Buon
giovedi! Il romanzo di cui voglio parlarvi oggi riguarda la mia città e le sue
storie. Quando ho letto dell’uscita di Malerva
per Piemme, non potevo non leggerlo.
Scritto da Enza
Emira Festa, giornalista e scrittrice per vocazione come lei
stessa dice, è la storia di Imma, una giovanissima protagonista napoletana alle
prese con il Sistema e con i suoi sogni d’amore e di ricchezza.
Titolo: Malerva
Autore: Enza Emira Festa
Editore: Piemme
Genere: Romanzo
Pagine: 151
Uscita: 2016
Prezzo: € 16,00
TRAMA
Imma
vive a Napoli, in uno di quei quartieri tutti casermoni scrostati e rifiuti,
dove la Camorra fa paura ma è anche un'aspirazione sociale. La sua vita è come
quella di tante ragazze: scuola (poca), famiglia (complessa), amici (e
nemici)... Finché un giorno, sulla via di casa, non viene notata dal fratello
maggiore di un suo compagno, che oltre a essere più grande e bellissimo, è
anche il figlio maggiore del boss della zona. Inaspettatamente inizia il
corteggiamento, e dopo qualche tempo Imma diventa la sua fidanzata ufficiale.
Le tocca crescere rapidamente, acquisendo una serie di privilegi ma anche di
doveri. Così, quando il padre di Imma viene catturato durante una retata e
comincia a parlare, lei non ha dubbi: rinnega la famiglia di origine e si
rifugia a casa del boss. Ma ogni favola ha un prezzo...
Malerva è un
romanzo sulla vita difficile in certi quartieri, sul senso di rispetto e di
paura, sul concetto di onestà e di malavita ma anche sull’ambizione e persino
sull’amore, seppure questo sembri essere soltanto una proiezione di un
sentimento ben più radicato dentro l’animo che è quello di non sottostare, di
innalzarsi, di migliorare anche a costo di pagare il prezzo più terribile che
possa esistere: la morte.
Imma è una ragazzina di 14
anni che vive nel quartiere 167 di Secondigliano, a Napoli. Un luogo sporco e
pieno di droga, un luogo oppresso che opprime, un luogo dove anche se sei
pulito ti porti l’alone della sporcizia addosso, ovunque vai. Perché chi nasce
in certi posti conserva quell’odore nelle narici, nella testa, memorie e
ricordi che non ti abbandonano mai.
E lei le unghie se le stava affilando da tempo, per essere pronta quando sarebbe toccato a lei graffiare e risalire la china. Lei ci voleva arrivare ai piani alti.
Ma non per Imma, lei non
ci sta. Non vuole fuggire ma vuole restare ad una condizione: diventare ricca e
potente. Innalzarsi dai bassifondi putridi e chiassosi nei quali sono
condannati a vivere i più poveri, quelli miserabili, quelli come Tonio, che si
drogano dalla mattina alla sera e vagano come corpi morti alla ricerca di un
sollievo che non esiste.
Imma vuole diventare
importante. E’ bella, fresca, giovane, la pelle candida, - quella pelle di porcellana era la cosa più bella che possedesse -,
la bocca rossa e appena sbocciata, le forme sinuose e accennate, il profumo di
donna che sta per nascere.
E come si fa a non
notarla? Il primo a farlo è Pasquale,
figlio secondogenito della più importante famiglia del Sistema, i Fabbro. La
sfotte, le tira i capelli, tutti i giorni le fa le moine sotto forma di
spiccioli insulti tanto per attirare l’attenzione di lei. Lui che è superiore,
che sfotte chiunque, beffeggia sornione, fa il capetto della situazione, picchia
persino il fratello di Imma, Gennaro,
considerato un secchione.
Eppure il suo comportamento nasconde l’interesse
genuino per la giovane ragazza che di lui, pare, non ne voglia sapere. Ma
quando incontrerà per puro caso, il fratello di Pasquale, Pepè, dall’aspetto spettacolare, le mani belle e il fare di un uomo
ormai importante, capitoleranno tutte le sue innocenti intenzioni e la giovane
fanciulla ancora in erba si trasformerà in una sensuale bambina intrigata fin
nella carne più profonda da quel ragazzo che con un solo sguardo le ha rapito
tutti i sogni, nessuno escluso.
Soprattutto quello di
diventare una principessa, ricca e ammirata da tutti. Una donna che arriva
finalmente ai piani alti e che corona i suoi sogni più incantati.
L’ambientazione è reale
e veritiera, aspetti tipici di quei contesti saltano all’occhio con
immediatezza e semplicità, come dati di fatto, usi e costumi tradizionali
ampiamente radicati in quei luoghi di mezzo tra l’umanità e la Camorra.
