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lunedì 1 maggio 2023

Recensione: I FIGLI DEL NUOVO MONDO di Alexander Weinstein

Buongiorno! Grazie alla collaborazione con la casa editrice Fanucci, oggi vi parlo di I figli del nuovo mondo di Alexander Weinstein, una serie di racconti distopici che mi hanno conquistato!

I figli del nuovo mondo

di Alexander Weinstein
Editore: Fanucci
Pagine: 192
GENERE: Romanzo distopico/SciFi
Prezzo: 7,99€ - 16,00
Formato: eBook - Cartaceo
Data d'uscita: 2023
LINK D'ACQUISTO: ❤︎
VOTO: 🌟🌟🌟🌟🌟 

Trama:
I figli del Nuovo Mondo presenta ai lettori un futuro non così lontano fatto di innesti per social media, costruttori di memoria, giochi di realtà virtuale estremamente pericolosi e robot dall’intuito inquietante. Molti dei personaggi vivono in un futuro utopico dominato dalla connessione istantanea e dalla gratificazione tecnologica che mascherano un’incolmabile distanza fra gli esseri umani. Altri invece abitano in una realtà distopica resa primitiva e rudimentale da un cataclisma: un mondo che questi personaggi hanno il compito di ricostruire dalle fondamenta. Arriva in libreria l’antologia che definisce il nuovo corso della fantascienza, una perla rara che unisce il concetto di mondo distopico con un altro tecnologicamente avanzato, con suggestioni e speculazioni così vicine alla nostra realtà da rendere la lettura un esercizio per la mente e un monito per le generazioni a venire.

RECENSIONE

I figli del nuovo mondo è una raccolta di racconti dedicati a un futuro distopico che prende il largo proprio dai giorni nostri, o meglio, che mette le basi prendendo in considerazione gli sviluppi tecnologici che già sono stati raggiunti in questi anni. È ovvio, quindi, parlare di realtà robotiche e di dimensioni virtuali che si sostituiscono, in un futuro non troppo lontano, alla vita che oggi conduciamo. 

Nel primo racconto, L’addio a Yang, una famiglia oltre ad avere figli in carne e ossa, ha anche un figlio robot, chiamato Yang, che viene acquistato per fare da fratello maggiore, da baby sitter e da pozzo di conoscenza infinita alla nuova arrivata Mika. Il racconto inizia con il robot che sbatte la testa sul tavolo, durante la colazione, perché qualcosa nel suo sistema è andato a male. Insomma, in altre parole, ha smesso di funzionare. Dunque il padre si chiede se sia giusto aggiustarlo, il problema è che l’azienda che lo produce non offre un’assistenza adeguata e lui è costretto a scegliere l’unica strada plausibile, considerando la spesa da affrontare: staccare il cervello del robot dal resto del corpo ormai irrecuperabile e fare in modo che del piccolo Yang resti soltanto la voce. Almeno con quella può continuare a parlare con la piccola Mika così legata a lui. 

Nel racconto I cartografi, ci sono in gioco i ricordi. Non esistono più ricordi reali, bensì delle persone che fanno questo di mestiere: creatori di ricordi. Il problema, però, è che a un certo punto, proprio loro si renderanno conto che non sono più in grado di distinguere i ricordi veri da quelli impiantati in modo artificiale, quindi non sapranno più quello che hanno davvero fatto e vissuto da quello che non è mai accaduto. 

Questo è uno dei racconti che mi ha colpito di più. Il tema della memoria è uno dei più delicati perché entrano in gioco le emozioni e i sentimenti. Non so fino a che punto possa essere bello e soddisfacente credere di aver vissuto ricordi che non hanno un corrispettivo nella realtà. Soprattutto quando cominci a renderti conto che le persone che incontri, non sai più se esistono realmente o sono state impiantate nel tuo cervello soltanto per un esperimento. 

Oltretutto, c’è un limite, la cosiddetta zona di luce, che può portarti a una zona di confine dove i ricordi sono magicamente finiti e tu ti rendi conto del vuoto che in realtà c’è nella tua testa perché è tutto impiantato da qualcosa che arriva dall’esterno. Quindi il limite di un ricordo deve essere messo a posto, ma non sempre è possibile, e tutto finisce in crisi. 

