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sabato 31 gennaio 2015

Intervista a Rita Volponi, autrice di Anime inquinate

Buongiorno amici lettori, è il momento di un’intervista molto interessante realizzata all’autrice di Anime inquinate, romanzo che ho recensito qualche giorno fa.
Rita Volponi ci racconta i motivi per i quali ha scelto una storia così profonda e di certo non facile, esprimendo un bisogno da ammirare e sicuramente da condividere, che è quello di far luce sui dolori e sulle sofferenze di tutte quelle persone che vengono in modo errato definite diverse.
Leggete e fatemi sapere cosa ne pensate, perché questa intervista è davvero molto attuale, vertendo su temi che sono ormai al centro di molti discorsi quotidiani, sia per fatti di cronaca, sia per questioni umane.

Per chi si fosse perso la recensione del romanzo, può leggerla qui.




Salve Rita, grazie per aver accettato questa intervista.

1- La prima domanda riguarda la scrittura. Come ha iniziato a scrivere e cosa significa per Lei?

Scrivo in pratica da sempre anche se, oltre ad alcune poesie, non ho mai voluto pubblicare i miei scritti; non ero pronta ad affrontare le reazioni della gente. Scrivere per me significa far emergere i lati oscuri e brutali che fanno parte inevitabilmente di molte storie.

2- Anime Inquinate è un thriller psicologico a tutti gli effetti. Per quale motivo ha scelto una tematica tanto profonda e difficile?

Ciò che il mondo attuale pensa di comprendere sui disagi di una massa di individui che vivono oltre il muro della società civile, vedendo immagini in tv di situazioni raccapriccianti oppure a seguito di un breve articolo giornalistico, altro non è che un fugace attimo di condivisione immediatamente accantonata dai problemi personali con i quali ognuno di noi deve fare i conti. Immergendosi invece in una lettura di situazioni descritte nel dettaglio e ricche di particolari, a volte forse anche eccessivi, è più facile farsi coinvolgere perché la porta collocata nel muro che divide i due mondi si apre nel momento in cui il lettore si immerge nella lettura e, a sua insaputa, viene scaraventato in quella realtà e ci resta come spettatore attivo. Ciò che scrivo è frutto di considerazioni personali ed in sostanza si traduce in ciò che vorrei dire alle persone “frettolose” e dalla mia immedesimazione nella scena. E’ un qualcosa che, secondo me, chi scrive, deve “avere dentro”.

3- Quanto tempo ha impiegato per scrivere il suo romanzo?

Circa sette mesi.

4- Ci sono stati momenti in cui ha pensato di abbandonare tutto?

No, l’intenzione era di portare alla ribalta certi problemi sommersi.

5- Si considera una scrittrice a tutti gli effetti o pensa che non basti pubblicare un romanzo per sentirsi scrittori?

Non mi sono mai considerata nulla di particolare tanto meno scrittrice, sono solo una persona che ha un desiderio fortissimo di accendere un faro sulle disgrazie umane e far riflettere la gente sul dolore altrui. Forse, ma non spetta a me dirlo, riesco ad intessere una trama interessante...

6- Cosa ama e cosa odia del suo romanzo?

Ne odio la brutalità che però rispecchia la realtà, quindi odio la brutalità, il dolore, la sofferenza, mentre amo la bontà d’animo di alcuni personaggi come Anna e Leonardo perché in fondo io credo che nel nostro mondo distratto di persone buone ce ne siano ancora molte, per fortuna.

7- Anime inquinate è stato pubblicato da Viola Editrice. Cosa pensa del self publishing?

Rappresenta uno strumento alternativo rispetto alla editoria tradizionale.

8- Quale personaggio le ha creato più difficoltà nella stesura e con quale invece sente una maggiore affinità?

Il personaggio che ho più odiato è Emma la mamma di Andrea, una donna che nasconde un animo diabolico ed è, secondo me il vero carnefice della storia...  Carnevali è una figura affascinante che ammiro e stimo ma anche il capitano Arrighi è un uomo con il quale sento di avere qualcosa in comune.

9- Anime inquinate presenta una trama molto consistente, un’ambientazione e anche una scelta contenutistica che rivelano una serie di studi psichiatrici e psicologici alle spalle. Ci racconti come ha approfondito questo aspetto per renderlo realistico nel suo romanzo.

Il mio percorso di studi non ha compreso, almeno ufficialmente, studi psichiatrici e psicologici, anche se questo particolare aspetto mi ha sempre affascinato; la mente umana in generale è sempre stata per me qualcosa da indagare e tentare di capire. Sono, come si dice, una autodidatta, una persona che indaga specifici argomenti per il piacere di apprendere e tentare di comprendere. Inoltre, e questo credo sia un aspetto da non sottovalutare, ho  vissuto come attore coinvolto situazioni particolari che riguardavano persone psichicamente disturbate.

10- Il suo romanzo non è solo la storia di Elisa e delle sue doppie personalità, ma anche quella di Andrea, e quella di Grazia, di Laura. Insomma una storia di donne soprattutto. Donne contro la violenza. L’attualità del suo libro è eclatante. Questo risponde ad una semplice ispirazione da parte sua verso una storia tutta al femminile o c’è anche una volontà di denuncia sociale?

Ho un carattere combattivo che non si ferma di fronte alle difficoltà e patisco quando sento storie di donne abusate, violentate, così come pure mi infurio di fronte agli abusi e soprusi sui minori; è un qualcosa che mi ferisce nel profondo, quindi sicuramente in me è presente una volontà di denuncia sociale; in sostanza è il mio modo di richiamare l’attenzione della gente distratta a fare qualcosa per aiutare le vittime di quei soprusi.

11- Andrea è un personaggio che sembra risalito davvero dalla più profonda gola infernale. Si è ispirata a qualcuno per raccontare di lui?

