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martedì 13 ottobre 2015

La geografia delle piogge di Paolo Grugni Recensione

Buongiorno! Anche il post di oggi è dedicato ad una recensione di un autore che avevo già avuto modo di conoscere e di leggere. Questa volta però il suo romanzo affronta argomenti completamenti diversi a contatto diretto con il nostro vivere sociale e la nostra quotidianità. La geografia delle piogge di Paolo Grugni è ciò che leggerete, se invece volete sbirciare la recensione dell’altro romanzo dello stesso autore, allora cliccate qui e saprete la mia opinione de L'Antiesorcista.

Buona lettura!



Titolo: La geografia delle piogge
Autore: Paolo Grugni
Editore: Laurana
Pagine: 165
Genere: Romanzo
Prezzo: € 14,50
Uscita: 2012

TRAMA


Mauro Casagrande era un giornalista d'inchiesta, ma a un certo punto s'è tirato indietro: ha capito che, per quanto si possa scavare, la verità resta sempre un miraggio. Adesso vive comprando e vendendo in rete libri usati. Di colpo però la cronaca nera viene a riprenderselo. Federica, la sua fidanzata avvocato, deve difendere Gloria Massari, una madre che ha provocato la morte del figlio appena nato, portatore di handicap. Ma la donna sceglie di non essere difesa, vuole solo poter rilasciare una dichiarazione spontanea con cui motivare la sua tragica decisione. E vuole che sia proprio Mauro a scriverla. Ma non è ancora tutto: lo zio Nino, fratello del padre di Mauro, titolare di un bar a Paderno Dugnano, è taglieggiato dalla 'ndrangheta e non ce la fa più. Contro tutto e tutti, con un senso della giustizia che lo chiama a rispondere in prima persona, Mauro Casagrande è un eroe dei nostri tempi. Tempi ammalati di indifferenza, in cui a nessuno viene in mente di accollarsi i drammi degli altri. Per questo Mauro è un eroe: perché sceglie da che parte stare e non si ferma finché non è andato fino in fondo.

Paolo Grugni (Milano, 1962), oltre a L’Antiesorcista, ha pubblicato sei romanzi: Let It Be (Mondadori, 2004), Mondoserpente (Alacrán, 2006), Aiutami (Barbera, 2009), Italian Sharia (Perdisa Pop, 2010), L’odore acido di quei giorni (Laurana, 2012) e La geografia delle piogge (Laurana, 2013), Darkland (Melville, 2015).




La geografia delle piogge è un romanzo triste, disilluso, con un’aria di sfacciataggine impressa tra le rughe di un volto invisibile: quello dell’autore che si maschera con l’impiastro facciale di Mauro Casagrande, il protagonista, l’ex giornalista di successo che abbandona tutto perché stanco del mondo e della società.

Uno sguardo pesante, accusatorio,  a volte persino disumanizzato è il suo, un approccio fin troppo sintetico, indifferente di fronte allo scorrere del mondo e di quella pioggia sporca che continua a bagnarci la testa e dalla quale è inevitabile tentare il riparo.
Ma non sempre riusciamo a farlo. Come non ci riesce Mauro che si ritrova coinvolto in uno scontro diretto con l’innegabile distorsione che rappresenta la vita, i suoi inganni, le sue mistificazioni, le sue prese in giro e i suoi atti insensati e terribili.

L’autore ha uno stile molto particolare. Una narrazione breve e coincisa, capitoli scattanti, dialoghi diretti senza virgolette né segni di punteggiatura a contenerne l’effluvio di rabbia e consapevolezza.
Una lettura caparbia, tosta, che s’intromette nella tranquilla visione di una semplice narrazione romanzata per cogliere il sentimento che si cela in chi affronta quelle pagine per aprirne ferite malcelate. Non è una storia rilassante, non è quel tipo di vicende che ti risollevano la speranza, non è un languido scivolare tra le pieghe della scoperta. 

La geografia delle piogge è una visione malconcia e strapazzata della nostra società e di chi ci comanda. Un’incursione letale tra i meandri oscuri dell’opinione pubblica, dei fatti di cronaca che scarnificano le nostre giornate, strappandoci il senso di pace. Così ne esci ammaccato e con un senso di ingiustizia appeso al collo, perché quello che l’autore ti lascia vedere è ancora una volta qualcosa di sbagliato, di inappropriato, a cui manca la dignità per stare a questo mondo. Ne esci con le ferite di fuori e le certezze nel baratro. Un lavoro sporco quello di questo romanzo, eppure pulito come la verità che ci scovi nel fondo.

