Buon
sabato. Il sesto appuntamento con la rubrica Pensieri a briglia sciolta di Luigi
Mancini è dedicata come vedrete al genio e ad un tumulto di emozioni, memorie
e sensazioni che si collegano tra loro, richiamando l’attenzione di ciascuno di
voi che può riconoscersi o riflettersi nelle parole dell’autore, dirette a se
stesso e a voi e persino alla scrittura stessa come fonte di benedizione e di
dannazione insieme.
Ho
perso sere, feste, persone e tempo, tantissimo tempo, ho perso anche un po’ di
me stesso, la stima di alcuni, l’amicizia di altri, l’amore di una, l’amore di
tante, troppe muse, assenze mai reali, mai veramente qui, mai ora, mai, mai,
mai…
La
scrittura non può prescindere dalla solitudine, io l’ho imparato non vivendo,
scegliendo sempre il mai, questo dannato e disperato mai, mai, mai, per sempre
mai!
Scrivo,
lo faccio perché devo, perché piove, perché ho seri problemi mentali, perché
sono sempre innamorato, perché ho sempre qualcosa da dire a qualcuno che non
esiste, perché scrivere è il mio mestiere, e scrivo pure sul luogo di lavoro.
Scrivo e mi perdo, e piove, piove anche quando per gli altri c’è il sole. Avrei
da fare cose ben più importanti, e ci provo, credetemi, io ci provo… ma ritorno
sempre qui, a scrivere, a vivere di questo immaginario, di questo calvario
inutile. Scrivo di luoghi visti mai, di amori perduti e mai veramente avuti, di
baci mai accaduti, di sogni mai sognati, di cuori che mai e poi mai hanno
battuto l’ora nel tempo, di fatti che mai e poi mai hanno avuto tempo nello
spazio. Scrivo di uno strazio lieve, di un vizio che non ho, di una morte mai
stata in vita, di una vita mai vissuta.
Sono
uno spettacolo, sono l’unico spettatore, sono lo spacciatore, sono il drogato,
sono la puttana, il depravato, sono l’illuso che attende l’attesa. Sono
l’angelo che sodomizza l’angela, il demone che lecca la ferita, sono lo smalto
nero sulle dita di Anna, sono l’astro, l’estro, la condanna di me stesso. Sono
il talento che non ho, sono la critica che mi esalta, sono la gente, sono
l’applauso, sono l’illuso che chiede aiuto, e sono, soprattutto, un
fottutissimo mai, un bellissimo mai, un mai cazzuto ed eterno.
Talento,
mio volgare nemico, entra nelle mie viscere e conducimi alla salvezza, ti
prego, ti amo, ti odio…
La
scrittura non può prescindere dal talento, ma essa, crudele come una sorgente
avvelenata in un deserto senza fine, coinvolge anche me, e m’infila nel costato
tutta la malinconia dei poeti, e mi priva, miseramente, del genio.
Luigi Mancini
Luigi?
RispondiEliminaBellissimo.
Tutto ciò che scriviamo con amore, con passione è bellissimo.
Abbiamo il coraggio di dire chi siamo.
Grazie, Federica! Condivido il tuo pensiero gentile.
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