Mi sono ispirata a decine di bambini abusati, violentati, mi sono ispirata alle loro storie di dolore e di sofferenza ed ho costruito Andrea, un ragazzo che a sua volta è stato vittima di sevizie da parte della madre,  per cercare di far comprendere che un bambino seviziato e abusato, ha decisamente poche possibilità di diventare un adulto sereno. A volte per far comprendere il pericolo che alcuni ragazzini corrono è necessario dipingere lo stesso pericolo con i toni più foschi possibile.

12- La stessa domanda riguarda Elisa.

Per Elisa vale la stessa risposta che ho dato per Andrea.

13- Anime inquinate è un titolo molto inquietante. Ci spieghi la sua scelta.

Perché Elisa, Andrea, Laura e Grazia sono anime che si sono perse: sono nate pure, ma gli altri le hanno inquinate  con il male e gli interessi personali.

14- All’interno del romanzo sono frequenti le scene piuttosto cruente ed eccezionalmente vivide. Il suo stile narrativo è un semplice omaggio al realismo oppure cela l’intenzione da parte sua di spaventare un po’ il lettore per renderlo ancora più partecipe di ciò che sta leggendo?

Entrambe le cose. In parte rispecchia i tempi attuali dove le brutture sono molteplici e l’uso di droghe o di altre sostanze analoghe, come ad esempio alcolici, sostanze dopanti ecc... sono considerate da molti ragazzi come normali e necessarie per vivere secondo gli standard attuali. D’altronde l’uomo, sempre più spesso sostituisce il “Credo” di molte generazioni, e che ha portato l’umanità a svilupparsi, con dei “credo” moderni che portano solitudine e disperazione; dall’altra parte invece ho voluto far emergere i pensieri nascosti di alcuni soggetti che sia per patologie sia per scelte opportunistiche prendono strade alternative che inevitabilmente portano verso un abisso di brutalità.

15- Cosa si aspetta da questo romanzo?

Sono realista e non mi aspetto nulla, piuttosto mi auguro che lo leggano un bel po’ di persone e che tra loro, qualcuno riesca a comprendere che ognuno di noi è inevitabilmente legato agli altri e che la sofferenza anche solo di pochi determina la sofferenza di tutti. Insomma spero tanto di svegliare qualche coscienza addormentata.

16- Perché qualcuno dovrebbe leggerlo?

Perché magari è un appassionato di thriller psicologici o magari perché il titolo e la copertina lo intrigano.

17- Quali sono i suoi autori preferiti?

Non ho autori preferiti, leggo praticamente di tutto, dai saggi, ai romanzi, ai thriller ed altro ancora. Non mi sento di fare nomi, a volte leggere romanzi di autori molto conosciuti è stata per me una terribile delusione. Quindi…

18- Scrivere è…

Un bisogno profondo, una necessità che non riesco a non soddisfare, è il mio modo di gridare al mondo che bisogna smetterla di ignorare il dolore altrui e di additare le persone ritenute diverse.
  

giovedì 29 gennaio 2015

Capture di Stefania Sabadini Recensione

Buon pomeriggio! La recensione al romanzo Fantasy di Stefania Sabadini, intitolato Capture, è la lettura che vi propongo oggi. Una storia piena di incantesimi e di magia, che narra le vicende di Liz e Mark, accompagnandole con molti altri personaggi, tra sovrani, sacerdotesse, streghe e soldati. Un fantasy che mi è davvero piaciuto molto e che ho apprezzato sotto molti punti di vista.


Leggete e scoprirete molto di più!



Titolo: Capture
Autore: Stefania Sabadini
Editore: Youcanprint
Pubblicazione: 2013
Genere: Fantasy
Pagine: 288
Prezzo: 14,02 Cartaceo - 2,99 Ebook
Link acquisto: Qui



Trama 

Un ciondolo a forma di stella sarà la chiave attraverso la quale la vita di Liz sarà catapultata in una dimensione parallela e del tutto sconosciuta. Un mondo separato dal suo da un sottile ma potente velo di magia. In questo luogo di cui pochi ne conoscono l’esistenza, Liz, o meglio Sarah, come viene riconosciuta, sarà creduta una strega priva di scrupoli e malvagia, capace di aver tradito e ucciso Mark, il suo splendido e tenebroso amante, con cui avrà presto scontri. Ma proprio quando riusciranno a chiarire il loro passato, dovranno fare i conti con una scia di odio e rancore lunga secoli. Fino a scoprire che se il passato ti insegue, solo l’amore ti può salvare. Streghe, sacerdotesse, antiche profezie e regni misteriosi costituiranno la nuova realtà della giovane protagonista. Tra passato e presente, veri e falsi tradimenti, avventure e pericoli, Sarah ritroverà se stessa e la sua vera natura. Vivace ed incalzante, un fantasy ricco di sorprese, di magia e sentimento. 


Biografia

Stefania Sabadini è nata nel 1976 a Lecco, dove vive tuttora. Divide il suo tempo tra il lavoro part-time nell’Ufficio Tecnico di una Pubblica Amministrazione, gli studi per laurearsi in Psicologia, la lettura e la scrittura. Quest’ultimo suo hobby si è trasformato in qualcosa di più di un semplice passatempo, e ha dato vita alla pubblicazione di una saga fantasy di cui i primi due libri, Capture ed Escape, sono già stati pubblicati da Youcanprint nel 2013, e presto sarà disponibile Passion, il quarto episodio della serie.



Capture è un romanzo fantasy capace di infonderti una sorta di pace, nonostante la storia sia ampiamente ingarbugliata e piena di accadimenti turbolenti e malefici. Ci ritroviamo subito in un contesto magico, il quale già di per sé, conserva, almeno ai miei occhi, un fascino tutto suo, evidenziato anche dalla bravura dell’autrice nell’usare un linguaggio consono alla materia che ha deciso di narrare, rendendo la lettura un’eccitante incursione in un meraviglioso mondo dell’oltre fantastico. 

