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mercoledì 2 dicembre 2015

Non luogo a procedere di Claudio Magris Recensione

Buongiorno cari lettori! Dopo diversi giorni di assenza torno con diverse recensioni arretrate non avendo avuto il tempo di scriverle in precedenza. Partiamo oggi con Non luogo a procedere di Claudio Magris. Un romanzo che desideravo davvero leggere e che ho trovato oltre che perfetto per stile ed argomento, anche in linea con il momento storico che stiamo vivendo proprio in questi giorni: la guerra. Penso sinceramente che tutti dovremmo leggere un libro simile e abbandonare per un attimo le letture d'amore o quelle più leggere che tanto ci fanno sognare. E' un romanzo che va assolutamente letto e vi spiego perchè.



Titolo: Non luogo a procedere
Autore: Claudio Magris
Editore: Garzanti
Pagine: 368
Genere: Romanzo
Prezzo: € 20,00
Uscita: Ottobre 2015
TRAMA


In questo romanzo violento, tenero e appassionato, Claudio Magris si confronta con l'ossessione della guerra di ogni tempo e paese, quasi indistinguibile dalla vita stessa: una guerra universale, rossa di sangue, nera come le stive delle navi negriere, cupa come il mare che inghiotte tesori e destini, grigia come il fumo dei corpi bruciati nel forno crematorio della Risiera di San Sabba, bianca come la calce che copre il sepolcro. Non luogo a procedere è la storia di un grottesco Museo della Guerra per l'avvento della pace, delle sue sale e delle sue armi, ognuna delle quali racconta vicende di passione e delirio; è la storia dell'uomo che sacrifica la vita alla sua maniacale costruzione, per riscattarsi alla fine nell'accanita ricerca di un'orribile verità soppressa; è la storia di una donna, Luisa, erede dell'esilio ebraico e della schiavitù dei neri. Con una narrazione totale e frantumata, precisa e insieme visionaria, Magris scava con ferocia nell'inferno spietato delle nostre colpe, e racconta l'epos travolgente di tragedie e silenzi dell'amore e dell'orrore.

Claudio Magris è nato a Trieste nel 1939. Docente universitario, collabora al «Corriere della Sera». Tra le sue opere, nel catalogo Garzanti sono presenti Dietro le parole (1978), Itaca e oltre(1982), Illazioni su una sciabola (1984), Danubio(1986), Stadelmann (1988), Un altro mare (1991),Microcosmi (1997, Premio Strega), Utopia e disincanto (1999), La mostra (2001), Alla cieca(2004), La storia non è finita (2006), Lei dunque capirà (2006), Alfabeti (2008) e Teatro (2010).




In questo tempo di guerra annunciata o da sempre strisciante, infilzata come una lama fatta di paura e terrore nel cuore dormiente dell’umanità, in questo tempo in cui sembra tacere il coraggio del giusto ed esaltarsi da solo quello del male, il libro di Claudio Magris è un racconto totale e totalizzante di ciò che ha fatto e ci ha lasciato la Guerra e con essa la nostra Storia

Non luogo a procedere è un romanzo pieno di orrore e di morte, di sangue, di crimini e di vendette. Partendo da una storia vera che ha dell’incredibile, il tessuto narrativo si arricchisce non solo per lo stile ostinato e preciso dell’autore ma anche per la miriade di vicende che vengono raccontate mentre si appigliano affamate alle scaffalature ammaccate ma resistenti di un museo molto particolare, dedicato esclusivamente alla guerra.

Il protagonista è un uomo morto nel 1974 di cui si conoscono solo gli aspetti fondamentali e soprattutto  ciò che ha difeso in maniera estenuante per tutta la sua esistenza: la memoria della guerra in nome della pace.

