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martedì 25 novembre 2014

Open Arms di Gennaro Loffredo Recensione

Buonasera cari lettori! Oggi posto la recensione di un romanzo che mi ha sorpreso molto, di uno scrittore emergente e che si presenta con un linguaggio scorrevole e una trama ben articolata. Gennaro Loffredo e il suo Open Arms.





Titolo: Open Arms
Autore: Gennaro Loffredo
Editore: Montecovello
Pubblicazione: 30 Settembre 2013
Genere: Narrativa
Pagine: 392
Prezzo: 17.90




 TRAMA

Open Arms è un'isola sperduta del Pacifico dove sorge una società tecnologicamente avanzata, un paradiso futuristico nel quale è possibile darsi una seconda opportunità. L'improvvisa scomparsa dell'uomo che ha reso possibile questo miracolo, il governatore Cassini, desta più di un sospetto: Cassini sembra essersi dato fuoco, ma alcuni particolari lasciano supporre che possa essersi trattato di un brutale omicidio. Il neo governatore decide, così, di affidarsi ad un detective tra i migliori in attività: John Barnard di Plymouth, in realtà un neofita che si è involontariamente ritrovato ad avere una straordinaria quanto fasulla reputazione. Seguito dal suo improbabile team ed a dispetto della sua totale incompetenza, egli cercherà di risolvere il caso. John e la sua squadra daranno adito a tutta una serie di situazioni esilaranti, paradossali e grottesche, ma avranno anche l'occasione per confrontarsi con un nuovo e sconcertante mondo.




“Non sono un genio, né un gran talento… ho solo una storiella da raccontarti.”

Così inizia Gennaro Loffredo il suo rocambolesco viaggio all’insegna dell’originalità e dell’humor, trasportandoci, senza pretese e senza promesse all’interno di un mondo talmente bello, da essere chiaramente utopico, ma questo è solo l’inizio. 

Open Arms è una splendida isola a Sud del Pacifico, con 15.000 abitanti e un clima tendenzialmente mite, senza dimenticare la cosa più importante: è indipendente. Un luogo a metà tra la meraviglia ed il mistero come tutto ciò che è ancora sconosciuto ai più. Un posto che in pochi conoscono, ma che tutto il mondo ammira per come viene gestito, controllato, per come la gente ci vive e ci sopravvive. Una vera e propria realtà così splendidamente perfetta da apparire fin troppo inusuale nella sua segretezza. Che fosse tutta una farsa?

Open Arms, chiamata così per la sua forma che richiama le braccia aperte di una donna, diventa oggetto delle indagini di un confusionario e improvvisato detective di Playmouth, tale John Bernard, che aiutato dall’amico scienziato Chris e da un gruppo di improbabili furfanti, viene chiamato a risolvere nientemeno che il mistero di un’omicidio. 
 Il governatore dell’isola, Mark Cassini, viene trovato morto bruciato, proprio quando apparentemente non sembra esserci nessuna motivazione che potesse aver spinto qualcuno ad ucciderlo. Il corpo ritrovato e le modalità della presunta morte fanno sì che il caso venga immediatamente archiviato come suicidio. Infatti alcuni testimoni, che lo hanno visto poche ore prima della scomparsa, confermano che l’uomo aveva comprato di sua spontanea volontà una tanica di benzina. Dunque, quale prova più evidente per avvalorare l’ipotesi di una morte decisa anzitempo e procurata dalla stessa vittima? 

Tutto filerebbe liscio a questo punto, se non fosse per Wang, una delle persone più vicine a Cassini ed anche colui che dopo la sua morte viene nominato nuovo governatore dell’isola. L’uomo non ci sta alla versione ufficiale e contatta il nostro John, per far luce su questo poco credibile suicidio. 
Peccato però che Bernard non sia un vero e proprio investigatore! 

L’ufficio in cui svolge il proprio “lavoro” non è altro che l’ex ambiente in cui l’amico Chris gestiva l’agenzia funebre del padre, pieno quindi di bare e di cadaveri. Le scene iniziali, nelle quali l’autore racconta le peripezie e i battibecchi tra i personaggi su questo sfondo pseudo reale, che diventa quasi una visione tra il macabro e il fantastico, spesso conducono al sorriso, e all’ironia, quella buona, quella che ti spinge a leggere per capire fino a che punto le furfanterie dei protagonisti arriveranno. E capisci subito che giungeranno in brevissimo tempo all’apice, fino ad Open Arms, fino all’isola che John definisce un luogo per pazzi. 