Liz si ritrova, durante una banale festa di paese, catapultata, attraverso uno specchio magico, all’interno di un altro mondo, chiamato regno di Argantel. A spiegarle i motivi di quel viaggio improvviso e straordinario sono la fredda e cinica Arabelle, fautrice della magia che le ha permesso di entrare in quel mondo fantastico e due giovani uomini, appartenenti all’esercito del sovrano Argantel, Chris e Mark. Il luogo in cui Liz giunge, è abbandonato, pieno di rovine, di palazzi distrutti, costituito da porte e da archi che si tramutano in passaggi soprannaturali che danno accesso ad altre dimensioni. 
Liz è una normalissima ragazza di vent’anni, innamorata dei libri che non immagina neanche lontanamente quanto il suo passato sia legato alla magia. Arabelle e i suoi amici le mostreranno cosa si cela nei secoli dei secoli della sua storia e quale indissolubile legame la lega inesorabilmente a quel giovane freddo e distaccato, di nome Mark. Proprio colui che inizialmente le ha mostrato solo rabbia ed odio senza che lei riuscisse a comprenderne il motivo. 

“Seppur fosse la prima volta che lo vedeva, quegli occhi estranei e gelidi le trasmisero un senso di incomprensibile familiarità. Era come se non li vedesse per la prima volta e il suo corpo reagì in modo del tutto inaspettato. Fu pervasa e scossa da brividi, un senso di disagio ma di calore al tempo stesso. Era certa che in quegli occhi ci si sarebbe potuta perdere in eterno.” 

Ciò di cui Liz viene immediatamente a conoscenza è che tutti, compresa lei, hanno una vita passata, dove sono stati qualcun altro. Mark è convinto che lei l’abbia tradito, proprio secoli addietro, quando il suo nome era Sarah, ed era perseguitata per essere creduta una strega, denunciandolo alla Santa Inquisizione, dopo avergli promesso eterno amore. Fortunatamente il giovane capirà che non fu lei a tradirlo bensì quello che considerava un amico, ossia Lenny, proprio colui che li tradirà ancora una volta. 

La narrazione si muove su due piani paralleli: il presente che vede Liz desiderosa di fuggire da quel luogo incantato che però la spaventa a morte e il passato, nel quale assistiamo al racconto della conoscenza e della nascita del legame tra lei e Mark. Più Liz rimane in quello strano luogo, più dimentica la vita che ha appena lasciato. La donna non vuole ammettere di essere stata quella Sarah di cui tutti parlano, soprattutto perché a quel tempo veniva considerata una delle streghe più terribili e malefiche, capaci di tradire anche l’uomo che l’amava. 

Mistero e amore, magia e maledizione, fiaba ed incubo. Sono questi gli ingredienti che subito s’impongono agli occhi e al cuore di chi legge, imprigionandoli in una morsa delicata di apprensione e curiosità. 

Al regno di Argantel si oppone quello di Renea, villaggio esclusivamente popolato da streghe. La più potente è Morgana, con la quale Liz allaccerà un rapporto di fiducia e rispetto in virtù di una inequivocabile conoscenza passata. La caratterizzazione dei personaggi è perfetta. Liz/Sarah è molto dolce, giustamente spaventata, intimorita dall’assurdità della situazione, sconvolta dalla rivelazione di essere la diretta discendente di Alys, la strega più potente di tutti i tempi e di essere lì per permettere alla Profezia di avverarsi. 

Il rapporto con Mark costituisce uno dei filoni più importanti della storia. Anche se Liz non vuole ricordare, lentamente la memoria riaffiora e ancor prima che tutto le possa essere davvero chiaro, il suo cuore ed il suo corpo non sanno mentirle a tal punto che le suggeriscono, in quel silenzio forzato fatto di paura e di sconcerto, quanto Mark rappresenti per lei quell’amore che ti scalda la pelle e l’anima. 
Morgana è sapientemente descritta come colei di cui fidarsi e che vuole sinceramente aiutarla, non si può dire lo stesso degli altri personaggi, a parte Mark e Chris, perché sono tutti abilmente inseriti in un contesto estremamente enigmatico e poco chiaro. 

Un sogno, una fiaba dal sapore della malinconia è la storia di Liz e Mark sullo sfondo di uno scontro imminente tra forze umane e magiche, nel quale non dovranno più salvare soltanto la purezza e l’eternità dei loro sentimenti, ma qualcosa di ancora più importante: la vita. 


“Era esattamente come se la ricordava, si ritrovò a pensare Mark. Era la sua Sarah nella sua genuinità, che non aveva timore di rivelargli i suoi sentimenti, facendogli crollare ogni barriera, rendendolo vulnerabile come nessuno mai era riuscito a fare.” 

Tra streghe, sacerdotesse, sovrani e pugnali avvelenati, collane sacre e profezie millenarie, la vecchia Lis lascerà il posto a Sarah, la vera protagonista. La stessa che amano e odiano, che rifiutano e acclamano, colei che è l’unica discendente di Alys. Ma c’è qualcuno che vuole ucciderla e in un turbine di accadimenti misteriosi ed inspiegabili, anche i segreti più reconditi verranno alla luce. L’autrice crea una storia in cui è sempre più difficile capire quale sia la strada verso la salvezza. Capture è solo il primo di una saga che è composta da altri due volumi, Escape e Biwitched, attualmente pubblicati. 

E’ una storia che dolcemente e caparbiamente ti prende. Leggevo senza accorgermi che le pagine scivolavano via, completamente catturata da questo mondo e dalla storia terribile e romantica di Liz e il suo Mark. Lei è fragile e vulnerabile, cova ancora dentro di sé il desiderio di scappare ma qualcosa o meglio qualcuno la lega inesorabilmente a quei luoghi che hanno bisogno di lei. I personaggi sono caldi e vicini, spontaneamente ti ritrovi a prendere le loro parti e il mondo narrato è oltremodo fiabesco ma non di quelle fiabe stupide e fine a sé stesse. E’ una storia in grado di farti sentire parte di quella realtà seppure sia terribilmente lontana. 

