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martedì 18 novembre 2014

Essere Melvin di Vittorio De Agrò Recensione

Buon pomeriggio cari lettori, riesco finalmente a postare una nuova recensione di un romanzo molto complesso, che affronta tematiche profonde ed interessanti come quelle dei rapporti familiari, dell'identità sociale e virtuale e soprattutto racconta il percorso di un uomo che sfiora la perdita totale degli equilibri mentali, scontrandosi con i confini deleteri della malattia mentale. E' un romanzo, Essere Melvin di Vittorio De Agrò, che ha ricevuto molte recensioni dai blog, e che si presenta non certo per essere compreso facilmente. E' una lettura che come quelle che preferisco, apre spiragli nuovi e può cambiare il modo di vedere ciò che ci circonda.



Titolo: Essere Melvin
Autore: Vittorio De Agrò
Editore: Self Publishing
Pubblicazione: Febbraio 2014
Pagine: 287
Prezzo: Cartaceo: 10,50 - PDF: 0,99





TRAMA

Essere Melvin è per un verso la storia di un cavaliere temerario che deriva la sua audacia da un rapporto con la realtà tutto trasfigurato dalla finzione; per altro verso è la storia di una vendetta lungamente preparata e macchinosamente architettata. Dirò di più: il libro stesso è una gigantesca rivalsa, non contro qualcuno in particolare, ma contro la misura colma delle frustrazioni e delle delusioni, contro una vita che somiglia troppo poco a quella sognata. Un romanzo d’avventure, dunque? Certo. Purché il lettore sia avvertito che le terre di conquista sono tutte interiori, e che l’eroe era ben poco equipaggiato ad affrontare i mostri, i draghi, gli stregoni e i briganti che non sospettava di nascondere in sé. Melvin è una storia vera. (Dalla prefazione di Guido Vitiello)

                                                         BIOGRAFIA

 Vittorio De Agrò è nato in Sicilia, ma vive a Roma dal 1989. E’ un proprietario terriero e d’immobili. Dopo aver ottenuto la maturità classica nel 1995, ha gestito i beni e l’azienda agrumicola di famiglia fino al dicembre 2012. Nel Gennaio 2013 ha aperto il blog:ilritornodimelvin.wordpress.com che è stato letto da 13000 persone e visitato da 57 paesi nei 5 continenti. “Essere Melvin” è il suo primo romanzo. Nel 2014 produrrà un corto ispirato al libro.




Sei anormale. Io ti ho creato e io ti distruggo. 


E’ difficile definire questo romanzo, quindi non lo farò. E inizierò proprio col non chiamarlo romanzo, considerato che neanche l’autore vuole essere definito scrittore. 

Essere Melvin è un grande viaggio non solo per chi racconta ma soprattutto per chi legge, che si trova ad affrontare, piuttosto sprovvedutamente, un terreno così arduo e pericoloso come quello della mente. 
Melvin è l’alter ego dell’autore, colui che narra ciò che seppur apparentemente ed eccezionalmente romanzata, è senz’altro la sua vita. Il personaggio che incontriamo dopo Melvin è lo Splendente, lo psichiatra che lo tiene in cura e che come dice lui stesso, dovrebbe salvargli la vita. E così il nostro pseudo eroe si mette letteralmente nelle mani di questo illustre sconosciuto che gli fa tante domande e lo ascolta sempre appuntando qualcosa in un meraviglioso quaderno delirante. 
Melvin ha due problemi secondo la scienza della mente: affettività nei confronti delle donne e difficoltà nel gestire il rapporto con se stesso. 
Ma Melvin è da sempre un tipo solitario, con pochi amici, terribilmente timido con le ragazze fin dalla sua adolescenza. E la figura di questo padre, così sicuro e vincente, la cui unica preoccupazione sembra essere che il figlio non mostri un vero interesse per le donne, non rende il suo approccio con il mondo femminile più facile. La madre, silenziosa ed intelligente, lo accusa di essere indisciplinato e di non voler studiare e allora ecco che la vita del nostro protagonista s’inquadra immediatamente all’interno di una cornice dove da un lato le donne, dall’altro lo studio, diventano i motivi che lo fanno sentire oppresso, minando il suo equilibrio mentale già ampiamente discordante con la disciplina e l’attenzione. 

