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lunedì 2 novembre 2015

Blood & Breakfast di Riccardo De Torrebruna Recensione

Buon inizio settimana! Grazie alla collaborazione con la casa editrice Ensemble, che ringrazio per la fiducia, ho recentemente letto Blood & Breakfast, un thriller molto interessante scritto da Riccardo De Torrberuna, scrittore e sceneggiatore, che si è occupato di teatro e regia. La storia riesce a coinvolgere in modo diretto e pressante dall’inizio alla fine. Il titolo mi ha subito incuriosito!



Titolo: Blood & Breakfast
Autore: Riccardo De Torrebruna
Editore: Ensemble
Pagine: 180
Genere: Thriller
Prezzo: € 12,00
Uscita: 2014

TRAMA


Carl, studente di medicina fallito, decide di avviare un bed & breakfast nella villetta ricevuta in eredità dalla nonna, una donna cattiva verso la quale non nutre il minimo affetto. L’inaugurazione dell’attività non avviene però nel modo previsto: i primi due ospiti scompaiono nel nulla e Carl sente montare dentro di sé una sempre maggiore attrazione verso la violenza, tanto da cominciare ad architettare il modo migliore per togliere di mezzo anche i clienti successivi. Ma dove sono finiti i primi due ospiti? Qualcuno verrà a chiederne notizie? E come mai l’indole docile di Carl si è trasformata in indifferenza verso la morte? Una scia di sangue invade la casa, mentre l’estate si fa sempre più torrida e la birra doppio malto scorre a fiumi nelle tarde serate adriatiche.

Riccardo de Torrebruna è nato a Roma, dove attualmente vive. Ha lavorato come attore in Italia e all’estero per poi dedicarsi assiduamente alla scrittura (romanziere, drammaturgo, sceneggiatore) e alla regia.
Come attore collabora, tra gli altri, con Marco Bellocchio, Liliana Cavani, Giuseppe Piccioni, Peter Patzak.
Come regista di teatro ha diretto numerosi lavori in Italia.
E’ autore teatrale. Il suo testo, “Zoo Paradiso”, è andato in scena nel ’96 all’Actors Studio di New York con la regia di Susan Batson, di cui è stato allievo e collaboratore.
In Italia, ha vinto il premio Enrico Maria Salerno per la drammaturgia.
La sua pièce “Gay Panic”, andata in scena al Teatro Belli di Roma nel 2008, vincendo il Premio Oltreparola per la drammaturgia.
Nel 2000 ha esordito nella narrativa con “Tocco Magico Tango”, Minimum Fax.
Nel 2003 ha  pubblicato “Storie di Ordinario Amore” con Fandango Libri.
Nel 2007, con E/O, nella collana Vite Narrate, ha pubblicato insieme a Luigi Turinese, “Hahnemann. Vita del padre dell’Omeopatia.”
E’tra gli scrittori del “Dizionario Affettivo delle Lingua Italiana” edito da Fandango
Nel 2011 ha scritto, diretto e interpretato “Beauty is Difficult” (Una Gabbia per Ezra Pound) al teatro Argot di Roma.
Nel 2012 scrive e dirige al Teatro Spaziouno di Roma, “La Giustizia è un Vento”, Storie di Morte nelle carceri italiane, ispirato al libro inchiesta di Luca Cardinalini .
Nel 2013 mette in scena al Teatro Spaziouno di Roma, “Zoo Paradiso” per la ricorrenza del ventennale dell’assedio di Sarajevo. 
Nel 2014 ha adattato e messo in scena Nella Cattedrale, dal racconto di Raymond Carver.
Specialista del metodo delle “Azioni Fisiche”, dirige a Roma lo Studio Acting dove insegna stabilmente dal ‘98.





Blood & Breakfast è un thriller abilmente scritto e pensato con venature cinematografiche e sbocchi letterari che lo rendono un romanzo a tutto tondo con un protagonista agghiacciante nel suo excursus temporale e psicologico all’interno di una dimensione tra il vago ed il reale, l’incubo ed il sogno, mentre tenta di aggrapparsi agli ultimi brandelli di una logica appesa alla follia.

Carl è un giovane universitario apparentemente in linea con la vita sociale, di cui conosciamo parte dell’esistenza grazie all’intromissione dei ricordi che viaggiano nella sua mente e che lo riconducono fin troppo spesso ai momenti della sua infanzia che lo hanno visto vittima di una presenza alquanto inquietante e strana: la nonna. Una donna fredda, bisbetica, dominante, di cui lui nutriva una paura sterminata, resa evidente dagli approcci mai affettivi che si stabilivano tra i due e che confluivano quasi sempre in un profondo e poco riverente silenzio.

“Il suo turbamento veniva da lontano, come da un’altra vita. Gli sembrava di essere davanti a un fusto tossico  da cui accidentalmente  era uscita una radiazione capace di abbagliarlo.”

Quando Carl eredita la vecchia casa della nonna e decide di aprire un bed & breakfast, la sua indole maniacale e perversa, figlia di una vita carica di esperienze irrisolte e di disagi taciuti, si manifesta in tutta la sua lucidità e malattia.

Lo stile dell’autore è preciso come un bisturi chirurgico, maniacale nei suoi dettagli, lineare nella sua freddezza. Non un errore né un passo falso, la sua narrazione è un escalation verso l’inferno che ci fornisce pezzo dopo pezzo, come se ci stesse dando da mangiare lentamente, molto lentamente, il suo epilogo finale. Il protagonista è un uomo che non ha il controllo di sé, almeno non in modo naturale né spontaneo. Vive in una sorta di confine mentale dove ha bisogno di essere sempre presente a sé stesso, sempre all’erta, senza mai abbassare la guardia. Un confine che non gli dà la possibilità di capire cosa sia vero e cosa invece faccia parte di un sogno.