L’autrice è brava a stuzzicare l’immaginazione, a donargli ciò di cui necessita, per aprirsi, per fidarsi di quei luoghi incantati e decidere di farne parte. Non è un romanzo che ti lascia indifferente per tanti motivi. Si percepisce attraverso ciascuna parola che Stefania Sabadini ama ciò che sta raccontando, e lo ama profondamente e assolutamente a tal punto da farlo amare anche a noi. Perché chi ha il cuore di creare un mondo immaginario come questo, nel quale oltre ad esserci, come conviene, magie ed incantesimi, guerre e maledizioni e soprattutto l’amore che diventa il motore, il calore che scalda i ricordi e le azioni, rendendolo un sogno incantato non privo delle sue insidie e pericolosità, dimostra di possedere un’anima pura che ama la vita, perché la sua volontà è quella di trasfigurarla nella sua forma migliore: la fiaba. 

Stefania Sabadini crea un mondo nel quale io ci sono stata e sono tornata per raccontarvelo. Un mondo fatto di antichità e leggende, di miti e streghe, di regni e guerre, un mondo nel quale l’incubo e la malvagità non mancano ma è il coraggio e l’amore a muovere il cuore delle persone. 

Ho sempre pensato di non essere capace di scrivere un fantasy così vicino alla fiaba e alla bellezza della meraviglia. Ho sempre creduto che per scrivere mondi nei quali si legge la dolcezza e la premura alla base di ogni scelta narrativa, la delicatezza dei personaggi e la cura delle scene, fosse necessaria una visione del mondo che io non posseggo. 
Una visione aperta verso l’esistenza, un amore nei confronti della vita che ti fa scegliere di celebrare la tua riconoscenza per essere qui su questa terra, raccontando una storia che ha il sapore della melodia, dell’eleganza, della purezza. 

Capture è un romanzo puro, raffinato, dai colori tenui, non ti spara mai addosso scene tragiche, non è stravagante. E’ un romanzo sottile, morbido, leggero, affinato. Ho amato il modo in cui tutto è sospeso, estasiato ed estasiante, come se leggendo fossi stata io stessa catturata da quell’incantesimo. Che sia anche questa magia? 

Ma Capture non è solo questo, Capture è anche carne e sangue. Travolgente il modo in cui l’autrice descrive il legame tra Liz e Mark. Un rapporto sofferto, rimpianto, desiderato, agognato che non li lascia respirare. Intenso ed emotivamente struggente. Un amore al di fuori di ogni possibilità di rinuncia, istintivo, caparbio. 

Liz sente i brividi percorrerle l’intero corpo se Mark la sfiora e da quando inizia a ricordare chiaramente i momenti passati vissuti insieme, non riesce più a controllare il proprio desiderio, il desiderio che Mark sia di nuovo e finalmente suo. Mark la ama e la desidera al di sopra di qualsiasi forma di ragione. Le sue emozioni sono rese palpabili dalla profondità delle descrizioni narrative che riescono a toccarti dentro. 

L’autrice rende di carne ed ossa le passioni, le paure e qualsivoglia sentimento e mentre li racconta con dolcezza e cura, sembra quasi che riempia il vuoto, un vuoto fatto di secoli e di dimenticanza. 
Perché non ha timore di avere a che fare con la più potente delle magie, quella capace di controllare il tempo e lo spazio e che ha un solo ed unico nome: Eternità. 

Il calore trabocca da ogni parola mentre Mark e Liz si riavvicinano superando ogni singola paura di quella infausta lontananza. Sono stati separati dall’odio, dall’invidia, dal tradimento, dalla morte. 

Eppure tra le mille vite che ciascuno di noi vive, esiste un tempo ed un luogo nel quale, per forza, due anime che si appartengono, nel regno dei cieli fino alle più profonde viscere della terra, devono incontrarsi, toccarsi, scaldarsi. Ancora una volta. 


“Quante volte le aveva detto di fidarsi di lui… e lui non l’aveva mai tradita, era sempre tornato da lei, l’aveva sempre rassicurata, stringendola tra le sue braccia…”



lunedì 26 gennaio 2015

Anime inquinate di Rita Volponi Recensione

Buon pomeriggio, oggi è tempo di pubblicare la recensione di un romanzo che appartiene al genere thriller psicologico, pubblicato da Rita Volponi, ed intitolato Anime inquinate. La storia è molto intrigante, scritta in modo scorrevole e piena di colpi di scena. Non solo leggerete un giallo a tutti gli effetti, ma entrerete nel mondo delirante della follia e del potere devastante della mente.

Non dimenticate di farmi sapere cosa ne pensate!



Titolo: Anime Inquinate
Autore: Rita Volponi
Editore: Viola Editrice
Pubblicazione: Novembre 2013
Genere: Thriller psicologico
Pagine: 138
Prezzo: 8,50
Ibs
Trama 

Thriller psicologico che narra le vicende di una giovane donna, Elisa, intrappolata in una situazione completamente ingestibile in cui, per salvare se stessa, si trincera dietro ad altre due personalità più forti di lei, Lisa ed Elis, che agiscono per lei nei momenti di défaillances, dando vita ad uno scioccante sdoppiamento di personalità. Elisa aveva una personalità multipla. In una situazione così ci può essere spazio per l'amore nelle sue infinite sfumature? Può l'amore aiutare persone che non l'hanno mai conosciuto o che lo hanno sempre rifiutato preferendo la strada della violenza, della sopraffazione e dell'egoismo? Fortunatamente sulla strada della sua vita Elisa incontra Leonardo...

Biografia

Laureata in Giurisprudenza svolge l’attività lavorativa presso una pubblica amministrazione. Sposata con un figlio ha diversi hobbies tra i quali l’amore per gli animali e la poesia. Diverse poesie sono state pubblicate nel corso degli ultimi anni, sulle Antologie “Verrà il mattino ed avrà un tuo verso”, mentre è alla prima esperienza editoriale nella Sezione dei Romanzi. Con il romanzo “Anime inquinate" si è classificata seconda al Concorso nazionale letterario “Gocce d’inchiostro 2013” della Viola editrice.



