Buongiorno! Oggi vi parlo dell'ultimo romanzo che ho letto e che appartiene ai finalisti del torneo IoScrittore 2020. Nel nome di Giuda di Giorgio Guzzi è un romanzo breve dotato di un finale che vale la lettura dell'intero libro.
di Giorgio Guzzi Editore: IoScrittore Pagine: 99 GENERE: Romanzo Noir Prezzo: 3,99€ - 15,00€ Formato: eBook - Cartaceo Data d'uscita: 2020 LINK D'ACQUISTO: ❤︎ VOTO: 🌟🌟🌟½
Trama:
Un nome che è una condanna e un’assoluzione insieme, cinque lettere di fuoco: Giuda.
Una vita sbagliata, o forse la più giusta possibile, per lui abbandonato molto piccolo dalla madre, cresciuto con un nonno amorevole, eppure con un vuoto dentro profondo come una voragine, e incolmabile.
Un vuoto in cui rimbomba quel nome assurdo, che suona quasi come uno scherzo crudele.
Giuda, killer di professione, Giuda che piace alle donne ma che non sa affezionarsi a nessuna, fedele solo alla scia di sangue che si lascia dietro, un giorno dopo l’altro, un delitto dopo l’altro, con sinistra, metodica precisione.
Giuda che si nutre di male e sembra non essere mai sazio, Giuda che sa tradire, perché omen nomen.
Ma ci sono delitti che sono troppo anche per un uomo così.
In un serrato gioco di flashback e richiami, con linguaggio denso e asciutto, un romanzo dal cuore nero e attraente, capace di catturare il lettore dalla prima all’ultima riga e accompagnarlo con sicurezza verso lo sconvolgente finale.
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RECENSIONE
Nel nome di Giuda di Giorgio Guzzi è uno dei romanzi finalisti del torneo IoScrittore 2020. Una storia inusuale, incentrata su un protagonista decisamente al di sopra delle righe. È una sorta di biografia, di racconto, che comprende una vita intera pur concentrandosi in poco più di 100 pagine. Si legge velocemente stuzzicando la curiosità del lettore e sorprendendolo molte più volte di quante ci si aspetta da una storia simile.
In realtà sembrerebbe quasi un romanzo pieno di cliché, ma ci sono spunti interessanti che demoliscono l’immagine banale e ripetitiva che all’inizio il lettore può farsi, mostrando, al contrario, un intreccio narrativo anche se poco complesso, certamente intrigante.
Intrigante è il protagonista, il cui nome è Giuda. La sua vita, sin da piccolo, è segnata proprio dal significato biblico di questo nome. I suoi genitori, due squilibrati che prendono la nascita di un figlio come un gioco, annientati dalla noia, non sanno che nome dargli e alla fine decidono Giuda.
Insomma, parliamoci chiaramente, chi lo vorrebbe un nome simile? Soltanto una pazza o una donna anaffettiva può dare un nome del genere a suo figlio, ossia a colui che dovrebbe amare di più al mondo, e di conseguenza anche proteggere.
La madre di Giuda fa parte di quella categoria di donne che non dovrebbero diventare mai madri e che quando lo diventano, si preoccupano di liberarsi subito del bambino verso il quale non provano assolutamente nulla.
Il fatto è che tu non sembri mai niente.
Giuda, ancora ignaro di tutto, cresce con il nonno, un uomo che nel suo piccolo, tenta in tutti i modi di dargli affetto e di farlo crescere nella più assoluta tranquillità per quanto gli è permesso.
Il problema è che il destino di Giuda sembra essere segnato proprio nel suo nome, e come la dicitura latina Nomen Omen, cioè nel nome è scritto il destino, il giovane diventerà grande alimentato da un carattere e una personalità che lo renderanno il protagonista perfetto di efferati omicidi. Lui, così indifferente eppure così affascinante, che seduce le donne con un solo sguardo e parlando molto poco, diventa un sicario su commissione. Organizza gli omicidi seguendo uno schema ben preciso, cambiando continuamente luogo e senza mai lasciare tracce.
Ma soprattutto senza mai mostrare emozioni. Intavola relazioni amorose, anzi, sessuali, senza mai versare una lacrima. Prende e lascia come se fosse anche quello un lavoro e a un certo punto ci si chiede dove arrivi la sua maschera. – Lui la osserva come se lei non esistesse. Non la guarda: la osserva.
Perchè è difficile capire chi sia Giuda veramente e soprattutto quanto di ciò che è sia davvero frutto della maledizione del suo nome o sia piuttosto un modo perverso di godere di quel ruolo che invece di essergli imposto per destino, a volte sembra essere una vera e propria scelta.
Nemmeno la bontà del nonno e tutta l’eredità che gli lascia servono a placare l’animo inquieto di Giuda. Apparentemente sembra che non gli manchi nulla, che gli piaccia fare quello che fa, ma in realtà c’è qualcosa che gli rode dentro.
Dare fiducia è l'unico modo per ottenerla.
Un pensiero che gli divora il cervello lentamente, anno dopo anno, e che gli crepa il cuore. Il suo cuore è spaccato, svuotato, perché nonostante tutto, nonostante si sia costruito una vita, prova una mancanza che nulla può colmare.
La madre. Chi è sua madre? Dove vive? Perché lo ha abbandonato?
E allora ecco la vera maledizione di quel nome: l’abbandono di chi lo ha scelto per lui e poi è sparita portandosi dietro tutta la vita che Giuda avrebbe potuto avere e che non ha avuto.
La prima parte del romanzo si concentra sull’attività del protagonista, sul suo rapporto con il nonno, con le donne e con i delitti che compie per lavoro. La seconda parte, invece, si avvia sempre di più verso il decadimento totale. Un decadimento che ahimè è molto lontano dalla redenzione e dalla salvezza.
Giuda non è un eroe. Giuda tradisce chiunque si metta al suo fianco. Giuda mente e con le menzogne non solo ci lavora, ma ci nutre tutte le maschere che indossa. Giuda non lo puoi perdonare, eppure non puoi negare il fascino di questo cattivo a cui finisci per dare ragione.
Ciò che conta è non lasciare tracce o, se possibile, lasciarne moltissime.
Nonostante la tematica dell’abbandono, della crescita difficile, del senso di annientamento, dell’amore negato di una madre, della scelta di una vita criminale, lo spazio dato alla dimensione psicologica è molto relativo. In realtà non è spiegato molto bene il perché Giuda decida di compiere certe azioni. Tutto viene lasciato alla capacità interpretativa del lettore che può attribuire questo destino così nefasto e crudele a una scelta dettata da una maledizione, e questo sarebbe un po’ troppo irreale, oppure a un trauma psicologico dovuto all’abbandono della madre e al conseguente senso di negazione. – Come spesso accade, fu proprio questo ignorare il male a impedirgli di liberarsene.
Giuda si sente negato, ma non lo ammette. Questa consapevolezza vaga dentro di lui come qualcosa di inafferrabile. Non è una presa di coscienza diretta, è piuttosto un input implicito che alimenta le sue scelte di vita.
La prosa è semplice e scorrevole. I periodi sono brevi, alcune frasi ad effetto. L’autore scrive una storia di cui immaginiamo facilmente il finale, ma è sbagliato.
Ebbene sì, Nel nome di Giuda ha un finale che vale l’intera lettura di tutto il testo. Qualcosa di inaspettato, che poi, dopo averlo letto tutto, ti rendi conto che ci sta alla grande. Un colpo di scena degno di questo nome che trasforma questa storia piuttosto strana e poco speciale, in qualcosa di disturbante e proprio per questo stupefacente.
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