“Questo era tutto ciò di cui era venuto a conoscenza. E' scandaloso! si disse. Questi sono fuori dal mondo, un’isola di pazzi!” 

Ma il nostro John Bernard è senz’altro un tipo molto particolare. Uno cresciuto a proprio piacimento, che ha usato le lezioni della vita per plasmarsi un’idea dell’esistenza tutta sua. Uno che da bambino era timido ed insicuro, osteggiato dagli altri, ed eterno sconfitto di beghe e zuffe adolescenziali. Uno che forse non si è mai davvero imposto, non tanto per un evidente impossibilità ma forse per previa inettitudine. A lui bastava razzolare male e non predicare affatto. Solo l’incontro con Chris, questo strambo e folle personaggio tutto preso dai suoi esperimenti e dalla sua “magia”, è riuscito a renderlo più forte e quindi anche capace di osare. 

E’ bene chiarire subito che l’agenzia investigativa non è altro che un cumulo di menzogne e di fatti inventati, nientemeno che da uno dei migliori hacker in circolazione, il buon Bob, che una volta contattato da John, in pochissimo tempo gli crea un fulgido passato di splendenti ed inarrivabili risultati investigativi e in poche ore li tira a lucido per gettarli sul mercato delle chiamate di lavoro e Wang dixit, senza mezzi termini e senza mezze misure: 

“Lei è un uomo dalle mille risorse! Non la scopro di certo io.” 

E da queste poche ma intense parole, il nostro autore si libera di ogni fardello di pesantezza e banalità, raccontandoci una storia incredibile ma altamente divertente. Compariranno sulla strada di ogni lettore che a questo romanzo farà l’occhiolino, una miriade di personaggi, una fila infinita di uomini e donne, vecchi e cialtroni, custodi di cimiteri e improbabili ex mogli, amanti e farabutti, ognuno dei quali avrà dalla sua la forza della parola e l’intensità del momento che renderà viva quella storia. Molti di essi li vedrete solo da lontano, altri faranno la loro comparsa e poi spariranno, senza che li vedrete più per lasciare il posto ai veri protagonisti del romanzo, nel quale s’intreccia una trama da giallo che si traveste di qualcos altro. 

La narrazione si alterna tra il punto di vista di John che racconta in prima persona e quello di un narratore in terza, che spesso prende il sopravvento, raccontando in modo più distaccato lo svolgimento delle vicende. Alla fine di ogni capitolo c’è volontariamente un intercalare spontaneo e simpatico tra chi sta raccontando e l’ipotetico lettore, il quale viene continuamente chiamato in causa in modo che non perda attenzione e si ritrovi sempre più coinvolto in queste misteriose vicende. 

Non poteva mancare l’amore, incarnato dalla splendida Amaltea, la segretaria di John, che rappresenta l’angelo, il fiorellino, la rosa, colei che l’eroe ama ma che non potrà mai essere sua, perché appartiene ad un altro.
Ed è questo che l'autore fa credere all'inizio. Ma occhio! Perchè niente ma davvero niente è come sembra.

Verità e sogno, crudele realtà e fantasie recondite si mescoleranno in questo curioso racconto che mi è apparso molto diverso da tutto ciò che finora ho letto. Tra ritrovamenti di nuovi cadaveri, fughe improbabili, biglietti d’amore dispersi e pericolose quanto segrete immagini e simboli arcaici, l’indagine procede inizialmente molto lenta, ma poi nella seconda parte del romanzo, subisce un’accelerazione che la rende inarrivabile, che ti conduce a leggere pur di scoprire, mantenendosi sempre all’altezza di un ritmo serrato ed appagante. 

I luoghi cambiano, e i nostri personaggi si muovono a metà tra la confusione, il delirio e il desiderio di scoperta, tra i posti più misteriosi dell’isola, sui quali troneggia la foresta, luogo incontaminato e leggendario, che da sempre ha affascinato per la sua incantata atmosfera e qui non è da meno, diventando locus di efferati omicidi ed improbabili verità. Interessante l’idea di partenza dell’autore di inventarsi quest’isola che inizialmente era semplicemente un centro di accoglienza nel quale le persone venivano mandate per riprendersi e per essere curate. Poi con il tempo è diventato un vero e proprio centro in cui vivere e crescere, crearsi una famiglia e migliorarsi soprattutto perché il fine primario di Open Arms è il lavoro. 

