Buongiorno! Grazie alla collaborazione con la casa editrice Beisler, oggi vi parlo di Gesso di Anna Woltz.
gesso di Anna Woltz Editore: Beisler Pagine: 192 GENERE: Narrativa per ragazzi Prezzo: 15,90€ Formato: Cartaceo Data d'uscita: 2025 LINK D'ACQUISTO: ❤︎ VOTO: 🌟🌟🌟🌟
Trama:
Fritz è arrabbiata con il mondo intero perché i suoi genitori si sono lasciati: la sua bella famiglia si è disgregata in un soffio. E come se non bastasse, sua sorella piccola cade di bicicletta, si ferisce a un dito e…via di corsa al pronto soccorso. Ma può un giorno di tristezza e paura dare il via a una magica avventura? Sì, se in ospedale fai amicizia con il bellissimo Adam, che deve stare vicino a suo fratello nato prematuro; e ti inventi il braccio rotto per stare con lui; e insieme, architettare un piano per aiutare l'infermiera innamorata a conquistare il medico del suo cuore. Un romanzo limpido per raccontare che la vita è una grande avventura. Dietro l'angolo, c'è sempre la meraviglia, basta coglierla al volo e non lasciarsela scappare. Una storia di formazione ironica e assai divertente, dove l'ospedale diviene luogo di cura per il corpo e per l'anima.
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RECENSIONE
Gesso di Anna Woltz è una storia che si svolge in un’unica giornata, ma che contiene un mondo intero di paure, traumi, trasformazioni. È un libro che parla di perdita, di famiglia, di identità, di amore e dolore, di crescita forzata, e lo fa con un realismo disarmante, con un’ironia sottile e con una profondità che scava nel cuore del lettore senza mai cadere nella retorica o nel melodramma.
L’intera vicenda si svolge in un ospedale, un non-luogo per eccellenza, uno spazio di passaggio, di transizione, di emergenza. L’ospedale è qui una metafora perfetta dello stato d’animo di Fitz, la protagonista: uno spazio freddo, incerto, dove le regole normali della vita sembrano sospese e dove il dolore e la guarigione si intrecciano senza un confine netto.
Fitz si muove nei corridoi dell’ospedale come si muove nella sua esistenza spezzata, cercando di comprendere, di rimettere insieme i pezzi, di ricostruire un senso dopo il crollo improvviso delle certezze.
Anna Woltz costruisce l’intera narrazione con un ritmo serrato, con capitoli brevi e taglienti che restituiscono il senso di spaesamento della protagonista.
Fitz è una dodicenne che ha appena scoperto che i suoi genitori si stanno separando e che la sua famiglia, quell’unità sacra e indistruttibile, è solo un’illusione. Quando sua sorella Bente si ferisce gravemente e viene portata d’urgenza in ospedale, Fitz viene risucchiata in una giornata assurda, surreale, in cui tutto sembra franare sotto i suoi piedi.
Il trauma della separazione e l’angoscia della perdita si mescolano alla paura fisica per l’incidente della sorella, e il romanzo diventa una corsa disperata dentro le paure più profonde dell’infanzia.
Fitz è una protagonista incredibilmente umana. La sua voce narrante è incisiva, ironica, feroce, a tratti spietata. È arrabbiata, e non ha paura di mostrarlo. Scrive sul proprio volto con un pennarello indelebile MAMMA DEVE MORIRE, un gesto che urla il suo dolore e la sua impotenza, il senso di tradimento che prova nei confronti di una madre che sembra entusiasta all’idea di stare senza i figli, che pianifica il suo weekend di libertà con la stessa gioia con cui una dodicenne aspetta il sabato pomeriggio.
Fitz è una bambina che sente di essere stata rifiutata, che non riesce a comprendere come l’amore dei suoi genitori possa semplicemente "sparire". Perché l'amore non era per sempre? Perché la famiglia, quel rifugio sicuro, è diventata un campo di battaglia?
La rabbia di Fitz è un’armatura, ma sotto quella corazza si nasconde una paura lacerante: la paura di non essere più amata, di non appartenere più a niente e a nessuno.
E qui Anna Woltz è davvero brava: Fitz è feroce, eppure vulnerabile. È cinica, eppure bisognosa di affetto. È un personaggio complesso, sfaccettato, che cresce sotto gli occhi del lettore, passando dall’intransigenza alla comprensione, dalla rabbia al perdono.
Lungo il suo vagabondare nell’ospedale, Fitz incontra una serie di personaggi che diventano specchi delle sue emozioni, strumenti di crescita e confronto. Adam, il ragazzo di quindici anni che le lancia continue provocazioni, che la sfida, che la costringe a guardarsi dentro.
Adam è l’opposto di Fitz e, allo stesso tempo, il suo doppio: anche lui nasconde un dolore, anche lui lotta con qualcosa che non può dire. Il loro rapporto è un costante gioco di equilibri, un alternarsi di sfide, di sfacciataggine, di verità sussurrate a metà. E poi c’è Primula, la bambina di dieci anni che ha subito un’operazione al cuore e che vede il mondo con un misto di ingenuità e saggezza precoce. Primula è il simbolo della fragilità e della resilienza, del dolore che non ti spezza ma ti rende diverso.
E infine ci sono i genitori. Il padre confuso, impacciato, che sembra non sapere come essere padre senza una madre accanto. La madre distante, che Fitz vede come un’estranea, un’egoista. Eppure, alla fine, la madre non è un mostro, e il padre non è un eroe. Sono solo esseri umani, con le loro debolezze, le loro contraddizioni, i loro tentativi goffi di ricominciare.
Gesso è un romanzo che affronta un tema delicato e sempre attuale: il divorzio e le sue conseguenze sui figli. Lo fa senza filtri, senza edulcorazioni, mostrando con brutalità quanto possa essere devastante per un bambino il senso di perdita, di disorientamento, di rabbia. La società contemporanea normalizza la separazione, eppure troppo spesso dimentica il dolore che porta con sé.
Ma è anche un libro che parla di crescita, di identità, di relazioni umane.
È un romanzo che insegna a guardare oltre, a comprendere che la realtà non è bianca o nera, che le persone non sono solo buone o cattive, che il dolore può trasformarsi in qualcosa di nuovo, di più forte.
E poi c’è il tema della guarigione. L’ospedale non è solo un luogo di malattia, ma anche di rinascita. Fitz inizia il romanzo con una ferita aperta e lo termina con una cicatrice, non ancora guarita, ma in via di guarigione.
Lo stile di Anna Woltz è vivido, diretto, immediato. Riesce a entrare nella mente di una dodicenne senza mai renderla artificiale, senza mai cadere nei cliché. I suoi dialoghi sono brillanti, autentici, mai forzati. La sua capacità di alternare momenti di leggerezza e umorismo a momenti di profondità e dolore è straordinaria.
Un romanzo che dovrebbe essere letto sia dai ragazzi che dagli adulti. Perché racconta la verità dell’infanzia, la violenza della crescita, la fragilità dell’amore. Perché è un libro che aiuta a comprendere, a riflettere, a guarire.
Un romanzo che mostra che anche le cose spezzate possono essere ricomposte.
Che le cicatrici non sono la fine, ma l’inizio di qualcosa di nuovo.
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