Il libro è incentrato sulle sedute con lo Splendente, configurandosi come una sorta di memoriale, in cui lo stile netto e mirato dell’autore, scarno e asciutto, non lascia spazio a lacune che possano rallentare la lettura, creando noie inevitabili. E’ come un detto-fatto, come se ognuno di noi fosse lo Splendente alle prese con quest’uomo di 34 anni che sembra aver subito molte più pressioni ed oppressioni che atti di gentilezza o di affetto. Comandi camuffati sotto la forma dei più disparati "ti voglio bene" o "lo faccio per te." 
Eppure egli non parla mai di veri gesti affettuosi, familiari, personali da parte della madre, del padre o dei fratelli, è come se il mondo degli affetti fosse qualcosa di completamente fuori dalla sua vita. 

Il suo principale cruccio è la difficoltà di instaurare legami amorosi con le donne, nonostante alcune si mostrino interessate a lui, perché si è auto convinto di non essere degno di interesse da parte dell’universo femminile. Beatrice, Flavia, Marzia, Caterina, sono figure che lui non riesce a rendere di carne, non riesce a toccarle, troppo intrappolato nella sua malattia interiore. Una gabbia senza sbarre che lo inchioda alla sua stessa sofferenza, straniamento, disadattamento, fuga dalla realtà a causa di una procurata incomprensione, latente dentro di lui e involontariamente alimentata dai genitori e dalla scuola. 

“Io fingevo di essere quello che non ero. Ma non volevo ammettere il problema.” 

Dopo la morte del padre per un tumore, il mondo crolla inesorabilmente. Perde il suo unico punto di riferimento e inizia un periodo in cui l’apatia e la depressione diventano il suo pane quotidiano fino a quando prima il militare e poi l’arbitraggio riescono a scuotere le fondamenta annerite del suo dolore e le donne continuano ad essere per lui o un miraggio o un’ossessione. 

Melvin è fatto di orgoglio e di ansia, nella sua mente si crea quella pressione che lo spinge ad abbandonare qualunque cosa pur di non affrontarla. 
Melvin è fatto di vigliaccheria e di bugie, di fughe e fantasticherie. 
Ci siamo nella sua testa e ci restiamo, affascinati da questo strano mondo fatto di ragionamenti e sporcato da illusioni, vittorie improbabili e scarsi risultati. 

Melvin è un perdente ancora prima di mettersi in gioco perché qualunque cosa fa, il suo essere lo condurrà a distruggerla. 

“Qui invece di migliorare si peggiora. La mia memoria è la condanna più pesante.” 

Melvin durante tutta la sua vita si crea un’infinità di scudi pur di non affrontare la realtà per un senso di inadeguatezza cronica. Diventa attore di sé stesso: “decisi di andare sul set con un bastone da passeggio.” 

La sua vita cambia totalmente quando si iscrive ad un forum dedicato ad un’attrice nascente che interpreta un ruolo da protagonista in una fiction intitolata “Qualcosa è cambiato”. Da quel momento in poi inizia la discesa ripida ed ineluttabile nel burrone freddo della psicosi. S’innamora perdutamente di questa giovane attrice che soprannomina l’Aspirante o Godot, che diventa l’ennesima carta di cuori e fiori che va ad ingrandire il terribile castello che Melvin maldestramente continua a fomentare. 
Un castello fatto di illusioni e bugie sulla propria vita e sul proprio lavoro fino a quando deciderà che è arrivato il momento del colpo di scena da grande attore e con consapevole e terrificante lucidità deciderà di morire. 

La vita di Melvin è fatta di solitudine ed insoddisfazione. Nel momento in cui entra nel mondo virtuale, attraverso il forum, si crea un personaggio all’ombra del web ed è su di esso che riversa ogni sua insicurezza e malattia. 

