Buongiorno
amici lettori, è il momento di un’intervista molto interessante realizzata all’autrice
di Anime inquinate, romanzo che ho recensito qualche giorno fa.
Rita
Volponi ci racconta i motivi per i quali ha scelto una storia così profonda e
di certo non facile, esprimendo un bisogno da ammirare e sicuramente da
condividere, che è quello di far luce sui dolori e sulle sofferenze di tutte
quelle persone che vengono in modo errato definite diverse.
Leggete
e fatemi sapere cosa ne pensate, perché questa intervista è davvero molto
attuale, vertendo su temi che sono ormai al centro di molti discorsi
quotidiani, sia per fatti di cronaca, sia per questioni umane.
Per
chi si fosse perso la recensione del romanzo, può leggerla qui.
Salve
Rita, grazie per aver accettato questa intervista.
1-
La prima domanda riguarda la scrittura. Come ha iniziato a scrivere e cosa
significa per Lei?
Scrivo in
pratica da sempre anche se, oltre ad alcune poesie, non
ho mai voluto pubblicare i miei scritti; non ero pronta ad affrontare le
reazioni della gente. Scrivere per me significa far emergere i lati oscuri e
brutali che fanno parte inevitabilmente di molte storie.
2-
Anime Inquinate è un thriller
psicologico a tutti gli effetti. Per quale motivo ha scelto una tematica tanto
profonda e difficile?
Ciò che il mondo
attuale pensa di comprendere sui disagi di una massa di individui che vivono
oltre il muro della società civile, vedendo immagini in tv di situazioni
raccapriccianti oppure a seguito di un breve articolo giornalistico, altro non
è che un fugace attimo di condivisione immediatamente accantonata dai problemi
personali con i quali ognuno di noi deve fare i conti. Immergendosi invece in
una lettura di situazioni descritte nel dettaglio e ricche di particolari, a
volte forse anche eccessivi, è più facile farsi coinvolgere perché la porta
collocata nel muro che divide i due mondi si apre nel momento in cui il lettore
si immerge nella lettura e, a sua insaputa, viene scaraventato in quella realtà
e ci resta come spettatore attivo. Ciò che scrivo è frutto di considerazioni
personali ed in sostanza si traduce in ciò che vorrei dire alle persone
“frettolose” e dalla mia immedesimazione nella scena. E’ un qualcosa che,
secondo me, chi scrive, deve “avere dentro”.
3-
Quanto tempo ha impiegato per scrivere il suo romanzo?
Circa sette
mesi.
4-
Ci sono stati momenti in cui ha pensato di abbandonare tutto?
No,
l’intenzione era di portare alla ribalta certi problemi sommersi.
5-
Si considera una scrittrice a tutti gli effetti o pensa che non basti
pubblicare un romanzo per sentirsi scrittori?
Non mi sono
mai considerata nulla di particolare tanto meno scrittrice, sono solo una
persona che ha un desiderio fortissimo di accendere un faro sulle disgrazie
umane e far riflettere la gente sul dolore altrui. Forse, ma non spetta a me
dirlo, riesco ad intessere una trama interessante...
6-
Cosa ama e cosa odia del suo romanzo?
Ne odio la
brutalità che però rispecchia la realtà, quindi odio la brutalità, il dolore,
la sofferenza, mentre amo la bontà d’animo di alcuni personaggi come Anna e
Leonardo perché in fondo io credo che nel nostro mondo distratto di persone
buone ce ne siano ancora molte, per fortuna.
7-
Anime inquinate è stato pubblicato da Viola Editrice. Cosa pensa del self
publishing?
Rappresenta
uno strumento alternativo rispetto alla editoria tradizionale.
8-
Quale personaggio le ha creato più difficoltà nella stesura e con quale invece
sente una maggiore affinità?
Il
personaggio che ho più odiato è Emma la mamma di Andrea, una donna che nasconde
un animo diabolico ed è, secondo me il vero carnefice della storia... Carnevali è una figura affascinante che
ammiro e stimo ma anche il capitano Arrighi è un uomo con il quale sento di
avere qualcosa in comune.
9-
Anime inquinate presenta una trama molto consistente, un’ambientazione e anche
una scelta contenutistica che rivelano una serie di studi psichiatrici e
psicologici alle spalle. Ci racconti come ha approfondito questo aspetto per
renderlo realistico nel suo romanzo.
