Buon pomeriggio cari lettori, oggi vi propongo un’intervista molto interessante all’autore
esordiente Mauro Muccioli, di cui ho già recensito il romanzo Ai miei sogni non
chiedo più nulla. Leggete con attenzione e fatemi sapere le vostre impressioni!
Per
chi si fosse perso la recensione, può leggerla qui.
Ciao Mauro, grazie per aver accettato questa intervista.
Ciao Mauro, grazie per aver accettato questa intervista.
1- Cominciamo
con una domanda che riguarda la scrittura in rapporto a te stesso. Che
definizione daresti di te stesso come scrittore?
Non mi sento assolutamente uno scrittore, mi sento una persona che
ha deciso di mettersi alla prova e di sfidare sé stesso. Amo talmente tanto
scrivere, che ho deciso di mettere su carta le miei emozioni, le mie paure, le
mie ansie e tutto quello in cui credo. Se questo vuol dire essere scrittore,
allora ho cercato di farlo al meglio.
2- Cosa
significa per te questo romanzo?
Questo romanzo è linfa per me. Ha dato vita ai miei silenzi e
accompagnato per mano i miei attimi di solitudine. Ho iniziato a scriverlo alla
vigilia di Natale del 2013, in un periodo davvero complicato nel quale non
credevo più a nulla. Un periodo privo di sogni e certezze. Questo romanzo è
nato come sogno e poi, giorno dopo giorno, è diventato certezza.
3- Scrivere
è…
Scrivere è magia. E’ mettere per iscritto pensieri e parole che
altrimenti sarebbero destinati a morire. Per me è stato anche molto
terapeutico. Scrivere mi ha aiutato a conoscere una parte di me che era sempre
rimasta nascosta, mi ha aiutato a capire quanta tenacia e forza si nascondevano
dietro ai miei silenzi. Scrivere, molto semplicemente, mi piace!
4- Per
un romanzo la copertina è molto importante. Raccontaci i motivi che ti hanno
condotto a sceglierla.
La mia storia è incentrata sulle donne, sono loro le vere
protagoniste di questo romanzo. Cristina non è solo la vittima su cui si basa
la storia, è il fulcro attorno al quale si muove tutto. Così come Alessia,
intelligente, misteriosa, bellissima. Quello che volevo dalla mia copertina era
solo mistero. E l’occhio di una donna, disegnato dalla magica penna di Andrea
Mengucci, è la cosa più misteriosa che esista per me. Volevo poi uno sfondo
nero che lo facesse risaltare, come se quell’occhio uscisse fuori dalla
copertina e prendesse vita. Infine il titolo, con la parola “Sogni” scritta in
rosso… perché per tornare a sognare, si è costretti a fare i conti con il
dolore e a sconfiggere i propri demoni.
5- Il
titolo del tuo romanzo è molto suggestivo. Raccontaci i motivi della tua scelta.
Quando ho incominciato a scrivere il romanzo, il titolo non
l’avevo ancora scelto. Non ho mai pensato inizialmente al titolo perché forse
ancora non avevo ben chiara la storia. Poi, un giorno, in auto cantavo Ebano,
una canzone dei Modena City Ramblers che parla di una prostituta costretta a
mettere da parte i propri sogni per tornare a vivere. Quella frase, “ai miei
sogni non chiedo più nulla”, l’ho cantata con forza e rabbia e alla fine mi
sono detto… “Ecco il mio titolo, sarà perfetto!”. Lo è!
6- Hai
detto che con la stesura di questo romanzo hai voluto realizzare un sogno. Cosa
provi quando scrivi?
Dipende da quello che scrivo. Nel mio romanzo ci sono parti
autobiografiche e parti di pura finzione. Quando scrivevo le parti personali,
mi lasciavo guidare dalle emozioni, da quello che provavo ripensando ai momenti
vissuti… ho scritto molte parti del mio libro con gli occhi lucidi e il cuore
in gola. Il capitolo 13 ad esempio, quello dedicato a mia nonna che non c’è
più, ancora oggi non riesco a leggerlo senza commuovermi. Quando invece
scrivevo la finzione, la storia da me inventata, avevo il sorriso sulle labbra,
perché pensavo di aver creato un giusto mix di mistero e colpi di scena.
7- C’è
stato un momento nella stesura del romanzo nel quale hai avuto difficoltà tali
da pensare di abbandonare tutto?
