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lunedì 29 gennaio 2024

Recensione: DARE LA VITA di Michela Murgia

Buongiorno! Grazie alla collaborazione con la casa editrice Rizzoli, oggi vi parlo di Dare la vita di Michela Murgia. 

dare la vita

di Michela Murgia
Editore: Rizzoli
Pagine: 128
GENERE: Saggio/narrativa contemporanea
Prezzo: 8,99€ - 15,00
Formato: eBook - Cartaceo
Data d'uscita: 2024
LINK D'ACQUISTO: ❤︎
VOTO: 🌟🌟🌟🌟🌟 

Trama:
Si può essere madri di figlie e figli che si scelgono, e che a loro volta ci hanno scelte? Si può costruire una famiglia senza vincoli di sangue? La risposta è sì. La queerness familiare è ormai una realtà, e affrontarla una necessità politica, come lo è quella di un dialogo lucido e aperto sulla gestazione per altrə, un tema che mette in crisi la presunta radice dell’essere donne. Interrogarci, discutere intorno a questa radice significa sfidare il concetto di normalità e naturalità a cui siamo abituati. Michela Murgia lo ha fatto per anni, nei suoi libri e sui social, e nelle ultime settimane di vita ha raccolto i suoi pensieri per donarci questo pamphlet densissimo e prezioso, in cui ci racconta – partendo dall’esperienza personale – un altro modello di maternità, come si possa dare la vita senza generare biologicamente, come i legami d’anima possano sommarsi ai legami di sangue. Pagine straordinarie che ci permettono di entrare nelle infinite sfaccettature degli affetti e di comprendere come aprire all’altrə non riduce ma amplifica l’amore.

RECENSIONE

Dare la vita di Michela Murgia è un libro che parla al futuro, e a un presente di cui la maggior parte delle persone ha capito poco. Oggi si usa il termine Queer per intendere la volontà di non lasciarsi incatenare in nessuna definizione sessuale o di genere di qualsivoglia natura. Queer nell’ambito della semantica significa qualcosa di strano, di anomalo. 

In passato, usato in modo dispregiativo e violento, in occasione della carcerazione di Oscar Wilde, omosessuale, in realtà, oggi, viene usato nell’accezione di libera scelta, nessuna definizione eterna e imprenscindibile; semplicemente di volta in volta, avere la possibilità di essere qualcosa di diverso da prima, senza nulla di permanente. Quindi, in una relazione, la domanda di chi è l’uomo e chi la donna, non ha alcun senso nei rapporti in cui non ci sono più equilibri dettati dalla natura biologica, così come, nelle famiglie, i ruoli non dipendono più dai legami di sangue. 

La famiglia è il tema fondamentale del libro. Le nascite dei bambini, in modo particolare. C’è una differenza tra gravidanza e maternità che la nostra società ci impone di non vedere. Chi porta in grembo un figlio e poi lo mette al mondo, non per forza, può definirsi “madre.” La madre biologica non sempre coincide con quella che ama davvero quel bambino, perchè i veri legami non nascono dal sangue ma dalle scelte. 

L’autrice critica il concetto di famiglia, su cui si basa tutta la società e la cultura italiana. Lo stato italiano – in cui il concetto di famiglia è sacro ed è al di sopra di tutto, e con il termine “tengo famiglia” si vuole giustificare qualsiasi azione e qualsiasi scelta, perchè la famiglia è la cosa più importante – continua a proporci un sistema in cui famiglia coincide, tanto come in passato, con un patriarcato nefasto e violento, lo stesso che anima le famiglie che stanno alla base delle mafie italiane. 

Non c’è molta differenza, secondo l’autrice, tra l’atteggiamento delle mafie e quello ideologico di padre-padrone che vive nelle strutture familiari della maggior parte degli italiani. Perchè tutto questo? Perchè non abbiamo mai davvero riflettuto su cosa significa famiglia. Per difendere il sangue si può arrivare a fare tutto. Per i figli di sangue, si può anche uccidere. Questa è una concezione mafiosa che però ben evidenzia una moralità discrepante che fa parte della nostra cultura di uomini e donne soggiogati da un potere dello stato tanto vecchio e legato al passato da averci chiuso gli occhi. La nostra identità di uomini e donne non dipende da chi siamo veramente, ma da chi apparteniamo. 

