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sabato 14 novembre 2015

Il seme del dubbio di Claudio Sara Recensione

Nonostante siamo nel pieno del weekend vi propongo una nuova recensione, quella al romanzo dell’avvocato Claudio Sara, intitolato Il seme del dubbio, pubblicato da Ensemble, che ringrazio per la fiducia. Una storia che oltre ad essere ambientata all’interno di un tribunale, mette in moto una serie importante di riflessioni che riguardano la famiglia, il senso di giustizia e di verità partendo da una vicenda molto tragica: uno stupro.



Titolo: Il seme del dubbio
Autore: Claudio Sara
Editore: Ensemble
Pagine: 254
Genere: Thriller
Prezzo: € 15,00
Uscita: 2015

TRAMA


Sullo sfondo di un Paese in ricostruzione, l'Italia degli anni Cinquanta, la routine dell'avvocato Renzo Vinsa viene scossa da un processo che lo coinvolge a livello professionale ed emotivo. La presunta violenza subita da una quattordicenne conduce il protagonista alla ricerca della verità tra turbamenti interiori, inquietudini e colpi di scena: un percorso umano e giudiziario i cui risvolti saranno imprevedibili.

Claudio Sara è nato nel 1963 ad Avellino, dove esercita la professione di avvocato civilista. Vincitore della settima edizione(2014) del premio letterario "Antonio Fogazzaro". Un suo racconto è stato inserito nell'antologica In vino litteras (Ensemble, 2014). Suoi componimenti sono apparsi nell'antologia Post Office (New Press Edizioni, 2014).




Il seme del dubbio è un romanzo ambientato negli anni ‘50, nel Sud Italia, incentrato principalmente sui legami familiari e sul senso di giustizia. 

L’atmosfera è quella  tipica dei legal thriller, in quanto l’ambientazione è quella dei tribunali ed il protagonista è l’avvocato Renzo Vinsa che accetta di difendere la famiglia Ranucci, ferita ed oltraggiata da un’ingiustizia avvenuta anni prima ai danni della figlia del capofamiglia: Candida Ranucci.

“L’avvocato Vinsa, infatti, era famosissimo in città per il suo eloquio fluente e ricercato, per la sua retorica chiara e incisiva.”

La storia può far storcere il naso ai lettori più sensibili soprattutto considerando l’epoca che stiamo vivendo nella quale tutti i santi giorni veniamo tempestati di notizie riguardanti la violenza sulle donne e anche in questo libro il perno principale del racconto non si discosta neanche minimamente dal fulcro della questione: stupro.

Candida, all’età di quattordici anni, venne stuprata dal tenente Achilli che allora albergava nella casa della famiglia Ranucci, avendone preso in affitto una stanza.

La vicenda è incentrata sull’avvocato, nonostante i veri protagonisti di quella vera o falsa violenza siano ben altri. Eppure tutta l’attenzione dell’autore sembra concentrarsi sulla dimensione emotiva e sentimentale che coinvolge chi circonda i veri attori di quella terribile storia.

Infatti Achilli parlerà in prima persona soltanto una volta, prendendo in mano la scena mentre di lui sapremo la maggior parte dei dettagli che lo riguardano, solo attraverso il racconto degli altri. Lo stesso avviene per Candida. Certo, lei appare più frequentemente come protagonista che parla in prima persona ma la sua figura resta sempre piuttosto ai margini del palcoscenico reale e pulsante sul quale si destreggiano le vicende.

Claudio Sara è avvocato e con il suo stile diretto, scorrevole, asciutto, privo di tentativi di addolcire una storia e un linguaggio fin troppo realistico, ci conduce all’interno dell’aula di un tribunale alle prese con una vicenda che viene raccontata e vissuta passo dopo passo attraverso la voce dei testimoni e di coloro che l’hanno provata sulla loro stessa pelle.

Il titolo esprime un significato che si ramifica equamente all’interno del romanzo: il dubbio. Ci sono momenti nei quali Vinsa dubita di Candida ma soprattutto della madre e del padre, quasi come se fossero stati quei genitori poveri e disastrati ad indurla a mentire. Addirittura si ipotizza, soprattutto da parte dell’avvocato di Achilli, che Candida, a dispetto della sua giovane e fragile età, abbia circuito il bel tenente, al fine di condurlo a sposarla.

In effetti un matrimonio ci sarà e per noi oggi sembra quasi inammissibile che un padre e una madre accettino che la figlia violentata sposi il proprio violentatore perché soltanto così si può rimediare all'affronto subito. Oggi per noi tutto questo è inaccettabile, orrido e quasi contro natura, contro la morale stessa.

Eppure all’epoca così si agiva e così, in questo modo malato e poco rispettoso, finanche insidioso e pericoloso, si pensava di salvaguardare la vita e la felicità di una ragazzina. Ma di quale felicità stiamo parlando? La povera Candida subisce soltanto atti di violenza a ripetizione e soprattutto si ritrova sempre e costantemente sola per l’egoismo e l’arroganza di un marito che ha semplicemente ordito un piano perfetto per venirne fuori pulito.

L’aria che si respira per tutto il romanzo è triste, malinconica, come se ci fosse alle porte l’arrivo di una disfatta, di una sconfitta ineluttabile.
La memoria dei fatti è messa costantemente a rischio, i giochi della difesa sono estenuanti, la certezza del Vinsa che i suoi clienti dicano la verità a tratti vacilla.

“Se la nostra versione vacilla, sia pure in quei particolari che non riguardano strettamente l’episodio della violenza, viene meno  la nostra credibilità, la nostra capacità di persuasione.”

La forza d’animo dei genitori di Candida barcolla più volte, c’è confusione, le cose dette spesso non corrispondono a verità e troppe sono quelle taciute per far finta di niente e allora ciò che sembrava all’inizio così sicuro, diventa un castello di carta che al minimo soffio di vento può cadere senza possibilità d’appello.

Ho percepito in più passi la disperazione, la rabbia, l’ineluttabile consapevolezza che la giustizia non trionfa eppure il finale riserva una sorpresa e l’andamento della storia, pur basandosi essenzialmente sul riportare dialoghi che avvengono in tribunale, tra deposizioni e arringhe, non annoia, seppur renda il ritmo molto lento e alcune volte ridondante.

Non ho sentito la passione necessaria per far sì che il libro mi incidesse, in altre parole non mi ha travolto completamente, vuoi per la storia, vuoi soprattutto per il modo di raccontarla che si è sempre mantenuto su un tono piuttosto professionale, nondimeno freddo e a tratti scostante.

Nonostante ciò l’autore riesce a costruire una storia precisa, senza sbavature, che circola in modo perfetto in base al tema e alle riflessioni che intende scaturire. Famiglia, legami, moralità, amore ma soprattutto giustizia. Violenza  e morte. Tutti elementi che rendono il romanzo una buona lettura, interessante e soprattutto veritiera, molto immediata senza atmosfere tese ad impolparne la trama, senza colpi di scena stupefacenti ma il tutto molto studiato, ponderato, equamente redatto come se fossimo davvero in un’aula di tribunale e avessimo però la possibilità, non trascurabile, di conoscere cosa avviene nella mente e nel cuore di coloro che vivono direttamente le ingiustizie e soprattutto di coloro che tentano di vendicarle, ossia gli avvocati.

2 commenti:

  1. Credo sia un libro molto forte che a non tutti può piacere!

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    1. Sicuramente Valentina, va letto amando questo genere di storie. :-)

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