Mauro Casagrande vorrebbe vivere distaccato da tutto, ritirandosi da quella società incapace di rappresentarlo e che lui, con il suo lavoro, non è riuscito a salvaguardare, stanco di piegarsi alle convenienze, deluso di fronte alle occasioni perse, attualmente si occupa di vendere libri usati su internet ed intrattiene una relazione stabile con Federica, avvocato in un importante studio legale. La sua esistenza sembra già morta, una stasi di carta stropicciata, abbandonata nel cestino della disperazione. Eppure Mauro non è disperato, è indifferente a tutta quella umanità che non riesce a coinvolgerlo, farlo sentire parte del mondo e che non ha alcuna possibilità di tenere viva la fiammella della felicità.

E’ un personaggio scuro, ingrigito dall’inconsistenza che sente macchiare il proprio ruolo, non è né vittima né carnefice, semplicemente uno spettatore che aspetta di pagare davanti ad uno spettacolo che volentieri rifiuterebbe di guardare. Eppure qualcosa arriva a turbare la sua diacronia,  il suo equilibrio sfatto, il suo incedere per rimando. La sua apparente insensibilità che lo vede alle prese con una madre morta, un padre che non vede da anni ed uno zio minacciato dalla n’drangheta. 
Ma la follia spara i suoi colpi all’improvviso e anche la vita di uno come Casagrande può essere invischiata nell’odore marcio del male e dell’irrazionalità. Lui, uomo chiuso e imperturbabile nelle sue indifendibili certezze, dovrà affrontare un mistero inconcepibile, talmente deleterio e agonizzante da non avere un solo motivo per essere accettabile. La fidanzata Federica gli chiede di interessarsi con lei ad una donna che ha ucciso il proprio figlio quando ha scoperto che era idrocefalo. 

Gloria Massari è colei che viene incriminata del gesto forse più terribile ed inspiegabile. Colei che dona la vita si arroga il diritto di fermare il battito del cuore del proprio miracolo, senza neanche dargli la possibilità di uno sguardo o di un respiro. Da avvocato, Federica deve difendere l’indifendibile perché Gloria non ha nessuna intenzione di dichiararsi innocente o di accampare le solite scuse psichiatriche che diano uno sorta di ragione al suo gesto. Ella vuole essere condannata per quello che ha fatto, esattamente per quell’omicidio che non ha nessuna intenzione di negare.

La storia procede velocemente, le azioni si susseguono e continuamente l’autore fornisce nuovi elementi al lettore per condurlo con sè in questa corsa sotto la pioggia battente che non ti lascia il tempo di pensare. Mauro accetta di aiutare Federica, entra in relazione con quella donna e nel frattempo il male cambia faccia e rischia di far affondare tutto ciò che lo circonda.

L’ossatura precaria e corrotta su cui si basa la nostra società e soprattutto i rapporti che intercorrono tra gli individui è fonte di riflessione, non è soltanto il semplice contesto, non è l’atmosfera che avvolge la trama, è la carne che brucia sui tizzoni ardenti della denuncia.
Mauro è contrario al vento, è in lotta con se stesso prima che con tutto il resto, è irriducibile, testardo, persino arrogante chiuso nel bozzolo della sua solitudine eppure quella storia di morte e di rassegnazione lo spinge verso un cammino che metterà in gioco molto più di un atteggiamento verso il mondo, molto più di una scelta circostanziale, lo costringerà a rivedere le carte schierate sul tavolo da gioco e perché no, lo inciterà a ribaltarlo se necessario.

Un nastro in raso augura pace in terra agli uomini di buona volontà, la mia è più che buona eppure è da quando sono nato che sto in guerra con il mondo.”

