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lunedì 15 gennaio 2024

Recensione: MARABBECCA di Viola Di Grado

Buongiorno! Grazie alla collaborazione con la casa editrice La nave di Teseo, oggi vi parlo dell'ultimo romanzo di Viola Di Grado, dal titolo Marabbecca.

marabbecca

di Viola Di Grado
Editore: La nave di Teseo
Pagine: 208
GENERE: Narrativa contemporanea
Prezzo: 9,99€ - 19,00
Formato: eBook - Cartaceo
Data d'uscita: 2024
LINK D'ACQUISTO: ❤︎
VOTO: 🌟🌟🌟🌟 

Trama:
Un pomeriggio di fine estate Clotilde e Igor, dopo essersi lasciati, hanno un incidente d’auto. Lei rimane ferita, lui finisce in coma. Mentre veglia sul suo sonno impenetrabile, Clotilde inizia a ricevere visite della ragazza responsabile dello schianto, una fragile studentessa di ornitologia di nome Angelica, e tra loro nasce un rapporto indecifrabile e intenso. Quando Igor sì sveglierà dal coma – radicalmente trasformato eppure immutato nella sua indole violenta – la sua presenza logorerà l’equilibrio precario delle due donne: nello spazio magico e claustrofobico di una stanza piena di uccelli, i tre personaggi precipiteranno in un dedalo tortuoso dove i sentimenti muteranno forma a ogni curva. Ambientato in una Sicilia asfittica e mitologica, solcata da cieli accecanti e ceneri nere, Marabbecca è un romanzo visionario che pone domande cruciali sull’identità: su cosa significa dire “io” e sulle collisioni con l’altro che in qualche modo raccontano chi siamo davvero. Come la "Marabbecca", personificazione nel folklore siciliano dell’oscurità e delle insidie dell’inconscio, leggendo ci si muove in un buio sfavillante, illuminati solo dalla luce lunare della scrittura, fino al vertiginoso finale.

RECENSIONE

Marabbecca è un romanzo dove la verità è una menzogna e dove il delirio è come l’illusione, ci sguazzi dentro fino a quando non ti rendi conto che sei tu ad alimentarlo, con la parte più oscura di te stesso. 

Clotilde lascia il fidanzato Igor. Un uomo di cui si è invaghita fin dal primo istante, così freddo, glaciale, determinato, un uomo che le ha sempre parlato una lingua fatta di misure e di sensualità. Una bellezza disincantata che Clotilde ha vissuto come la bella copia delle sue disgrazie, e come ogni bellezza che si rispetti, la bellezza di Igor l’ha salvata. 

Un incidente manda Igor direttamente in coma e Clotilde sopravvive con un braccio rotto e con la testa spaccata tra la confusione e la meraviglia. Una ragazza di nome Angelica ha provocato l’incidente. Una donna, e il nome non mente, che rappresenta l’angelo che la condurrà lontano dalle sue pene e dalle sue infermità mettendola a confronto con se stessa e con le sue decisioni fino ad allora solo in apparenza giuste. 

La protagonista ha perso il padre, morto di malattia, e ha una madre, con soldi e rimorsi, che la ignora, un giorno sì e l’altro pure. Insomma, una situazione affettiva deleteria che la conduce a vivere un rapporto con Igor in modo distruttivo. Clotilde sa che in Igor c’è qualcosa che non va, parla usando toni paternalistici, ha uno sguardo cinico, e lei che era già depressa, sceglie quella relazione perchè vuole che quel fondo diventi ancora più nero e vero. Uno sfidare le leggi della fisica per scoprire cosa c’è oltre la fine della fine. Una sorta di decapitazione volontaria, di immersione dalla testa ai piedi in un mare nero fatto di solitudine e di cenere. E gli occhi di Igor, neri e lucenti, la penetrano come pugnali promettendole un dolore vano ma sexy. 

Sullo sfondo, il vulcano, la città natia dell’autrice, una Catania sporca, piena di smog, di sentimenti che lasciano tracce sudicie nelle anime dei viventi. Di musica, karaoke, di lava fredda riversa sui marciapiedi calpestati da gente matta e da criminali. 

Clotilde vive ma non c’è, e quando il legame con Angelica diventerà più forte e si trasformerà in un connubio sessuale del tutto nuovo, Igor si sveglierà dal coma e niente sarà più lo stesso. In un ritorno alle origini, con salti febbricitanti e colpevoli nel passato, scopriamo le violenze che Igor le perpetrava, quel suo carattere duro e autoritario, quella personalità sinistra e poco incline all’accondiscendenza e alla complicità. 

Ma ora che Igor è tornato dal regno dei morti, è cambiato. Ha avuto danni al cervello che lo hanno trasformato in un bambino che non parla, che ha bisogno di essere accudito. Un bambino dal corpo di un uomo da cui Clotidide vuole tenersi lontana, ma qualcosa dentro di lei le impone di prendersi questo carico e di sollevarlo da sola. Vivono insieme in tre, e da questo rapporto strano e contorto nascono scenari e immagini inquietanti. 

Clotilde è convinta che la 'marabbecca' sia Igor. Nella tradizione siciliana, la marabbecca è una figura fatta di buio e di ombra, senza alcuna fattezza precisa. È qualcosa che provoca angoscia e paura. Quando la storia si concluderà senza però concludersi per davvero, capiremo che Clotilde ci ha mentito. Che tutto quello che abbiamo letto è solo una versione delle mille verità possibili. E sopratutto avremo coscienza che la marabbecca è Clotilde stessa, il suo inconscio, le sue paure e i suoi sensi di colpa. 

Angelica che fa l’ornitologa, ha una casa piena di gabbie e di uccelli. Il simbolo della gabbia è lampante. È la protagonista stessa a infilarsi dentro una gabbia e se ne rende conto piano piano, capendo che la libertà prima di essere fisica, è mentale. 

Uno stile veloce, ma che provoca sensazioni che ti restano addosso e che ti fanno immaginare non sempre in modo positivo ciò che scaturisce dalla mente infestata da incubi e da sogni malandati e senza via d’uscita. La scrittura dell’autrice è come un cappio che ti soffoca. Sta lì lì per mollare, ti sembra di cadere, in realtà non cadi mai. Semplicemente dopo il vuoto, c’è la sospensione. E ti sembra di volare. 

Le storie di Viola Di Grado non hanno filtri, sono animate da una passione sotterranea che usa la realtà per smascherare gli incubi. Metafore nemmeno tanto velate, come il vulcano, le voliere, gli uccelli che sono protagonisti tanto quanto gli altri personaggi; l’incidente, la marabbecca, sono tutte versioni diverse di una stessa realtà, quella personale. 

Un romanzo che ti risucchia, ti mastica e ti getta fuori, scomposto e disordinato. Alle prese con emozioni violente e primordiali. Con istinti che sembrano fatti di buio, in realtà, la luce c’è, un po’ fredda all’inizio, ma se aspetti, è capace pure di scaldare tutto.

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