Buongiorno lettori, oggi vi presento
un’intervista molto interessante realizzata all’autore esordiente Adrien
Brandi, che ha pubblicato il romanzo fantasy Winston Berwick e il segreto del
Mastro d’Armi che ho recensito la settimana scorsa.
Per chi si fosse perso la
recensione può leggerla qui.
Vi lascio in compagnia del nostro autore di oggi e
se qualcosa vi colpisce non dimenticate di lasciare un commento con la vostra
impressione!
Ciao Adrien, grazie per aver accettato questa intervista.
1 - La prima domanda riguarda la scrittura. Com’è nato
l’amore per essa e quando hai davvero iniziato a scrivere?
Da piccolo
creavo trame complicate per i miei giochi, costruivo i miei personaggi con il
polistirolo e li dipingevo con gli acrilici. Ora li costruisco con le parole.
I primi
raccontini li creai tra i nove e i dieci anni, poi a venti cominciai a scrivere
racconti più lunghi, sulle trenta-sessanta pagine. Finalmente cominciai a
sviluppare una tecnica mia, che mi è utile ancora.
2 - L’idea del tuo romanzo da dove
nasce e che cosa devono aspettarsi i lettori?
Tutto è
cominciato con Arcady, il vecchio gobbo e imprevedibile, protagonista insieme a
Winston del mio romanzo. Vidi un film avventuroso: Il cavaliere di Lagardère. C’era un attore francese, Daniel Auteuil, che zompettava
sui tetti tirando di scherma, travestito da gobbo. Era meraviglioso. Quel
personaggio mi entrò subito nel cuore.Le storie
che mi toccano di più sono quelle in cui il protagonista cresce in forza e
sapienza, sotto la guida di un terribile saggio. Il “mentore” o il “maestro”
sono archetipi universali che attraversano tutta la narrativa mondiale e il
cinema. Il protagonista doveva essere un maestro scorbutico ma simpatico, con
cui l’allievo entrava in un rapporto di amore-contrasto, generando anche
situazioni brillanti. Così è nato il rapporto fra Arcady e Winston. Altro
elemento essenziale è la “vendetta”. Le storie in cui c’è una vendetta sono
meravigliose. Sia chiaro, nella vita reale la vendetta è una cosa terribile, ti
rovina dentro, ma nella letteratura genera opere straordinarie. Fornisce ad un
personaggio il motore psicologico più solido, che insieme all’amore, permette
le imprese maggiori. In ultimo,
serviva un personaggio ottuso da combattere, Dantòn, con una mentalità rigida,
arrogante, che stimolasse l’azione. Così Winston e Arcady non si fanno certo
pregare, contenti di sfidare un personaggio così autoritario. Mi
piacciono i castelli, il mistero, gli zombie e le storie fantasy piene d’avventura.
Quindi per me è stato naturale mettere insieme tutte queste cose in un’unica
opera. Cosa devono aspettarsi i lettori? Altre storie piene di
divertimento, perché la saga del Clan Berwick è appena agli inizi.
3 - Quanto c’è di autobiografico nella storia?
Di Winston coltivo l’amore enorme
per i libri. Arcady, come me, pone l’uomo al
centro delle cose. Mentre Caine e Dantòn scovano i varchi Riegher con la
tecnologia e i satelliti, Arcady predilige il fattore umano, che vince contro
la macchina.
«A me piacciono le cose antiche e
i vecchi metodi»,disse convinto Winston.
«Allora siamo gli ultimi a
pensarla così, caro ragazzo».
È un tema che sento attuale e mi
è piaciuto inserirlo nel libro.
4 – Quanto curi i personaggi di contorno?
Cerco di curarli al massimo. Un personaggio deve esistere in una
storia solo se riesce a dare un contributo vero alla trama o a rivelare qualche
aspetto dei protagonisti. Perciò mi domando sempre: qual è la sua funzione nel
contesto? Serve veramente ai protagonisti? Risolve qualche problema? Fa
progredire l’azione?
5 - Da dove nasce l’idea del Mastro d’Armi e dei Varchi
Riegher?
Mi piace l’idea che la mente umana possa realizzare cose
incredibili, che nasconda segreti che la scienza moderna non sappia ancora
spiegare.
I Varchi
Riegher sono degli “Stargate” da cui spuntano zombie. Mi piaceva l’idea di un
reparto speciale, i “Lancieri di Berwick”, sempre pronto ad intervenire per
bloccare l’infezione, un po’ come i “Men in Black” con le minacce aliene.
6 - Poiché tu stesso hai affermato trattasi di una saga,
attualmente hai già in mente la storia degli altri due volumi o è ancora tutto
da stabilire?
Ho già in
mente il secondo e il terzo volume. Vorrei creare un prima trilogia di avventure
del Clan. In realtà mi piacerebbe creare una saga lunga, perché il Clan ha
tanto da dire e i personaggi, secondo me, si prestano a parecchie avventure.
7 - Cosa significa
per te questo romanzo?
Significa
l’occasione di metter su carta tante idee che mi affascinavano, dando sfogo a
ciò che ho dentro. La mente è come una pianta che deve dare i suoi frutti, con
naturalezza. Tutte le storie che mi porto dentro sono i miei frutti. Penso che
sia il momento giusto per comunicare queste storie grazie al self-publishing.
Sono un Berwick! Se Arcady sapesse che racconto le cose di
famiglia si arrabbierebbe…
Simenon si firmava all’inizio “George Sim”,
Stephen King si firmava anche come “Richard Bachman”, la Rowling ultimamente ha
scelto un nome maschile “Robert
Galbraith”.
