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venerdì 2 maggio 2025

Recensione: IL RAGAZZO DEL SECOLO di Gino Castaldo

Buongiorno! Grazie alla collaborazione con la casa editrice HarperCollins, oggi vi parlo di Il ragazzo del secolo di Gino Castaldo.

Il ragazzo del secolo

di Gino Castaldo
Editore: HarperCollins
Pagine: 295
GENERE: Romanzo di formazione/Memoir
Prezzo: 9,99€ - 19,50
Formato: eBook - Cartaceo
Data d'uscita: 2025
LINK D'ACQUISTO: ❤︎
VOTO: 🌟🌟🌟🌟 

Trama:
Un uomo nasce nel 1950, alla metà esatta del Novecento, l’ultimo secolo del Millennio. Il suo nome è Luigi e ha pochi mesi quando i suoi genitori, da Napoli, dalla palazzina dove vivono tra il mare e una raffineria, decidono di trasferirsi a Roma. Lì, nella capitale, lo sorprendono gli anni Sessanta, con la musica delle band che arrivano da altri paesi e che, con i loro beat pulsanti e maliziosi, sembrano parlare da un futuro ormai alla porta. Poi le prime grandi amicizie, il primo amore, nuovi idoli che nascono e muoiono in fretta, la diffusa e frenetica voglia di cambiamento. E di rivoluzione. Una rivoluzione che, ancora al suono di accordi rock e nuovi strumenti, con i capelli lunghi e le magliette colorate, prende finalmente vita alla fine del decennio, tra manifestazioni, viaggi in terre lontane ed esotiche, speranze. Promesse di una libertà assoluta e sfolgorante che dà le vertigini e che i giovani e la musica non hanno mai vissuto prima. Luigi cresce, si sposa, lavora a progetti di scrittura e politica, immerso in un clima di trasformazioni epocali. Ma la droga e l’improvvisa ondata di violenza degli anni Settanta mettono in crisi quei sogni e lui va incontro alle prime disillusioni e alle ombre di un tempo che non tornerà, mentre la vicenda privata del protagonista si incrocia con quelle di uomini straordinari, da Andrea Pazienza a Freak Antoni, da Paolo Pietrangeli a Rino Gaetano. Il ragazzo del secolo, o della rivoluzione perduta è l’esordio nella narrativa di Gino Castaldo, il più grande e amato giornalista musicale italiano, un romanzo in cui i desideri, le speranze e i dolori di un’epoca vicina e al contempo perduta rivivono grazie alla magia della letteratura.

RECENSIONE

Il ragazzo del secolo di Gino Castaldo parla d’amore, di musica, di libertà, di giovinezza. È un grido che viene dal passato, ma parla al cuore di chiunque oggi, adesso, si senta inquieto, spezzato, in cerca di un ritmo nuovo per continuare a camminare nel mondo. 

Gino Castaldo, giornalista e critico musicale tra i più importanti in Italia, mette qui in gioco tutto sé stesso. E lo fa con una sincerità disarmante, con una lingua calda, a tratti poetica, sempre lucida, talvolta dolorosa. Scrive per ricordare, sì – ma anche per avvertirci: non dimenticate ciò che eravamo capaci di sognare. 

Il protagonista di questo libro si chiama Luigi, ma è chiaro fin dalle prime pagine che Luigi è molto più di un personaggio: è una coscienza collettiva, un "noi" fatto di stupore, rabbia, passione, disobbedienza e desiderio. Nato nel 1950, Luigi cresce nell’Italia del dopoguerra, tra le macerie e le speranze. Vive l’infanzia in un quartiere tra la spiaggia e la raffineria, e poi si trasferisce a Roma, dove scoprirà la musica, l’amicizia, l’amore, il tradimento, la rivoluzione. 

La forza del libro sta nel ritmo narrativo che percuote come una canzone dei Beatles, come un assolo impazzito di Hendrix, come una marcia in piazza tra cori e manganelli. Ogni pagina ha il battito sincopato del cuore di un ragazzo che scopre, per la prima volta, che vivere è scegliere. Che amare significa perdere. Che sognare ha un prezzo. 

Luigi è un ragazzo delicato, profondo, irrequieto. Non è un eroe: è un ragazzo qualunque che vive in modo straordinario l’ordinario. È mosso da una fame di vita che si esprime prima nei dischi, poi nelle piazze, poi nei baci rubati all’uscita di scuola. È un adolescente pieno di crepe, e per questo profondamente umano. La sua evoluzione è lenta, contraddittoria, emotiva. La sua interiorità è una mappa fragile, ma autentica. 

