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lunedì 10 giugno 2024

Recensione: TRE NOTTI di Vinicio Marchioni

Buongiorno! Grazie alla collaborazione con la casa editrice Rizzoli, oggi vi parlo di Tre notti di Vinicio Marchioni, attore protagonista di numerosi film e della serie Romanzo Criminale.

tre notti

di Vinicio Marchioni
Editore: Rizzoli 
Pagine: 288
GENERE: Narrativa contemporanea
Prezzo: 9,99€ - 18,00
Formato: eBook - Cartaceo
Data d'uscita: 2024
LINK D'ACQUISTO: ❤︎
VOTO: 🌟🌟🌟🌟🌟 

Trama:
Periferia di Roma, venerdì 29 novembre 1991. Andrea ha quindici anni e sua madre lo accompagna per l’ultima volta a vedere il padre, o meglio ciò che resta di quell’uomo che da tempo li ha abbandonati per andare a vivere con un’altra donna e che adesso un cancro si sta finendo di mangiare, questione di poche ore. Scenario di questo incontro totalmente asimmetrico, giacché il padre non ha più le forze per guardare il figlio né rispondere alle sue domande, è “la fattoria”, come la chiama Andrea, la casa che gli uomini della sua famiglia hanno tirato su con le proprie mani, sacco di cemento dopo sacco di cemento. Sconvolto da quell’incontro, quasi febbricitante di dolore, di rabbia, spaesamento e rimpianti, il ragazzo ruba la macchina del nonno e scappa via, senza nemmeno saper guidare, facendo perdere ogni traccia di sé anche a sua madre, che lo cerca disperata. Un coro di indimenticabili personaggi maschili irrisolti – puntellato da donne quantomeno risolute, come Martina, sedici anni, perdutamente innamorata di Axl Rose, bellissima senza sapere di esserlo – accompagnerà Andrea lungo tre notti decisive, in un viaggio alla scoperta di se stesso e di un padre che, in fondo, non ha mai conosciuto. Fra gli altri Memmo, proprietario del Bar dello Sport, Nerone – una laurea in Filosofia, mille lavori e pure la galera alle spalle –, lo zio Mauro e Sorcapelata, primi omosessuali in borgata. Uomini spesso brutali, grevi, traditi e traditori, eppure sempre solidali, complici, custodi l’un con l’altro dei segreti di una vita. "Tre notti" è il racconto di un’adolescenza che esplode per poi ricomporsi lentamente, faticosamente, nel tempo. Un romanzo di formazione sorprendente, duro e dolcissimo, la prima prova narrativa di uno degli attori più amati e popolari del cinema italiano.

RECENSIONE

Tre notti è il primo romanzo pubblicato da Vinicio Marchioni, conosciuto come attore, che io ho apprezzato tanto nella serie TV Romanzo Criminale. Un libro che ha come protagonisti tre uomini, di esperienze diverse, con un vissuto che viene messo a confronto, ma non per decretare chi sia migliore dell’altro, bensì perché rappresentano il corso dell’esistenza, e la maturazione del ragazzo che diventa uomo. 

La narrazione si svolge in un tempo molto breve e si concentra su tre notti che seguono l’incontro di Andrea, il ragazzo quindicenne protagonista della storia, con il padre, bloccato su una sedia, incapace di parlare e di vivere, e quasi vicino alla morte. 

Andrea odia suo padre. Andrea ama la madre, ma non sa come, da un giorno a un altro si è trovato distante dall’uomo che lo ha messo al mondo. Lui, Dante, li ha lasciati, è andato con un’altra donna e Andrea ha visto un uomo fallire davanti ai suoi occhi e trascinarsi dietro quel fallimento, che lo ha reso un inetto, un pagliaccio privo di sostanza. 

Per Andrea, Dante non esiste più. Lo guarda immobile su quella sedia, vorrebbe parlargli ma non c’è niente che possa avvicinarli, non sono mai stati così lontani. Andrea prova rabbia dalla mattina alla sera, si mette in auto, quella del nonno, e scappa via, anche se non sa guidare, anche se è minorenne. Fila via per le strade della vecchia e bella Roma, la città che parla di notte e che ti infesta i sogni, rendendo i tuoi incubi fantasmi che ti divorano. 

Ma alla fine del tunnel nero dell’ira e della ferocia, di quella che non sai dove sbattere la testa, c’è la casa di Martina. La ragazza di Andrea, una fanciullina tutta pepe e disinvoltura, che parla romano, che parla in faccia, che non ammette cedimenti, è bella tosta e accoglie Andrea facendogli dimenticare per un po’ il peso che si porta dentro. 