I primi avventori del suo albergo risveglieranno in lui ricordi sopiti e memorie imbruttite dal tempo. Vergogna, remissione, odio, rabbia  e soprattutto vendetta. Inconsistenza di affettività familiare e presenza disturbante di quella nonna che anche quando è morta, ritorna imperterrita come un fantasma a ricucire le ferite distratte nel cuore malandato del protagonista e le cuce col sangue. Il sangue delle vittime, il sangue del killer che imbratta la curiosità di chi legge, facendogli respirare l’odore malsano dell’attesa e della paura come della sospensione maligna che ad ogni passo trascina la consapevolezza che qualcosa di terribile stia sempre sul punto di accadere.

“E Carl pensò che se le  tappe del piacere e della pienezza ricevessero pari attenzione rispetto a quelle della sofferenza, e la memoria vi si esercitasse con metodo e disciplina, allora ci sarebbe forse una via d’uscita, uno spiraglio di redenzione, un bilancio diverso del proprio destino.”

In alcuni momenti, quando l’autore avvicina anche inconsapevolmente, i fatti narrati al cibo, ho pensato ad Hannibal Lecter, a quella stessa calma, pacatezza, funzionalità del proprio ego al fine di soddisfare le proprie pulsioni malate. Carl è un innocente fino a prova contraria e quella prova, ahimè arriverà, e tutto si sgretolerà.

Arriverà quando tutto è ormai al limite, quando l’autore con maestria e bravura, ti ha portato al confine, quando tu stesso, lettore, arrivi a desiderare che accada il peggio, di leggerlo, sentirlo, provarlo attraverso le parole, pur di guardare in faccia il vero volto del male.

Perché sai che l’autore non vuole spiattellarti tutto subito, vuole che te lo godi il racconto, la scoperta, lo svelamento del mistero, vuole prenderti per la gola e condurti, come un animale ammansito, esattamente dove lui vuole, né un passo prima né uno dopo. E’ lui che comanda, è lui che ti fa desiderare che accada tutto quello che accade esattamente come lui lo vuole e alla fine anche tu.

La violenza è la chiave di un comportamento illogico, il sonnambulismo l’avviso di una mente in cerca di un appiglio per salvarsi prima che sia troppo tardi. Ma quel tardi arriva e con esso quei cadaveri che vengono descritti come opere d’arte in posa, come statue di carne e sangue poetizzate, evanescenti nel loro essere surreali eppure fin troppo reali per il loro puzzo che sa di morte.

“Gli altri parevano opere esposte in una galleria intitolata alla pena di morte.”

Blood & Breakfast, mette in evidenza già nel titolo i fatti di sangue evidentemente collegati all’albergo nei quali ovviamente c’entra la figura drammatica e solitaria di Carl. Il suo è un dolore vecchio ed incastrato nel passato, una mania ossessiva che lo dissocia dal reale e lo catapulta senza volontà nella memoria sfigurata di un’infanzia difficile  e priva di una soluzione ideale.

“Eppure dentro Carl qualcosa di ruppe. Percepì un intenso rumore di vetri che si frantumavano nel suo cervello, accompagnato da una calma irreale.”

La sua vita appare ramificata in un abbandono assoluto nella quale non sembrano esserci spiragli di sollievo se non per la presenza in bilico di Patty, con la quale stabilisce un legame distorto così come la sua mente ormai visiona l’intera esistenza.

L’autore tesse una trama in grado di catturare. Fin dalle prime pagine hai il sentore addosso che la tempesta sia in arrivo e che colpirà anche molto vicino. Insomma, sei nelle sue mani e sai che andrai con lui  fin dove vorrà portarti senza chiederti né quando né dove o come.

Avverti solo che non sarai deluso, che quel viaggio avrà uno scopo e che il finale sarà perfettamente in linea con il personaggio e con quello che è stato raccontato.


Torrebruna inscena un teatro della psiche umana, un susseguirsi di metafore che vanno lette di petto ma con attenzione, vanno sentite con l’istinto e fatte proprie. Un ritmo cadenzato mai troppo veloce, un linguaggio solo in rari casi piuttosto esplicito ed orrorifico, ma in generale ansioso ed intrigante. Una visione completa e brillante di una lunga e nascosta voglia di vendetta che sfavilla nell’oscurità più angusta e più piegata di fronte alla quale arrivi pieno di aspettative che l’autore non tradisce.

10 commenti:

  1. Ciao Antonietta, questo libro rientra proprio nei generi letterari che prediligo! Grazie mille per la segnalazione e l'interessante recensione! Un abbraccio!

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    1. Ciao Giulia, mi fa piacere che questo genere rientri nei tuoi preferiti!

      Un abbraccio ;-)

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  2. Io mi sono avvicinata da poco al genere thriller e ne sono rimasta parecchio affascinata. Questo libro non è da meno e credo proprio che lo leggerò :) Non lo conoscevo quindi mi fa molto piacere averlo scoperto grazie a questo post :)

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    1. Ne sono felice Valentina, se lo leggerai spero possa davvero piacerti!

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  3. Mi intriga parecchio sai? E' proprio il romanzo che vorrei leggere!

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  4. Una recensione davvero bella, sembra un libro validissimo.

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  5. complimenti per la recensione mi affascina molto questo libro

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