Accanto a lui c’è una galleria indimenticabile di personaggi: Mario, Massimo, Fabio e Gianni, gli amici-fratelli che costituiscono una “band affettiva” in cui ognuno è strumento, voce, eco dell’altro. Sono figure imperfette, umane, dolcissime. Il loro è un legame che va oltre le parole: sono insieme contro il mondo, nel nome di un noi che oggi ci manca terribilmente. E poi ci sono le donne: Michela, Mara, Martina. Mai stereotipi. Mai figurine. Sono donne libere, desideranti, sensuali e spirituali insieme. Sono le compagne, le muse, le sorelle, le regine di un nuovo immaginario femminile che prelude alla rivoluzione. Sono spesso più mature dei ragazzi, più consapevoli, più coraggiose. E il romanzo le guarda con gratitudine, rispetto, tenerezza. Daniele, invece, è il lato oscuro della fiamma: l’estremista, il radicale, l’idealista assoluto. Fa paura, ma attrae. È l’amico che ci obbliga a guardare oltre il comodo, oltre l’ovvio. È il simbolo del rischio che ogni sogno comporta. 

Il romanzo è un fiume tematico travolgente. Non c’è pagina che non contenga almeno una riflessione sulla musica, la politica, l’identità, la sessualità, il tempo, la memoria, la cultura. Ma tutto è filtrato attraverso lo sguardo emozionato – e a tratti lacerato – di Luigi. La musica è il grande spirito guida. Non è solo un contesto, è linguaggio, religione, rifugio e bandiera. I Beatles sono il Vangelo, Dylan è il profeta, Jagger è il diavolo erotico, Hendrix è il dio pagano della nuova mitologia. 

L'autore riesce a trasmettere, con straordinaria forza emotiva, cosa significa scoprire una canzone e sentire che ti riguarda, che parla proprio a te. È un’esperienza spirituale, non meno sacra di una preghiera. Il Sessantotto non è mai un fondale storico. È un movimento interiore, prima ancora che sociale. La rivoluzione è un’esigenza, una fame, una pulsione. Valle Giulia, Parigi, il Che, Luther King… tutto brucia dentro il corpo adolescente del protagonista. Eppure, Gino Castaldo è lucido nel mostrarne anche le contraddizioni, le ambiguità, le derive. Perché il desiderio di cambiare il mondo può diventare anche violenza, anche illusione. Ma era un desiderio reale. Immenso. 

Il ragazzo del secolo racconta dell’adolescenza come terra di mezzo, come febbre, come agonia e gloria. Luigi è un ragazzo che non ha paura di confessare le sue fragilità, i suoi desideri non detti, i suoi dubbi. E in questo è fratello di Holden Caulfield, di Antoine Doinel, di ogni giovane che non si rassegna al mondo così com’è. 

Il romanzo racconta la frattura tra padri e figli con una tenerezza che commuove. Il padre di Luigi è un uomo buono, ma inadeguato. E la ribellione del figlio è dolorosa proprio perché avviene non contro un nemico, ma contro un padre che ama. C’è una scena, in particolare, in cui il padre quasi piange perché Luigi vuole lasciare la scuola. Una scena che fa male, perché mostra quanto la rivoluzione possa essere anche un tradimento affettivo. 

L’autore scrive con il cuore aperto e la testa lucida. La sua lingua è piena di calore, di ritmo, di vibrazioni. Alterna ricordi vividi a riflessioni mature, senza mai cadere nella retorica. Il tono è coinvolto, ma critico, commosso, ma mai nostalgico. Perché questo libro non è un’operazione amarcord. È un atto d’amore verso un tempo in cui si credeva che tutto fosse possibile, e verso chi oggi ha il dovere – e il diritto – di continuare a crederci. 

Il ragazzo del secolo è interessante non solo per chi ha vissuto quegli anni, ma soprattutto per chi non li ha vissuti. Per chi oggi si sente orfano di futuro, spaesato, fragile. Per chi cerca una comunità affettiva, una musica interiore, una voce che dica: “Non sei solo”. 

È un libro che insegna a riconoscere la bellezza delle passioni, anche quando falliscono. 
Che ci ricorda quanto sia rivoluzionario sentire. 
E che non c’è rivoluzione più grande del provare a diventare sé stessi. 

È uno di quei libri che ti dicono che anche se il mondo non è cambiato, c’è stato un tempo in cui ci abbiamo provato davvero. 
E questo non è poco. 
Non è mai poco, provarci.

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