Ultime recensioni

sabato 31 gennaio 2015

Intervista a Rita Volponi, autrice di Anime inquinate

Buongiorno amici lettori, è il momento di un’intervista molto interessante realizzata all’autrice di Anime inquinate, romanzo che ho recensito qualche giorno fa.
Rita Volponi ci racconta i motivi per i quali ha scelto una storia così profonda e di certo non facile, esprimendo un bisogno da ammirare e sicuramente da condividere, che è quello di far luce sui dolori e sulle sofferenze di tutte quelle persone che vengono in modo errato definite diverse.
Leggete e fatemi sapere cosa ne pensate, perché questa intervista è davvero molto attuale, vertendo su temi che sono ormai al centro di molti discorsi quotidiani, sia per fatti di cronaca, sia per questioni umane.

Per chi si fosse perso la recensione del romanzo, può leggerla qui.




Salve Rita, grazie per aver accettato questa intervista.

1- La prima domanda riguarda la scrittura. Come ha iniziato a scrivere e cosa significa per Lei?

Scrivo in pratica da sempre anche se, oltre ad alcune poesie, non ho mai voluto pubblicare i miei scritti; non ero pronta ad affrontare le reazioni della gente. Scrivere per me significa far emergere i lati oscuri e brutali che fanno parte inevitabilmente di molte storie.

2- Anime Inquinate è un thriller psicologico a tutti gli effetti. Per quale motivo ha scelto una tematica tanto profonda e difficile?

Ciò che il mondo attuale pensa di comprendere sui disagi di una massa di individui che vivono oltre il muro della società civile, vedendo immagini in tv di situazioni raccapriccianti oppure a seguito di un breve articolo giornalistico, altro non è che un fugace attimo di condivisione immediatamente accantonata dai problemi personali con i quali ognuno di noi deve fare i conti. Immergendosi invece in una lettura di situazioni descritte nel dettaglio e ricche di particolari, a volte forse anche eccessivi, è più facile farsi coinvolgere perché la porta collocata nel muro che divide i due mondi si apre nel momento in cui il lettore si immerge nella lettura e, a sua insaputa, viene scaraventato in quella realtà e ci resta come spettatore attivo. Ciò che scrivo è frutto di considerazioni personali ed in sostanza si traduce in ciò che vorrei dire alle persone “frettolose” e dalla mia immedesimazione nella scena. E’ un qualcosa che, secondo me, chi scrive, deve “avere dentro”.

3- Quanto tempo ha impiegato per scrivere il suo romanzo?

Circa sette mesi.

4- Ci sono stati momenti in cui ha pensato di abbandonare tutto?

No, l’intenzione era di portare alla ribalta certi problemi sommersi.

5- Si considera una scrittrice a tutti gli effetti o pensa che non basti pubblicare un romanzo per sentirsi scrittori?

Non mi sono mai considerata nulla di particolare tanto meno scrittrice, sono solo una persona che ha un desiderio fortissimo di accendere un faro sulle disgrazie umane e far riflettere la gente sul dolore altrui. Forse, ma non spetta a me dirlo, riesco ad intessere una trama interessante...

6- Cosa ama e cosa odia del suo romanzo?

Ne odio la brutalità che però rispecchia la realtà, quindi odio la brutalità, il dolore, la sofferenza, mentre amo la bontà d’animo di alcuni personaggi come Anna e Leonardo perché in fondo io credo che nel nostro mondo distratto di persone buone ce ne siano ancora molte, per fortuna.

7- Anime inquinate è stato pubblicato da Viola Editrice. Cosa pensa del self publishing?

Rappresenta uno strumento alternativo rispetto alla editoria tradizionale.

8- Quale personaggio le ha creato più difficoltà nella stesura e con quale invece sente una maggiore affinità?

Il personaggio che ho più odiato è Emma la mamma di Andrea, una donna che nasconde un animo diabolico ed è, secondo me il vero carnefice della storia...  Carnevali è una figura affascinante che ammiro e stimo ma anche il capitano Arrighi è un uomo con il quale sento di avere qualcosa in comune.

9- Anime inquinate presenta una trama molto consistente, un’ambientazione e anche una scelta contenutistica che rivelano una serie di studi psichiatrici e psicologici alle spalle. Ci racconti come ha approfondito questo aspetto per renderlo realistico nel suo romanzo.