Anime inquinate è un thriller psicologico che non lascia scampo ad ulteriori fraintendimenti. Fin dalle prime pagine mette le cose bene in chiaro. Il prologo è eccezionalmente brutale. E’ come se la protagonista, di nome Elisa, mettesse immediatamente le mani davanti, quasi a volerci dire che quella che leggeremo non sarà una bella storia, quindi “arrangiatevi”. 

Ha 17 anni, un’infanzia particolare alle spalle, una madre assente ed un padre tossico. Ma lei ama la scuola, lei è un’intelligenza sprecata. Due notizie sulla sua vita e poi di colpo appare sulla scena Signora Morte con tutto il suo seguito fatto di sangue e degenerazione. Elisa trova il cadavere della madre in una pozza di sangue ed il padre vittima di overdose. La giovane viene subito incriminata per entrambi i fatti perché era l’unica presente in casa ma lei si difende dicendo che dormiva. Durante il primo interrogatorio, appare abbastanza tranquilla, eppure le è appena morta la madre, così sin da subito emerge un dichiarato distacco emotivo sia nei confronti dell’accaduto, sia dell’arresto. Non si è ancora resa conto dell’omicidio? Immediatamente l’autrice ci immerge in un clima a dir poco surreale, nel quale qualcosa non torna, c’è poco da fare. 

Elisa sa di non aver ucciso la madre ma a noi qualche dubbio ci viene fino a quando assistendo al primo colpo di scena del romanzo, conosciamo Lisa, la doppia personalità con la quale la giovane si difende quando si sente messa alle strette. 


“Cara signorina Elisa, lei lo dice a sua sorella. Tanto per puntualizzare io mi chiamo Lisa e basta, e lei, cara signora, è una cretina che crede di sapere tutto e invece non sa proprio niente.” 

Questo eclatante scoppio di sincerità costerà cara la pelle alla nostra Elisa/Lisa, perché senza pensarci due volte, verrà immediatamente spedita in un ospedale psichiatrico, dove di lei si occuperà il professor Carnevali. 

“Le sue condizioni psichiche non le consentono di stare in un normale carcere.”

Elisa è profondamente malata, spezzata, la sua identità è a pezzi. Ha due personalità, l’una completamente indipendente dall’altra. Lisa è l’anima oscura, la metà marcia della mela, colei che nell’oscurità non brilla, drogata ed alcolizzata proprio come il padre. 
Rita Volponi crea una protagonista molto controversa, nella quale convive sia il concetto di vittima che di carnefice, almeno fino a questo momento. Crea molta suggestione il modo in cui l’autrice decide di far entrare in gioco le due personalità, quasi come fossero due persone realmente diverse. Entrambe riescono ad assumere completamente il controllo, in modo alternato, senza che nessuna delle due abbia memoria di ciò che ha detto o fatto l’altra. Si considerano sorelle e agiscono senza interferire tra di loro. Quando Lisa sta per prendere il sopravvento, Elisa sente freddo. 
Le sue incursioni spaventano non poco perché evidenziano una personalità che non è soltanto ribelle ma è completamente borderline. Ciò che ci troviamo davanti è un mostro di insensibilità e violenza, perché mentre Elisa piange e si nasconde, Lisa aggredisce chiunque. 

La tematica della malattia mentale è provocatoriamente interessante ed inserirla in un contesto romanzato comporta i suoi rischi. Rita Volponi dimostra di conoscere bene l’argomento ma soprattutto non teme di avventurarsi in un terreno così arduo e pieno di buche, che riesce ad evitare, nonostante la pericolosità latente. Il suo stile è preciso, determinato, senza sbalzi di tono o sbavature. Spesso è lo stesso linguaggio assimilabile a quello di un’indagine, perché anche e soprattutto di questo si tratta. 
Chi ha ucciso la madre di Elisa ed ha ridotto il padre in coma? Quanto siamo sicuri che sia Lisa a controllare Elisa e non viceversa? Chi è la più forte delle due? Il passato è un’arma a doppio taglio che non smetterà mai di perseguitarti, ferendoti all’infinito. E quando ti porti dentro un peso simile, tutto diventa confuso a tal punto che anche la verità e la follia perdono i loro premurosi e rassicuranti confini. 

I thriller psicologici sono molto più cupi perché uno spazio eccezionalmente importante lo ricopre proprio la mente e davanti al suo mistero, lo sappiamo, tutto può crollare. 
Quando ho iniziato a leggere il romanzo, mi sono chiesta per quale motivo l’autrice abbia scelto di ambientarlo in un contesto simile, tirando in ballo una malattia così profonda che come ogni follia riguarda la frattura dell’anima. Procedere senza paura, inabissandosi in un mondo così perverso, macabro, malato, dove gli istinti sono l’unica ragione di vita per un essere devastato, è apprezzabile ma è soprattutto da ammirare. Togliersi la maschera di luce che ciascuno di noi indossa per vivere la propria quotidianità, il proprio lavoro, la propria famiglia per schiacciarsi addosso quella maschera tanto terribile quanto incontrollabile, fatta di follia delirante, che ti trascina in un baratro senza speranza. 
Una follia che diventa il Male, anche se non lo cerchi, anche se non lo vuoi, eppure lo sei. Rita Volponi non ha scelto un tema facile, è un’autrice che dimostra sensibilità perché per dare voce a certi dolori, a talune perversioni, sconosciute e terrificanti ossessioni, bisogna prima di tutto saper “sentire” e possedere l’arte di saper raccontare. Altrimenti diventa tutto banale, superficiale, diventa una storia che non coinvolge e invece mentre leggiamo ci troviamo dentro una storia che ha il sapore terrificante della possibilità, della realtà, di ciò che può accadere, anche adesso, anche qui, anche a te. 

I colpi di scena non mancano, coinvolgendo il lettore in una travagliata ricerca della verità. Eppure ogni volta che facciamo un passo avanti, in realtà ne abbiamo fatto due indietro. All’autrice piace giocare con noi e a noi piace entrare in quel labirinto perfetto che lei ha creato per noi, per farci perdere e poi forse ritrovare solo quando sarà lei a deciderlo. 