Poi lo so che c’è un altro mondo dove le cose davvero funzionano come ce le racconta la prof, ma bisogna fare i bagagli e andarci a vivere, abbandonare questo schifo di quartiere e spostarsi vero la civiltà.
Temi di cui si parla
tanto come il bullismo, l’onestà, il senso del futuro e le numerose vie di fuga
da realtà che ti tolgono il respiro.
Realtà come questa che non stupisce più, tanto è radicata in noi la certezza
che storie come questa si ripetano, sono esistite ed esisteranno sempre dentro
e fuori quelle quattro mura con un numero che non è soltanto un numero ma una Storia.
Tante volte le ho spiegato che se non ci salviamo da soli nessuno lo farà al posto nostro.
Imma e Gennaro, fratelli
di sangue, figli di una famiglia povera in cui una madre cerca di arrangiarsi
con il lavoro di sarta ed un padre quasi inesistente, ridicolo, timoroso, “fesso”
senza un lavoro, rappresentano un contrasto molto forte che non puoi fingere di
non vedere anche perché l’autrice te lo pone continuamente sotto agli occhi. Il
contrasto tra l’onestà e il sistema, tra il non riuscire a fare finta di niente
di fronte agli imbrogli, la corruzione, le morti e la droga, e il desiderio di
affermazione, quell’ambizione malata e solitaria che ti porta ad arrivare
ovunque purchè tu sia soddisfatta.
Gennaro, che ripete - spacciano la morte -, rappresenta l’altra faccia di questa storia
piena di echi e di sottintesi. Un quadro che esplode di colori ma anche di
tristezza, di malinconia, di solitudine. Il Sistema idolatrato come colui che
aiuta, che benedice, che permette alla gente di sopravvivere.
La famiglia
Fabbro è generosa, piena di benevolenza ma anche categorica nei confronti di
chi la tradisce. Imma non ha occhi che per Pepè e non le par vero che il suo
sogno stia sul punto di realizzarsi. Il ragazzo si è invaghito pazzamente di
lei, la riempie di regali e vuole addirittura sposarla. Ma Imma è piccola, Imma
è una Pupa, come la chiamano tutti, tanto bella quanto ingenua. Pensano di
poterla muovere come vogliono e i fatti dimostreranno che hanno ragione. Ma c’è
un prezzo da pagare per ogni scelta, soprattutto quando la scelta che fai ti
avvelena il sangue.
Lo stile dell’autrice è
fluido, i capitoli sono brevi, la lettura scivola senza ostacoli e senza
richiedere eccessivo impegno, soprattutto perchè è la curiosità di sapere cosa
accadrà alla principessa della 167 che spinge a continuare la scoperta.
Imma è piccola e all’apparenza
fragile eppure ha le idee chiare: vuole bellezza e ricchezza e nonostante gli
ostacoli, le dicerie, quell’essere chiamata puttana da qualcuno, non si fermerà
davanti a niente, nemmeno a ciò che ha di più caro perché il suo destino è
scritto altrove. Il suo è il coronamento di un sogno a cui non intende
rinunciare per niente al mondo.
I valori sinceri ed
onesti sono completamente ribaltati e Imma è l’emblema di una gioventù che si spara i desideri di affermazione nelle
vene e si assuefa alla droga dell’ambizione. Per lei esiste solo l’alto, quel
regno dei cieli che porta il nome della famiglia Fabbro. Malerva, per dire
malerba, ossia cattiva erba, è una storia sulla vita di tutti i giorni, su ciò
che ci accade accanto e che conosciamo fin troppo bene. Sono fatti consumati e
unti di maldicenze e consapevolezze, di
giri di parole ed offese ma è ciò che accade nella sua miseria e nella sua
dannazione.
Il tono della scrittura
rimane inalterato, dolce quando si parla d’amore e realistico quando si tratta
di raccontare quella vita spezzata ed oltraggiata che si affronta in quelle
strade contorte e spesso anche disumane. La
voce della sopravvivenza e dell’accettazione che si scontra contro
quella di chi non ci sta, di chi gli occhi non li vuole chiudere, di chi vuole
ribellarsi e parlare. Ed è allora che i toni si caricano di drammaticità e di
tragedia, quella tragedia pulsante ed irriverente che ci macchia la pelle di
sangue. Anche se non lo vediamo, siamo tutti parte del Sistema. Tutti nella
parola come nel silenzio.
Malerva è una favola
sporca e imbrattata. Una favola bianca come la droga e rossa come la morte. Ma
anche nera, così nera come il colore della vergogna di chi rinnegando il
proprio sangue, rinnega se stessa.