Buon sabato cari lettori! Il romanzo che vi propongo oggi è
una storia che riguarda in primis la nostra politica e gli avvenimenti che
toccarono l’Italia in un determinato periodo storico. In più c’è un indagine in
corso ed un serial killer che deve essere catturato. Un romanzo politico,
storico ed un noir scritto da Paolo Grugni e intitolato L’odore acido di quei giorni.
Titolo: L'odore acido di quei giorni
Autore: Paolo Grugni
Editore: Laurana
Pagine: 284
Genere: Romanzo
Prezzo: € 16,50
Uscita: 2011
TRAMA
Alessandro Bellezza si sveglia tutte le mattine prima
dell'alba e percorre per ore la zona tra Persiceto e San Giacomo del
Martignone. Il suo mestiere è recuperare dall'asfalto i cadaveri degli animali
ammazzati dagli automobilisti ed evitare ulteriori incidenti in una delle
tratte più pericolose dell'Emilia. Un mestiere bizzarro. Un tempo però Bellezza
era un chirurgo. Poi, suo malgrado, è stato coinvolto dalle Brigate Rosse in un
fatto di sangue e ha perso tutto, compresi moglie e figli. Ora vorrebbe solo
starsene tranquillo, ma la sera del 15 dicembre 1976, rientrando a casa, ai
margini della strada trova una donna apparentemente morta. La raccoglie. E
scopre che non è morta. Comincia così la vicenda serrata di "L'odore acido
di quei giorni", che porta Bellezza all'inseguimento di un assassino che
sembra nascondersi tra le file di Ordine Nuovo. Sullo sfondo c'è l'Italia
raccontata da Radio Alice, in cui gli studenti universitari si scontrano con le
forze dell'ordine, scoppiano le bombe e la politica perde progressivamente di
vista la gente. Paolo Grugni torna al marzo bolognese del 1977 e ci porta con
sé. In un atto d'amore per un'idea di paese che avrebbe potuto essere, ma poi
non è stato. Alla scoperta di verità che avrebbero dovuto rimanere celate che troveranno compimento vent'anni dopo.
Paolo Grugni (Milano, 1962), germanista, oltre
a Darkland, ha pubblicato sette romanzi: Let It Be (Mondadori, 2004),
Mondoserpente (Alacrán, 2006), Aiutami (Barbera, 2009), Italian Sharia (Perdisa
Pop, 2010), L’odore acido di quei giorni (Laurana, 2012), La geografia delle
piogge (Laurana, 2013), L'Antiesorcista (Novecento, 2015).
L’odore acido di quei giorni è un romanzo
politico prima di tutto. Una storia nella quale c’è una veridicità storica
agghiacciante, senza sconti o mezze misure, né scorciatoie o gallerie buie. L’autore tenta e riesce a
fondere un mix di elementi di tale portata storica e politica da rendere la sua
narrazione una vera e propria indagine sulla nostra Italia.
Il momento sul
quale punta i riflettori sono gli anni
di piombo, il periodo compreso il
1976 e il 1977 a Bologna quando una vera e propria guerra non dichiarata
si svolgeva nelle strade e si ripercuoteva in tutta la nazione, mentre si
tentava di tenere chiuse le bocche di tutti. La trama politica viene
impreziosita da una venatura di pura fiction, rappresentata dall’atmosfera noir
che si respira nel romanzo e che dona quel tocco in più all’intera struttura,
permettendo al lettore, anche quello più all’oscuro di tali avvenimenti, di
avvicinarsi con curiosità e coinvolgimento ai fatti narrati. Fatti che ci sono
talmente vicini da renderci spesso ciechi di fronte all’evidenza.
Ma Paolo Grugni, ancora una volta
con il suo stile diretto, scarno, efficiente, ci sbatte in faccia la verità e
pretende altrettanta verità da parte nostra, quella della nostra coscienza che
non può e non deve nascondersi di fronte a tali espressioni di condanna o di
arrendevolezza.
Due sono i temi principali: la
politica e l’animalismo, così cari all’autore. Alessandro Bellezza, il protagonista, è un ex chirurgo che ha
dovuto abbandonare la propria carriera perché troppo vicino alle brigate rosse e
quindi continuamente sospettato di un suo ipotetico coinvolgimento ma mai
effettivamente arrestato.
“Per tutti divenni il chirurgo
rosso, colui che operava i terroristi e fiancheggiava le Brigate rosse.”
