Buongiorno! Interessata alle dinamiche psicologiche dei social, ho letto L'economia del sè, di Guia Soncini, grazie alla collaborazione con la casa editrice Marsilio.
di Guia Soncini Editore: Marsilio Pagine: 192 GENERE: Saggio Prezzo: 9,99€ - 19,00€ Formato: eBook - Cartaceo Data d'uscita: 2022 LINK D'ACQUISTO: ❤︎ VOTO: 🌟🌟🌟🌟
Trama:
C'era una volta la vita privata: era il luogo in cui ti provavi vestiti e ti accoppiavi, ti lamentavi del capufficio e violavi gli arresti domiciliari, cucinavi e sanguinavi. Poi sono arrivati i telefoni con incorporato un obiettivo fotografico. «Il bello di questo secolo è che, quando pensi che il senso del pudore sia azzerato, esso ti sorprende scendendo sotto lo zero». L'esibizionismo è diventato non solo normalità, ma diritto; non solo diritto tuo a esporti, ma dovere degli altri di trovarti interessante. La nostra «presa della Bastiglia è la presa della visibilità da parte dei mediocri. L'unico eccezionalismo che tolleriamo è l'eccezionalismo di massa». Nella sua nuova indagine sulle follie contemporanee, Guia Soncini individua alcuni punti chiave di questa religione ombelicale, a cominciare dal momento in cui Chiara Ferragni ha inventato l'economia del sé e risalendo fino a Monica Lewinsky, il cui principale errore fu essere in anticipo su un tempo in cui pretendere attenzione è diritto, dovere, norma e pratica comune. Tra le ingenuità della militanza su internet e l'esibizionismo bipartisan che annulla ogni differenza anche in politica, da Calenda a Salvini, un viaggio nella livella social che rende uguali il calciatore e l'intellettuale, la influencer e la deputata, dove «la merce siamo noi, nessuno si senta escluso». Cercando una risposta alle domande che ci assillano quando siamo merce e vetrina, venditori e prodotti, illusionisti e oltranzisti della trasparenza. Certo che potremmo sottrarci al salire sul palcoscenico, ma tutti hanno una telecamera in tasca, e «se comunque finisce che mi fotografate di soppiatto voi, tanto vale pubblichi la mia vita io».
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RECENSIONE
L’economia del sé è un libro che esplora gli aspetti nascosti dei social, soprattutto di Instagram.
L’autrice parla, senza peli sulla lingua, di questo mondo nel quale tutti siamo consumatori ma anche venditori.
Lei chiama ciò che vendiamo “prosciutto” e quindi contemporaneamente siamo anche dei salumieri, perchè compriamo e vendiamo.
In qualche modo è vero.
A meno che tu non stia su Instagram, tanto per, e questo è molto difficile, cerchi comunque di proporre qualcosa, e involontariamente, ti aspetti una reazione.
Quindi è fondamentale il rapporto tra cuoricini, ossia i like, e le vendite effettive.
Ma anche se non hai nulla da vendere, in termini economici, chiunque abbia un profilo Instagram, postando sue foto, di libri, di prodotti, di vacanze, di qualunque cosa, si aspetta qualcosa da chi lo segue.
È inevitabile.
È il sistema.
Il problema dell’oggi è che tutti pensiamo che la nostra opinione possa interessare a qualcuno.
L’autrice spiega che in passato, ad esprimere le proprie opinioni, erano soltanto i politici, che si recavano nelle TV durante il periodo delle elezioni.
Avevano uno scopo: essere eletti.
Lo scopo di tutti noi, oggi, su Instagram, qual è?
Ve lo siete mai chiesto?
Passare il tempo? Divertirsi? Vendere qualcosa? Pubblicizzare la propria attività?
Qualunque sia il motivo, ci siamo perchè pensiamo che la nostra presenza sia una forza, e non un limite.
Soprattutto per quanto riguarda i profili che esprimono opinioni, ovviamente anche il mio, in questo preciso momento.
Oggi tutti possono esprimere la loro opinione. Ma proprio TUTTI. Con o senza una laurea, con o senza una professione, con o senza un minimo di credibilità. E possono esprimerla su TUTTO.
Chiunque sulla qualunque.
È un bene o un male?
Boh.
Intanto, se oggi tutti siamo merce e tutti nello stesso momento siamo anche bottegai, chi è rimasto a comprare in quest’epoca in cui ognuno di noi ha imparato a vendere se stesso?