Melvin è l’antieroe per eccellenza. Un uomo che non conosce misura, che vaga superando i confini dell’umana comprensione e della gentil accettazione. Come si può perdonare qualcuno che ha fatto soffrire, che ha stravolto completamente gli equilibri su cui si basa una vita normale? Non so se Melvin abbia perdonato se stesso, ma non è questo che ci è dato sapere. Noi dobbiamo solo attraversare, ai margini di uno spazio bianco, sporco d’inchiostro, questo incredibile viaggio nella memoria dell’uomo che ha aperto le tende del proprio sipario, nonostante queste abbiano assunto lentamente toni sempre più cupi e sinistri, fino a condurlo a sentire quelle voci nella testa, che non hanno fatto altro che chiamarlo verso luoghi ed anfratti, vicoli bui e spaventosi, dove non dovresti mai andare. 
Ovunque ma non lì perché dai fantasmi della propria mente non si esce. 

Essere Melvin è la storia di un uomo che si sdoppia in molte personalità, che racconta dei suoi infiniti sé, con una sincerità disarmante, una lucidità in quella follia che ti permette di perdere qualsiasi appiglio, qualsiasi inibizione. E’ un attore che recita di se stesso e quel se stesso recita di un altro ancora, innescando un luna park pericoloso che lo condurrà ad un punto di non ritorno. 

Melvin è Vittorio De Agrò e Vittorio De Agrò è ancora qualcun altro nei racconti intensi che non smettono mai di sorprendere e anche di impensierire. Ma tra questi tre pseudo autori, ci sono altrettante maschere che si danno il cambio perché l’autore, quello vero, non vuole negare l’attimo di popolarità a nessuno.

Tutto sembra ruotare intorno al complicato universo femminile eppure l’unico che appare davvero complicato nelle sue infinite complicanze è sempre e soltanto lui, il nostro antieroe. E’ un insicuro, strambo, complesso attore di se stesso, che inscena a seconda delle sue inquietudini ed insicurezze, talvolta una vivace commedia, alla quale chiunque allegramente può partecipare, talaltra una irrecuperabile tragedia, nella quale nessuna presenza, nemmeno quella più amichevole, può salvarlo. 

Melvin getta nel calderone chiunque gli si pari davanti. Nei momenti in cui l’insofferenza prende il sopravvento, non esiste sollievo, ma solo nemici che vogliono spingerlo nel baratro. 
Ci sono attimi in cui la tensione trasuda dalle pagine, le parole, le lettere. Momenti in cui si legge tutta la disperazione di una condizione apparentemente difficile da gestire. Sembra persino troppo che un uomo solo possa contenere tanta inquietudine, ansia, insofferenza, senza morirne. 

Verso la fine della sua storia, la tragicità, la depressione, la rabbia, l’incendio che divampa nella testa e nell’anima, prende inesorabile il sopravvento. 

"Non posso vedere la TV. Ho paura di vedere Godot. Se avessi Gigio tra le mani lo farei a pezzi. Non sono più padrone della mia vita." 

Egli cerca sollievo nei farmaci, vuole che qualcuno spenga la luce della follia. Ho letto la storia di una donna, diversi anni fa, che raccontava che la follia è una stanza tutta bianca, nella quale c’è una luce accecante, fredda, distante ed insopportabile. Questa luce è artificiale, come una luce elettrica, inanimata ed inamovibile. La follia è un regno opposto a quello reale dominato da una luce implacabile, senza alcun rifugio calmo e accogliente fatto di ombra silente. 
Il mondo del folle è astratto, in continua tensione, sempre sul punto di spezzarsi. E’ come se in quel mondo, nella stanza bianca della propria anima malata, ci fosse sempre una corrente elettrica di immensa potenza, che attraversa gli oggetti e le persone fino a condurli sul punto di esplodere. 

Anche Melvin forse si sentiva così, quando viveva il suo personale regno di luce desertica e abbagliante. Avrebbe voluto qualcosa che lo trascinasse fuori da quella tragedia dell’anima che a volte diventava come fuoco incandescente, capace di coprire qualsiasi grido della ragione. 

“Tu cerchi un farmaco che ti spenga e poi speri nella Divina Provvidenza. Ma io non posso farti questo, non voglio spegnere la tua volontà.” 