Le scene sono descritte in modo asciutto e paurosamente crudo. Non c’è alcuna forma di pietà nella scelleratezza di certe situazioni, di perdono per l’inammissibilità di certi comportamenti. Come una telecamera che riprende dall’alto, senza perdersi nemmeno un particolare, così la scrittura della Volponi diventa lo specchio di una impronunciabile malvagità. Forse penserete che la peggiore sia Elisa con la sua follia, fino a quando non incontrerete Andrea, una bestia affamata di crudeltà. Un essere che stupra, che uccide, che profana la sacralità della vita senza una sola ragione valida. 


“Non meritavo un caso così complicato. Risolverlo sembra quasi un labirinto, ogni volta pensi di aver imboccato la strada giusta ma quando la percorri, ti accorgi che porta verso un altro bivio.” 

La storia è spietata. Morti violente, accoltellamenti, abusi e violenze, droga e alcool, ossa rotte e vite bruciate. In quale terrificante universo siamo stati catapultati? La morbosità e lo squallore di certe scene, discorsi, atteggiamenti, potranno davvero farvi storcere il naso, ma questo è un romanzo capace di affondare le mani nella miseria umana più devastata e devastante, davanti alla quale vi consiglio di non fuggire, perché ve ne pentirete. 

Andrea è la bestia disumana che sputa furia e ferocia. 


“Con un balzo felino si mise in piedi e rimase impietrito di fronte allo spettacolo che gli appariva impietoso e minaccioso. Nessun pensiero di dolore, rimorso o rimpianto balenò nella sua mente ma solo il fastidio di dover ripulire lo sporco circostante.” 

La malattia mentale è la protagonista, è un fantasma, un’ombra che inganna e che rende colpevoli gli innocenti ed innocenti i colpevoli in una giostra assassina in cui il sangue diventa l’amuleto sacro, perverso e macabro, alla vista del quale, dalla profonda gola infernale, risale la più efferata delle bestie, dissociandola da ogni legame umano e reale. 

“Dopo averlo messo al mondo, lo aveva trasformato in una bestia immonda.”

I protagonisti sono anime distrutte, spezzate, anime inquiete ed inquinate. Rita Volponi crea un thriller crudele, visivamente presente, eclatante dal punto di vista delle scene, intessendo una storia di quelle sporche, dove i personaggi si svendono e vendono tutto per un attimo di follia. Un romanzo a tratti raccapricciante che forse qualcuno non vorrà leggere perché non è semplice andare oltre l’impatto figurativo, straniante ed estenuante che certi accadimenti ti lasciano addosso. 
Quell’ansia di percepire che tutto sia follia, tutto sia terribile, tutto stia andando nel modo sbagliato. L’autrice è brava a raccontare un disagio mentale trasformandolo nella più ossessiva interpretazione del reale. 
Andrea diventa la trasfigurazione di Elisa. Entrambi dissociati, entrambi distrutti da esperienze che li hanno devastati, sono il prodotto di una storia che grida e squarcia il silenzio. 

Al di là del linguaggio spesso dettagliatamente tecnico, che riesce a conferire maggiore spessore e sostanza alla storia, ciò che emerge, imponendosi su tutto il resto, è la consapevolezza che l’autrice sia andata oltre qualsiasi scudo protettivo, di aver scavato non solo a fondo dell’animo umano, ma di essere arrivata proprio alla radice, per raccogliere e stringere tra le mani tutto quel marcio, tutto ciò che è stato sotterrato dalla violenza e dall’odio. Tutto quel male indistinto e senza nome, sporco, inquinato, sbagliato, l’autrice lo porta coraggiosamente alla luce, e ancora con le mani sporche, ce lo porge. Così com’è, senza alcun trucco, senza nessuna messinscena. Senza vergogna, gli dà la sua voce e lo lascia parlare. In quanti sapranno ascoltarlo senza scappare?



sabato 24 gennaio 2015

Intervista a Mauro Muccioli, autore di Ai miei sogni non chiedo più nulla

Buon pomeriggio cari lettori, oggi vi propongo un’intervista molto interessante all’autore esordiente Mauro Muccioli, di cui ho già recensito il romanzo Ai miei sogni non chiedo più nulla. Leggete con attenzione e fatemi sapere le vostre impressioni!

Per chi si fosse perso la recensione, può leggerla qui.




Ciao Mauro, grazie per aver accettato questa intervista.
        

1- Cominciamo con una domanda che riguarda la scrittura in rapporto a te stesso. Che definizione daresti di te stesso come scrittore?

Non mi sento assolutamente uno scrittore, mi sento una persona che ha deciso di mettersi alla prova e di sfidare sé stesso. Amo talmente tanto scrivere, che ho deciso di mettere su carta le miei emozioni, le mie paure, le mie ansie e tutto quello in cui credo. Se questo vuol dire essere scrittore, allora ho cercato di farlo al meglio.

2- Cosa significa per te questo romanzo?

Questo romanzo è linfa per me. Ha dato vita ai miei silenzi e accompagnato per mano i miei attimi di solitudine. Ho iniziato a scriverlo alla vigilia di Natale del 2013, in un periodo davvero complicato nel quale non credevo più a nulla. Un periodo privo di sogni e certezze. Questo romanzo è nato come sogno e poi, giorno dopo giorno, è diventato certezza.

3- Scrivere è…

Scrivere è magia. E’ mettere per iscritto pensieri e parole che altrimenti sarebbero destinati a morire. Per me è stato anche molto terapeutico. Scrivere mi ha aiutato a conoscere una parte di me che era sempre rimasta nascosta, mi ha aiutato a capire quanta tenacia e forza si nascondevano dietro ai miei silenzi. Scrivere, molto semplicemente, mi piace!

4- Per un romanzo la copertina è molto importante. Raccontaci i motivi che ti hanno condotto a sceglierla.

