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martedì 3 dicembre 2024

Recensione: MIO TUO SUO LORO di Serena Marchi

Buongiorno! Grazie alla collaborazione con la casa editrice Fandango, oggi vi parlo di Mio Tuo Suo Loro di Serena Marchi.

mio tuo suo loro

di Serena Marchi
Editore: Fandango
Pagine: 252
GENERE: Saggio/Inchiesta
Prezzo: 16,00
Formato: eBook - Cartaceo
Data d'uscita: 2024
LINK D'ACQUISTO: ❤︎
VOTO: 🌟🌟🌟🌟🌟 

Trama:
Mio tuo suo loro è un'inchiesta approfondita sul mondo della maternità surrogata. L'autrice ha viaggiato in tutto il mondo incontrando donne che hanno scelto di prestare il loro utero. Attraverso testimonianze dirette e un'analisi lucida, Serena Marchi svela le motivazioni che spingono queste donne a fare una scelta così complessa. È un viaggio emozionante alla scoperta di un tema controverso, che solleva interrogativi sulla maternità, la famiglia e la società. Il libro, nella sua nuova edizione, offre un'analisi aggiornata di un fenomeno in evoluzione, e si propone come punto di riferimento per chi desidera comprendere le dinamiche e le implicazioni della gestazione per altri.

RECENSIONE

"Racchiudere i genitori nei termini mamma e papà è veramente stupido."

In Mio Tuo Suo Loro di Serena Marchi, giornalista e scrittrice, viene affrontato un argomento che in Italia è spinoso e deviante: la maternità surrogata, insomma, avere figli usando l’utero di un’altra donna. 

Detto brutalmente si tratta di questo, ma il tema è talmente complesso che il governo di oggi che gestisce il nostro paese, ha così paura di ciò che rappresenta avere figli in questo modo, che ha bandito questa possibilità definendola un crimine grave quanto maltrattare e sfruttare i bambini, per esempio. In altri paesi, invece, è una pratica che viene fatta e in molte nazioni è legale, soprattutto se avviene senza un compenso. 

Da cosa nasce questa volontà delle donne di partorire per altri? 
Serena Marchi ha viaggiato in giro per il mondo, non ha voluto fare interviste virtuali, ma ha preferito incontrare queste donne faccia a faccia e sentire dalle loro labbra cosa significa affittare il proprio utero per far felice qualcun altro. Il termine “affittare” è davvero brutto e secondo me c’entra poco con il vero senso di una scelta del genere. Certo, ci sono paesi poveri, come la Thailandia, dove le donne sono costrette a farlo, e ci sono altre che ne rimangono devastate, soprattutto quando devono separarsi da quei bambini che hanno portato per nove mesi nella loro pancia, ma sono casi isolati. 

Il più delle volte queste donne sono ragazzine che non hanno scelto di propria volontà. Ma tutte le altre? La maggior parte lo fanno per ragioni affettive. Una madre che porta in grembo il figlio della figlia che non può più avere figli. Oppure donne che scelgono di farlo perché hanno conosciuto l’impossibilità di non poter partorire e sanno cosa significa non poter essere madri. In alcune società, se non sei madre, non sei nemmeno donna, e questo stigma ti distrugge psicologicamente a tal punto che l’adozione, spesso illegale, diventa l’unica soluzione. 

Ci sono cliniche in Ucraina, dove la maternità surrogata è all’ordine del giorno. È lì che si recano la maggior parte delle coppie italiane che per cause di sterilità, non possono avere figli. Quando la pratica è illegale, come da noi, la donna può anche farsi pagare, tanto è tutto illegale, non cambia molto, ma nella maggior parte dei paesi dove è accettato, la donna che procrea deve essere aiutata economicamente solo per quanto riguarda le spese della gestazione. 

Al di là di questioni legali e formali, che se volete approfondire, vi invito a leggere il testo molto chiaro su questi aspetti, ciò che conta secondo me, è il motivo per cui si sceglie di fare una cosa simile, e la maggior parte delle donne lo fanno per vedere altre coppie, altre madri, felici. 
Altruismo quindi? Sì, proprio quello. 

