Buongiorno! Grazie alla collaborazione con la casa editrice La nave di Teseo, oggi vi parlo di Il senso della realtà di Anna Maria Lorusso.
Il senso della realtÀ di Anna Maria Lorusso Editore: La nave di Teseo Pagine: 256 GENERE: Saggio Prezzo: 9,90€ - 17,00€ Formato: eBook - Cartaceo Data d'uscita: 2025 LINK D'ACQUISTO: ❤︎ VOTO: 🌟🌟🌟🌟🌟
Trama:
Perché ci appassionano tanto i reality show? Cosa ci attira nell’ascoltare le storie di cronaca nera? Com’è possibile che le teorie cospiratorie e le fake news abbiano tanto seguito? E come tutto questo ha cambiato il nostro senso della realtà? Attraverso quattro esempi – la televisione dei reality, il true crime, i documentari cospirazionisti e i video creati dall’intelligenza artificiale – questo libro offre una riflessione critica e politica su come i concetti di realtà e verità siano oggi messi continuamente alla prova. Ogni giorno, sui social e nei media tradizionali, verità alternative ma verosimili mettono in discussione alcuni dei capisaldi del pensiero occidentale (primo fra tutti il principio di non contraddizione), alimentando così una cultura che non sa più distinguere tra ciò che è reale e ciò che è messo in scena, o inventato, virtuale o finzionale. Che si tratti delle vicende di una coppia vip raccontate come una serie tv, o di un omicidio reale raccontato come un noir, o di video virali creati dalla IA, siamo colpiti dal loro contenuto “interessante”, senza interrogarci sulla loro corrispondenza al reale. E così l’intelligenza artificiale non fa che metterci di fronte a un’abitudine all’irrealtà cui ci siamo narcotizzati da tempo. Attraversando la cultura pop contemporanea (film, serie, podcast, contenuti virali) e le lezioni di Roland Barthes, Jean Baudrillard, Umberto Eco, questo libro denuncia la perdita del senso della realtà a cui sembriamo condannati, e prova a offrire gli strumenti per tornare coi piedi per terra, prima che sia troppo tardi.
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RECENSIONE
Quanto di ciò che vediamo ogni giorno è reale? Conoscete la differenza tra vero, falso e finto?
In un mondo in cui distinguere un fatto reale da una sofisticata messa in scena è diventata un'impresa quotidiana, il libro Il senso della realtà di Anna Maria Lorusso, mi ha permesso di capire molti aspetti della realtà o presunta tale e di come alcune strutture a noi tanto familiari, la modifichino e la manipolino, influenzando così, anche la nostra percezione.
Bisogna difenderci da chi vuole manipolarci e sovraccaricare di stimoli emotivi la nostra percezione della realtà, e dunque Anna Maria Lorusso non solo ci spiega in modo molto semplice e diretto come i media, ancora prima dell'avvento dei social e dell'intelligenza artificiale, abbiano, lentamente, modificato il nostro modo di "vedere" il mondo, ma ci fornisce anche gli strumenti per difenderci a livello cognitivo da questa catastrofe annunciata.
Ciò che oggi attribuiamo in termini di colpa all'AI, non è proprio così. L'IA è solo l'ultimo atto di un dramma iniziato decenni fa, sui nostri schermi televisivi. Il libro traccia con lucidità, la genealogia di come abbiamo progressivamente perso la capacità di distinguere il reale dall'inventato, il vero dal verosimile.
Il percorso dell'autrice inizia con la televisione, il grande laboratorio dove la realtà ha iniziato a essere trattata come materia prima per la finzione. L'analisi parte da un momento fondativo per la coscienza collettiva italiana: la tragedia di Vermicino, 1981. Qui, la diretta non-stop trasformò un evento tragico in un'emozione tv condivisa, fondendo per la prima volta in modo così potente la realtà con la sua rappresentazione spettacolare.
Il passo successivo fu la trasformazione di una vita reale in un mito consumabile, come nel caso di Lady Diana. I media applicarono alla sua biografia gli schemi della favola e del melodramma, creando un'icona tragica in cui milioni di persone potevano identificarsi. Ma è con l'era contemporanea dei docu-reality, come The Ferragnez e Unica, che il processo giunge a compimento. In questi format, la vita non è semplicemente raccontata, ma è prodotta consapevolmente come uno spettacolo. L'autrice svela una delle tecniche manipolatorie più raffinate: mostrare l'artificio (le telecamere, i discorsi sulla finzione) per creare, paradossalmente, un effetto di autenticità ancora più forte, illudendoci che nulla sia nascosto.
