Buongiorno! Grazie alla collaborazione con la casa editrice NNeditore, oggi vi parlo di C'ero una volta di Buffy Cram.
c'ero una volta di Buffy Cram Editore: NNeditore Pagine: 384 GENERE: Narrativa contemporanea Prezzo: 9,99€ - 19,00€ Formato: eBook - Cartaceo Data d'uscita: 2025 LINK D'ACQUISTO: ❤︎ VOTO: 🌟🌟🌟🌟
Trama:
Vancouver, 1980. Elizabeth ha diciannove anni e ha trascorso gli ultimi dieci in un centro di detenzione giovanile. Quando viene accolta nella casa-famiglia di Bertha, la donna prende a cuore il suo caso e la sprona a scrivere la sua storia, segnata dalle allucinazioni della madre Margaret. Elizabeth torna con la memoria al 1969, quando Margaret aveva un unico desiderio: diventare una cantante famosa e lasciarsi alle spalle il dolore per la morte di Michael, il gemello di Elizabeth. Mossa dall’amore e dal senso di colpa per essergli sopravvissuta, a soli otto anni Elizabeth ruba le chiavi di uno scuolabus e le due partono dal Canada verso gli Stati Uniti, direzione Woodstock, convinte che lì tutto sia possibile. Durante il viaggio vivono di espedienti: Elizabeth si trasforma nell’indovina MeMe che legge il futuro in cambio di pochi spiccioli, mentre Margaret si fa incantare da una comunità hippie che vuole risvegliare le coscienze con l’lsd. Per riavere indietro sua madre, Elizabeth cerca di sabotare i loro piani, segnando irrimediabilmente il suo destino. "C’ero una volta" è un romanzo di formazione psichedelico, un’avventura folle e un po’ magica tra controcultura e rock’n’roll. Con candore e grazia, Buffy Cram racconta la forza del legame madre-figlia, e celebra il coraggio di trasformare il passato più drammatico in una storia che vale la pena di essere ascoltata.
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RECENSIONE
"Io sono il fantasma di qualcuno che non si è mai voltato indietro a cercarmi.”
C'ero una volta di Buffy Cram è un romanzo che scava con crudezza e delicatezza nei meandri della memoria, dell’identità e della manipolazione. È una storia che si muove tra il passato e il presente, tra le illusioni e le verità scomode, tra il desiderio di essere salvati e la necessità di salvarsi da soli.
La lettura ti destabilizza: non si può restare indifferenti alla protagonista Elizabeth, al suo dolore, alle sue fragilità e alla sua incessante ricerca di un senso nella confusione della propria esistenza. Con una scrittura incisiva e una costruzione narrativa che sfuma continuamente il confine tra realtà e percezione, Buffy Cram riesce a catturare l’essenza della sopravvivenza psicologica e della resilienza emotiva. —"La verità non ha mai salvato nessuno. Le bugie, invece, sanno essere gentili.” Per la protagonista, a volte la realtà è più crudele della menzogna.
Elizabeth è una protagonista complessa, fratturata, spezzata. La sua intera esistenza è stata costruita su una bugia materna, una narrazione distorta che l’ha condannata a vivere con un senso di colpa soffocante. Cresciuta tra illusioni, emarginazione e instabilità, Elizabeth sviluppa una percezione alterata della realtà, una sorta di chiaroveggenza che non è altro che la manifestazione della sua ipersensibilità emotiva e della sua necessità di controllo in un mondo che l’ha sempre privata di certezze. —"Ogni volta che penso a Margaret, mi viene in mente solo la bugia in cui mi ha fatto vivere.”
Elizabeth comprende che la sua vita è stata costruita su un inganno materno, e che il senso di colpa che la perseguita ha radici più profonde di quanto immaginasse.
Il suo viaggio attraverso la setta, le comunità alternative, la strada e infine la riabilitazione in Harrow House è una costante oscillazione tra il bisogno di appartenere e il terrore dell’essere ingannata di nuovo. La sua ricerca di Margaret, la madre, è il filo conduttore di tutta la sua esistenza: un'ossessione, un’ancora che la trattiene, un sogno irrealizzabile di riconciliazione. Eppure, quando finalmente capisce che Margaret non tornerà, che non c’è mai stata davvero per lei, il vuoto che si spalanca dentro è insopportabile.— "Se smetto di cercare Margaret, cosa rimane di me?” La sua identità è sempre stata legata alla ricerca della madre, e ora che la sta lasciando andare, non sa chi sia veramente.