Il dibattito che da sempre accompagna questo genere di situazione è questo: i figli sono di chi li mette al mondo o di chi li cresce? 
Beh, vi rispondo io, che sono una donna che è cresciuta con due madri. Dalla nascita fino a dieci anni sono cresciuta con mia nonna, che chiamavo “mamma.” E poi dopo, ho vissuto con la mia vera madre. Mi sono sempre ritenuta fortunata perché ho sempre pensato di avere due mamme. Però posso dirvi con assoluta certezza che mia nonna, pur essendo impossibilitata ad avere figli, aveva un istinto materno molto più forte e definito di mia madre. E così sono cresciuta con la consapevolezza che a rendere un genitore tale NON è il partorire un figlio, ma è VOLERLO per davvero. E le coppie che si rivolgono alla maternità surrogata, di una cosa sono certe: loro, un figlio, lo desiderano sopra ogni altra cosa. 

Ciò che Serena Marchi dimostra in questo libro è che tutte le critiche, soprattutto italiane, rivolte a questa pratica, sono infondate. Innanzitutto NON è un crimine, non è un modo per schiavizzare la donna, non significa farla prostituire nel momento in cui decide da sola di farlo. Se l’aborto è legale, in quanto una donna può decidere di mettere fine alla propria gravidanza di sua volontà, perché non può essere legale anche la gestazione per altri? L’utero è sempre della donna, sia per una scelta che per l’altra. 

Molte donne intervistate si sono risentite del fatto, che personaggi esterni, possano giudicare la loro scelta, soprattutto alcune femministe che non accettano la maternità surrogata perché la considerano come l’ennesima dimostrazione del patriarcato. Non c’è nulla di vero in questo, ed è un vero peccato che ci sia ancora questo modo di pensare. Il libro scardina l'idea tradizionale della maternità biologica, mettendo in discussione la convinzione che il legame madre-figlio sia necessariamente determinato dalla gravidanza. Regina, ad esempio, si offre di partorire per sua figlia, affermando che l’amore materno si costruisce attraverso l’accudimento, e non è legato al parto. – "Se le femministe non vogliono che un uomo decida sui loro corpi, io pretendo che nessuna donna decida sul mio."

La maternità surrogata: in Italia è vietata, con pene severe. Nel Regno Unito è consentita solo a fini altruistici. Negli Stati Uniti è regolamentata in modo diverso a seconda dello Stato, con una visione più commerciale. Queste differenze legislative evidenziano quanto la maternità surrogata sia una questione strettamente legata ai valori culturali e religiosi di un paese. Tuttavia, in un mondo globalizzato, come si possono tutelare i diritti delle donne surrogate e dei bambini nati da questa pratica, se non esiste una regolamentazione internazionale condivisa? 

Serena Marchi ci offre i suoi dialoghi semplici e diretti con donne normali che hanno vite normali, e che hanno fatto scelte ognuna per i loro motivi personali. Non vuole dare nessuna soluzione definitiva, ma, in qualche modo, invita ad aprire gli occhi, e considerare la possibilità di accettare una visione diversa della maternità surrogata che potrebbe andare a contrastare tante pratiche di affido illegali dove girano cifre veramente terrificanti. 

In un mondo che si sta chiaramente evolvendo, mentre da un lato gridiamo a gran voce che siamo tutti uguali, che non esistono più le differenze di genere, che certe cose vanno superate, che la donna è libera e padrona del suo corpo e della sua vita, dall’altro cadiamo ancora in terribili errori di valutazione, quasi come se avessimo paura di qualcosa. 
Di cosa, esattamente? 
La paura più grande non si chiama maternità surrogata. 
Sembra piuttosto riflettere in malo modo la convinzione/finzione che ci stiamo evolvendo, quando poi, invece, tutto sembra essere rimasto uguale. 
Chissà perché.
A qualcuno fa comodo così. 

"La mia scelta di aiutare le coppie a diventare genitori è un dono di Dio."

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