Buon martedì! Oggi vi propongo la recensione di due racconti che hanno come protagonista un commissario molto accattivante, nato dalla penna di Patrizio Pacioni. In cauda venenum è il libro che li raccoglie e di seguito potete leggere cosa ne penso dello stile di questo autore che non è solo uno scrittore ma anche blogger e drammaturgo che ha all'attivo molte pubblicazioni.
Titolo: In cauda venenum
Autore: Patrizio Pacioni
Patrizio Pacioni è uno scrittore, blogger, drammaturgo. Nato a Roma e residente da oltre dieci anni a Brescia, è autore di dodici romanzi, di una raccolta di racconti (Delitti & Diletti (2010) scritta a quattro mani con la bellunese Lorella De Bon) e (2014) di due libri di fiabe (FiAbacadabra e FiAbacadabra2, il secondo firmato con la giovane cantante Dalia Di Prima).
Esordisce nel 1997 con Un lungo addio, facendo seguito due anni dopo (1999) con un omaggio all’amata Sardegna: un altro romanzo breve, Iscassia et fogu, fantastico e didascalico. Poi, inevitabilmente, erompe la vena più vigorosa della sua creatività in una serie di noir, thrilling e romanzi drammatici: Le Lac du Dramont, (2000), Chatters (2001), DalleTenebre (2002) e l’intimista e struggente Mater (2004): Con Quel ramo del lago (2005) l’autore romano s’impegna in un’operazione impegnativa al limite della temerarietà letteraria: racconta un possibile seguito dei Promessi sposi spostando la vicenda, tra avventura, intrigo e ironia, quattro secoli più avanti. Nel 2006 l’approdo al giallo d’impianto classico con la creazione del commissario Leonardo Cardona, scomodo poliziotto che compare per la prima volta in Essemmesse e ritorna da protagonista in Malinconico Leprechaun (2008) e Seconda B (2009) e la già citata raccolta Delitti & Diletti (2010). Il 2011 è contrassegnato da un incontro davvero magico: quello con la grande Giovanna Mulas, da cui scaturisce l’esoterico e intenso Malanima Mia. Nel 2013 è la volta de Il guaito delle giovani volpi, romanzo drammatico e di grande impatto emotivo: prendendo spunto dalla vicenda di Hina Saleem, uccisa a Sarezzo (BS) dai propri parenti per motivi religiosi, ha esplorato in profondità il binomio integrazione-integralismo.
Per quanto riguarda il teatro, ha scritto e sceneggiato numerose pièces, per lo più di genere brillante. La piena maturazione di drammaturgo, però, è stata coronata dalla rappresentazione, nell’ambito del programma 2014/2015 del Teatro Stabile di Brescia, di La verità nell’ombra, dramma nato dallo studio approfondito di oltre 3000 pagine di faldoni processuali e documenti di archivio e basato sulla strage di portella della Ginestra (1 maggio 1947) e del successivo processo celebrato a Viterbo.
A metterla in scena (nel marzo 2015 presso il Teatro Sociale) la Compagnia Stabile Assai della Casa di Reclusione Rebibbia di Roma che, tra tanti altri lavori, vanta anche la realizzazione, con la regia di Paolo e Vittorio Taviani, di “Cesare deve morire”, Orso d’Oro al prestigioso Festival di Berlino. Spettacolo poi replicato nella stagione in numerosi teatri distribuiti sul territorio nazionale.
All’evento è associata la pubblicazione di un volume contenente il testo del dramma e una serie di articoli correlati alla strage e al lavoro svolto dai detenuti-attori.
Sempre nel 2015, insieme alla editor Fabiana Cinque, la firma del soggetto e della sceneggiatura de Il Lettore, film drammatico realizzato dai detenuti del carcere di Busto Arsizio, all’interno dello stesso istituto, per la regia di Martina Girlanda.
A breve, a grande richiesta, l’atteso ritorno del commissario Cardona e dell’oscuro mondo di Monteselva con due storie raccolte in un oslo libro dal titolo In cauda venenum.
Nel 2016, infine, andrà in scena un nuovo dramma intitolato Diciannove + Uno che ha per tema un altro dei (troppi) misteri neri italiani, la sparizione, nel 1962, della nave Hedia con tutto il suo equipaggio.