Ma soprattutto, avete mai riflettuto sul fatto che la gente, ormai, fa la corsa a postare su Instagram il luogo della vacanza in cui è stato? Oppure l’ultimo libro che ha comprato? O l’ultimo ristorante dove ha mangiato?
Perchè questa fretta?
Non è che siamo arrivati al punto che se non lo fotografiamo, se non lo raccontiamo, allora vuol dire che quel momento non lo abbiamo vissuto davvero?
Mi spiego meglio.
L’autrice apre un discorso psicologico sul perchè ci sia questa ansia di pubblicazione.
Quasi come se avessimo il terrore che se non fotografiamo e non raccontiamo quello che abbiamo fatto, nulla di ciò che facciamo conti davvero qualcosa.
Lo so, è terribile.
Ma forse, per qualcuno è vero.
Del resto è il sistema dei social che ci spinge a credere questo. Un po’ quello che succede a chi pubblica un libro. È convinto che se lo invia gratuitamente a quella bookinfluencer con centinaia di followers, e quest’ultima ne parla in una storia, ricevendo centinaia di like, il suo libro salirà le classifica nazionali.
Insomma, è tutto uno scambio di vetrine.
Ma attenzione, le vetrine vanno anche conquistate.
Però, c’è un però.
Se vivo in una società in cui tutti possono parlare, e quindi ricevere attenzione, nel momento in cui io devo guadagnarmela, comincio un po’ a storcere il naso. Perchè comincio a credere che tutto mi sia dovuto.
Sono nati prima i prodotti o le vetrine?
Eravamo esibizionisti anche prima dell’avvento dei social, o sono stati i social, Facebook e Instagram, a convincerci che siamo in diritto di parlare continuamente di noi stessi, di quello che facciamo, delle nostre opinioni su tutto, ma veramente su tutto, anche se non sappiamo un tubo di niente?
Ormai siamo diventati opinionisti non retribuiti.
In fin dei conti perchè seguiamo i personaggi famosi? L’autrice sostiene che il disprezzo è il più formidabile degli incentivi. Li seguiamo perchè siamo curiosi di sapere cosa fanno, cosa dicono, ma anche perchè vogliamo vedere fin dove arrivano. I social somigliano più a un circo che a una rivista di moda. Sei lì perché ridere dei mostri, ti fa illudere di essere meno mostro. La gente non segue gli altri per ammirazione, o perchè sono migliori di loro, ma per criticarli.
Il confine tra disprezzo e affetto è molto scivoloso.
Un po’ come gli adolescenti che comprano l’ultimo libro della star di Youtube o di Tik Tok e poi vanno a farselo firmare. Non è perchè amano quell’autore, ma perchè attraverso la foto che ci fanno insieme, s’illudono di diventare delle star anche loro.
Ma la domanda è: se non t’instagrammi, ci sei stato davvero?
È tutta una questione di economia dell’attenzione.
Attenzione, dunque.
In un modo in cui c’è troppa informazione, che cosa può succedere?
Si consuma l’attenzione di chi la riceve.
Un altro elemento in sopruso oggi è la rivendicazione. Tutti hanno qualcosa da rivendicare. Internet è diventato il mezzo per dire “Sapessi cosa hanno fatto a me!”
L’umanità, soprattutto attraverso i social, tende a prendersi sempre sul serio, perchè ha paura che se non lo fa lei per prima, il mondo non gli darà ciò che merita.
Ma quanto c’è di vero?
Quante persone scrivono io, io, io, e invece di dire la verità, stanno mettendo in scena uno spettacolo?
Forse è meglio recitare, perchè il pubblico non vuole la verità, vuole essere intrattenuto.
Una lettura fuori dagli schemi, con riflessioni interessanti, che però ho trovato un po’ fuorvianti, perchè alcuni discorsi vengono lasciati sospesi.
Se siete affascinati dal mondo dei social e dai meccanismi psicologici che ci sono dietro, vi consiglio di leggerlo, anche se giungerete a una conclusione non molto confortante.
I social ci hanno dato tanti strumenti con cui esprimere noi stessi, hanno cambiato il valore del nostro tempo, ci hanno fatto diventare qualcuno quando non eravamo nessuno, (davvero?).
Alcuni di noi sono diventati arroganti, vanitosi, persino stupidi. Ma il vero problema non è questo, è che i social, dando la possibilità a tutti di parlare di tutto, hanno reso tutti più liberi, talmente liberi, da essere liberi persino dalla vergogna di esserlo.
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