Buongiorno! Grazie alla collaborazione con la casa editrice Mondadori, oggi vi parlo di Le sarte della Villarey di Elena Pigozzi.
le sarte della villarey di Elena Pigozzi Editore: Mondadori Pagine: 240 GENERE: Romanzo storico Prezzo: 9,99€ - 18,50€ Formato: eBook - Cartaceo Data d'uscita: 2025 LINK D'ACQUISTO: ❤︎ VOTO: 🌟🌟🌟🌟
Trama:
Ancona, 1943. La guerra semina dolore, spezza le famiglie e svuota le case. Lo sa bene Laura, che a diciotto anni è rimasta con il fratello Milo perché la madre è mancata da poco, mentre il padre è a combattere in Grecia e da tempo non dà più notizie. Sarà Alda, vedova forte e generosa che ha cresciuto da sola quattro figlie e che è sarta e factotum alla caserma Villarey, ad aiutare Laura, portandola con sé in caserma perché le dia una mano. E mentre Laura impara il nuovo mestiere, la storia subisce cambi repentini: la caduta del Duce, l'armistizio di Badoglio, l'Italia spaccata in due. Quando il 15 settembre Ancona è occupata dai tedeschi, alla Villarey vengono rinchiusi più di tremila soldati italiani, in attesa di essere deportati in Germania nei campi di lavoro nazisti. Alda però non ci sta ed escogita un piano per l'evasione perfetta. Tratto da un'incredibile quanto straordinaria storia vera, "Le sarte della Villarey" è un'emozionante celebrazione della forza delle donne, un esempio di resilienza e Resistenza che diventa grido di speranza ed esortazione a non rassegnarsi mai al buio del mondo.
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RECENSIONE
Le sarte della Villarey di Elena Pigozzi è uno di quei romanzi che oltre a regalarti un pezzo di vita reale in un momento storico come quello della guerra, ti regala così tante emozioni che quando hai smesso di leggere, le senti ancora addosso, complice qualche lacrime che accogli con gioia perché hai conosciuto qualcosa di estremamente grande grazie alle parole dell'autrice.
Un romanzo che celebra la "Resistenza con ago e filo", dimostrando che l'eroismo non indossa sempre un'uniforme e non fa necessariamente rumore.
Ci troviamo ad Ancona, nel 1943. La guerra non è un rumore di fondo, ma una realtà brutale che "semina dolore, spezza le famiglie e svuota le case". Laura è una ragazza di diciotto anni spezzata dal lutto per la madre Leila e dall'assenza angosciante del padre Luigi, disperso in Grecia. Sola con il fratellino Milo, che reagisce al dolore chiudendosi in un silenzio rabbioso, Laura si sente inutile, inadeguata, tormentata da una domanda che è il simbolo della sua disperazione: "Che cosa sono buona a fare?".
La sua evoluzione è uno dei punti principali della storia: da giovane che "non è brava" con ago e filo, paralizzata dal dolore e dalla paura, si trasforma in una donna coraggiosa, capace di rischiare tutto, trovando una forza che non credeva di possedere. Ma poi c'è Alda. Che personaggio magnifico! Una "vedova forte e generosa", sarta e factotum alla caserma Villarey, che ha cresciuto quattro figlie da sola. Alda è l'incarnazione della resilienza. Non si perde in chiacchiere, non si piange addosso; lei fa. Il suo motto è la praticità che diventa un'etica di vita incrollabile: "Si fa quanto si sa fare". È una donna del popolo, "umile, analfabeta, semplice e generosa", ma con una statura morale da vera gigante.
Quando i tedeschi occupano Ancona e rinchiudono migliaia di soldati italiani nella Villarey come bestie, pronti per la deportazione, Alda "non ci sta ed escogita un piano per l'evasione perfetta".
L'autrice ci mostra il genio femminile nella sua forma più pura. È la Resistenza del quotidiano, quella che non finisce sui libri di storia. Le sarte usano le loro uniche armi – ago, filo, stoffe e la loro (apparente) insignificanza agli occhi degli occupanti – per salvare centinaia di vite. Il romanzo ci sbatte in faccia una verità potentissima: non serve essere generali per combattere l'oscurità. A volte, basta essere una sarta, una lavandaia, una madre. Il libro è un "esempio di resilienza e Resistenza che diventa grido di speranza".
Lo stile è asciutto, diretto, ma capace di pennellare ritratti psicologici profondi con pochi gesti, con un silenzio, con uno sguardo. Sentiamo la paura di Laura quando incontra il tenente Pietro nello sgabuzzino, la sua timidezza che si scontra con un sentimento nuovo, e la rabbia repressa di Milo che si trasforma nello straordinario coraggio di guidare gli evasi e persino di salvare la comunità ebraica con un inganno geniale. La narrazione è corale, pur rimanendo intima: attorno ad Alda e Laura si muove una rete di solidarietà che coinvolge le altre sarte come Mimma, le donne del quartiere Pantano che donano abiti, e persino figure storiche reali come il rabbino Elio Toaff e Padre Bernardino, che mostrano un'altra forma di resistenza basata sulla fede e sulla fratellanza. Il finale è straziante, di una crudeltà beffarda.
A fine libro, l'autrice ci conferma la verità di questa storia, e questo la rende ancora più potente. Le Sarte della Villarey non è solo un romanzo storico; è un tributo dovuto a donne come Alda Renzi Lausdei e Irma Baldoni, eroine silenziose che, con la forza della loro umanità e la tenacia del loro lavoro, hanno ricucito gli strappi del mondo. E hanno dato una nuova forma alla speranza.

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