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sabato 24 ottobre 2015

Le solitudini dell'anima di Maurizio De Giovanni Recensione

Buon sabato cari lettori! Oggi vi lascio con la recensione di un autore che non avevo mai letto ma che ero davvero curiosa di recensire e che mi ha conquistato per la sua scrittura e per la sua profondità. Le solitudini dell'anima  sono i racconti scritti da Maurizio De Giovanni, pubblicati da CentoAutori, che ringrazio per la copia.

Una lettura molto emozionante. Leggete!



Titolo: Le solitudini dell'anima
Autore: Maurizio De Giovanni
Editore: CentoAutori
Pagine: 192
Genere: Racconti
Prezzo: € 15,00
Uscita: Ottobre 2015

TRAMA


Storie incisive, misteriose, nere ma anche piene di humour, dove la trama e la maestria nella creazione di personaggi unici si mescola a temi forti di strettissima attualità. Si va dalla riflessione sul potere di Un mestiere come un altro al tema dell'immigrazione in Fastidio; da storie di amore e dolore come Tu, e il nuovo anno e Ti voglio bene passando per racconti più squisitamente legati a Napoli come Respirando in discesa e La Saponata ai Quartieri Spagnoli, fino a vicende decisamente divertenti e umoristiche come Robin Food e Le beffe della cena. Non mancano storie noir e misteriose che sono il marchio di fabbrica dello scrittore napoletano quali Il purificatore e La piazza nascosta. Due racconti sono però i gioielli preziosi di quest'antologia: Dieci centesimi, con protagonista un giovanissimo commissario Ricciardi, e Tutta quell'acqua, omaggio allo scrittore uruguaiano Eduardo Galeano e alla magia del racconto.

Maurizio de Giovanni è nato a Napoli nel 1958 è autore di bestsellers tra cui la saga del commissario Ricciardi e quella de I Bastardi di Pizzofalcone entrambe edite da Einaudi Stile Libero. I suoi romanzi sono regolarmente in classifica. Per Edizioni Cento Autori ha pubblicato le antologie Le mani insanguinate e L'omicidio Carosino. Le prime indagini del commissario Ricciardi.


Faccio una piccola premessa che però ritengo importante: Maurizio De Giovanni è uno degli autori più seguiti ed apprezzati degli ultimi anni ed io non lo avevo mai letto. La serie che riguarda le vicissitudini del Commissario Ricciardi che lo ha reso famoso non è mai rientrata nella mia sfera di lettura ed è per questo che ho deciso di leggere Le solitudini dell’anima, compendio di piccoli racconti che affrontano tematiche varie e altrettante circostanze, per avvicinarmi a questo autore che non ho mai avuto modo di recensire.

Una mia mancanza che mi conduce a parlarvi direttamente del suo stile e del suo approccio narrativo come di qualcosa che colpisce e che lega a sé. Una scrittura fluida ma che ha qualcosa di tormentato dentro, di troppo consapevole per filare liscio come se nulla fosse mai accaduto.

Il primo racconto, intitolato Dieci centesimi ha come protagonista un giovane Ricciardi, ancor prima di diventare commissario, quando per un motivo estremamente preciso e profondo, decide di iscriversi a Giurisprudenza invece che alla facoltà di Filosofia. La motivazione è un racconto a cavallo tra la realtà e la follia, un pezzo di cuore che si lacera, un sogno che si nega ad occhi aperti. Ricciardi è un personaggio inquieto, è un bel personaggio davvero nella sua giovane età, ed immagino anche nei libri seguenti, dove l’autore lo rende adulto e consapevole della sua scelta di vita, stare dalla parte della legge. 

La sua figura qui è tratteggiata appena, ma basta poco, davvero poco all’autore per tirare fuori la forza evocatrice delle parole. A lui viene naturale e con semplici frasi rende poetico e al contempo oscuro un mondo pieno di significati. Ricciardi è un visionario, ascolta la voce dei morti, li vede e il suo percepire è sempre sull’orlo del baratro. Come dicevo, non conoscevo questo personaggio e leggerlo in questo breve racconto mi ha strappato una nota di commozione e di partecipazione che non mi sarei mai immaginata. Lo stile di Maurizio De Giovanni è intenso, ti avviluppa.

Anche nel secondo racconto, Tu. E il nuovo anno, le parole diventano magia àncorata ai ricordi. Un amore sofferente e sofferto, un richiamo affettivo che non perde la sua vibrazione. La costruzione del senso di quel sentimento è coinvolgente e mai banale. Semplice ma non per questo superficiale, dettato da qualcosa che sembra stabile ma è minacciato dalla forza del cuore e delle emozioni.

“Ricordo l’incanto del tuo alzarti leggera, elastica e vaporosa, come se danzassi. Ricordo il sorriso, ospite fisso del tuo viso. Ricordo gli occhi mai bassi, sempre con un retrogusto d’ironia nello sguardo. Ricordo la tua voce calda, vibrante delle mille emozioni che portavi in petto. Ricordo. Non ha dolore, il mio ricordo. Il dolore se ne va, come la passione. Sopravvivono la tenerezza e la malinconia. Si perdono le tinte forti e rimangono quelle tenui, come se il cuore si scolorasse, un vecchio disegno esposto al sole spietato dell’estate.”

