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lunedì 14 luglio 2025

UN OMICIDIO A PARIGI di Matthew Blake

Buongiorno! Grazie alla collaborazione con la casa editrice La nave di Teseo, oggi vi parlo IN ANTEPRIMA,  di Un omicidio a Parigi di Matthew Blake. Il libro esce domani!


un omicidio a parigi

di Matthew Blake
Editore: La nave di Teseo
Pagine: 384
GENERE: Thriller psicologico/Storico
Prezzo: 11,99€ - 19,00
Formato: eBook - Cartaceo
Data d'uscita: 2025
LINK D'ACQUISTO: ❤︎
VOTO: 🌟🌟🌟🌟🌟 

Trama:
Giugno 1945, la guerra è finita da poco, i campi di concentramento nazisti sono stati liberati e a Parigi stanno tornando tutti i prigionieri francesi che vi erano rinchiusi. Per accoglierli, e per controllare che tra di loro non si nascondano dei collaborazionisti, tutti devono passare tre giorni in quello che prima del conflitto era il lussuoso Hotel Lutetia, il più bello della Rive Gauche. Nelle stanze trasformate in dormitori, i presunti prigionieri vengono visitati e interrogati, prima di poter tornare alle loro case e alle loro famiglie. Tra loro ci sono anche due ragazze, Sophie e Josephine, ma solo una uscirà viva dalla stanza che condividono nell’hotel. Ottant’anni dopo, nel 2025, Josephine Benoit, ora novantaseienne, e nel frattempo divenuta una famosissima pittrice, si presenta alla reception del rinnovato e lussuoso Lutetia. Qui confessa di chiamarsi Sophie Leclerc e di aver commesso un omicidio, molto tempo prima, proprio nella stanza numero 11 di quell’hotel. La donna è affetta da demenza senile e la nipote Olivia, che vive a Londra e lavora come psicoterapeuta esperta nel recupero di ricordi, è convinta che la nonna sia solamente confusa e che, a causa della malattia, mescoli nella sua mente realtà e fantasia. Ma, forse, la situazione non è così semplice e ben presto Olivia si trova invischiata in un mistero che ha le sue radici nel passato ma che vive ancora nelle strade di Parigi, e che può essere letale. Cos’è accaduto realmente nei corridoi dell’Hotel Lutetia nel 1945? Quali segreti si nascondono dietro l’omicidio della donna nella stanza 11? Matthew Blake firma un thriller avvincente, che si legge tutto d’un fiato e che si interroga su quanto i ricordi possano essere spesso scomodi se non molto, molto, pericolosi.

RECENSIONE

Un omicidio a Parigi di Matthew Blake è uno di quei romanzi che oltre a raccontare una storia, sono capaci di raccontare di un mondo intero, di un'epoca, di un dolore condiviso che ha macchiato la coscienza universale e che ha modificato il corso del tempo e ha dato differente valore ai sentimenti umani. 

Mascherato da thriller psicologico, pieno di suspense, di domande e di ritmi sfrenati e affaticati, il libro è complesso, profondo, ansimante di verità uniche e imprescindibili, di quelle verità talmente scomode che si fa finta di non vederle. Le cicatrici di una Storia vergognosa che incide sull'anima degli individui e delle generazioni a venire. 

L'autore non si accontenta di costruire un mistero avvincente; lo usa come un bisturi per dissezionare i traumi irrisolti del Ventesimo secolo, ambientando la sua indagine in una Parigi tanto bella quanto ferita e ridotta all'osso, all'interno di un luogo-simbolo come l'Hôtel Lutetia, esso stesso testimone muto di speranza e disperazione. 

Doppia linea temporale. 
Come i due filamenti di un DNA che portano iscritti i codici di un'intera esistenza, il presente di Olivia Finn e il passato del 1945 di Sophie Leclerc e Josephine Benoit si intrecciano in un crescendo di tensione e rivelazioni. Questa non è una mera trovata narrativa per creare suspense; è l'architettura stessa del romanzo, che rispecchia il suo tema centrale: l'impossibilità di separare il presente dal passato. 

Nel 2020, la scrittura dell'autore è precisa, quasi clinica, rispecchiando la professione di Olivia, una psicoterapeuta abituata ad analizzare e a scomporre la psiche. Il ritmo è quello del thriller moderno: dialoghi serrati, scoperte improvvise, e una costante sensazione di pericolo. La Parigi contemporanea è descritta con efficacia, ma funge quasi da palcoscenico neutro su cui si proiettano le ombre del passato.
Nel 1945, il tono cambia radicalmente. La scrittura si fa più densa, lirica, quasi febbrile. L'autore eccelle nel ricreare l'atmosfera dell'Hôtel Lutetia, trasformato in centro di accoglienza per i sopravvissuti ai campi di sterminio. L'aria è satura di un dolore silenzioso, di un sollievo che non riesce a sbocciare, di sguardi che celano orrori indicibili. Il linguaggio si carica di un peso storico e sensoriale: sentiamo il freddo delle stanze, percepiamo la fame repressa, vediamo i "fantasmi" che si aggirano per i corridoi. È in questi capitoli che il romanzo trascende il genere e diventa una potente meditazione storica. 
La suspense qui non è data dalla caccia all'uomo, ma dalla tensione psicologica tra le due giovani donne, Sophie e Josephine, un duello di sguardi, silenzi e accuse velate. 

