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mercoledì 20 novembre 2024

Recensione: BRUTTEZZA di Moshtari Hilal

Buongiorno! Grazie alla collaborazione con la casa editrice Fandango, oggi vi parlo di Bruttezza di Moshtari Hilal.

bruttezza

di Moshtari Hilal.
Editore: Fandango
Pagine: 228
GENERE: Saggio
Prezzo: 13,99€ - 25,00
Formato: eBook - Cartaceo
Data d'uscita: 2024
LINK D'ACQUISTO: ❤︎
VOTO: 🌟🌟🌟🌟 

Trama:
In questo saggio dirompente e suggestivo, l’artista tedesca di origine afghana Moshtari Hilal prosegue in forma scritta – ma anche attraverso disegni, fotografie e stranianti autoritratti – la sua indagine sugli aspetti sociali e politici delle categorie estetiche. Secondo Hilal, infatti, la “bruttezza” è un fatto sociale, politico, persino economico, indissolubilmente legato alla razzializzazione degli individui. L’autrice sostiene che la bruttezza, così come la razza, non esista sul piano della realtà, ma sia piuttosto una categoria politico-economica utile a veicolare l’odio nei confronti di corpi e identità non conformi, da cui il capitalismo non riesce a produrre immediatamente valore e di cui deve quindi giustificare l’esclusione – in ultima istanza, la disumanizzazione – per renderne possibile lo sfruttamento. Il fondamento teorico da cui Hilal parte non è tanto la ricerca di parole e termini nuovi per definire il bello o il brutto, quanto la radicale messa in discussione delle cause della bruttezza, quindi della società che la produce, oggi come ieri, come categoria. Ispirandosi a pensatori come Frantz Fanon e attingendo al femminismo nero e ai Disability Studies, Hilal infrange ogni stereotipo e chiarisce quanto persino un senso come la vista, all’apparenza “naturale”, sia costruito ed educato da standard che rafforzano rigide gerarchie sociali. Con un passo tra saggistica e narrativa che unisce pagine di pensiero teorico a pagine più intime, liriche e familiari, Hilal ci conduce in un viaggio attraverso la vergogna e le paure che non siamo consapevoli di aver introiettato, un viaggio al termine del quale sarà impossibile guardarsi allo specchio come un momento prima di cominciare a leggere.

RECENSIONE

Il libro Bruttezza di Moshtari Hilal esplora temi complessi legati all’identità, all’apparenza fisica e alle norme sociali. Si focalizza sulla percezione della bruttezza come costrutto sociale e sul modo in cui questa percezione influenza profondamente il modo in cui le persone, soprattutto le donne, si vedono e sono viste dagli altri. 

Nella prima parte del testo, l'autrice riflette sulla propria immagine e sui primi commenti negativi ricevuti, che la spingono a interiorizzare la bruttezza come una parte del proprio essere. Racconta episodi come il sorriso forzato per le foto scolastiche, le osservazioni dei genitori e le riflessioni sull'immagine personale, creando un ritratto intimo e doloroso del rapporto con il proprio aspetto. 

Prosegue esplorando l’idea della "cartografia della bruttezza" e di come il corpo sia spesso suddiviso in aree nemiche da trattare, per esempio con l’ossigenazione dei peli o la depilazione, che simboleggiano il tentativo di adeguarsi a uno standard imposto. C'è anche un focus sulla figura materna e sui commenti familiari che, pur espressi con affetto, segnano la percezione della propria immagine. 

Successivamente, approfondisce temi di alienazione, citando autori come Frantz Fanon, per spiegare come l'assimilazione culturale richieda spesso l'abbandono di aspetti considerati "brutti" o inaccettabili dalla cultura dominante. La chirurgia estetica viene vista come strumento di conformità sociale, con riferimenti alla storia della rinoplastica per modificare caratteristiche razziali. 

La percezione della bruttezza è innata nel giudizio sociale e spesso condizionata dal contesto familiare. Hilal parla di commenti negativi sulla sua immagine e sulla sua razza, e riflette sull’odio interiorizzato e sulla sofferenza che questo porta. La sua riflessione rivela una lotta interiore: il desiderio di piacere, in conflitto con un senso di auto-emarginazione. La bruttezza non è solo un fatto estetico ma un sintomo di qualcosa di più radicato, una sfida al bisogno di accettazione. 

Il naso diventa un simbolo identitario e culturale. Un marcatore di diversità e, quindi, di alterità. L'autrice riflette sulle pressioni per modificare o nascondere le caratteristiche ritenute "difettose" per adattarsi agli standard di bellezza occidentali. La rinoplastica è una forma di assimilazione culturale, evidenziando una dolorosa accettazione della propria immagine, che viene percepita come sbagliata. 

Il confronto tra l'immagine desiderata e quella reale avviene attraverso il ritratto della "ragazza lupo". Il "lupo" simboleggia una forma di alterità e resistenza contro gli standard estetici dominanti. Hilal descrive come la società tenda a domare e conformare il diverso, portando la "ragazza lupo" a considerare l'opzione della chirurgia estetica come una via per l'accettazione. 

L’autrice affronta il tema della morte e della bellezza nell’immagine dei "non morti", trattando la preparazione e l'abbellimento dei corpi morti per rispettare l’immagine estetica ideale anche dopo la morte. Ciò nasconde una critica al modo in cui la bellezza viene imposta perfino in ambito funebre, come ultima rappresentazione del controllo sociale sul corpo umano. 

Nonostante il desiderio di conformarsi, l'autrice arriva a riconoscere il valore della propria immagine brutta, che diventa un simbolo di resistenza e identità. Si impegna a valorizzare le sue caratteristiche come simbolo di eredità culturale. La bruttezza quindi diventa un modo di contrastare la conformità e rivendicare l'identità personale e culturale.

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