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martedì 8 ottobre 2024

Recensione: VIVA IL LUPO di Angelo Carotenuto

Buongiorno! Grazie alla collaborazione con la casa editrice Sellerio, oggi vi parlo di Viva il lupo di Angelo Carotenuto.

viva il lupo

di Angelo Carotenuto
Editore: Sellerio
Pagine: 256
GENERE: Narrativa contemporanea
Prezzo: 9,99€ - 16,00
Formato: eBook - Cartaceo
Data d'uscita: 2024
LINK D'ACQUISTO: ❤︎
VOTO: 🌟🌟🌟🌟 

Trama:
Un mercoledì di fine luglio Gabriele Purotti si sveglia senza voce. Ha poco più di cinquant’anni ed è il leader dei Dorita, uno dei gruppi rock più in vista della scena indie italiana. Tutti lo conoscono come Puro, è diventato davvero famoso grazie alla televisione, ogni settimana gli passano davanti le giovani speranze della musica italiana e lui è il loro giudice, nel talent show musicale di maggior successo, «Viva il lupo». Adesso il suo futuro di cantante è a rischio, i medici non sanno darsi spiegazioni, lui sì. La voce si è spenta appena saputo della morte di Tete, una ragazzina sedicenne. È stata travolta da un treno mentre attraversava in monopattino un passaggio a livello, con le cuffie alle orecchie e la musica alta. Due giorni prima, alle audizioni del programma, aveva dimostrato un grande talento. Però era stata rifiutata con il voto decisivo del Puro. Forse – sospetta la Procura – potrebbe essere stato un gesto volontario. Gabriele sprofonda nell’abisso del rimorso e comincia una doppia ricerca, dentro e fuori di sé. Vuol sapere tutto di Tete, ricostruire i suoi sogni e quel mondo che sente d’aver spezzato. Poi ha l’urgenza di rintracciare le altre ragazze e i ragazzi da lui bocciati negli anni, di verificare se si è lasciato dietro una scia di dolore e disperazione. Mentre la gara televisiva prosegue inarrestabile senza di lui, macinando rivalità e rancori, vincitori e sconfitti, Puro riesce a entrare in contatto con la famiglia della ragazzina, scoprendo una nonna straordinaria e un fratello stralunato e geniale. Un doppio incontro che cambierà il senso della sua ricerca e il corso della vita di ognuno di loro.

RECENSIONE

Viva il lupo di Angelo Carotenuto, si presenta come una riflessione acuta e sorprendente sui talent show e sulla fragilità umana, mascherata da una storia che, a prima vista, potrebbe sembrare leggera e satirica. Ma sotto questa superficie ironica, c’è un’indagine dolorosa sulle illusioni e le disillusioni del successo, sui giovani che cercano di emergere, e su chi, come il protagonista, si trova a decidere delle loro sorti. 

Gabriele "Puro" Purotti, ex rockstar e ora giudice di un talent show, è un personaggio che incarna perfettamente il dilemma di chi si è costruito un’identità in un mondo superficiale e competitivo. La sua decisione di bocciare Tete, una giovane talentuosa, e il conseguente suicidio (o incidente) della ragazza, è l’innesco di un processo di autoanalisi che porta Puro a confrontarsi con la sua carriera, le sue scelte, e la natura effimera del successo televisivo. 

Il romanzo diventa così una sorta di viaggio introspettivo, un percorso che oscilla tra la realtà spietata dei talent show e le domande esistenziali di chi, come Puro, è costretto a fare i conti con il proprio ruolo di giudice della vita altrui. L’autore lo utilizza come specchio di una generazione che si è aggrappata a un’idea di successo plasmata dalla cultura mediatica, senza mai interrogarsi su cosa significhi davvero essere "arrivati". In questo contesto, il talento diventa una merce, e le decisioni, come quella di bocciare o premiare un concorrente, non sono mai solo professionali, ma incidono profondamente sulle vite dei giovani partecipanti. 

Puro, che fino a quel momento ha vissuto il suo ruolo di giudice come una forma di potere, si ritrova improvvisamente privo di voce, una metafora potente che riflette la sua incapacità di comprendere fino in fondo l’impatto delle sue azioni. L’incontro con i ragazzi bocciati in passato diventa un pretesto per esplorare le conseguenze non solo di un singolo "no", ma dell'intero sistema che alimenta le illusioni di chi cerca di sfondare nel mondo della musica. 