Dal portale www.patriziopacioni.com, si accede a tutti gli indirizzi informatici utili per seguirne da vicino produzione artistica, attività promozionali e altre iniziative.
In cauda venenum contiene due racconti: Una trappola per il leone e
Cardona e il suonatore di campane che
hanno come protagonista il commissario Leonardo
Cardona, un uomo che immediatamente s’impone all’occhio vigile e attento
del lettore per il suo consueto approccio investigativo e per il forte senso
del dovere e rispetto per il proprio lavoro. Un uomo intelligente, furbo,
capace di affascinare con la sua personalità a tal punto da avere accanto una
moglie, Luisa, che lo ama in modo incondizionato
e un’amante, Diana De Rossi che lo
desidera con passione e forza.
Leonardo ha anche un figlio di
nome Michele che completa alla perfezione la sua piccola ma interessante
famiglia, una piacevole sostanza di facciata che lo aiuta a conservare la sua
immagine in modo pulito e convincente.
Il luogo narrativo in cui sono ambientate le storie è Monteselva una
piccola cittadina che si trova tra Parma e Piacenza, inventata dallo stesso
autore, immersa nelle colline e apparentemente luogo riservato e pacifico come
tutti gli spazi che alla prima impressione sembrano delicati e quasi nascosti
dallo sguardo feroce del male.
Ma c’è un errore di fondo e l’autore dimostrerà come questo luogo solo
all’apparenza morale e dignitoso nasconda anch’esso vizi e virtù che riflettono
molto bene gli spazi più angusti e malevoli delle anime dei suoi abitanti. Una
città arcaica, vecchia, che raccoglie l’andirivieni di strani inganni e
improbabili tradimenti, scontri e bugie, morti e sangue.
Leonardo Cardona è naturalmente il punto focale, la stella più
luminosa di un cielo che si tinge sin da subito di nero e di oscurità.
Nel primo racconto, Una
trappola per il leone, il leone è proprio il commissario che si trova
coinvolto in un inganno ai suoi danni che vedrà implicati loschi personaggi e
strampalate figure che sembrano essere uscite dai più consumati racconti
gialli. Ma la prima scena alla quale il lettore assiste, il primo contatto con
l’irreprensibile commissario, avviene paradossalmente in una stanza d’albergo.
Proprio così, Cardona è alle prese con una notte di passione e di sesso con la
sua bellissima amante Diana, famosa giornalista, che conosce benissimo la
storia familiare dell’uomo ed è anch’ella moglie di qualcuno che non sembra
donarle tutta l’attenzione e la considerazione che la donna desidera.
In gioco, dunque, sin da subito, la situazione intima e personale di
Cardona, prima ancora della formulazione dell’indagine. Diana è madre tanto
quanto Leonardo è padre, entrambi sono due persone rispettabili che si
comportano come due estranei in pubblico ma che non hanno alcuna intenzione di
cessare il loro rapporto clandestino. D’altra parte Leonardo ha Luisa che lo
vuole ancora come il primo giorno e alla quale lui non riesce a negare nulla.
Fatto sta però che da un momento all’altro è stata certa, assolutamente certa, di non essere più la sola donna presente nella sua vita.
Patrizio Pacioni usa uno stile scorrevole ma avvolgente. Le sue capacità narrative non
si esauriscono nella semplice descrizione degli eventi e degli intrighi tinti
di giallo e di mistero ma si popolano di espressioni e di immagini evocative e
pregnanti in grado di comunicare al lettore cosa davvero si nasconde nell’anima
e nella mente di ciascun personaggio.
L’amore e la passione, la carnalità delle sue figure saltano subito
all’occhio, così come le trappole, il male che gioca le sue carte e il dissidio
morale dei personaggi coinvolti in un giro di inganni e di sopraffazioni.
Dalla pistola, puntata esattamente al centro del petto del commissario, sta per partire un proiettile che gli bucherà il cuore o, bene che vada, l’addome o un polmone.
Nel secondo racconto, Cardona e
il suonatore di campane, ancora una volta il lettore guarda il commissario
molto da vicino, attraverso gli occhi della moglie che sembra quasi adorarlo.
