Buongiorno
cari lettori! Dopo diversi giorni di assenza torno con diverse recensioni
arretrate non avendo avuto il tempo di scriverle in precedenza. Partiamo oggi
con Non luogo a procedere di Claudio Magris.
Un romanzo che desideravo davvero leggere e che ho trovato oltre che perfetto
per stile ed argomento, anche in linea con il momento storico che stiamo
vivendo proprio in questi giorni: la guerra. Penso sinceramente che tutti
dovremmo leggere un libro simile e abbandonare per un attimo le letture d'amore
o quelle più leggere che tanto ci fanno sognare. E' un romanzo che va assolutamente letto e vi spiego perchè.
Titolo: Non luogo a procedere
Autore: Claudio Magris
Editore: Garzanti
Pagine: 368
Genere: Romanzo
Prezzo: € 20,00
Uscita: Ottobre 2015
TRAMA
In questo romanzo violento, tenero e appassionato,
Claudio Magris si confronta con l'ossessione della guerra di ogni tempo e
paese, quasi indistinguibile dalla vita stessa: una guerra universale, rossa di
sangue, nera come le stive delle navi negriere, cupa come il mare che inghiotte
tesori e destini, grigia come il fumo dei corpi bruciati nel forno crematorio
della Risiera di San Sabba, bianca come la calce che copre il sepolcro. Non
luogo a procedere è la storia di un grottesco Museo della Guerra
per l'avvento della pace, delle sue sale e delle sue armi, ognuna delle quali
racconta vicende di passione e delirio; è la storia dell'uomo che sacrifica la
vita alla sua maniacale costruzione, per riscattarsi alla fine nell'accanita
ricerca di un'orribile verità soppressa; è la storia di una donna, Luisa, erede
dell'esilio ebraico e della schiavitù dei neri. Con una narrazione totale e
frantumata, precisa e insieme visionaria, Magris scava con ferocia nell'inferno
spietato delle nostre colpe, e racconta l'epos travolgente di tragedie e
silenzi dell'amore e dell'orrore.
Claudio Magris è nato a Trieste nel
1939. Docente universitario, collabora al «Corriere della Sera». Tra le sue
opere, nel catalogo Garzanti sono presenti Dietro le parole (1978), Itaca e oltre(1982), Illazioni su una sciabola (1984), Danubio(1986), Stadelmann (1988), Un altro mare (1991),Microcosmi (1997, Premio Strega), Utopia e disincanto (1999), La mostra (2001), Alla cieca(2004), La storia non è finita (2006), Lei dunque capirà (2006), Alfabeti (2008) e Teatro (2010).
In questo tempo di guerra
annunciata o da sempre strisciante, infilzata come una lama fatta di paura e
terrore nel cuore dormiente dell’umanità, in questo tempo in cui sembra tacere
il coraggio del giusto ed esaltarsi da solo quello del male, il libro di Claudio
Magris è un racconto totale e totalizzante di ciò che ha fatto e ci ha lasciato
la Guerra e con essa la nostra Storia.
Non luogo a procedere è un
romanzo pieno di orrore e di morte, di sangue, di crimini e di vendette.
Partendo da una storia vera che ha dell’incredibile, il tessuto narrativo si
arricchisce non solo per lo stile ostinato e preciso dell’autore ma anche per
la miriade di vicende che vengono raccontate mentre si appigliano affamate alle
scaffalature ammaccate ma resistenti di un museo molto particolare, dedicato
esclusivamente alla guerra.
Il protagonista è un uomo
morto nel 1974 di cui si conoscono solo gli aspetti fondamentali e
soprattutto ciò che ha difeso in maniera
estenuante per tutta la sua esistenza: la memoria della guerra in nome della
pace.
Diego de Henriquez, un
professore triestino con l’ossessione di raccogliere ogni tipo di cimelio
appartenuto alla guerra, qualsiasi oggetto e qualsiasi tipo di arma che potesse
appartenere al periodo più sanguinoso e terribile della nostra storia. Un uomo
con uno scopo: creare un Museo della Guerra dove raccogliere tutte le armi e
gli oggetti relativi a questo orrore al fine di permettere all’umanità di
rammentare in modo preciso e consapevole cosa la morte e la sua arte guerrigliera
ci ha portato ma soprattutto ci ha lasciato mentre ci ha straziato nel corpo e
nell’anima.
