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lunedì 29 aprile 2024

Recensione: MAGNIFICAT AMOUR di Isabella Santacroce

Buongiorno! Grazie alla collaborazione con la casa editrice Il Saggiatore, oggi vi parlo di Magnificat Amour di Isabella Santacroce, che torna dopo anni di silenzio.

magnificat amour

di Isabella Santacroce
Editore: Il Saggiatore
Pagine: 468 
GENERE: Narrativa contemporanea
Prezzo: 8,99€ - 19,00
Formato: eBook - Cartaceo
Data d'uscita: 2024
LINK D'ACQUISTO: ❤︎
VOTO: 🌟🌟🌟🌟🌟 

Trama:
Lucrezia e Antonia sono cugine, ma non potrebbero essere più diverse l’una dall’altra. La prima è bellissima, dedita a una cura morbosa del corpo e «maestra dell’immondo, eroina di una vita di scempiaggini». La seconda è bruttina, trascurata da tutti, «uno scarabocchio con l’incarnato olivigno» che a ventisette anni non ha ancora baciato nessuno. A irrompere nelle loro esistenze contrapposte, anche se legate dalla stessa necessità di riscatto, sarà Manfredi, un pianista di trentadue anni che si muove nella realtà come un fantasma, forse perché da bambino è stato un prodigio, ma oggi «nel suo sguardo ci sono secoli di luce su strapiombi di desideri mai avverati». Poi c’è suor Annetta, che Lucrezia conosce in una chiesa al termine di una notte di eccessi, una donna dalla purezza travagliata che sta scrivendo un libro intitolato “Verso Dio” e sembra aver capito che la più grande richiesta d’amore coincide con il peccato. Tra zie ex miss Cinema, parenti metafonisti, poeti alcolizzati e untuosi milionari, tutti in bilico tra autoesaltazione e martirio, i protagonisti di questa storia sembrano incarnazioni di voci paranormali che si manifestano in tempi e in luoghi diversi, ma prodotte dallo stesso misterioso ventriloquo. Dopo anni di silenzio, Isabella Santacroce torna con un romanzo-monstrum di grande esoterismo, una moderna commedia umana che procede intrecciandosi con molte vicende autobiografiche dell’autrice. Una partitura polifonica scritta con un linguaggio inimitabile, all’apice della sua maturazione artistica.

RECENSIONE

Magnificat Amour di Isabella Santacroce è un romanzo che porta sulla scena una scrittura avida di incatenare la mente e i desideri, quelli più repressi, di ciascuno di noi. L’autrice, che è rimasta in silenzio per anni, torna a pubblicare con un libro che è esaltazione del peccato ma anche adorazione della redenzione, quella a cui tutti aspiriamo, a cui ci piace pensare, soltanto perchè è giusto farlo. Ma chi vuole davvero redimersi? Uniformarsi? Omologarsi? 

In un epoca in cui in ogni dove e in ogni quando ci sbattono in faccia che dobbiamo globalizzarci, unirci, affossare le differenze e diventare tutti uguali, la Santacroce è un’autrice che ancora una volta provoca la sua stessa natura scrivendo un testo che ne enfatizza la scrittura a tratti proibitiva per molti, per altri, suggestiva, e suggello di grandi meraviglie, di deliri e canti che arrivano da lontano per portarti via. È una di quelle che crea realtà parallele in cui due protagoniste, cugine, Lucrezia e Antonia, rappresentano il brutto e il bello della nostra società. 

La prima è bellissima, voluttuosa, sensuale, dedita al peccato, al piacere, alla ricerca costante della perfezione artistica. L’altra è un piccolo mostriciattolo, famoso per la sua mancata classicità; parla poco, sfugge da qualsiasi approccio umano, sembra un gomitolo di lana che si racchiude in se stesso per il freddo, senza accorgersi che può scaldarsi da sola. Sono le due protagoniste della storia, l’una è l’altra faccia dell’altra, si muovono in un ambiente pieno di personaggi, di uomini vecchi e decrepiti che cercano conforto in giovani da appagare con soldi e promesse; fluttuano tra incubi e sogni, s’incastrano e si dividono mentre Lucrezia vive spendendo molto più di se stessa di quanto realmente possiede e Antonia non capisce quando l’amore arriva e vuole trascinarla con sé, troppo presa a guardare dentro se stessa senza vederci ciò che serve, ciò che dura. 

L’arrivo di Manfredi, giovane che suona il pianoforte, che sembra giunto da un altro secolo, con un’altra sensibilità, con il desiderio di qualcosa di irraggiungibile che gli scorre nelle vene, tutto cambia, e precipita in un movimento ondulatorio che si ripercuote su se stesso come fanno le onde del mare. Manfredi vuole Antonia, la pretende, ma non riesce a smorzare il guscio dietro il quale si è nascosta, forte della sua bruttezza, capace soltanto di cementare la sua sensibilità e dolcezza affogando il coraggio dietro la scusa di non essere abbastanza. Lo rifiuta, gli sfugge e quando apparirà Lucrezia, come una nube promessa di pioggia e sentimenti bravi, Manfredi cederà senza nemmeno conoscere se stesso, trasportato dalla sensualità e dal delirio di lei. 

Questo romanzo è una voce che canta e che incanta come una preghiera esoterica che rende visibile tutto ciò che non è visibile, ma dura un attimo, poi tutto torna banale e semplice. Con la Santacroce il tutto della scrittura, invece, si compie, nella sua capacità di trasfigurare il reale per renderlo una messa nera di parole confuse che hanno sempre uno sfogo nell’animo umano di chi le accoglie. La presenza di Suor Annetta, e la sua lotta tra il sacro e il profano, rende l’atmosfera del libro piena di fede, di fiducia, ma anche di tradimento, di sciagura, di ribellione. Il limite è quello che le parole dell’autrice tentano di far superare a chi legge, a chi si lascia trasportare dalla corrente in cui tutto convive, sia il peccato che il santo. 

Uno stile poetico, lirico, che non si esprime per piacere a tutti, ma solo per affermare se stesso. È chiaro che ci troviamo davanti un’autrice che non ha mai scritto per gli altri, figuriamoci per vendere, né tantomeno per convincere o per piacere per forza. La sua scrittura è coerente a se stessa, gotica, oscura, mostruosa per capacità di approfondimento delle linee spezzate della mente umana dietro le quali si nasconde il demone che ci mantiene vivi. 

Un libro sopra le righe, sotto alle righe, di fianco, dove vi pare. Un libro che non sta da nessuna parte e forse ovunque. Il contrasto tra bellezza e bruttezza è un modo come un altro per parlare di arte, la più alta forma della scrittura (dovrebbe). Quella che non si piega al commercio né al barbaro banale. Quella che l’autrice racconta con un sarcasmo che si inchina solo all’intelligenza umana che non giudica, semplicemente espone i fatti così come sono. Se ne frega dell’eccessiva sensibilità a cui tutti oggi sembrano condannarci. 
Non offendere questo, non offendere quello. 
Ma anche basta. 
Leggete la Santacroce solo se avete gli attributi per farlo. 
Senza offesa, eh.

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