In realtà
molti scrittori utilizzano uno pseudonimo, che è simbolo di libertà, fantasia e
anche scaramanzia.
9 - Quali sono i libri che ti hanno cambiato l’esistenza?
Consiglio
ogni opera di Michael Crichton. Simenon per lo stile narrativo. Ma l’elenco
sarebbe veramente lungo.
10 - Quali sono i tuoi autori preferiti e quelli che consideri
fonte d’ispirazione per la tua opera?
La lista sarebbe interminabile e poco interessante.
È più interessante il fatto che per tutta la stesura di Winston
Berwick non pensavo ad opere letterarie conosciute, ma ad un telefilm che si
chiama NCIS (Unità anticrimine), con l’agente Gibbs al comando. È una serie
meravigliosa, piena di ritmo, che sa alternare azione, commedia, dramma e
investigazione in un modo incredibile. Perciò ogni volta che dovevo affrontare
un capitolo mi domandavo: come lo scriverebbe uno sceneggiatore di NCIS? Come
posso ritrovare il senso del ritmo di questo telefilm?
Ancora piango la fuga di Ziva David che ha lasciato il cast.
Zivaaa… dove
sei?
11 - C’è un libro che avresti voluto scrivere tu?
“Dune” di
Frank Herbert... o la sceneggiatura di NCIS!
12 - Oggi c’è una diatriba aperta
riguardo il mercato editoriale. Uno scontro tra piccole e grandi case editrici
e il self-publishing. Cosa ne pensi? Quali sono i pro e i contro di uno e
dell’altro?
Per il momento in Italia lo scontro
vero e proprio non esiste ancora. L’editoria classica mantiene il primato sul
mercato. Ma negli USA non è così. Ci sono self-publisher che hanno venduto milioni
di copie in digitale. I grossi editori italiani stanno guardando con interesse
l’evoluzione del problema. Sempre più autori si proietteranno sul
self-publishing.
È bene chiarire cosa sia un
self-publisher: è un piccolo editore a tutti gli effetti. Come il piccolo
editore deve imparare a fare un corretto editing, con il confronto di amici appassionati
di scrittura, deve imparare a correggere bene il proprio testo, deve imparare
ad utilizzare un programma di video scrittura in modo più che dignitoso, al
fine di realizzare l’e-book e il pdf di stampa, deve saper scegliere un titolo accattivante,
deve avere gusto per realizzare o scegliere una copertina valida, deve scegliere
la piattaforma digitale migliore dove distribuire i propri libri, deve imparare
a gestire la campagna pubblicitaria e tutto ciò che è marketing (dalla
creazione del sito internet, blog e social network). Insomma, deve studiare
parecchio e acquisire un sacco di competenze, per realizzare tutte queste cose
da solo, o deve diventare un manager che sappia coordinare un team
professionale.
Perciò, se uno scrittore non si sente in grado di fare tutto ciò
allora sarà costretto a rivolgersi agli editori, e accettare qualunque proposta
editoriale, anche dalla più piccola casa editrice, demandando tutti questi
compiti, nella speranza che l’editore lo sappia fare in modo dignitoso.
Se invece lo scrittore, come nel mio caso, si sente in grado di correre
da solo allora potrà decidere di affidarsi al self-publishing.
È prima di
tutto una scelta caratteriale e poi di convenienza.
13 - Meglio cartaceo o e-book? L’editoria
sta cambiando ma secondo te cosa offre oggi di diverso rispetto al passato
quando un autore emergente faticava davvero a farsi conoscere?
Penso che il libro cartaceo non
sparirà, ma rimarrà soprattutto per i best-seller. Nel futuro penso che nelle
poche librerie che rimarranno aperte, troveremo essenzialmente i best-seller
con copertina rigida ed edizioni di lusso, mentre tutto il resto verrà
assorbito dall’editoria elettronica, a basso prezzo. Ormai la distribuzione su
carta è troppo onerosa, e le grandi case editrici si stanno digitalizzando. Ma
nell’equazione c’è Amazon, che sta giocando in anticipo con una forza
invidiabile… il futuro è veramente nebuloso.
Anche oggi lo scrittore emergente fa
fatica a farsi conoscere, perché la concorrenza su internet è enorme, ma il web
gli permette di acquistare un biglietto della lotteria in più. Non è più
dipendente solo dalle case editrici e può costruire nel tempo un proprio
pubblico.
Quante volte abbiamo cercato inutilmente
vecchi libri senza successo, solo perché si erano esaurite le scorte? Invece la
meraviglia dell’e-book e del print on demand secondo me è questa: testi sempre
reperibili, che non dipendono dalle copie presenti in deposito, visto che l’opera è on line ventiquattr’ore
su ventiquattro. Le copie cartacee sono stampate solo ed esclusivamente nel
numero richiesto, senza rese di stampe e senza inquinamento inutile.
Con Amazon tu compri e loro stampano
il libro e te lo portano fino a casa.
Oppure scarichi subito il testo e te lo leggi sullo smartphone. È fantastico!
14 - Scrivere è…
Scrivere è… la capacità di saper
creare emozioni.
Le emozioni alimentano la lettura e si
radicano dentro, formando i ricordi più belli.
Spero, che la saga di Winston
Berwick, possa regalare al pubblico tante belle emozioni.
Domande e risposte interessanti!
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