Il mio percorso di studi non ha compreso, almeno ufficialmente, studi psichiatrici e psicologici, anche se questo particolare aspetto mi ha sempre affascinato; la mente umana in generale è sempre stata per me qualcosa da indagare e tentare di capire. Sono, come si dice, una autodidatta, una persona che indaga specifici argomenti per il piacere di apprendere e tentare di comprendere. Inoltre, e questo credo sia un aspetto da non sottovalutare, ho  vissuto come attore coinvolto situazioni particolari che riguardavano persone psichicamente disturbate.

10- Il suo romanzo non è solo la storia di Elisa e delle sue doppie personalità, ma anche quella di Andrea, e quella di Grazia, di Laura. Insomma una storia di donne soprattutto. Donne contro la violenza. L’attualità del suo libro è eclatante. Questo risponde ad una semplice ispirazione da parte sua verso una storia tutta al femminile o c’è anche una volontà di denuncia sociale?

Ho un carattere combattivo che non si ferma di fronte alle difficoltà e patisco quando sento storie di donne abusate, violentate, così come pure mi infurio di fronte agli abusi e soprusi sui minori; è un qualcosa che mi ferisce nel profondo, quindi sicuramente in me è presente una volontà di denuncia sociale; in sostanza è il mio modo di richiamare l’attenzione della gente distratta a fare qualcosa per aiutare le vittime di quei soprusi.

11- Andrea è un personaggio che sembra risalito davvero dalla più profonda gola infernale. Si è ispirata a qualcuno per raccontare di lui?

Mi sono ispirata a decine di bambini abusati, violentati, mi sono ispirata alle loro storie di dolore e di sofferenza ed ho costruito Andrea, un ragazzo che a sua volta è stato vittima di sevizie da parte della madre,  per cercare di far comprendere che un bambino seviziato e abusato, ha decisamente poche possibilità di diventare un adulto sereno. A volte per far comprendere il pericolo che alcuni ragazzini corrono è necessario dipingere lo stesso pericolo con i toni più foschi possibile.

12- La stessa domanda riguarda Elisa.

Per Elisa vale la stessa risposta che ho dato per Andrea.

13- Anime inquinate è un titolo molto inquietante. Ci spieghi la sua scelta.

Perché Elisa, Andrea, Laura e Grazia sono anime che si sono perse: sono nate pure, ma gli altri le hanno inquinate  con il male e gli interessi personali.

14- All’interno del romanzo sono frequenti le scene piuttosto cruente ed eccezionalmente vivide. Il suo stile narrativo è un semplice omaggio al realismo oppure cela l’intenzione da parte sua di spaventare un po’ il lettore per renderlo ancora più partecipe di ciò che sta leggendo?

Entrambe le cose. In parte rispecchia i tempi attuali dove le brutture sono molteplici e l’uso di droghe o di altre sostanze analoghe, come ad esempio alcolici, sostanze dopanti ecc... sono considerate da molti ragazzi come normali e necessarie per vivere secondo gli standard attuali. D’altronde l’uomo, sempre più spesso sostituisce il “Credo” di molte generazioni, e che ha portato l’umanità a svilupparsi, con dei “credo” moderni che portano solitudine e disperazione; dall’altra parte invece ho voluto far emergere i pensieri nascosti di alcuni soggetti che sia per patologie sia per scelte opportunistiche prendono strade alternative che inevitabilmente portano verso un abisso di brutalità.

15- Cosa si aspetta da questo romanzo?

Sono realista e non mi aspetto nulla, piuttosto mi auguro che lo leggano un bel po’ di persone e che tra loro, qualcuno riesca a comprendere che ognuno di noi è inevitabilmente legato agli altri e che la sofferenza anche solo di pochi determina la sofferenza di tutti. Insomma spero tanto di svegliare qualche coscienza addormentata.

16- Perché qualcuno dovrebbe leggerlo?

Perché magari è un appassionato di thriller psicologici o magari perché il titolo e la copertina lo intrigano.

17- Quali sono i suoi autori preferiti?

Non ho autori preferiti, leggo praticamente di tutto, dai saggi, ai romanzi, ai thriller ed altro ancora. Non mi sento di fare nomi, a volte leggere romanzi di autori molto conosciuti è stata per me una terribile delusione. Quindi…

18- Scrivere è…

Un bisogno profondo, una necessità che non riesco a non soddisfare, è il mio modo di gridare al mondo che bisogna smetterla di ignorare il dolore altrui e di additare le persone ritenute diverse.
  

2 commenti:

  1. Un'intervista molto interessante e riflessiva, sia dal punto di vista delle domande che delle risposte.

    RispondiElimina