Il suo sguardo scorre lungo i solidi pettorali, il ventre piatto, le gambe muscolose: beh, è un uomo niente male, il suo.“Peccato solo per quella bocca perennemente corrucciata, assolutamente desueta al sorriso, che finisce per inasprire irrimediabilmente i lineamenti” pensa, tornando velocemente a risalire il corpo. Fino a incontrare gli occhi.
L’uomo appare vigile, impettito, con una personalità forte e
determinata, poco incline alla delicatezza e alla tenerezza ma in grado di
trasmettere emozioni e sensazioni che ti restano addosso. Lei non sembra poter
rinunciare a lui nonostante sappia che c’è qualcun’altra. Tutto questo non cambia e non
smuove il suo desiderio.
E fiumi di passione talmente intensa, talmente profonda, talmente oscura, da metterla sovente a disagio. Una corrente che però, da qual- che anno, sembra essersi alquanto placata, riprendendo a scorrere con l’antico impeto solo a tratti: un torrente nella stagione secca, tumultuosamente rianimato, in certe occasioni, da improvvisi temporali estivi. In questo secondo racconto Cardona è alle prese con un omicidio piuttosto classico: la morte del parroco del paese.
Ma chi è il suonatore di campane? E’ proprio l’assassino.
L’indagine non sarà così semplice come appare soprattutto perché personaggi
apparentemente innocenti avranno molto a che fare con una storia che cela inquietanti
segreti.
Anche qui il commissario si confronta con Diana e ancora una volta
emerge la particolarità del loro rapporto basato molto sul gioco e sulla
complicità.
Patrizio Pacioni scrive in modo piacevole e cattura l’attenzione con uno schema
narrativo immediato e che non si perde in banalità inutili. La prontezza e la
freschezza della scrittura conquistano il lettore e lo avvicinano in modo
naturale e spontaneo, alimentando la curiosità fino alla fine. Le personalità
dei protagonisti sono espresse in modo completo e diretto. La figura centrale
di Cardona è il fiore all’occhiello di tutti i racconti che acquistano
consistenza, interesse e vigore proprio grazie al carattere passionale ma fermo
e deciso dell’uomo che non a caso viene soprannominato il leone.
Intrighi e misteri, sangue e rivendicazioni, apparenze e verità, tutto
si concentra in queste pagine che accompagnano il lettore in una narrazione avvincente
che non manca di ironia e di battute che colorano l’aria di sorrisi ma anche di
ombre, rispettando alla perfezione lo stile tipico di questo genere di racconti
che non deludono.
Salve
Patrizio, grazie di aver accettato questa intervista e benvenuto!
Patrizio Pacioni |
1 - Cosa significa per lei scrivere e quando ha iniziato
seriamente a farlo?
Scrivo
praticamente… da sempre. O meglio, ricordo di avere cominciato a farlo non
appena qualcuno mi mise una matita in mano. All’inizio raccontai storie prima a
me stesso, proseguendo fin quando non mi risultò troppo difficile tenerle
dentro. Poi cercai il mio primo pubblico in chi stava vicino, in famiglia e a
scuola. Mi piace pensare che le storie, in me, sono come il petrolio: sono lì
che aspettano di zampillare fuori… e non credo che il “giacimento” possa
esaurirsi troppo presto!
2 - Cosa rappresentano per lei questi racconti? A cosa si è
ispirato per scriverli?
Alla
vita, semplicemente. Che è cambiata molto, nel corso dei secoli. Una volta un
narratore doveva cercare di arricchire la realtà con la propria fantasia. Ora,
invece, al cospetto di ritmi sempre più sincopati e di eccessi che superano in
continuazione se stessi, credo che la vera sfida per uno scrittore sia quella
di riuscire a raccontare con sufficiente approssimazione, nella fiction, gli
accadimenti pazzeschi che ogni giorno si succedono nel mondo, nelle strade e anche
nel chiuso delle case, al riparo da occhi indiscreti.
3 - In cauda venenum racconta di un luogo fumoso ed oscuro, dove avvengono vicende intricate
e si muovono personaggi che non sono modelli di onestà e moralità. Quali sono i
temi, gli argomenti, i sensi più nascosti che si celano dietro queste trame?