Secondo questa logica, la gravidanza coincide con la maternità, ciò significa che solo chi partorisce un bambino può essere davvero definito sua madre; e la famiglia coincide con il legame di sangue. Il problema della nascita di un bambino è prima di tutto economico. Le donne dovrebbero mettere al mondo bambini senza avere la paura di perdere il lavoro, o che i pannolini costino troppo, o che non ci siano abbastanza soldi per mandarli a scuola. Lo stato si preoccupa delle nascite nella misura in cui tiene in considerazione il neonato, ma non di chi lo deve mettere al mondo. Le donne in gravidanza non sono affatto tutelate, quindi, come ci si aspetta che vogliano fare figli? 

Il discorso delle gravidanze su richiesta, delle donne che accettano di vendere i loro bambini usando metodi illegali, lo fanno per i soldi, e questo sfruttamento continua ancora oggi perchè i tempi per le adozioni legali sono ancora troppo lunghe e anche in quel caso, è tutta una questione di classe, di posizione sociale ed economica. 

Questo libro mi ha fatto riflettere tanto, come sempre succede con i testi di questa scrittrice. Ci hanno insegnato che la fedeltà è un valore prezioso. Il concetto di famiglia, di rapporto amoroso, di amicizia, si base sulla fedeltà. Ma cosa significa esattamente? Vogliono che promettiamo la nostra fedeltà perchè forse non ci appartiene del tutto? Lo dobbiamo fare per consacrare la nostra libertà all’insicurezza di qualcun altro? Dobbiamo essere un oggetto nelle mani di qualcuno che ci possiede? Magari con un’esclusiva? Se questo significa essere fedeli, allora significa anche che diamo la capacità a un altro di avere potere sui nostri pensieri, corpi e scelte. 
Dovremmo invece riflettere: non è importante la fedeltà, quanto l’affidabilità. 

La sessualizzazione dei rapporti, il riconoscimento di chi è l'uomo e di chi è la donna, comporta anche che la violazione di questa fedeltà, può far nascere la violenza, l’omicidio, la prevaricazione. Ma solo se mi mettete nella condizione di esercitare la mia libertà del tutto, allora sarò anche in grado di prendermi tutte le mie responsabilità. 

Chi di voi non ha desiderato di non essere lasciato mai? È la frase dell’amore utopico, quello perfetto, quello etereo, eppure secondo l’autrice, non c’è frase più brutta da dire a qualcuno. Promettere di non lasciare mai una persona, significa sottintendere di non cambiare mai, quindi di offrire una parte morta di noi stessi, che rimarrà sempre uguale, priva di qualsiasi maturazione, slancio o cambiamento. Il vero amore, la voglia di stare davvero con qualcuno, si misura proprio nel cambiamento. Prometto di amarti ogni giorno perchè ogni giorno io cambio, e nel mio cambiare, posso garantirti amore scegliendoti ora dopo ora, a ogni passo fatto insieme, senza nulla di eterno. Perchè ciò che eterno, in amore, è vero che non finisce, ma fallisce. Del tutto. 

Una lettura che apre gli occhi, breve, purtroppo, ma che ti lascia un forte senso di soddisfazione dentro. Leggetelo se non vi hanno insegnato a essere ciechi, muti e sordi. Leggetelo se non avete la puzza sotto al naso e vi credete migliori di tanti altri, che hanno iniziato percorsi difficili e lottano per ottenere rispetto per identità diverse. Leggetelo se non avete paura che qualcuno vi dica le cose come stanno realmente, che vi spieghi perchè in Italia succedano certe cose, così efferate, così stranianti. Leggetelo se non siete abituati a girare la testa dall’altra parte. 
Leggetelo e poi fate come dice l'autrice.
Pensate. 
Modellate/vi. 
Vivete. 
Ribellatevi. 
Agite. 
E fate casino.

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