Mauro sembra una pietra, uno scoglio, radici di metallo, dure e così radicate nel terreno che nulla può davvero smuoverle. Sembra odiare tutto ed è talmente convinto da non cercare alcuna strada di riconciliazione col mondo, nessun espediente che lo renda più amichevole.
Un senso di intolleranza dichiarato e sbattuto in faccia come fosse la cosa più naturale del mondo eppure è un personaggio che colpisce, che stana, che non puoi non approvare perché in quella spregiudicata e apparente strafottenza c’è soltanto una sensibilità segnata e provata dal dolore della vita, dall’impossibilità di combattere le cose che non vanno e da quel senso di abbandono che ti convince a metterti da parte di fronte ad un mondo che ha smesso di ascoltare.

“Mi sveglio con qualcosa che mi gratta dentro, alla fine capisco che quello status di quieto vivere che avevo costruito a protezione del mio incedere fragile sta per essere sgretolato e che non so da che parte ricominciare a difendermi.”

Sulla storia di Mauro e di Gloria si distende, come un panno pesante, come una coperta gelata in un inverno che arriva troppo presto, una visione disincantata della nostra società, di noi, uomini e donne, che ci guardiamo intorno e ci vediamo mentre prendiamo a calci i nostri sogni e le speranze. Tematiche quanto mai attuali sbucano fuori dal tessuto narrativo, come fari nella nebbia, come luci tra le nubi, sassolini che ti fanno inciampare mentre tenti di camminare diritto, per la tua strada.

“Dagli angoli spuntano i primi zombi degli avanzi, sono immigrati, pensionati, casalinghe, tutti a testa bassa a cercare fra i rimasugli qualcosa da mangiare. Vergogna e silenzio, ostentazione pubblica di povertà. A tutti manca ancora da vivere, è questo il loro vero dramma. E il mio è che se fossero cani randagi li aiuterei, ma sono umani e li lascio al loro destino.”

Lo stile dell’autore è racconto puro mescolato ad un linguaggio essenzialmente metaforico che riesce a connotare anche la più insignificante delle descrizioni attraverso visioni, suoni ed odori che appartengono alla sua sfera immaginativa. Mentre leggevo, l’uso di parole al posto di altre, l’introduzione di paragoni spesso scarni e crudi, sempre diretti e mai filtrati, rendevano la percezione degli eventi e soprattutto degli stati d’animo, molto forte e intuitiva e sensibilizzava tutta la mia attenzione.

“Ci alziamo. Di fronte a me una donna che si è ripulita da ogni scoria sentimentale, il passato è sangue lavato dalle pareti del macello.”

Questo meccanismo ti conduce verso un’associazione d’idee che non ti lascia scampo. Il tuo status emozionale è legato a quello del libro.

In La geografia delle piogge, Paolo Grugni mette in bella vista i disaccordi del nostro mondo, della nostra umanità, cogliendone anche i lati più disumani, quelli certamente più attaccabili e condannabili. Ma il suo non è un dare una risposta, ma semplicemente il voler sottintendere un messaggio. Un insinuare che non è mai un decretare. Un dubbio, una riflessione, un pensare, una presa di coscienza di fronte all’azione, quella pura e a volte necessariamente drastica.

La storia di Mauro è piena di rabbia, di rancore, di illusione. Anche quella di Gloria è una storia al limite della follia, in cui ciò che è in ballo non è tanto la morte ma la scelta.
Oltre le falsità di chi si propone come il moralista di turno, oltre le prediche della religione e oltre la curiosità malsana delle gente, ciò che resta è la consapevolezza di una propria possibilità d’azione.

La frase che precede la sinossi è fatale: Si può aspettare che le cose accadano. Oppure farle accadere.

Mauro ha scelto di farle accadere, Gloria lo stesso. Al di là della critica dei loro gesti, cosa realmente resta? Il fatto che abbiano agito in nome di qualcosa. E tu puoi dire lo stesso?


2 commenti:

  1. Ciao Antonietta! Adoro le tue recensioni e il modo in cui esprimi le tue opinioni! E grazie a te sto scoprendo nuovi autori e libri di cui non avevo mai sentito parlare! Il nome dell'autore Paolo Grugni non mi è totalmente nuovo ma non ho mai avuto il piacere di leggere un suo libro! Dunque penso proprio che inizierò da questo! Un abbraccio

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    1. Ciao Giulia, grazie mille! Sono felicissima che le mie recensioni ti piacciano e che soprattutto ti aiutino a scoprire nuovi libri e nuovi autori! <3

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