Non so se il diavolo esista
realmente. Quel che so di certo, però, è che esiste il Male. Quello con la M
maiuscola, una specie di respiro oscuro che, continuamente, cerca di corrompere
gli orientamenti e i comportamenti di uomini e donne. La tentazione di avere
tutto, e di averlo nel minor tempo e con la minore fatica possibili. L’invidia
per ciò che possiedono gli altri. La mormorazione, vale a dire quel sordo
rancore che nasce dalla consapevolezza dei propri errori non emendata dalla
volontà di riscatto. Di questo io racconto, facendone un concentrato nelle buie
strade di Monteselva: di quella spietata lotta interiore ed esteriore che si
combatte ogni giorno tra le buone inclinazioni (che pure esistono, grazie a
Dio) e l’atavica attrattiva del buio.
4 –Qual è il messaggio o i messaggi
che i lettori dovrebbero cogliere?
Sono da sempre convinto che, per
uno scrittore, “trasmettere messaggi” ai
propri lettori non rappresenti un obbligo (quanto a questo attribuisco un
grande valore anche alla letteratura di evasione, se davvero buona) ma, semplicemente,
qualcosa d’inevitabile. Nel momento in cui si mette in circolazione un testo
che migliaia di altre persone potranno conoscere e assimilare, automaticamente
ci si carica di una grande responsabilità. Vedo il libro come una zolletta
sulla quale, grazie alla dolcezza zuccherosa di una trama attraente e ben
congegnata e di una scrittura di buona qualità, si possono mascherare sapori
ben più aspri e amari: che siano medicine, oppure veleni, sta all’autore
deciderlo. Per quanto mi riguarda mi sono servito dei miei romanzi per trattare
temi che mi stanno particolarmente a cuore: dal ripudio di ogni tipo di
violenza (in specie quella vilmente esercitata sui soggetti più deboli) e
discriminazione, a spunti di giustizia sociale e civile e all’eterno dilemma
tra integrazione e integralismo. Proprio a partire da “In cauda venenum” (dove
viene affrontato con forza il tema della pedofilia e delle sue devastanti
conseguenze) questo processo è destinato a estendersi più compiutamente anche
alle prossime indagini del commissario Cardona.
5 – A cosa si è ispirato per il
personaggio di Leonardo Cardona?
A me stesso. Cardona, a ben
vedere, è un coacervo delle (poche) virtù e dei (molti) vizi che mi riconosco,
nonché degli aspetti della mia stessa personalità che più amo e di quelli che più
detesto, in pratica di tutto ciò che vorrei e non vorrei essere. Facile
immaginare, a questo punto, che tra me e il Commissario si sia instaurato un
rapporto ambivalente intessuto di amore e odio. Di quelli destinati a durare di
più nel tempo, a quanto mi dicono.
Patrizio Pacioni |
6 – Qual è il personaggio che ama di più dei suoi racconti e
quello che proprio non sopporta?
Confesso di provare una
grandissima simpatia e un particolare affetto per l’agente Gaetano Gargiulo, il
sempre disponibile e fedelissimo collaboratore di Cardona. Ciò che mi ha
conquistato, in lui, è la ingenua e disarmante semplicità con la quale riesce
ad affrontare anche le più spinose complessità della professione di poliziotto
e le brutture del crimine. Sembra che possieda, beato lui!, un inesauribile
flacone di diluente aromatizzato alla serenità; un ausilio che, in ogni
occasione, gli consente di sciogliere senza fatica le acide incrostazioni che,
giorno per giorno, aggrediscono la nostra vita e la nostra anima.
Probabilmente, in lui, ho sublimato quel figlio maschio che non ho mai avuto:
generoso, energico, a volte troppo irruento. Per quanto riguarda il settore
“antipatie e incompatibilità di carattere”, invece, nessun dubbio: il sindaco
di Monteselva, signor Alessio Tirabassi, omuncolo senza scrupoli né principi
morali, arrogante, ignorante nell’anima, corrotto al limite del marciume, è
proprio una di quelle brutte persone con le quali, nel reale non si vorrebbe
mai avere a che fare. E invece, purtroppo, di tipi come lui ce ne sono in giro
anche troppi.