Si c’è stato. Non sono uno scrittore e quindi dedicavo le mie
notti alla stesura del libro. Inizialmente sono stato guidato dall’entusiasmo e
dalla voglia di mettermi alla prova, poi, ad un certo punto, mi sono completamente
bloccato. Da maggio a settembre non ho più toccato nulla, non ho più pensato a
nulla. Ero vuoto e privo di ogni ispirazione. Poi ho trovato un biglietto
dentro ad un biscotto della fortuna, un biglietto che incitava a credere con
forza nel raggiungimento dei propri obiettivi. L’ho interpretato come un
segno. Ho cercato di spiegarmi per quale motivo non avevo più stimoli e poi,
magicamente, una notte ho capito. Il problema non ero io, il problema era il
mio libro… c’era qualcosa di sbagliato, qualcosa che non mi piaceva e mi
frenava. è bastato spostare due
personaggi, cambiargli il posto sul palcoscenico della mia storia e tutto è
andato al suo posto, tutto, finalmente, tornava con quello che volevo… da
quella notte niente e nessuno poteva più fermarmi.
8- Perché hai scelto di scrivere proprio un
thriller?
Perché amo i thriller. Se decido di leggere un libro, la prima
scelta ricade sempre su un thriller. Mi piace il mistero, mi piace la verità
raccontata pian piano fino all’esplosione finale. Volevo però scrivere un
thriller razionale, senza fantasmi o spettri che ad un certo punto iniziano a
volare. Volevo una storia che facesse riflettere perché vera e credibile. E poi
volevo un finale sorprendente, un finale che emozionasse per primo me stesso. Ancora
oggi, quando leggo gli ultimi tre capitoli, l’emozione che provo è
indescrivibile.
9- Nella
tua biografia c’è scritto che sei un programmatore informatico. E’ quello che
avresti voluto essere?
Sì, ho sempre amato i computer e le tastiere. Da piccolo bastava
darmi una vecchia tastiera collegata al nulla e io passavo intere ore ad
ascoltare il rumore dei tasti che venivano colpiti dalle mie piccole dita.
10- Donaci
una citazione da un romanzo non tuo che ti ha colpito particolarmente e che per
te racchiude un significato importante. E donaci allo stesso modo una citazione
dal tuo romanzo.
“Un bel libro, Marcus, è un libro che dispiace aver
finito” questa frase, tratta dal capolavoro “La verità sul caso Harry Quebert”
di Joel Dicker, è pura e semplice verità. Dopo aver finito di leggere un libro
che mi ha lasciato dentro tanto, di solito ne accarezzo la copertina, lo guardo
per l’ultima volta come si fa con una persona a cui vuoi bene, poi lo posiziono
con cura nella mia libreria. Questa frase racchiude in poche parole quello che
è realmente quel libro… un grandissimo libro.
Nel mio romanzo ho scritto una frase potente che dice “Tutto
quello che veramente vuoi si trova al di là della tua paura”. Credo sia la
verità. Solo spingendoci al limite dei nostri incubi, possiamo raggiungere
quello che veramente vogliamo.
11- La
storia che racconti è molto intricata. Come hai fatto a creare una trama tanto
complicata, con numerosi colpi di scena e capovolgimenti di fronte? Da dove è
nata l’ispirazione?
Questa domanda è difficilissima! Diciamo che è stato tutto un po’
sovrannaturale!! Prima di scrivere la storia di Mirko e Cristina mi sono
documentato molto, ho parlato con un medico e con un parroco, ho fatto delle
ricerche e ho scritto il finale del mio libro. A quel punto, sapendo come
doveva finire la storia, ho cercato di spargere gli indizi in maniera precisa,
in modo da giocare un po’ con il lettore. La cosa più complicata è stata far
combaciare tutto negli ultimi capitoli, dare coerenza a tutto quello che avevo scritto
nei capitoli precedenti. Quello che volevo era creare un colpo di scena alla
fine di ogni capitolo. Volevo che il lettore non riuscisse a smettere di
leggere perché la fine di ogni capitolo gli svelava un piccolo pezzo del mio
puzzle. Ma credimi quando dico che molti colpi di scena sono nati nel momento
in cui li scrivevo. Credo che sia stato il mio libro a decidere me, questa
storia è sempre stata nella mia testa e un giorno ha deciso di uscire e
mostrarsi a tutti!
12- Oltre
Mauro che rappresenta il tuo alter ego, quale personaggio del tuo romanzo
avresti voluto essere?
Sicuramente PJ. Nel romanzo Mauro non solo è coccolato e aiutato
da PJ, ma è soprattutto spronato con fermezza a realizzare il suo sogno. Mi
piacerebbe essere il PJ di qualcuno nella vita reale, spero di esserlo per mia
figlia, spero di riuscire a trasmetterle la forza necessaria per realizzare
tutti i suoi sogni.
13- Qualcuno
sosteneva che quando un personaggio ti entra in testa non ti lascia in pace finché
non gli hai dato la sua storia. La pretende. Qual è il rapporto con i tuoi
personaggi?
Volevo raccontare la mia storia. Questo romanzo è un’autobiografia
travestita da thriller. Ogni personaggio racconta un pezzo della mia vita.
Ognuno di loro ha un compito ben preciso, non solo per arrivare al colpo di
scena finale, ma per raccontare ad ognuno di voi una parte della mia storia.