L’aspetto più toccante del romanzo è la consapevolezza che il successo, così come è concepito nei talent, non è per tutti, e chi non ce la fa spesso viene dimenticato, lasciato a combattere contro le proprie insicurezze. Puro è una figura apparentemente sicura di sé, un uomo che ha raggiunto il successo sia nella musica che nel mondo televisivo. Tuttavia, sotto questa patina di realizzazione personale, si nasconde un individuo tormentato dall’incapacità di comprendere il vero peso delle sue decisioni. Ha vissuto di riflesso, costruendo la propria identità attorno al giudizio degli altri, prima come artista, poi come giudice di un talent show. La perdita della voce è un potente simbolo psicologico: rappresenta non solo l’impossibilità di continuare la sua carriera, ma anche la crisi identitaria che deriva dal perdere l’unico strumento attraverso cui si è sempre definito. 

La sua decisione di bocciare Tete, per quanto razionale dal punto di vista professionale, rivela una tendenza protettiva che riflette la sua vulnerabilità emotiva. Bocciare la ragazza diventa, nel suo subconscio, un tentativo di salvarla da un mondo che lui stesso riconosce come pericoloso e spietato. Tuttavia, il senso di colpa che lo assale dopo la morte di Tete dimostra quanto le sue azioni siano guidate da paure inconsce: la paura di fare del male, la paura di essere responsabile del dolore altrui. 

Anche gli altri personaggi, come i colleghi giudici, incarnano differenti aspetti psicologici. Jarno, il giudice poliglotta, e Scalza, rappresentano due approcci opposti: il distacco intellettuale da una parte, l’istintività e la passionalità dall’altra. Entrambi, però, come Puro, vivono le loro emozioni in modo superficiale, senza mai veramente entrare in connessione con le vite che si trovano a giudicare, rendendoli psicologicamente alienati dai concorrenti che vedono solo come pedine in un gioco. 

I talent show sono il perfetto riflesso di un sistema che alimenta le speranze di giovani talenti, per poi scaricarli senza pietà quando non sono più funzionali allo spettacolo. I concorrenti sono simboli di una generazione che cerca disperatamente di emergere in un mondo sempre più competitivo e alienante. La fragilità di Tete, con la sua performance impeccabile ma emotivamente instabile, è il segno di una gioventù che, pur di inseguire il successo, si espone a rischi psicologici devastanti. La sua morte, che resta ambigua tra incidente e suicidio, riflette il dramma di una società che spinge i giovani a cercare approvazione esterna, senza fornire loro gli strumenti per affrontare le delusioni. 

Qual è la responsabilità di chi ha il potere di giudicare le vite altrui? È giusto decidere del destino di un’altra persona con la presunzione di sapere cosa è meglio per lei? L’autore pone una critica sottile ma incisiva al mondo dei talent show, in cui il giudizio viene dato con superficialità, senza considerare l’impatto morale di tale potere. I giudici, in questo contesto, non sono solo spettatori distaccati, ma veri e propri arbitri del destino, e la storia di Puro mette in luce la mancanza di consapevolezza che spesso accompagna questo ruolo. 

Il romanzo solleva anche una riflessione più ampia sulla società contemporanea, dove la competizione estrema e il culto del successo a tutti i costi portano a una svalutazione del valore umano. I concorrenti dei talent show diventano merci di consumo, oggetti di intrattenimento che, una volta scartati, vengono dimenticati. In questo senso, la storia di Viva il lupo è anche una denuncia morale di un sistema che produce più perdenti che vincitori, lasciando dietro di sé una scia di frustrazioni e fallimenti che la società è pronta a ignorare. 

Alla fine della lettura, viene da chiedersi: non sarà che Puro, con tutta la sua esperienza e il suo cinismo da rockstar in declino, è solo uno di noi, vittima e carnefice di un mondo che vive di illusioni confezionate su misura per un pubblico sempre più affamato di emozioni facili? In fondo, chi tra noi non ha mai giudicato dall’alto del proprio divano il talento – o la sua mancanza – di uno sconosciuto su uno schermo, sentendosi temporaneamente onnipotente, ma senza mai davvero interrogarsi su cosa si cela dietro quel sogno infranto? Puro perde la voce, ma forse la sua condanna non è così unica: non siamo anche noi, spettatori e giudici improvvisati, spesso senza voce quando si tratta di comprendere davvero il peso delle nostre scelte, delle nostre opinioni e dei nostri "no"? 

L'autore ci invita a riflettere su una società che genera una folla di invisibili e di bocciati, lasciando che la colpa rimbalzi come un eco tra chi giudica e chi è giudicato. Questa storia ricorda, con un sorriso amaro, che i talent show, proprio come la vita, sono una giostra in cui a volte si vince, a volte si perde, ma quasi sempre ci si dimentica che, oltre alla performance, c’è una persona che lotta per non cadere. 

E allora, la prossima volta che applauderemo o bocceremo qualcuno, potremmo chiederci: siamo davvero così pronti a prendere la parte del giudice, o siamo solo spettatori del nostro stesso fallimento in quella cosa che diventa sempre più aliena e che si chiama "empatia"?

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