È un thriller psicologico e dunque la psicologica dei personaggi è talmente ben strutturata da diventare una delizia avvincente e conturbante. 
All'apparenza, Olivia è la classica eroina del thriller: intelligente, determinata, spinta da un amore filiale a risolvere un enigma. Tuttavia, la sua professione di specialista del recupero della memoria la pone in una posizione di profonda ironia tragica. Lei, che di mestiere aiuta gli altri a ricostruire il proprio passato, è costretta a smantellare il suo, scoprendo che le fondamenta della sua identità poggiano su una menzogna. La sua evoluzione non è solo quella di un'investigatrice, ma di una donna che affronta un trauma ereditato. Il dolore della nonna non è un caso clinico da risolvere, ma un fardello genetico e psicologico che deve imparare a portare. La sua analisi finale non è una vittoria, ma una dolorosa accettazione della complessità del bene e del male. 

La nonna che incarna il doppio personaggio Josephine Benoit / Sophie Leclerc non è semplicemente una donna con un segreto, ma l'incarnazione vivente del tema della memoria e dell'identità. Chi è veramente? La vittima sopravvissuta di Auschwitz, Sophie, consumata dal desiderio di vendetta e dal senso di colpa del sopravvissuto? O la collaborazionista Josephine, che ha barattato la lealtà per la sopravvivenza? Il romanzo ci guida a credere che la nonna di Olivia sia Sophie, che ha rubato l'identità di Josephine. Ma la vera domanda che l'autore ci pone è più sottile: dopo decenni vissuti sotto un altro nome, dopo aver costruito una vita intera su una menzogna imposta, quanto di Sophie è rimasto? La demenza senile, in questo contesto, diventa uno strumento narrativo potentissimo: è la crepa nel muro della memoria costruita, da cui fuoriesce la verità rimossa, la confessione primordiale. La sua è una tragedia morale di proporzioni shakespeariane: una vittima costretta a portare la maschera e la colpa del suo carnefice.

Il romanzo ci mostra che la memoria non è un archivio passivo, ma un terreno di scontro attivo. C'è la memoria personale, fallibile e soggetta a traumi; la memoria costruita, usata come difesa; e la memoria collettiva, spesso una narrazione di comodo che la società sceglie di raccontare a se stessa. L'Hôtel Lutetia è l'epicentro fisico e simbolico di questa battaglia, un luogo dove le memorie individuali dei sopravvissuti si scontrano con la storia ufficiale. Chi siamo? Siamo il nostro nome, la nostra storia, o le scelte che facciamo? La vicenda di Sophie/Josephine smantella ogni certezza. Rubando un'identità, Sophie non solo si salva, ma forse si annienta. Questa riflessione si estende a tutti i personaggi, costretti a indossare maschere per sopravvivere in un mondo che li ha brutalizzati. 

Un omicidio a Parigi fugge da facili divisioni tra buoni e cattivi. Sophie è una vittima, ma è anche divorata da un odio che la rende quasi spietata. Josephine è una traditrice, ma forse ha agito per paura o per opportunismo in circostanze estreme. Lo stesso colpevole, pur essendo l'antagonista, agisce per un istinto di autoconservazione portato alle sue estreme e mostruose conseguenze. 
Il libro ci chiede: cosa avremmo fatto noi al loro posto? Qual è il prezzo della sopravvivenza? Esiste un confine netto tra eroismo e vigliaccheria quando la morte è l'unica alternativa? 

Il romanzo illustra come il trauma non muoia con chi lo ha vissuto, ma si trasmetta, come un'eredità tossica, alla generazione successiva. Olivia non ha vissuto la guerra, ma ne porta le conseguenze emotive. La sua ansia, i suoi incubi, la sua stessa scelta professionale sono legati a doppio filo al segreto inconfessato della nonna. È una riflessione potente sull'impatto a lungo termine dei grandi cataclismi storici sulla psiche individuale e familiare. 

Un omicidio a Parigi è un romanzo intelligente e sensibile. Un romanzo agghiacciante e pieno di colpi di scena. Un romanzo che è pieno di fantasmi, di ombre e di buchi neri in cui cadere. È psicologico, è manipolatore ed è davvero ben scritto. È come una spirale che non ha mai fine, e nemmeno quando ci arrivi, ti sembra davvero finita. Forse perché il pezzo della storia di cui parla è una Storia troppo grande, troppo dolorosa, troppo crudele per finire mai per davvero. 

È bravo l'autore a usare il thriller per porre domande profonde e scomode. È un libro sulla memoria come atto di resistenza e sulla dimenticanza come forma di colpa. È un omaggio doloroso a una generazione perduta e un monito potente per le generazioni presenti. 
Leggere questo romanzo significa intraprendere un viaggio investigativo non solo per le strade di Parigi, ma anche nei corridoi più oscuri della storia europea e, in ultima analisi, dentro noi stessi. Significa confrontarsi con l'idea che ogni storia personale è intrisa della grande Storia e che la verità, come i fantasmi che infestano l'Hôtel Lutetia, non smette mai di chiedere giustizia. 
E nemmeno noi dovremmo farlo.

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