La mia storia è incentrata sulle donne, sono loro le vere protagoniste di questo romanzo. Cristina non è solo la vittima su cui si basa la storia, è il fulcro attorno al quale si muove tutto. Così come Alessia, intelligente, misteriosa, bellissima. Quello che volevo dalla mia copertina era solo mistero. E l’occhio di una donna, disegnato dalla magica penna di Andrea Mengucci, è la cosa più misteriosa che esista per me. Volevo poi uno sfondo nero che lo facesse risaltare, come se quell’occhio uscisse fuori dalla copertina e prendesse vita. Infine il titolo, con la parola “Sogni” scritta in rosso… perché per tornare a sognare, si è costretti a fare i conti con il dolore e a sconfiggere i propri demoni.


5- Il titolo del tuo romanzo è molto suggestivo. Raccontaci i motivi della tua scelta.

Quando ho incominciato a scrivere il romanzo, il titolo non l’avevo ancora scelto. Non ho mai pensato inizialmente al titolo perché forse ancora non avevo ben chiara la storia. Poi, un giorno, in auto cantavo Ebano, una canzone dei Modena City Ramblers che parla di una prostituta costretta a mettere da parte i propri sogni per tornare a vivere. Quella frase, “ai miei sogni non chiedo più nulla”, l’ho cantata con forza e rabbia e alla fine mi sono detto… “Ecco il mio titolo, sarà perfetto!”. Lo è!

6- Hai detto che con la stesura di questo romanzo hai voluto realizzare un sogno. Cosa provi quando scrivi?

Dipende da quello che scrivo. Nel mio romanzo ci sono parti autobiografiche e parti di pura finzione. Quando scrivevo le parti personali, mi lasciavo guidare dalle emozioni, da quello che provavo ripensando ai momenti vissuti… ho scritto molte parti del mio libro con gli occhi lucidi e il cuore in gola. Il capitolo 13 ad esempio, quello dedicato a mia nonna che non c’è più, ancora oggi non riesco a leggerlo senza commuovermi. Quando invece scrivevo la finzione, la storia da me inventata, avevo il sorriso sulle labbra, perché pensavo di aver creato un giusto mix di mistero e colpi di scena.

7- C’è stato un momento nella stesura del romanzo nel quale hai avuto difficoltà tali da pensare di abbandonare tutto?

Si c’è stato. Non sono uno scrittore e quindi dedicavo le mie notti alla stesura del libro. Inizialmente sono stato guidato dall’entusiasmo e dalla voglia di mettermi alla prova, poi, ad un certo punto, mi sono completamente bloccato. Da maggio a settembre non ho più toccato nulla, non ho più pensato a nulla. Ero vuoto e privo di ogni ispirazione. Poi ho trovato un biglietto dentro ad un biscotto della fortuna, un biglietto che incitava a credere con forza nel raggiungimento dei propri obiettivi. L’ho interpretato come un segno. Ho cercato di spiegarmi per quale motivo non avevo più stimoli e poi, magicamente, una notte ho capito. Il problema non ero io, il problema era il mio libro… c’era qualcosa di sbagliato, qualcosa che non mi piaceva e mi frenava. è bastato spostare due personaggi, cambiargli il posto sul palcoscenico della mia storia e tutto è andato al suo posto, tutto, finalmente, tornava con quello che volevo… da quella notte niente e nessuno poteva più fermarmi. 

8- Perché hai scelto di scrivere proprio un thriller?

Perché amo i thriller. Se decido di leggere un libro, la prima scelta ricade sempre su un thriller. Mi piace il mistero, mi piace la verità raccontata pian piano fino all’esplosione finale. Volevo però scrivere un thriller razionale, senza fantasmi o spettri che ad un certo punto iniziano a volare. Volevo una storia che facesse riflettere perché vera e credibile. E poi volevo un finale sorprendente, un finale che emozionasse per primo me stesso. Ancora oggi, quando leggo gli ultimi tre capitoli, l’emozione che provo è indescrivibile.

9- Nella tua biografia c’è scritto che sei un programmatore informatico. E’ quello che avresti voluto essere?

Sì, ho sempre amato i computer e le tastiere. Da piccolo bastava darmi una vecchia tastiera collegata al nulla e io passavo intere ore ad ascoltare il rumore dei tasti che venivano colpiti dalle mie piccole dita.

10- Donaci una citazione da un romanzo non tuo che ti ha colpito particolarmente e che per te racchiude un significato importante. E donaci allo stesso modo una citazione dal tuo romanzo.

“Un bel libro, Marcus, è un libro che dispiace aver finito” questa frase, tratta dal capolavoro “La verità sul caso Harry Quebert” di Joel Dicker, è pura e semplice verità. Dopo aver finito di leggere un libro che mi ha lasciato dentro tanto, di solito ne accarezzo la copertina, lo guardo per l’ultima volta come si fa con una persona a cui vuoi bene, poi lo posiziono con cura nella mia libreria. Questa frase racchiude in poche parole quello che è realmente quel libro… un grandissimo libro.
Nel mio romanzo ho scritto una frase potente che dice “Tutto quello che veramente vuoi si trova al di là della tua paura”. Credo sia la verità. Solo spingendoci al limite dei nostri incubi, possiamo raggiungere quello che veramente vogliamo.

11- La storia che racconti è molto intricata. Come hai fatto a creare una trama tanto complicata, con numerosi colpi di scena e capovolgimenti di fronte? Da dove è nata l’ispirazione?

Questa domanda è difficilissima! Diciamo che è stato tutto un po’ sovrannaturale!! Prima di scrivere la storia di Mirko e Cristina mi sono documentato molto, ho parlato con un medico e con un parroco, ho fatto delle ricerche e ho scritto il finale del mio libro. A quel punto, sapendo come doveva finire la storia, ho cercato di spargere gli indizi in maniera precisa, in modo da giocare un po’ con il lettore. La cosa più complicata è stata far combaciare tutto negli ultimi capitoli, dare coerenza a tutto quello che avevo scritto nei capitoli precedenti. Quello che volevo era creare un colpo di scena alla fine di ogni capitolo. Volevo che il lettore non riuscisse a smettere di leggere perché la fine di ogni capitolo gli svelava un piccolo pezzo del mio puzzle. Ma credimi quando dico che molti colpi di scena sono nati nel momento in cui li scrivevo. Credo che sia stato il mio libro a decidere me, questa storia è sempre stata nella mia testa e un giorno ha deciso di uscire e mostrarsi a tutti!