L’amore non è un quando ma un luogo secondo l’autore. Una concezione estremamente affascinante che accarezza ma quel sentimento è pronto anche a colpirti perché come ogni luogo può diventare una prigione dalla quale potresti non fuggire, mai.

“Mentre ti vedo entrare veloce in ufficio penso che l’amore è un luogo, non un quando come invece siamo abituati a credere. Diciamo: sono innamorato. Amo. Quando ero innamorato. E invece amare è un posto, una stanza in cui cambiano le leggi della fisica, dove il sopra diventa sotto e il dentro fuori. Una stanza che può diventare una prigione solitaria e disperata, peggio della morte.”

Quanta introspezione, quanti sguardi piantati dentro, quanta verosimiglianza tra la letteratura e la vita si coglie nei suoi racconti. Passione e consapevolezza. Tempesta e premura. Il suo narrare sembra essere costantemente in balia del vento e delle stelle eppure mai in alto mare.

Non ci sono sbavature, né fremiti eppure la profondità esplode attraverso la scelta di una sola parola o per l’evocazione di una visione.
In Il sogno nella calza, il protagonista mescola la fantasia ed il sogno raccontando di una possibilità che diventa reale grazie ad un pizzico di immaginazione, di credo, di fede. Un racconto che infonde un sorriso e soprattutto calore.
Le solitudini dell’anima raccoglie storie molto diverse tra loro, tutte ambientate a Napoli, la città dell’autore. Una Napoli sporca e vecchia, capace di accogliere ma anche di rifiutare perché il suo popolo è contraddittorio come la sua stessa essenza.

Racconti mortali, macabri, in cui la morte la fa da padrone, altri in cui è la religione, in altri ancora come Fastidio, sono gli extracomunitari a diventare i protagonisti di un contesto in cui l’intolleranza ha raggiunto livelli inimmaginabili.
L’ultimo racconto, Tutta quell’acqua, è dedicato ad Eduardo Galeano, alla sua scrittura e alla magia che è capace di creare con le sue parole. Un insegnamento, una visione, un orizzonte magico oltre il quale continuare a vedere, vedere qualcosa, purchè non si chiudano mai gli occhi. L’acqua è una metafora per comprendere l’importanza della scrittura, il suo potere, la forza intrinseca e salvifica del raccontare. Un racconto poetico, sognante, immerso però nella distruzione della guerra e nell’orrore della morte e della perdita.

In tutte le storie De Giovanni riesce a congiungere il senso di inquietudine del nostro presente, l’incertezza del nostro animo con la sua visione superiore perché capace di infondere una delicatezza, una sfumatura di emozioni che rendono qualsiasi suo scritto assolutamente personale e profondamente suo.
Dalla sua penna risale quella sensibilità che ti coglie dentro e ti convince a seguirlo, senza traumi, senza opposizioni. Le sue parole sembrano mute perché non sono esaltate, apprezzano quell’atmosfera di silenzioso rispetto ma esistono e in quanto tali feriscono nel senso che incidono, lasciando piccole tracce di sé.

Le solitudini dell’anima ha un titolo che mi ha conquistato e riflette molto di ciò che l’autore ci ha regalato, scrivendo. Una solitudine che sa di vita e dei mille aspetti che la contraddistinguono, esaltandola ed abbattendola, privandola ed arricchendola, immergendola in quel lento fluire che si chiama esistenza. Maurizio De Giovanni è struggente e delicato, morbido e accondiscendente, forte e serio, rigoroso e mortale, magico e poetico. Capace di commuovere ma mai di disturbare, in grado di accompagnarti nelle sue storie con fare affabile e di non lasciarti mai solo. Mentre leggi, il senso di familiarità ti protegge, l’autore ti conosce talmente bene da toccare con maestria ogni tasto delle tue emozioni, da quelle più tristi alle più divertenti, dimostrando che la sua scrittura ti è vicina perché è fatta con l’anima, la nostra.


11 commenti:

  1. Non ho mai sentito parlare di questo libro, ma sembra davvero molto carino :) Una bella scoperta ^^

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  2. Ciao, nono conosco questo libro ma conosco De Giovanni. Lo adoro!
    La serie del commissario Ricciardi è a mio parere notevole. Un personaggi contorto, difficile più per se stesso che per i lettori.
    Devo provvedere a questo ultimo volume...
    Ciaooo

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    1. Ciao Patricia, io non conoscevo lo stile dell'autore ma questi racconti mi hanno conquistato, quindi leggerò anche io la serie. <3

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  3. Ho letto questo libro e "Tu. E il nuovo anno" è una delle più belle lettere d'amore alla propria donna che abbia mai letto. Poi nella recensione hai colito proprio nel segno, leggere De Giovanni è come hai descritto! Sto pensando di intraprendere la serie sul commissario Ricciardi. Spero mi piaccia. :)

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    1. Anche io ho pensato la stessa cosa, devo leggere anche la serie! ^_^

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  4. Ho letto questo libro e "Tu. E il nuovo anno" è una delle più belle lettere d'amore alla propria donna che abbia mai letto. Poi nella recensione hai colito proprio nel segno, leggere De Giovanni è come hai descritto! Sto pensando di intraprendere la serie sul commissario Ricciardi. Spero mi piaccia. :)

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