Durante le sue ricerche scopre che in Italia, esattamente a San
Sabba tra il 1943 e il 1945 c’è stato l’unico campo lager nazista di tutto il
paese con un forno crematorio e 17 celle nelle quali sono state imprigionate,
condannate e poi uccise tante anime, vittime della ferocia e dell’ingiustizia
di un'epoca senza dignità.
L’uomo, ossessionato dalla
guerra perché grande idealista e sostenitore della pace e del sogno di un museo
che potesse distruggere l’odio e la sete di morte propria degli uomini, è un
personaggio molto interessante che mi ha colpito sin dalle prime pagine. Un
uomo che sembra essere stato creato dalla mente di un qualche autore e invece è
realmente esistito e Magris lo rende ancora più pregnante, palpabile nella sua
essenza di uomo vivo e perfettamente inserito nel suo mondo e in quello
terribile che lo circonda.
Diego riesce a trascrivere sul
proprio taccuino tutte le scritte che i condannati a morte avevano lasciato
sulle pareti delle celle. Frasi e preghiere, richieste, confessioni, disdette
estremamente interessanti che dopo furono cancellate e calcificate per non
essere lette ma lui le aveva salvate, portandole con sè attraverso la semplice
carta e l’incancellabile inchiostro nero. Peccato che il fuoco abbia distrutto
tutto, ogni pagina, ogni brandello di storia e di testimonianza. Con l’incendio
in cui anche l’uomo trova la morte, tutto il suo rifugio, il capannone dove viveva
contornato dalle sue armi e dalla bara nella quale dormiva, anche i taccuini, si
trasformano in cenere, una cenere maledetta dalla storia, ormai divenuta irrecuperabile.
Una ricerca della verità, dell’amore,
della giustizia, della moralità, della vita stessa diventa l’esistenza di Diego
e con essa questo romanzo che ne ripercorre con voce tuonante e forte, con la
voce di chi sa, di chi conosce e non sta zitto, non più, momenti che hanno
ferito e che feriscono ancora.
Una storia che diventa poema,
che s’innalza grazie allo stile dell’autore che è dettagliato, prolifico, a tratti violento, intenso, poetico e profondamente sentito.
La voce narrante non è solo quella di Diego ma anche quella di
Luisa, la giovane donna a cui viene affidato il compito di costruire il progetto
del museo, un luogo che ricordi ciò che è stato, perduto, trafitto e scolpito
con il sangue dell’uomo contro l’uomo. Una tragedia del passato che non è mai
stato passato, un canto di dolore e di
tormento, di odio fatto di politica e di
religione, di corruzione e di terrore, il cui eco arriva fino ad oggi, fino a
pochi giorni fa quando il teatro degli
orrori ha riaperto le danze, con una carneficina di cui, davvero, non so se sia
più rispettoso parlare o pregare in silenzio. Nessun dio potrà salvare l’uomo
dall’odio generato nel cuore di un altro uomo per cui anche le preghiere sono
destinate a perdersi negli occhi vacui di chi porta nell’anima il vuoto della
follia.
Allora come adesso, la pace è
diventata un oggetto sacro, un simbolo di inestimabile valore, un segno, uno
sguardo, una parola, lanciata in aria nella speranza che possa purificare l’aria
rarefatta, sporca e sanguinaria che avvolge ogni angolo del mondo.
E noi che siamo cittadini di questa terra, che ha confini, frontiere,
come andremo avanti se abbiamo paura? La Storia così come la racconta Magris è
una crosta di sangue impossibile da cancellare, un elettroshock capace di rendere
tutti pazzi, e se quella Storia è ancora viva ed è fatta di carne e sangue che continuano
ad essere sacrificati in nome della pazzia di uno o di mille, cosa cambia?
Non luogo a procedere sta a
significare che nonostante i numerosi processi iniziati dopo la morte di Diego
de Henriquez, alla fine non si è mai giunti a conclusione di nulla. L’intento
dell’autore è quello di riportare alla luce una storia che ha fatto la storia.