Il rischio sapete qual è? Che mentre si passa il tempo a cercare di mettere a posto ricordi che non sono reali, ci si dimentica di crearsene di veri. È un racconto che mette i brividi, forse uno dei più brutali anche per il colpo di scena finale. E soprattutto perché riflette in modo paradossale, ma comunque con una base vera, quello che sta accadendo nel mondo di oggi. 

Tutti siamo condizionati dal mondo virtuale, passiamo ore davanti a uno schermo, usando il nostro tempo rapportandoci a una dimensione che NON esiste. Così facendo non ci rendiamo conto che la realtà è da un’altra parte. Alimentiamo la virtualità con le nostre speranze e il nostro tempo, mentre smettiamo di prenderci cura di ciò che siamo nel mondo vero. Nel racconto i ricordi finti vengono implementati come fossero una droga e usati per non pensare al dolore. Proprio come un antidolorifico. Per non soffrire, che faccio? Invece di assumere farmaci, mi sparo una caterva infinita di ricordi che mi portano altrove, e che mi fanno credere di aver fatto cose pazzesche, pur di non pensare allo schifo della mia vita vera. 
Devastante, non trovate? 
I ricordi. 
I ricordi siamo noi. 
È la nostra memoria. Credo che questo racconto sia ovviamente assurdo, ma abbia un fondo di verità. È un avvertimento, ci mette in guardia facendoci notare quello che stiamo facendo già adesso. Non è necessario arrivare nel futuro. Non è così lontano. Per evitare di vivere vite e ricordi che non esistono, dovremmo concentrarci già oggi su ciò che vale la pena davvero fare. 

Ne I figli del nuovo mondo, i figli esistono solo on line. Ci si stende sul letto e ci si collega a un mondo virtuale, il nuovo mondo, appunto, dove hai una casa perfetta e dei figli perfetti, dove tua moglie partorisce con la facilità di un download, e dove se visiti la Città Oscura, luogo di perdizione e di sesso, torni a casa e senza saperlo, ti porti un virus che ti distrugge tutta la tua realtà virtuale. Virus che si manifestano come uomini mezzi nudi, con genitali in bella vista posizionati un po’ ovunque, oppure donne bellissime che hanno le fattezze di streghe di altri tempi, insomma creature partorite da menti intossicate dal mondo on line che minacciano di devastare tutto. 

Ed è così che sei costretto a resettare il tuo mondo virtuale e distruggere i tuoi figli. Proprio tu che non ricordi nemmeno più cosa significa abbracciare un essere umano dal VIVO, ti rendi conto dell’importanza del contatto umano proprio quando fai il funerale a due bambini che non sono mai esistiti e che giacciono sotterrati sotto le macerie di una vita che credevi intoccabile, ma che è caduta come un castello di carte per un nonnulla. 

In Migrazione, abbiamo lo stesso background. Un marito e una moglie che vivono esperienze extraconiugali attraverso i loro avatar. Cosa c’è di più attuale? Peccato che l’avatar sia più bello e più disponibile dei loro corrispettivi umani, e che faccia sesso su larga scala perché tanto se lo fai on line non è un vero tradimento. Un figlio che indossa costantemente un casco da Hockey perché tanto alle ragazze non importa come sei, loro vanno a letto solo con il tuo avatar, e una vita in cui nessuno si ricorda più com’è era entrare in un vero negozio di giocattoli. 

Signori miei, che lettura da far accapponare la pelle. Non perché sia horror, altro che. Fosse così, sarebbe stato meglio. Questo libro che parla così apertamente del futuro, della digitalizzazione, della virtualità rendendola spaventosamente quotidiana, non fa paura, fa di più: destabilizza. Ti fa intravedere così chiaramente quello che stiamo diventando da farti chiedere se avremo la forza di fermarci. 
Se non sarà questo il nostro destino, inevitabilmente. 

La realtà vera sta diventando così poco interessante? Gli avatar sostituiranno quello che siamo e tutto ciò che ci circonda? Meritiamo davvero di sfruttare ancora questo mondo, questa natura, considerato che dopo che l’abbiamo distrutta e depredata, la stiamo anche snobbando, rintanandoci in realtà virtuali partorite dalle nostre menti malate che, per costrizione di cosa, non ci porteranno da nessuna parte, se non a implodere? 
Chi ha il coraggio di rifletterci sopra, lo faccia. 
E salvi ciò che ancora può essere salvato.
Perchè se non ci salviamo da soli, nessuno lo farà.

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