Ogni personaggio ha uno scopo, sta al lettore cercare di capire quale scopo ha
nel romanzo e quale nella mia vita.
14- Hai
detto di non aver mai seguito un corso di scrittura. Cosa pensi
dell’autopubblicazione? Ti senti davvero preparato per entrare in questo mondo,
in cui si pubblicanodecine di libri ogni giorno? Ma soprattutto cosa ti
aspetti?
Ho fatto leggere il mio romanzo ad alcune piccole case editrici
della mia zona. Devo dire che è piaciuto molto, ma alla fine quello che mi
chiedevano, in cambio della sua pubblicazione, era di lasciare in mano loro
tutto il mio lavoro. Sono stato geloso di quello che avevo creato con tanta
fatica e ho deciso di auto pubblicarmi sapendo che, così facendo, avrei forse
tolto visibilità al mio romanzo. Non so se sia stata la strada giusta, solo il
tempo lo potrà dire, sicuramente non mi aspetto di diventare ricco e famoso,
vorrei solo toccare più persone possibile, vorrei che la mia storia venisse
tramandata dal passa parola della gente. Sarebbe stupendo!
15- Perché
qualcuno dovrebbe leggere il tuo romanzo?
Perché la storia di Mauro Bianchi è un po’ la storia di tutti.
Ognuno di noi ha dovuto affrontare un periodo difficile, un periodo in cui
tutto sembra andare storto e dove non riesci a vedere la luce. Questo libro
parla di speranza, racconta di come trovare la forza dentro di sé per rialzarsi
e tornare a lottare. Non è il solito thriller con vittime e carnefici, è anche
una storia di amore e di speranza, ma non amore per una donna o un uomo, ma
soprattutto amore per sé stessi, per quello che si costruisce giorno dopo
giorno per realizzare i nostri sogni.
16- E’
un thriller che racconta non solo di un omicidio ma anche di ciò che si è
disposti a fare per amore e soprattutto per vendetta. Tu credi nell’amore?
Non è facile per me rispondere a questa domanda. Sicuramente credo
all’amore perché l’amore l’ho visto, l’ho toccato, l’ho respirato e grazie a
lui sono cresciuto e sono diventato quello che sono. Ma penso anche che nella
vita esistano infinite forme d’amore… amore per quello che si fa, amore per un
amico vero, amore per i propri genitori, amore per la tua passione… la parola
amore va al di là di tutto quello che si possono donare un uomo e una
donna. Credo nell’amore, ci crederò fino all’ultimo giorno, perché senza amore
non potrei vivere.
17- Ai miei sogni non chiedo più nulla è il tuo primo romanzo. Cosa bolle in pentola? Hai
intenzione di scrivere ancora? E se sì, cosa?
Dopo la pubblicazione di “Ai miei sogni non chiedo più nulla” ero
talmente stanco che non avrei mai pensato di poter tornare subito a scrivere.
Avevo dedicato le notti dell’ultimo mese a lui, alla sua nascita e crescita. Ma
dopo appena due settimane dalla sua pubblicazione, ho capito che scrivere per
me è come una cura e non posso più farne a meno. Per cui ho iniziato a mettere
su carta qualche idea di quella che potrebbe essere la prossima storia da
raccontare. Credo di rimanere sempre sul genere thriller perché mi piace creare
colpi di scena, ma anche nel prossimo romanzo ci sarà molto di me e del mio
passato, ma anche del mio presente. Parlerà del bullismo e del difficile
rapporto tra genitori e figli. Ho già trovato anche il titolo, ma naturalmente
è presto per svelarlo.
18- “Volevo raccontare la mia vita mischiandola con un
thriller, volevo mischiare verità e finzione.” Pensi di esserci riuscito?
Sì penso di esserci riuscito. All’inizio mi sembrava tutto così
assurdo, non capivo come avrei fatto a mischiare gli attimi più importanti
della mia vita, con una storia che ancora doveva nascere. Così, invece di
scrivere in maniera lineare, un capitolo alla volta, ho iniziato a scrivere a
piccoli pezzi. Ogni volta che avevo l’ispirazione scrivevo, scrivevo, scrivevo…
C’è una scena nel libro che avviene esattamente allo
scoccare della mezzanotte di capodanno, davanti alla chiesa di Viserba… sono
poche righe, ma le ho scritte veramente col cuore e penso che il lettore lo
percepisca… ebbene quelle poche righe le ho scritte un sabato sera, da solo, in
un ristorante Giapponese su un tovagliolo di carta. Mi bastava l’ispirazione,
non importava dove e con chi. Dopo di che, man mano che la storia proseguiva,
cercavo di capire quale momento della mia vita poteva fondersi con la storia da
me creata. Non è stato semplice, ma il risultato finale è esattamente quello che
volevo e che ognuno di voi può leggere.
Una bella intervista!
RispondiEliminaOttime domande stupende risposte,complimenti.
RispondiEliminaGrazie!
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