Come lui stesso afferma, il suo non è un riportare fedelmente il carattere o
gli episodi di vita del professore, bensì per lui quell’uomo e la sua grandezza
come la sua passione e vasta cultura, sono stati un’immensa fonte di ispirazione
che ha dato vita a questo libro che non è un libro di storia, non è uno scritto
che fa denuncia ma è un romanzo inventato tanto quanto inventare significa
trovare, come spiega la stessa etimologia della parola. E dunque in qualità di
vero scrittore, Magris si appoggia con adagio e rispetto alla spalla del
professore e grazie alla sua presenza e al suo valore ci racconta una storia
che diventa inventata tanto quanto la sua base di partenza è reale, seppur incredibile
e spesso bizzarra come affermava Twain parlando della realtà, altresì
estremamente sua e ormai di tutti.
Non luogo a procedere spinge
alla riflessione come ogni grande opera dovrebbe fare, apre la mente, rende
sottile la scia dell’orizzonte, lasciando intravedere ancora qualcos’altro.
La sua scrittura è potente tanto quanto appuntita come una
lama, capace di incunearsi tra le crepe della nostra memoria e scavare anche
quello che è stato seppellito per non essere guardato.
Leggendo, a tratti ho avuto
come l’impressione, che il romanzo fosse
un’ode, una sinfonia greve e buia scritta per commemorare un uomo che non è
necessariamente lui, con il suo nome e cognome, infatti il protagonista non ha
un nome. Ma ciò che l’autore commemora è lo spirito, l’anima, il senso
racchiuso nel cuore di un essere umano diverso dagli altri. Una creatura che ha
scelto la pace ed il suo sogno attraverso la presenza costante della morte e
dedicando l’intera sua vita a lasciarsi circondare dalla guerra.
“La morte di un altro,
incomprensibile e incomunicabile, ancor più della sua vita. Il bruciare della
sua carne tra le fiamme, irriducibile alle parole. Ma nel suo Museo non poteva mancare la sua uscita di scena,
anche se lui, l’unico testimone, non poteva raccontarla.”
Ho trovato estremamente
affascinante, allusivo, compenetrante questo aspetto del romanzo, il suo
incedere lento ma profondo nei significati più nascosti che sottintendono la volontà che sta alla base degli eventi
tragici della nostra storia e di colui che con la sua esistenza, qui
raccontata, tenta di esorcizzarli. Un tentativo vano perché dopo anni la guerra
non ci ha lasciati, in realtà mai si è dichiarata sconfitta, e adesso più che
mai sembra essere entrata nelle nostre case, minacciandoci con il suo alito
pesante.
E’ un tumore, come dice Magris, che non trova cura e seppur la
coscienza di ciascuno di noi ci spinga ineluttabilmente ad essere consapevoli
della nostra fragilità, la lettura di questo libro è per chi ha il coraggio di
far fronte all’inevitabile, a ciò che è presente, così vicino da diventare afferrabile.
Per chi non nasconde la testa sotto la sabbia fingendo che il dolore e la paura
non esista, per chi lascia intatto lo specchio e si guarda in faccia rischiando
di vedere il peggio. Per chi riconosce che sta accadendo, proprio qui, proprio
adesso, quell’innominabile ed insensato abominio dal quale, ora più che mai,
non siamo mai stati al sicuro. Ammetterlo è il primo passo, il resto è solo una
speranza.
“Vorrei invece ricordare, in
memoria di Diego de Henriquez, una frase detta veramente da lui, l’invito allo
sconosciuto passante davanti alla sua tomba a consegnargli la sua spada,
affinchè questa spada non possa colpire mai più.”
Un'infinità di termini rari o fantasiosi (patòc, Anabson etc.) rendono la lettura di questo romanzo faticosa e pesante. Gli orrori della guerra poi aggiungono ulteriore carico depressivo, ma è indiscutibilmente un tema che va affrontato con coraggio per aprire uno spiraglio di luce nelle menti tenebrose dei nostalgici di ogni forma di dittatura, velata o esplicita che sia. A molti avrà fatto venire i brividi, a me ha procurato inquietudine.
RispondiElimina