Il suo è un rintanarsi dalla
società, una fuga non dichiarata verso una vita silenziosa ed in disparte dove
come lavoro, si occupa di raccattare dal ciglio della strada le carcasse degli
animali morti. Un lavoro che lascia perplessi e che mette in moto una serie
lunga di domande. La morte, il sangue, la lotta sono gli elementi che saltano
subito all’occhio, evidenziati ancora di più dalle descrizioni puntuali ed
efficaci dei luoghi e dei tempi narrativi.
Spazi innevati, dove il biancore, le
bufere, il richiamo di un senso del dovere mistificato e abbandonato, si
riflettono in quella neve che tutto copre, e affonda nel silenzio della
vergogna e dell’inefficienza.
I personaggi di Grugni sono sempre
un po’ outsider ma mai inetti, sono pronti all’azione, complice quella solidità
che li rende forti e pronti ad affrontare anche un serial killer, come in
questo caso, dichiarato appartenente ai neofascisti. Bellezza trova quello che
crede un cadavere sotto la neve e lo conduce con sé a casa per poi scoprire che
si tratta di una donna e che soprattutto è ancora viva. Con ella stabilirà un
rapporto piuttosto inquietante, complice qualche bugia di troppo e che lo
condurrà a prendere parte effettivamente a quell’indagine che sta mettendo a
soqquadro l’interno paese. Più di cinque donne, in varie zone d’Italia, sono
state uccise, accoltellate all’inguine.
Il fatto apparentemente dissociato
dagli accadimenti storici italiani, si rivelerà essere altamente collegato agli
eventi che stanno sconvolgendo l’Italia. L’atmosfera che fa da
sottofondo fornendo realismo è la voce di Radio Alice, la melodia di quella Italia che poi verrà repressa.
“Una radio che mi aveva conquistato
sin dalla prima messa in onda, dieci mesi prima. Telefoni aperti e chiunque
poteva intervenire in diretta per raccontare a caldo gli avvenimenti. Un mezzo
di opposizione culturale che aveva compreso come lo scontro tra capitale,
classe operaia e nuovi soggetti sociali si sarebbe spostato sul terreno dell’informazione.”
Bellezza è un uomo che ha avuto
problemi con l’alcool, abbandonato dalla moglie e dai figli ma sincero e pronto
a combattere per un ideale.
Mentre Radio Alice ci insegna che
suono ha la storia, assistiamo ad avvenimenti tragici e terrificanti in cui si
avvicendano senza alcuna logica e senza nessun rispetto: rivendicazioni,
assalti, omicidi politici, servizi
segreti, terrorismo, morte e sangue.
Polvere e carne saltata al vento in
un’atmosfera che appare a volte surreale per la determinazione e la
sottigliezza con cui l’autore descrive senza timore e senza paura. Le piazze
sono l’eco di giorni di fuoco e miseria, scontri senza futuro, luoghi che si
tingono di bianco e di rosso, sporcati di nero.
In un sfondo recriminatorio,
represso, al limite dell’umanità e della sopportazione, dove sconvolgimenti ti
prendono per i capelli e ti conducono verso l’ignoto e verso un disastro
sconosciuto di cui gli effetti si vedranno soltanto in seguito, emerge una
consapevolezza che rende il romanzo una storia che avvince e che convince, per
precisione e per riconoscenza. Le paure, le ferite, le contraddizioni, le
passioni e le indecenze di un’epoca che ha prospettato il fantasma di una
democrazia pronta a crollare sotto il peso del doppio gioco e della vergogna.
L’indagine poliziesca, chiaramente inventata
dall’autore, si accompagna con fedeltà e saggezza alla politica denudata e alla
storia divenuta finalmente sfacciata.
Gli anni di piombo sono gli anni delle
rappresaglie, delle sovversioni, dei fraintendimenti, degli inganni e dei segreti.
L’odore acido è la puzza della
guerra infernale che si respira nelle città, anche in quelle che apparentemente
non prendono parte a niente. L’odore riverbera nei luoghi più lontani, la
guerra senza nome e senza riconoscimenti si consuma negli angoli e nelle piazze,
inventando esistenze e progettando cadaveri che esalano vite che hanno lo
stesso odore degli animali morti sui cigli delle strade.
“Non può essere solo questo. Credo
ci sia altro. Tu degli animali ami anche la morte.”
L’odore acido di quei giorni è uno
studio fatto di storie e di certezze. Certezze mai perfette, sempre un po’ in
bilico ma esposte senza filtri né scusanti. L’autore omaggia un momento storico
sul quale c’è sempre stata poca chiarezza e lo fa a modo suo, un modo molto
lineare e scandito da un tempo che prende sottobraccio la memoria per
spolverarla e ridarle la vita. Quella vera.