Il mattino successivo, Andrea non ha nessuna voglia di tornare a casa, di pensare al padre che sta morendo, di affrontare quella madre, per la quale ha odiato il padre. Vi è mai capitato di odiare uno dei vostri genitori non per quello che ha fatto a voi, ma perché avete visto l’altro genitore soffrire per colpa sua?“Ha iniziato a fare dentro e fuori da casa. Vedevo mamma che stava male e ho iniziato a odiarlo.” 

Questo è quello che succede ad Andrea. È troppo giovane, troppo ingenuo, preda di emozioni che lo fanno a pezzi per rendersi conto che c’è una differenza tra il rapporto che i genitori hanno tra loro e quello che il genitore ha con i propri figli. Non si dovrebbe mai giudicare, figuriamoci arrivare a odiare, un genitore perché ha fatto del male all’altro genitore. I figli dovrebbero cercare di capire, di guardare oltre il veleno che si respira in famiglia, ma è quasi impossibile non lasciarsi imbrigliare, sporcare, ammattire da quella voglia insana di gridare, di litigare, di spaccare tutto e andare via. 

È quello che fa Dante. Se ne va. 
Eppure Andrea non chiede mai perché, non cerca di capire cosa c’è dietro le scelte di suo padre, si fa bastare la disperazione della madre come se quello fosse tutto ciò che serve per odiare. Forse è troppo giovane, o forse no, ha bisogno di scappare proprio quando Dante ormai ha perso tutto, anche se stesso e non può dirgli più nulla, nemmeno scusa. 

Le altre due notti, Andrea le passa con i vecchi amici del padre. Questa è la parte più bella del libro. Quella dove l’autore parla di Roma, della borgata, del dialetto romano che adoro, e descrive talmente bene i personaggi , con i loro soprannomi delinquenziali, che è come essere lì in mezzo, a ridere e a disperarsi. Dante era un grande amico per ognuno di loro. Per Nerone, Memmo, Danielino, Sorcapelata, King Kong, Gimmo, per quello e quell'altro. 
E fa strano che un ragazzino che odia il padre, si rifugi proprio tra le braccia e le parole dei suoi amici più cari. È un segnale? È un modo per lui di conoscere il padre per assenza. 

Tutto quello che Dante non gli hai mai detto e che lui non ha mai avuto il coraggio di chiedergli, viene raccontato dai suoi compagni, veraci, sentimentali, rozzi e a volte sgarbati, ma figli di quel mondo di cui Andrea ha compreso poco, ecco perché è rimasto ai margini. E adesso si trova a cercare quel padre che non ha mai conosciuto davvero. Che è pieno di misteri, perché i padri lo sono tutti, anche il mio, anche il tuo. Non ho mai conosciuto mio padre fino in fondo, e credo che nessuno di voi lo abbia fatto. La loro bellezza è un po’ anche questo essere sfuggenti, che sai che ti proteggono, ma non sai fino a che punto. E da un momento all’altro scompaiono. Hanno qualcosa di ineffabile, di trasparente, come un vedo non vedo, e all’improvviso, la cortina si tira giù e devi fartene una ragione. 

Sembra quasi che tutta l’umanità composta da figli perduti o ritrovati, non faccia altro che cercare il proprio padre, anche chi ce l’ha vicino, lo cerca perché non si trova. Perché siamo tutti un po’ come Andrea, non esistiamo se nostro padre non ci vede. Se smette di sentirci, di riconoscerci, chi siamo noi per davvero? 

Andrea vive una notte di formazione, di crescita di piena consapevolezza del suo essere uomo in un mondo delimitato ancora dal patriarcato e da quella funesta concezione che gli uomini non debbano fare i sentimentali; gli uomini non conoscono le emozioni, i sentimenti, non sanno ascoltare. Perché non si sanno ascoltare. Nessuno gliel’ha mai insegnato. – “Non ascoltiamo i sentimenti. Non li conosciamo. Per noi esistono solo la rabbia e l’innamoramento.” 

I padri sono un po’ come dice Nerone: “i padri sono gli eroi per eccellenza. Mettono il seme della vita e poi se ne vanno in giro a continuare a cercarla, ’sta vita di merda. Sono eroi mitologici, non esistono e non sono mai esistiti. La madre è un’eroina vera, in carne e ossa. Esiste. La madre sta, il padre va. Non c’è un cazzo da fare. I padri servono solo per fecondare, dopo sono inutili, le donne se la caverebbero benissimo da sole, se non fossimo in una civiltà patriarcale.” 

È proprio così? 
Voglio sperare di no. 
Esistono padri diversi. 
Esistono padri che sono meglio delle madri. 
Esistono padri che fanno le madri, i padri, i nonni e pure il gatto o il cane, se serve. 
Esistono padri. Punto e basta. 
Andrea dice: “L’amore di un figlio non andrebbe mai sprecato.” 
Nemmeno quello di un padre.

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