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sabato 9 gennaio 2016

Sesto appuntamento con la rubrica Pensieri a briglia sciolta di Luigi Mancini!

Buon sabato. Il sesto appuntamento con la rubrica Pensieri a briglia sciolta di Luigi Mancini è dedicata come vedrete al genio e ad un tumulto di emozioni, memorie e sensazioni che si collegano tra loro, richiamando l’attenzione di ciascuno di voi che può riconoscersi o riflettersi nelle parole dell’autore, dirette a se stesso e a voi e persino alla scrittura stessa come fonte di benedizione e di dannazione insieme.
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Ho perso sere, feste, persone e tempo, tantissimo tempo, ho perso anche un po’ di me stesso, la stima di alcuni, l’amicizia di altri, l’amore di una, l’amore di tante, troppe muse, assenze mai reali, mai veramente qui, mai ora, mai, mai, mai…

La scrittura non può prescindere dalla solitudine, io l’ho imparato non vivendo, scegliendo sempre il mai, questo dannato e disperato mai, mai, mai, per sempre mai!






Scrivo, lo faccio perché devo, perché piove, perché ho seri problemi mentali, perché sono sempre innamorato, perché ho sempre qualcosa da dire a qualcuno che non esiste, perché scrivere è il mio mestiere, e scrivo pure sul luogo di lavoro. Scrivo e mi perdo, e piove, piove anche quando per gli altri c’è il sole. Avrei da fare cose ben più importanti, e ci provo, credetemi, io ci provo… ma ritorno sempre qui, a scrivere, a vivere di questo immaginario, di questo calvario inutile. Scrivo di luoghi visti mai, di amori perduti e mai veramente avuti, di baci mai accaduti, di sogni mai sognati, di cuori che mai e poi mai hanno battuto l’ora nel tempo, di fatti che mai e poi mai hanno avuto tempo nello spazio. Scrivo di uno strazio lieve, di un vizio che non ho, di una morte mai stata in vita, di una vita mai vissuta.



Sono uno spettacolo, sono l’unico spettatore, sono lo spacciatore, sono il drogato, sono la puttana, il depravato, sono l’illuso che attende l’attesa. Sono l’angelo che sodomizza l’angela, il demone che lecca la ferita, sono lo smalto nero sulle dita di Anna, sono l’astro, l’estro, la condanna di me stesso. Sono il talento che non ho, sono la critica che mi esalta, sono la gente, sono l’applauso, sono l’illuso che chiede aiuto, e sono, soprattutto, un fottutissimo mai, un bellissimo mai, un mai cazzuto ed eterno.





Talento, mio volgare nemico, entra nelle mie viscere e conducimi alla salvezza, ti prego, ti amo, ti odio…



La scrittura non può prescindere dal talento, ma essa, crudele come una sorgente avvelenata in un deserto senza fine, coinvolge anche me, e m’infila nel costato tutta la malinconia dei poeti, e mi priva, miseramente, del genio. 



                         Luigi Mancini


2 commenti:

  1. Luigi?
    Bellissimo.
    Tutto ciò che scriviamo con amore, con passione è bellissimo.
    Abbiamo il coraggio di dire chi siamo.

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  2. Grazie, Federica! Condivido il tuo pensiero gentile.

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