Il mio
percorso di studi non ha compreso, almeno ufficialmente, studi psichiatrici e
psicologici, anche se questo particolare aspetto mi ha sempre affascinato; la
mente umana in generale è sempre stata per me qualcosa da indagare e tentare di
capire. Sono, come si dice, una autodidatta, una persona che indaga specifici
argomenti per il piacere di apprendere e tentare di comprendere. Inoltre, e
questo credo sia un aspetto da non sottovalutare, ho vissuto come attore coinvolto situazioni
particolari che riguardavano persone psichicamente disturbate.
10-
Il suo romanzo non è solo la storia di Elisa e delle sue doppie personalità, ma
anche quella di Andrea, e quella di Grazia, di Laura. Insomma una storia di
donne soprattutto. Donne contro la violenza. L’attualità del suo libro è
eclatante. Questo risponde ad una semplice ispirazione da parte sua verso una
storia tutta al femminile o c’è anche una volontà di denuncia sociale?
Ho un
carattere combattivo che non si ferma di fronte alle difficoltà e patisco
quando sento storie di donne abusate, violentate, così come pure mi infurio di
fronte agli abusi e soprusi sui minori; è un qualcosa che mi ferisce nel
profondo, quindi sicuramente in me è presente una volontà di denuncia sociale;
in sostanza è il mio modo di richiamare l’attenzione della gente distratta a
fare qualcosa per aiutare le vittime di quei soprusi.
11-
Andrea è un personaggio che sembra risalito davvero dalla più profonda gola
infernale. Si è ispirata a qualcuno per raccontare di lui?
Mi sono
ispirata a decine di bambini abusati, violentati, mi sono ispirata alle loro
storie di dolore e di sofferenza ed ho costruito Andrea, un ragazzo che a sua
volta è stato vittima di sevizie da parte della madre, per cercare di far comprendere che un bambino
seviziato e abusato, ha decisamente poche possibilità di diventare un adulto
sereno. A volte per far comprendere il pericolo che alcuni ragazzini corrono è
necessario dipingere lo stesso pericolo con i toni più foschi possibile.
12-
La stessa domanda riguarda Elisa.
Per Elisa
vale la stessa risposta che ho dato per Andrea.
13-
Anime inquinate è un titolo molto inquietante. Ci spieghi la sua scelta.
Perché
Elisa, Andrea, Laura e Grazia sono anime che si sono perse: sono nate pure, ma
gli altri le hanno inquinate con il male
e gli interessi personali.
14-
All’interno del romanzo sono frequenti le scene piuttosto cruente ed
eccezionalmente vivide. Il suo stile narrativo è un semplice omaggio al
realismo oppure cela l’intenzione da parte sua di spaventare un po’ il lettore
per renderlo ancora più partecipe di ciò che sta leggendo?
Entrambe le
cose. In parte rispecchia i tempi attuali dove le brutture sono molteplici e
l’uso di droghe o di altre sostanze analoghe, come ad esempio alcolici,
sostanze dopanti ecc... sono considerate da molti ragazzi come normali e
necessarie per vivere secondo gli standard attuali. D’altronde l’uomo, sempre
più spesso sostituisce il “Credo” di molte generazioni, e che ha portato
l’umanità a svilupparsi, con dei “credo” moderni che portano solitudine e
disperazione; dall’altra parte invece ho voluto far emergere i pensieri
nascosti di alcuni soggetti che sia per patologie sia per scelte
opportunistiche prendono strade alternative che inevitabilmente portano verso
un abisso di brutalità.
15-
Cosa si aspetta da questo romanzo?
Sono
realista e non mi aspetto nulla, piuttosto mi auguro che lo leggano un bel po’
di persone e che tra loro, qualcuno riesca a comprendere che ognuno di noi è
inevitabilmente legato agli altri e che la sofferenza anche solo di pochi
determina la sofferenza di tutti. Insomma spero tanto di svegliare qualche
coscienza addormentata.
16-
Perché qualcuno dovrebbe leggerlo?
Perché
magari è un appassionato di thriller psicologici o magari perché il titolo e la
copertina lo intrigano.
17-
Quali sono i suoi autori preferiti?
Non ho
autori preferiti, leggo praticamente di tutto, dai saggi, ai romanzi, ai
thriller ed altro ancora. Non mi sento di fare nomi, a volte leggere romanzi di
autori molto conosciuti è stata per me una terribile delusione. Quindi…
18-
Scrivere è…
Un
bisogno profondo, una necessità che non riesco a non soddisfare, è il mio modo
di gridare al mondo che bisogna smetterla di ignorare il dolore altrui e di
additare le persone ritenute diverse.
Un'intervista molto interessante e riflessiva, sia dal punto di vista delle domande che delle risposte.
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