre 2015

La pietà dell'acqua di Antonio Fusco Recensione

Buon venerdì! La recensione di oggi riguarda La pietà dell’acqua, il secondo romanzo di Antonio Fusco che ha come protagonista il Commissario Casabona. Un romanzo Noir particolare, in cui si mescolano le caratteristiche tipiche del giallo ma anche uno stile di scrittura molto affascinante ed intenso.



Titolo: La pietà dell'acqua
Autore: Antonio Fusco
Editore: Giunti
Pagine: 224
Genere: Noir
Prezzo: € 12,90
Uscita: 3 Giugno 2015

TRAMA

È un ferragosto rovente e sulle colline toscane ai confini di Valdenza viene trovato il corpo di un uomo, ucciso con una revolverata alla nuca, sotto quello che in paese tutti chiamano “il castagno dell’impiccato”. Non un omicidio qualunque, ma una vera e propria esecuzione, come risulta subito evidente all’occhio esperto del commissario Casabona, costretto a rientrare in tutta fretta dalle ferie, dopo un’accesa discussione con la moglie. Casabona non fa in tempo a dare inizio alle indagini, però, che il caso gli viene sottratto dalla direzione antimafia. Strano, molto strano. Come l’atmosfera di quei luoghi: dopo lo svuotamento della diga costruita nel dopoguerra, dalle acque del lago è riemerso il vecchio borgo fantasma di Torre Ghibellina, con le sue casupole di pietra, l’antico campanile e il piccolo cimitero. E fra le centinaia di turisti accorsi per l’evento, Casabona si imbatte in Monique, un’affascinante e indomita giornalista francese. O almeno, questo è ciò che dice di essere. Perché in realtà la donna sta indagando su un misterioso dossier che denuncia una strage nazista avvenuta proprio nel paesino sommerso.
Un dossier scottante, passato di mano in mano come una sentenza di morte, portandosi dietro un’inspiegabile catena di omicidi. E tra una fuga a Parigi e un precipitoso rientro sui colli, Casabona sarà chiamato a scoprire che cosa nascondono da decenni le acque torbide del lago di Bali. Qual è il prezzo della verità? E può la giustizia aiutare a dimenticare?

Antonio Fusco è nato nel 1964 a Napoli. Laureato in Giurisprudenza e Scienze delle Pubbliche amministrazioni, è Funzionario nella Polizia di Stato e Criminologo forense. Ha lavorato a Roma e a Napoli. Dal 2000 vive e lavora in Toscana.



“Passano i secoli, ma a fare la storia sono sempre uomini che ammazzano altri uomini.”


La pietà dell’acqua di Antonio Fusco racconta della seconda indagine del Commissario Casabona, personaggio molto interessante e sicuramente ben riuscito, già protagonista del primo romanzo dell’autore, intitolato Ogni giorno ha il suo male.

Non ho letto la prima prova letteraria di Fusco ma di una cosa sono certa: i titoli dei suoi libri sono sempre estremamente evocativi e suggeriscono fin dall’inizio quel tono particolare e speciale che il suo stile di scrittura è capace di infondere alle pagine e alla storia che si accinge a raccontare.

La pietà dell’acqua è un titolo che ha la stessa forza di un verso poetico, di una frase capace di stuzzicare l’immaginazione e di infondere quel senso di "altro" necessario per apprendere nella maniera più naturale e spontanea possibile, il senso diversificato della storia. In altre parole quello che leggiamo non è un semplice noir, ma è molto altro, incastrato alla perfezione tra la bravura tecnica e formale dell’autore e la sua visione poetizzata dei fatti.

Il Commissario Casabona viene chiamato ad indagare riguardo un omicidio avvenuto in Valdenza, durante un’estate torrida e malignamente calda, la cui atmosfera è ampiamente narrata da un linguaggio capace di rubare alle parole il loro valore più intrinseco e renderlo al lettore su un piatto d’argento, senza alcuno sforzo o apprensione.

E’ così che con naturalezza e una sorta di scioglievolezza liquida e filiforme il paesaggio nudo e caldo s’impone nella sua storia e soprattutto nei suoi echi di violenza distorta ed ottenebrata.
Un uomo viene trovato ucciso sotto quello che viene chiamato Il castagno dell’impiccato. Il suo non può essere un suicidio perché il corpo e il modo in cui è stato ucciso fanno pensare immediatamente ad un’esecuzione. Il commissario con i suoi fedeli colleghi inizia a porre domande, a scavare segreti, accompagnato da un clima molto strano ed inquietante.

Nella stessa zona che è stata appena macchiata dal sangue e dalla morte, attraverso dei lavori di manutenzione atti a svuotare la diga, emerge il borgo di Torre Ghibellina, un luogo molto particolare che viene sommerso dalle acque e che riemerge soltanto in determinate occasioni.
Cosa può mai esserci di più misterioso di un luogo fantasma che appare e scompare come se volesse eternamente nascondere qualcosa?

E non a caso proprio di questo si tratta perché l’omicidio non è l’unico fatto inspiegabile che è avvenuto in quel posto. Ad esso sono collegate altre uccisioni e soprattutto altre storie che riportano la narrazione indietro nel tempo, a molti anni prima, a diretto contatto con le truppe fasciste e con il dolore e la morte con cui, durante il periodo della guerra, sono stati soffocati quei luoghi di pace.