Diego de Henriquez, un professore triestino con l’ossessione di raccogliere ogni tipo di cimelio appartenuto alla guerra, qualsiasi oggetto e qualsiasi tipo di arma che potesse appartenere al periodo più sanguinoso e terribile della nostra storia. Un uomo con uno scopo: creare un Museo della Guerra dove raccogliere tutte le armi e gli oggetti relativi a questo orrore al fine di permettere all’umanità di rammentare in modo preciso e consapevole cosa la morte e la sua arte guerrigliera ci ha portato ma soprattutto ci ha lasciato mentre ci ha straziato nel corpo e nell’anima. 
Durante le sue ricerche scopre che in Italia, esattamente a San Sabba tra il 1943 e il 1945 c’è stato l’unico campo lager nazista di tutto il paese con un forno crematorio e 17 celle nelle quali sono state imprigionate, condannate e poi uccise tante anime, vittime della ferocia e dell’ingiustizia di un'epoca senza dignità.

L’uomo, ossessionato dalla guerra perché grande idealista e sostenitore della pace e del sogno di un museo che potesse distruggere l’odio e la sete di morte propria degli uomini, è un personaggio molto interessante che mi ha colpito sin dalle prime pagine. Un uomo che sembra essere stato creato dalla mente di un qualche autore e invece è realmente esistito e Magris lo rende ancora più pregnante, palpabile nella sua essenza di uomo vivo e perfettamente inserito nel suo mondo e in quello terribile che lo circonda.

Diego riesce a trascrivere sul proprio taccuino tutte le scritte che i condannati a morte avevano lasciato sulle pareti delle celle. Frasi e preghiere, richieste, confessioni, disdette estremamente interessanti che dopo furono cancellate e calcificate per non essere lette ma lui le aveva salvate, portandole con sè attraverso la semplice carta e l’incancellabile inchiostro nero. Peccato che il fuoco abbia distrutto tutto, ogni pagina, ogni brandello di storia e di testimonianza. Con l’incendio in cui anche l’uomo trova la morte, tutto il suo rifugio, il capannone dove viveva contornato dalle sue armi e dalla bara nella quale dormiva, anche i taccuini, si trasformano in cenere, una cenere maledetta dalla storia, ormai divenuta irrecuperabile.

Una ricerca della verità, dell’amore, della giustizia, della moralità, della vita stessa diventa l’esistenza di Diego e con essa questo romanzo che ne ripercorre con voce tuonante e forte, con la voce di chi sa, di chi conosce e non sta zitto, non più, momenti che hanno ferito e che feriscono ancora.

Una storia che diventa poema, che s’innalza grazie allo stile dell’autore che è dettagliato, prolifico, a tratti violento, intenso, poetico e profondamente sentito.

La voce narrante non  è solo quella di Diego ma anche quella di Luisa, la giovane donna a cui viene affidato il compito di costruire il progetto del museo, un luogo che ricordi ciò che è stato, perduto, trafitto e scolpito con il sangue dell’uomo contro l’uomo. Una tragedia del passato che non è mai stato passato, un  canto di dolore e di tormento, di odio fatto di politica  e di religione, di corruzione e di terrore, il cui eco arriva fino ad oggi, fino a pochi giorni fa quando il teatro  degli orrori ha riaperto le danze, con una carneficina di cui, davvero, non so se sia più rispettoso parlare o pregare in silenzio. Nessun dio potrà salvare l’uomo dall’odio generato nel cuore di un altro uomo per cui anche le preghiere sono destinate a perdersi negli occhi vacui di chi porta nell’anima il vuoto della follia.

Allora come adesso, la pace è diventata un oggetto sacro, un simbolo di inestimabile valore, un segno, uno sguardo, una parola, lanciata in aria nella speranza che possa purificare l’aria rarefatta, sporca e sanguinaria che avvolge ogni angolo del mondo.

E noi che siamo cittadini  di questa terra, che ha confini, frontiere, come andremo avanti se abbiamo paura? La Storia così come la racconta Magris è una crosta di sangue impossibile da cancellare, un elettroshock capace di rendere tutti pazzi, e se quella Storia è ancora viva ed è fatta di carne e sangue che continuano ad essere sacrificati in nome della pazzia di uno o di mille, cosa cambia?