Melvin è stato definito in molti modi, cavaliere temerario e Don Abbondio dell’amore per citarne alcuni, ma per me resta semplicemente un uomo che ha vissuto ciò che nessuno dovrebbe vivere. Il suo personaggio così perfetto da sembrare inventato, è la storia di una persona vera che dalle sue esperienze ha tratto un'unica àncora di salvezza: la scrittura, la sola arma che un uomo così vicino all’abisso della totale perdita di se stesso, è riuscito ad afferrare, ad usare e a farla propria esattamente come la spada del più coraggioso combattente. 

Essere Melvin è un libro che racconta di tante cose, incubi e disperazioni, di lunghe notti insonni in cui seppur si è fatto giorno per gli altri, per Melvin l’alba non è mai arrivata. 
Un mondo, il suo, che può far tremare anche solo a guardalo, persino da lontano. Un mondo di paura e malattia, di perdita della propria identità e di morte dell’anima. Melvin non sa chi è perché non sa cosa essere. 

Le sue fantasie, la sua immaginazione, senza la quale non saprebbe vivere, lo tengono costantemente lontano dalla vita, quella fatta di carne ed ossa, di muri e palazzi da attraversare, fatta di luoghi in cui restare. Eppure quella follia immaginativa lo condurrà lentamente nell’unico luogo in cui non sarebbe mai dovuto giungere. E noi lo sentiamo, lo avvertiamo, quello sforzo disumano di gridare aiuto nel silenzio. 

Essere Melvin è una storia che va letta per molti motivi. Perché è scritta bene, perché è scorrevole, perché racconta di vita vera. Vi basta? No, perché questo può dirlo chiunque. 

Io invece vi dico che va letto perché può mettervi fuori strada, può farvi tremare di fronte all’imponderabile ragione della mente umana. I suoi misteriosi meccanismi, i suoi demoni sconosciuti, i suoi diavoli e le sue perverse figlie dell’immondo fiume nero della disperazione, non stanno aspettando invano. 
Si può avere paura quando la ragione viene inghiottita dalla pazzia e dalla sofferenza che non può più essere controllata? Sì.

Va letto perché è scritto senza mezzi termini e senza mezze misure. E va letto altrettanto onestamente. Non vi chiede di essere compreso, né in esso troverete qualcosa di condivisibile. Le azioni e le scelte di Melvin sono inaccettabili ma a lui non importa che qualcuno non lo biasimi. Questa storia non vi chiede nulla. Sarete voi, che mentre la state leggendo, comincerete a chiedervi tante cose. Ma, ditemi, quanto davvero sarete disposti a trovare le risposte?



9 commenti:

  1. Ciao Antonietta ♥ Anche io avevo dato a questo romanzo ben quattro punti su cinque :P (Ok, le tue farfalline sono bellissime e moolto meglio del mio di rating :3) ''mette fuori strada'' Hai davvero davvero ragione! Ti fa riflettere e venire certi dubbi O.o

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    1. Ciao Francy ♥ Mi fa piacere che abbiamo la stessa opinione su questo romanzo e non è vero che le mie farfalline sono meglio del tuo rating, anzi! *.*

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  2. Un romanzo molto particolare da quello che leggo.
    Grazie per avercene parlato.
    Un abbraccio Maria

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  3. Hai un'ottima capacità di analisi e la storia sembra complicata.

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  4. E' vero, riesce inconsapevolmente a coinvolgere :)

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  5. Ciao Antonietta! Ho visto che questo post risale a più di un anno e mezzo fa, ma ho visto la copertina, e incuriosita, sono venuta a leggere la tua recensione!
    Sembra un libro molto particolare, addirittura complicato e magari non adatto a tutti i lettori, ma a me piacciono proprio questo tipo di libri, e ti ringrazio tantissimo per averne parlato! Andrò a fare una ricerca su Amazon!

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    1. Ciao Giulia, è molto basta sulla mente e i lati oscuri che si celano in essa, i percorsi psicologici e mentali. E' molto particolare ma non direi complicato. Però bisogna essere preparati ad affrontare un libro con tali tematiche che vanno nel profondo. Fammi sapere se lo leggi! *__*

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