12- Oltre Mauro che rappresenta il tuo alter ego, quale personaggio del tuo romanzo avresti voluto essere?

Sicuramente PJ. Nel romanzo Mauro non solo è coccolato e aiutato da PJ, ma è soprattutto spronato con fermezza a realizzare il suo sogno. Mi piacerebbe essere il PJ di qualcuno nella vita reale, spero di esserlo per mia figlia, spero di riuscire a trasmetterle la forza necessaria per realizzare tutti i suoi sogni.

13- Qualcuno sosteneva che quando un personaggio ti entra in testa non ti lascia in pace finché non gli hai dato la sua storia. La pretende. Qual è il rapporto con i tuoi personaggi? 

Volevo raccontare la mia storia. Questo romanzo è un’autobiografia travestita da thriller. Ogni personaggio racconta un pezzo della mia vita. Ognuno di loro ha un compito ben preciso, non solo per arrivare al colpo di scena finale, ma per raccontare ad ognuno di voi una parte della mia storia. Ogni personaggio ha uno scopo, sta al lettore cercare di capire quale scopo ha nel romanzo e quale nella mia vita.

14- Hai detto di non aver mai seguito un corso di scrittura. Cosa pensi dell’autopubblicazione? Ti senti davvero preparato per entrare in questo mondo, in cui si pubblicanodecine di libri ogni giorno? Ma soprattutto cosa ti aspetti? 

Ho fatto leggere il mio romanzo ad alcune piccole case editrici della mia zona. Devo dire che è piaciuto molto, ma alla fine quello che mi chiedevano, in cambio della sua pubblicazione, era di lasciare in mano loro tutto il mio lavoro. Sono stato geloso di quello che avevo creato con tanta fatica e ho deciso di auto pubblicarmi sapendo che, così facendo, avrei forse tolto visibilità al mio romanzo. Non so se sia stata la strada giusta, solo il tempo lo potrà dire, sicuramente non mi aspetto di diventare ricco e famoso, vorrei solo toccare più persone possibile, vorrei che la mia storia venisse tramandata dal passa parola della gente.  Sarebbe stupendo!

15- Perché qualcuno dovrebbe leggere il tuo romanzo?

Perché la storia di Mauro Bianchi è un po’ la storia di tutti. Ognuno di noi ha dovuto affrontare un periodo difficile, un periodo in cui tutto sembra andare storto e dove non riesci a vedere la luce. Questo libro parla di speranza, racconta di come trovare la forza dentro di sé per rialzarsi e tornare a lottare. Non è il solito thriller con vittime e carnefici, è anche una storia di amore e di speranza, ma non amore per una donna o un uomo, ma soprattutto amore per sé stessi, per quello che si costruisce giorno dopo giorno per realizzare i nostri sogni.


16- E’ un thriller che racconta non solo di un omicidio ma anche di ciò che si è disposti a fare per amore e soprattutto per vendetta. Tu credi nell’amore?

Non è facile per me rispondere a questa domanda. Sicuramente credo all’amore perché l’amore l’ho visto, l’ho toccato, l’ho respirato e grazie a lui sono cresciuto e sono diventato quello che sono. Ma penso anche che nella vita esistano infinite forme d’amore… amore per quello che si fa, amore per un amico vero, amore per i propri genitori, amore per la tua passione… la parola amore va al di là di tutto quello che si possono donare un uomo e una donna. Credo nell’amore, ci crederò fino all’ultimo giorno, perché senza amore non potrei vivere.


17- Ai miei sogni non chiedo più nulla è il tuo primo romanzo. Cosa bolle in pentola? Hai intenzione di scrivere ancora? E se sì, cosa?

Dopo la pubblicazione di “Ai miei sogni non chiedo più nulla” ero talmente stanco che non avrei mai pensato di poter tornare subito a scrivere. Avevo dedicato le notti dell’ultimo mese a lui, alla sua nascita e crescita. Ma dopo appena due settimane dalla sua pubblicazione, ho capito che scrivere per me è come una cura e non posso più farne a meno. Per cui ho iniziato a mettere su carta qualche idea di quella che potrebbe essere la prossima storia da raccontare. Credo di rimanere sempre sul genere thriller perché mi piace creare colpi di scena, ma anche nel prossimo romanzo ci sarà molto di me e del mio passato, ma anche del mio presente. Parlerà del bullismo e del difficile rapporto tra genitori e figli. Ho già trovato anche il titolo, ma naturalmente è presto per svelarlo.


18- “Volevo raccontare la mia vita mischiandola con un thriller, volevo mischiare verità e finzione.” Pensi di esserci riuscito?


Sì penso di esserci riuscito. All’inizio mi sembrava tutto così assurdo, non capivo come avrei fatto a mischiare gli attimi più importanti della mia vita, con una storia che ancora doveva nascere. Così, invece di scrivere in maniera lineare, un capitolo alla volta, ho iniziato a scrivere a piccoli pezzi. Ogni volta che avevo l’ispirazione scrivevo, scrivevo, scrivevo… C’è una scena nel libro che avviene esattamente allo scoccare della mezzanotte di capodanno, davanti alla chiesa di Viserba… sono poche righe, ma le ho scritte veramente col cuore e penso che il lettore lo percepisca… ebbene quelle poche righe le ho scritte un sabato sera, da solo, in un ristorante Giapponese su un tovagliolo di carta. Mi bastava l’ispirazione, non importava dove e con chi. Dopo di che, man mano che la storia proseguiva, cercavo di capire quale momento della mia vita poteva fondersi con la storia da me creata. Non è stato semplice, ma il risultato finale è esattamente quello che volevo e che ognuno di voi può leggere.