“Una volta ricevute le prime cure, soprattutto di natura psicologica, quelli che lo desideravano potevano intraprendere il corso. Qui si insegnava un nuovo modo di vivere in società basato fondamentalmente sull’etica: si migliorava la percezione del prossimo, si spingeva a predicare la non violenza, si simulavano piccoli nuclei familiari praticando lo scambio dei ruoli…” 

Il valore principale di questa utopica società però sembra essere sempre e soltanto uno: la crescita interiore e sociale e mai quella economica. Infatti non circola moneta alcuna e la filosofia è unicamente questa:

”Su Open Arms non morirai mai di fame ed avrai sempre un tetto garantito… ma non ti arricchirai.” 

Con lo scorrere delle pagine, il mistero si infittisce non solo di cadaveri ma anche di nuovi elementi che però, paradossalmente, conducono il nostro pseudo investigatore sempre più lontano dalla verità ed egli si sente sempre più un bugiardo cronico, racchiuso in un’enorme bolla di menzogna che può scoppiare da un momento all’altro. 

“Più che un detective mi sentivo un contaballe.” 

Ad acuire le sue evidenti capacità limitate, la comparsa di un simbolo, su alcuni cadaveri e su un foglio ritrovato nella libreria della villa del governatore morto. La costellazione del serpentario fa la sua apparizione ammantata di mistero e di segretezza, oscurata dalle vicende di sangue e così intimidatoria da gettare tutti nello sconforto. Che ci sia qualche inimmaginabile mistero nascosto in quella apparente gentile e tranquilla terra chiamata Open Arms? 

Al clima di dubbio ed apprensione si alterna quello frivolo e bizzarro delle nuove elezioni politiche che stanno avvenendo in altre parti del mondo, e all’avvento addirittura di un processo per omicidio che renderà il clima della storia ancora più esaltato ed esaltante, elettrico, ed eccezionalmente ritmico. Una trama ben congeniata, che non lascia nulla a caso. Un thriller che non basta a se stesso e che vuole essere dichiaratamente altro. Altro a cui non saprei dare un nome. Ma questa è una storia curiosa che incuriosisce, paradossale e originale. 
Una storia che mi piace definire sfiziosa, intrigante, capace di stuzzicare l’intelligenza e l’attenzione di chi legge per farsi seguire in questo luogo nascosto dal mondo, che non ha nessuna coordinata reale ma che diventa una grande ed impellente metafora sulla nostra società, sulla nostra politica, sui nostri valori e sulla nostra moralità. 

Il romanzo è anche un meta romanzo, nel momento in cui scopriamo che Juliet, uno dei personaggi di contorno, sta scrivendo la storia di chi ha fondato Open Arms, aggiungendo ancora altro materiale a questo bosco fatto di ombre e di suoni, di richiami e scoperte che è la fantasia dell’autore. 

La fine arriverà e non vi sembrerà vero. Non vi sembrerà vero che la verità sia quella che non potevate minimamente immaginare. Perché? 
Perché l’autore è bravo a non farvi capire nulla. E’ bravo a condurci su strade apparentemente troppo facili e di convincerci che è proprio lì che sta la verità ma poi, fidatevi, non è vero niente. Lui si diverte soltanto a vedervi passare da una certezza ad un’altra, senza aver mai risolto davvero la storia. 
Niente sarà più plausibile, tutto vi apparirà impossibile eppure il finale, quando il cerchio si chiude, sarà un finale perfetto, che combacia perfettamente con tutto e forse voi, come me, resterete a bocca aperta. 

Nelle ultime pagine c’è un accenno a Crab, un laboratorio che farà parte del secondo romanzo scritto da Gennaro Loffredo, che si presenta come il seguito di Open Arms. Non starò qui a dirvi di cosa sto parlando, semplicemente riprenderò la frase contenuta nel libro: 
Qui termina la fase uno. 
Con questo capirete che vi troverete di fronte un finale aperto ma bello. Un finale in cui a poche righe dalla fine, inconterermo nuovamente John e la sua amata Amaltea che discuteranno del loro autore ed anche di noi. Un autore che ha dimostrato sicuramente di amarli e di volergli ancora dare una storia, di tenerli ancora per un po’ in vita. Gli ha donato consistenza battito, esperienza. Li ha resi capaci di far sorridere e ridere, di far divertire e soprattutto riflettere, anche con un pizzico di paura, di ansia e di suspense. 

“Non vi ho intrigati abbastanza?” 

Io gli rispondo di sì, che lo ha fatto. E voi?




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