Un soffocamento che ha visto marcire sotto le acque dell’abbandono e della noncuranza prima fra tutte proprio la verità, quella con la lettera maiuscola, quella che Casabona cerca ostinatamente e alla quale non vuole rinunciare per nessuna cosa al mondo. Il suo personaggio è davvero ben riuscito. Un uomo colto nelle sue debolezze e nelle sue fragilità, che scopriamo anche dal punto di vista familiare, alle prese con i problemi personali con la moglie e che conosciamo come una persona estremamente umana, onesta, ligia al proprio dovere. Insomma l’autore non ci regala un commissario con le solite caratteristiche che già conosciamo, con una vita turbolenta, pieno di cinismo e autoironia, il suo è un uomo che ha dei valori molto forti, capace di lasciarsi condizionare dagli eventi ma non per questo disposto a farsi corrompere. Il suo unico obiettivo è il rispetto della giustizia, a qualunque costo.

Ma in un posto come il borgo di Torre Ghibellina, la giustizia è morta ammazzata molti anni prima. Il silenzio, l’odio, la vergogna sono diventati i nuovi padroni di un popolo che ha nascosto la testa sotto la sabbia e che si è lasciato insudiciare da chi comandava, dai politici e dai sotterfugi creati ad arte per nascondere l’innominabile.

Una vera e propria strage si nasconde tra le pieghe dei muri divenuti sordi di quel luogo che sembra aver sfidato persino il tempo. L’acqua lo nasconde e lo rivela a suo piacimento, e così nell’apparente eternità di quella voce sorda e priva di sgomento, si racchiude tutto il senso di una storia, quella che Antonio Fusco vuole raccontarci, promettendoci giustizia e verità.

La narrazione scorre in modo naturale, il linguaggio non è per niente difficile, si viene con disinvoltura accompagnati fin dove la nostra curiosità e il nostro coraggio sono pronti ad arrivare, perché in fondo la vicenda raccontata affonda le proprie radici in un passato che molti hanno voluto dimenticare, che sono stati costretti a mettere da parte in virtù di un silenzio millantatore. Fusco riesce ad unire le atmosfere tipiche dei gialli, usando serietà, preparazione, consapevolezza, senza neanche la più piccola incrinatura o passo falso, ad una visione poetica ed incalzante che valica i confini stessi del romanzo di genere per sussurrare al lettore molto più di quanto viene chiaramente detto.

Il male è il tema principale, voltato e rivoltato in tutte le sue terribili sfaccettature.
 Il male e la memoria. Il romanzo si sarebbe potuto chiamare anche la memoria dell’acqua, perché le acque non solo nascondono il borgo macchiato di sangue ma lo conservano anche intatto nella sua maledizione di luogo perverso e vittima di un dolore e di un  affronto ancora più temibile perché di matrice umana. Figlio di una strage che ha corrotto una guerra, che ha insudiciato una speranza e che ha indotto a decapitare la verità in nome di menzogna che si salva solo perché è rassicurante.

“La menzogna è rassicurante e con il tempo si fa dimenticare. La verità, invece, è rivoluzionaria. Se ci si abitua non basta mai. La cerchi dappertutto, senza chiederti quanto forte sarà la collera di chi l’ha nascosta dove tu l’hai scovata.”

Il connubio verità e memoria, giustizia e speranza, pietà e vergogna, violenza e morte. La pietà dell’acqua è un romanzo intenso, fruibile in tutta la sua passionalità di storia raccontata con giudizio e con attenzione.

“La memoria è pericolosa, se poi non abbiamo la capacità di dimenticare. Ma come si fa a dimenticare il male assoluto?”

Ripercorre vicende che hanno segnato il dolore e la vita di tutti, e lo fa con rispetto e con la dovuta delicatezza. Un senso di giustizia piegato ed oltraggiato che sopravvive ancora oggi mentre se ne sta cadendo a pezzi. Ma Fusco ci ha donato una visione diversa, una storia in cui prima di tutto si esalta la lotta, la ricerca e la costante consapevolezza di non fermarsi davanti a nulla. Una denuncia chiara ma soffusa, che non ha la voce dell’accusa o della recriminazione ma è una dichiarazione calma e pacata, paziente e sensata, esattamente come quella pronunciata da una persona onesta e vera. La stessa consapevolezza e sicurezza senza bisogno di urla o di esaltazione di chi è cosciente della propria verità. Perché la verità non ha bisogno di spettacolo, né di presentazioni. La verità come dice Fusco, è rivoluzionaria, non si dimentica. E noi non dimentichiamo.



16 commenti:

  1. Fusco scrive meravigliosamente e questo libro è bellissimo, appena finito sono corsa ad ordinare il primo :-)

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  2. non ho mai letto libri di Fusco, ad essere sincera;la trama però sembra molto interessante! Mi hai incuriosita!

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  3. non conosco l'autore ma leggo volentieri questo genere di libri, la trama mi ha già appassionato!

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  4. ciao davvero impressive il tuo post!

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  5. Non è il mio genere, preferisco i fantasy.

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  6. Ho letto entrambi i romanzi, fantastici!

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  7. i gialli a me piacciono tantissimo, come quelli rosa, questo mi ha colpito tanto!

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  8. io adoro i gialli e i noir, questo mi ha colpito, da leggere

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