Il libro analizza anche un altro aspetto, all'apparenza innocuo: il True crime che trasforma la cronaca nera in un avvincente romanzo a puntate, applicando le regole della suspense e del noir a fatti reali. In questo modo, non solo ci intrattiene, ma ci manipola posizionandoci come giudici di un "tribunale popolare", dove le emozioni contano più delle procedure formali della giustizia.
Anche i fenomeni come il Grande Fratello vengono identificati come uno spartiacque culturale e generazionale. Non si tratta più di narrare una realtà esterna, ma di crearne una in laboratorio, normalizzando l'idea che l'intimità possa essere uno spettacolo pubblico e insegnando a intere generazioni a consumare la vita stessa come una fiction. Non importa più se un racconto è accurato nei fatti; l'importante è che sia emotivamente coinvolgente. Ci fidiamo di più di una persona che piange o si arrabbia in TV perché le sue emozioni ci sembrano "autentiche", anche se tutto intorno è una messa in scena.
I media dunque vogliono la nostra attenzione perché quella si trasforma in profitto. In un mondo pieno di stimoli, l'attenzione è la risorsa più preziosa. Un fatto di cronaca raccontato in modo freddo e oggettivo è noioso. Lo stesso fatto, trasformato in una storia avvincente, con eroi e cattivi, attira e mantiene il pubblico incollato allo schermo. Questo si traduce in ascolti, click, pubblicità e, quindi, soldi.
I media non ci trattano come semplici spettatori passivi, ma ci offrono un ruolo attivo che ci gratifica. I true crime ci illudono di poter risolvere il caso, di essere più acuti degli inquirenti e di poter dare il nostro giudizio, facendoci sentire più intelligenti e giusti.
Grandi eventi mediatici, dal funerale di Lady Diana a un'immagine virale come "All Eyes on Rafah", ci fanno sentire parte di qualcosa di più grande, uniti ad altri milioni di persone nella stessa emozione o indignazione. Questo crea un forte senso di appartenenza, anche se temporaneo.
I media ci manipolano anche perché, in fondo, è quello che vogliamo. Come esseri umani, siamo naturalmente attratti dalle storie, non dai dati. Le narrazioni ci aiutano a dare un senso al caos del mondo, a distinguere il bene dal male e a trovare conforto. I media sfruttano questo nostro bisogno fondamentale per renderci dipendenti dai loro racconti.
La manipolazione mediatica è un circolo vizioso: i media ci offrono la realtà come una fiction perché è più redditizio e coinvolgente, e noi, abituati a questo formato, lo cerchiamo sempre di più, perdendo progressivamente gli strumenti per distinguere la realtà dalla sua affascinante e confortante messa in scena.
Il problema non è la tecnologia in sé, ma la nostra impreparazione a gestirla. Decenni di "allenamento" mediatico ci hanno resi fruitori passivi, abituati a consumare storie senza interrogarci sulla loro costruzione.
È qui che il libro offre la sua tesi più importante e propositiva: in un mondo saturo di realtà ibride, la competenza essenziale non è più saper distinguere meccanicamente il "vero" dal "falso". Dobbiamo invece sviluppare una intelligenza interpretativa critica.
Questo significa diventare dei "detective dell'informazione", ponendoci costantemente tre domande fondamentali di fronte a qualsiasi contenuto:
Qual è il contesto? (Chi mi sta parlando e da dove?)
Qual è lo scopo? (Che reazione vuole ottenere da me?)
Quali sono gli effetti? (A chi giova se credo a questa storia?)
Questo libro smonta pezzo per pezzo il palcoscenico su cui va in scena la nostra vita quotidiana, svelando i meccanismi con cui i media ci hanno resi spettatori consenzienti della nostra stessa confusione. Non è un libro contro i media, ma un potente invito a pensare, a riflettere, ad agire con la mente senza più credere a tutto quello che vediamo.
Oh, dobbiamo tornare con i piedi per terra e dobbiamo smetterla di guardare tutto e di farcelo andare bene.
Dobbiamo imparare a interpretare, dobbiamo essere più furbi di loro, e delle emozioni che vogliono rubarci – in modo palesemente falso, tra l'altro.
Sapete qual'è l'emozione che vende di più? La rabbia.
Quindi, tutto ciò che gira su internet, è spesso costruito a tavolino per suscitare rabbia e odio, perché sono le emozioni e i sentimenti che provocano più click, quindi più soldi, che sia con una foto fittizia, che sia con una conversazione inventata, che sia con una notizia falsa.
Verremo totalmente travolti dall'irrealtà, e saremo ancora più marionette di uno spettacolo che diventa via via più penoso se non ci svegliamo, e impariamo a "capire", "riflettere", "analizzare" prima di dare in pasto al lato oscuro della realtà, la cosa più preziosa che abbiamo: le nostre emozioni.
Io vi ho avvisati.
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