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martedì 10 dicembre 2024

Recensione: I MOSTRI NON ESISTONO di Michela Giachetta

Buongiorno! Grazie alla collaborazione con la casa editrice Fandango, oggi vi parlo di I mostri non esistono di Michela Giachetta.

I mostri non esistono

di Michela Giachetta
Editore: Fandango
Pagine: 252
GENERE: Saggio/Inchiesta
Prezzo: 9,99€ - 18,00
Formato: eBook - Cartaceo
Data d'uscita: 2024
LINK D'ACQUISTO: ❤︎
VOTO: 🌟🌟🌟🌟🌟 

Trama:
"I mostri non esistono" di Michela Giachetta esplora le radici della violenza di genere, puntando a decostruire la figura del "mostro" come causa primaria. L'autrice si immerge nel mondo dei centri di recupero per uomini maltrattanti, ascoltando le loro storie per comprendere cosa li spinga a comportamenti violenti. Il libro evidenzia che la violenza maschile non nasce da impulsi mostruosi, ma da un contesto culturale e sociale che forma le relazioni di potere. Attraverso un'analisi profonda, Giachetta invita a riflettere sul ruolo della responsabilità e del cambiamento, oltre i semplici stereotipi.

RECENSIONE

I mostri non esistono di Michela Giachetta è un libro che racconta tanti dati, ma proprio tanti. Le prime pagine sono piene di numeri, di anni, di percentuali che servono a spiegare a livello formale ciò che ormai sappiamo da tempo: gli uomini fanno del male alle donne, e sono uomini, per questo si parla di violenza di genere. Non è mio compito parlare di questi fattori, perché sono soltanto esempi di una matematica che nasconde il dolore e il sangue dietro forme razionali ma che di razionali hanno ben poco. Proprio nulla. 

Io vi parlerò, invece, di ciò che ho scoperto leggendo questo libro che tutti dovrebbero leggere. A cominciare dal centro LDV. Liberiamoci dalla violenza di Modena, il PRIMO centro italiano ad accogliere in modo totalmente gratuito e volontario tutti gli uomini che hanno maltrattato le donne. Un centro dove sono presenti professionisti della medicina, della psicologia, tutte anime pronte ad aiutare questi uomini che si sono resi conto da soli o perché mandati da altri, come genitori, figli, compagne, mogli, che i loro comportamenti erano sbagliati e dolorosamente condannabili. 

Ciò che questo centro fa è considerare questi uomini delle persone NORMALI. Non esistono mostri, ed è sbagliato cercare di oggettivare e distanziare il MALE da noi dicendo che quelli sono dei mostri. Non è vero, sono persone esattamente come noi, sono persone normali. E per ‘normale’ si intende uomini che hanno una famiglia, che sono inseriti nella società, che fanno sport, che frequentano amici, insomma che “funzionano” nella vita quotidiana e per la società sono gente come tanti altri. La verità è che poi, all’interno di una relazione personale e intima, danno vita a comportamenti disfunzionali che possono arrecare dolore e sofferenza. Ma è un contesto chiuso, ristretto. Non sono persone malate, perché considerarle malate significa giustificarle. E questa è l’ultima cosa che una donna dovrebbe fare: giustificare il proprio uomo. 

L’uomo violento non è malato, (bisognoso quindi di cure psichiatriche e di conseguenza fautore di comportamenti che NON dipendono da lui perché, povero, non è colpa sua), è colui che sceglie di fare del male di PROPRIA volontà; in altre parole, non c’è nessuna MALATTIA che lo costringe a farlo. Dunque, è consapevole di quello che sta facendo. È lo stesso uomo che: alza le mani sulla sua compagna perché SCEGLIE di farlo. Quando potrebbe tranquillamente scegliere altro. 

Chiarito questo punto che secondo me in molti non hanno capito, perché continuano a definire "mostri" gli uomini violenti, facendogli un piacere in questo modo, passiamo al problema successivo quello che riguarda la cultura e la tradizione del nostro caro patriarcato. Questi uomini appartengono a una cultura in cui la violenza e la forza sono diventate il mezzo per raggiungere ciò che si vuole e si desidera senza mezzi termini; la stessa cultura che condanna il bambino che piange perché è da femminuccia o la bambina che alza le mani perché è un maschiaccio. L’autrice racconta di avere una figlia che sin da piccola ha usato la forza in modo sbagliato. 

Quindi proprio lei spiega che cosa significa educare un figlio o una figlia sin da piccoli a comprendere le emozioni, perché è la rabbia che smuove la violenza, e bisogna imparare a riconoscerla e darle un altro sfogo, a indicare un’altra strada. Il percorso fatto con la figlia fin dall’asilo, l’ha aiutata a gestire le emozioni e a usare anche la rabbia che sembra così spaventosa, in modo costruttivo, perché anch’essa è importante per la nostra crescita e per la nostra vita. Nessuna emozione è sbagliata, ma l’importante è il modo in cui scegliamo di manifestarla. 

Questo è ciò che cerca di fare questo centro modenese, provando a capire le motivazioni degli uomini maltrattanti e a provare a mostrargli come comportarsi senza ferire gli altri. L’autrice affronta il tema con estrema lucidità, esplorando il funzionamento dei CUAV e delineando le sfide degli operatori. Le modalità di intervento – incontri individuali e di gruppo, percorsi psicoterapeutici e socioeducativi – sono strumenti non di redenzione, ma di responsabilizzazione. È un lavoro duro, che richiede empatia e una sospensione del giudizio quasi sovrumana, ma che allo stesso tempo si muove in un fragile equilibrio: piantare il seme del cambiamento senza mai cadere nel rischio di deresponsabilizzazione. 

Particolarmente incisivo è il modo in cui l’autrice descrive le forme “invisibili” di violenza: il controllo economico, la gelosia patologica, gli abusi verbali e psicologici che spesso passano inosservati, perfino agli occhi delle vittime. Qui il libro trova il suo punto di forza, poiché non solo racconta, ma educa. Il libro ci ricorda che la violenza non è solo un pugno, ma un’intera costellazione di comportamenti che, se normalizzati, erodono la dignità e la libertà della vittima. La narrazione si distingue per il suo equilibrio: da una parte si evidenzia l’importanza di dare a questi uomini la possibilità di cambiare; dall’altra si sottolinea che non esiste una garanzia assoluta di “riabilitazione”. L’efficacia di questi percorsi resta difficile da misurare, ma il libro non cerca risposte semplicistiche. Al contrario, ci invita a riflettere sul fatto che ogni escalation evitata è una vita potenzialmente salvata. 

Cercate, quindi, quando vedete l’ennesimo atto di violenza in TV – a parte la spettacolarizzazione che ormai è diventata vomitevole, e il modo con cui tutti SEMBRANO interessarsi a un problema di cui se ne fregano il nulla in pratica – di pensare a questi soggetti violenti non come persone diverse da voi perché sono dei mostri, ma ridimensionate le vostre fantasie psicotiche e ricordatevi che sono gente tale e quale a noi. Che non vanno trattate come persone “diverse”, malate, strane, perché così fate il loro gioco. 

Vanno trattate per quello che sono: con il cervello ben piantato in testa, con le rotelle che girano come a ciascuno di noi e con quelle mani che consapevolmente scelgono di usare per fare del male. 
I mostri esistono solo nelle fiabe.
Nella realtà, mi dispiace, dirlo, c’è solo gente come noi. 
Voi. 
E loro.
Facciamocene una ragione.

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