Non luogo a procedere sta a significare che nonostante i numerosi processi iniziati dopo la morte di Diego de Henriquez, alla fine non si è mai giunti a conclusione di nulla. L’intento dell’autore è quello di riportare alla luce una storia che ha fatto la storia. Come lui stesso afferma, il suo non è un riportare fedelmente il carattere o gli episodi di vita del professore, bensì per lui quell’uomo e la sua grandezza come la sua passione e vasta cultura, sono stati un’immensa fonte di ispirazione che ha dato vita a questo libro che non è un libro di storia, non è uno scritto che fa denuncia ma è un romanzo inventato tanto quanto inventare significa trovare, come spiega la stessa etimologia della parola. E dunque in qualità di vero scrittore, Magris si appoggia con adagio e rispetto alla spalla del professore e grazie alla sua presenza e al suo valore ci racconta una storia che diventa inventata tanto quanto la sua base di partenza è reale, seppur incredibile e spesso bizzarra come affermava Twain parlando della realtà, altresì estremamente sua e ormai di tutti.

Non luogo a procedere spinge alla riflessione come ogni grande opera dovrebbe fare, apre la mente, rende sottile la scia dell’orizzonte, lasciando intravedere ancora qualcos’altro.

La sua scrittura  è potente tanto quanto appuntita come una lama, capace di incunearsi tra le crepe della nostra memoria e scavare anche quello che è stato seppellito per non essere guardato.

Leggendo, a tratti ho avuto come l’impressione, che  il romanzo fosse un’ode, una sinfonia greve e buia scritta per commemorare un uomo che non è necessariamente lui, con il suo nome e cognome, infatti il protagonista non ha un nome. Ma ciò che l’autore commemora è lo spirito, l’anima, il senso racchiuso nel cuore di un essere umano diverso dagli altri. Una creatura che ha scelto la pace ed il suo sogno attraverso la presenza costante della morte e dedicando l’intera sua vita a lasciarsi circondare dalla guerra.

“La morte di un altro, incomprensibile e incomunicabile, ancor più della sua vita. Il bruciare della sua carne tra le fiamme, irriducibile alle parole. Ma nel suo Museo  non poteva mancare la sua uscita di scena, anche se lui, l’unico testimone, non poteva raccontarla.”

Ho trovato estremamente affascinante, allusivo, compenetrante questo aspetto del romanzo, il suo incedere lento ma profondo nei significati più nascosti che sottintendono  la volontà che sta alla base degli eventi tragici della nostra storia e di colui che con la sua esistenza, qui raccontata, tenta di esorcizzarli. Un tentativo vano perché dopo anni la guerra non ci ha lasciati, in realtà mai si è dichiarata sconfitta, e adesso più che mai sembra essere entrata nelle nostre case, minacciandoci con il suo alito pesante. 
E’ un tumore, come dice Magris, che non trova cura e seppur la coscienza di ciascuno di noi ci spinga ineluttabilmente ad essere consapevoli della nostra fragilità, la lettura di questo libro è per chi ha il coraggio di far fronte all’inevitabile, a ciò che è presente, così vicino da diventare afferrabile. Per chi non nasconde la testa sotto la sabbia fingendo che il dolore e la paura non esista, per chi lascia intatto lo specchio e si guarda in faccia rischiando di vedere il peggio. Per chi riconosce che sta accadendo, proprio qui, proprio adesso, quell’innominabile ed insensato abominio dal quale, ora più che mai, non siamo mai stati al sicuro. Ammetterlo è il primo passo, il resto è solo una speranza.

“Vorrei invece ricordare, in memoria di Diego de Henriquez, una frase detta veramente da lui, l’invito allo sconosciuto passante davanti alla sua tomba a consegnargli la sua spada, affinchè questa spada non possa colpire mai più.”

1 commento:

  1. Un'infinità di termini rari o fantasiosi (patòc, Anabson etc.) rendono la lettura di questo romanzo faticosa e pesante. Gli orrori della guerra poi aggiungono ulteriore carico depressivo, ma è indiscutibilmente un tema che va affrontato con coraggio per aprire uno spiraglio di luce nelle menti tenebrose dei nostalgici di ogni forma di dittatura, velata o esplicita che sia. A molti avrà fatto venire i brividi, a me ha procurato inquietudine.

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