Buffy Cram costruisce un profilo psicologico finemente delineato, esplorando con precisione le dinamiche del trauma, dell’attaccamento disfunzionale e della dissociazione. Elizabeth non è un personaggio passivo: è una sopravvissuta che, pur ricadendo in schemi distruttivi, cerca disperatamente di trovare un proprio equilibrio.
Margaret è la causa del caos emotivo di Elizabeth. Ex cantante fallita, instabile, incostante, Margaret rappresenta la figura materna ambivalente per eccellenza: il simbolo di un amore mai davvero offerto, una promessa mai mantenuta, una figura ingombrante anche nella sua assenza. La sua narrazione manipolatoria non si limita a Elizabeth, ma la estende a se stessa, autoconvincendosi di vivere in una realtà alternativa in cui esiste ancora una possibilità di riscatto.
L’abbandono emotivo di Margaret è il trauma che segna in maniera indelebile la figlia. Ciò che è più crudele, però, è il potere che continua a esercitare su Elizabeth anche dopo la separazione: la protagonista non smette mai di cercarla, di lasciarle messaggi, di immaginare che da un momento all’altro tornerà a prenderla.
Il romanzo parla di dipendenza affettiva e della difficoltà di accettare la verità quando questa significa ammettere di non essere mai stati amati nel modo giusto. La battaglia di Elizabeth non è solo esteriore, ma interiore: non vuole solo ritrovare sua madre, vuole dimostrare a se stessa che la madre che ha sempre desiderato esiste davvero, anche solo in una possibilità parallela.
Attraverso le figure di Lucky, King, Rainbow e O, Buffy Cram costruisce un microcosmo in cui la manipolazione psicologica diventa una costante, un meccanismo sottile che si insinua nelle relazioni. Ognuno di questi personaggi è, a suo modo, un leader, un seduttore che attrae Elizabeth in un nuovo schema di controllo e sottomissione. Lucky trasforma Elizabeth in MeMe, un personaggio funzionale ai suoi scopi, spingendola a credere nei propri poteri paranormali per renderla più influente nel gruppo. King e Rainbow la inglobano nel loro mondo fatto di regole alternative, insegnandole a sopravvivere rubando, ma allo stesso tempo vincolandola alla loro autorità. O e Samuel, nel compound, impongono la loro ideologia, ponendo la rivoluzione come scusa per giustificare ogni forma di manipolazione.
Elizabeth, in ogni situazione, è alla ricerca di un posto nel mondo, ma finisce sempre per trovarsi prigioniera di dinamiche più grandi di lei. Il romanzo sottolinea quanto sia facile per le persone vulnerabili cadere nelle reti di gruppi settari, movimenti estremisti o comunità apparentemente accoglienti, ma fondamentalmente coercitive. —"L’ho cercata in ogni angolo di questa città, ma era come inseguire un miraggio. Margaret non si faceva trovare. Forse perché non mi stava cercando."
Harrow House rappresenta l’ultima tappa del viaggio di Elizabeth, il luogo dove dovrebbe ricostruirsi, ma anche una nuova forma di controllo. Qui si misura con Bertha, la terapeuta che cerca di smuovere il suo dolore, e con altri ospiti che, come lei, stanno cercando di risalire dal proprio baratro personale.
La riabilitazione è un percorso accidentato: Elizabeth tenta di conformarsi, ma le vecchie abitudini la perseguitano. La sua mente dissocia e il senso di colpa la schiaccia. —"C’è qualcosa di liberatorio nel dolore fisico. È semplice. Diretto. Diverso da quello che hai nella testa.”
La domanda centrale del romanzo emerge con forza: si può davvero guarire dal passato?
La risposta resta sospesa. Il finale lascia un sapore amaro e realista, senza una chiusura netta: Elizabeth è più forte, ma il passato non è un’ombra che si cancella facilmente. — "La vuoi smettere di punirti per il passato?” Bertha cerca di farle capire che la sua continua autodistruzione non è una forma di redenzione.
C’ero una volta è una storia che graffia, che non offre facili soluzioni, che mostra il trauma nella sua crudezza, senza edulcorare il percorso della guarigione. L'autrice costruisce un racconto che va oltre la semplice sopravvivenza: ci mostra cosa significa vivere con il peso di un’identità spezzata e con la consapevolezza che il passato non si può riscrivere, ma solo accettare.
Elizabeth non è un’eroina che trova la redenzione, ma una ragazza che cerca disperatamente di non perdersi del tutto. E forse è proprio in questo che risiede la potenza del romanzo: non si tratta di dimenticare il passato, ma di trovare il modo di esistere nonostante tutto.
"Non credo che il dolore scompaia. Impari solo a farci spazio, a tenerlo senza che ti divori.”
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