7 - Cosa pensa del selfpublishing e
della pubblicazione con una Casa Editrice?
Questa è
una di quelle domande che, da sole, potrebbero riempire un’intera intervista.
Siccome, in questo caso, così non è, cercherò di esprimermi il più
sinteticamente possibile. Cominciamo con il dire che nel nostro amato Paese,
popolato da scrittori più che da inventori e naviganti (e forse anche che da
lettori), è cresciuta una sterpaglia di iniziative pseudo-editoriali e
semi-dilettantistiche che hanno per scopo principale, se non unico, quello di
creare un prodotto destinato unicamente e a caro prezzo agli sprovveduti che a
esse si rivolgono. Stampatori mascherati da editori, insomma, che della qualità
dei testi loro presentati si curano poco e niente. Con il risultato di ingenerare
speranze infondate destinate, inevitabilmente a sfociare in amarissime
disillusioni. Dall’altra parte c’è l’Editoria istituzionale: le sette (o giù di
lì) sorelle che si spartiscono la commercializzazione della cultura scritta in
Italia. Con loro c’è una garanzia di qualità del prodotto finale almeno
decente (anche se mi capita spesso di
sorridere al pensiero che “un editing esasperato è quella pratica che fa di un
cattivo libro un libro discreto e di un capolavoro -pure- un libro discreto” ).
Peccato che, col passare del tempo, le suddette sorelle si siano per così dire
ingessate su politiche di mero profitto, chiuse alla ricerca delle eccellenze e
dell’autentiche novità. Così da produrre, fatte le debite eccezioni, un’omogeneizzazione
dell’offerta letteraria intollerabilmente insipida, basata su scelte di nomi
fatte più in ottica di prospettive promozionali che non di validità intrinseca
della scrittura. Senza contare il “manuale Cencelli” letterario utilizzato per
gli inviti ai Festival più prestigiosi in chiave meramente spartitoria, nonché
l’assegnazione dei maggiori premi e riconoscimenti nazionali, che risulta ormai
davvero indigeribile. Se un anno si afferma una pubblicazione Mondadori il
successivo toccherà a Rizzoli, poi a Feltrinelli… e così via. Bisognerebbe
trovare una via di mezzo, e qualche editore e qualche manifestazione (mi viene
in mente Caffeina di Viterbo) potrebbero rappresentare una buona base di
ripartenza. Sono sempre stato ottimista per natura, dunque… speriamo bene.
8 - Di che colore è il suo libro e se dovesse associarlo ad un
odore, quale sarebbe?
Nero. Corredato
dalla surreale e bellissima illustrazione del pittore-illustratore Gi
Morandini, un autentico talento con il quale spero d’intraprendere un percorso
comune: qualcosa che mi piace chiamare “Progetto Monteselva”, tanto per buttare
un sassolino nello stagno. L’odore che associo a In cauda venenum, invece, è
quello rilasciato dalla terra arida nell’imminenza di un temporale, con l’aria
carica di minacciosa elettricità.
9 - Quali emozioni prova mentre scrive?
Quelle
che provano i miei personaggi, in cui m’immedesimo totalmente. Assaporando quel
privilegio divino di cui solo uno scrittore e il suo lettore possono godere:
quello di vivere, oltre alla propria, tante altre vite.
10 – Chi è Patrizio Pacioni nella vita di tutti i giorni?
È un uomo curioso e con molti interessi. A volte mi viene da pensare
che siano persino troppi. È uno che vive un’esistenza piena, spendendone però parte consistente a
osservare ciò che lo circonda, ambienti e persone, e a prenderne nota,
riponendo mozioni e sensazioni acquisite in un cassetto segreto, dove poterle
andare a riprendere al momento giusto, quando si tratta di creare qualcosa di
nuovo. È anche,
infine, un uomo che ha imparato, a sue spese e (purtroppo) a spese anche di
altri, quanto sia importante, direi essenziale, mitigare egoismo, narcisismo e
voglia di apparire nell’ottica di un assoluto rispetto del prossimo. Non che ci
riesca sempre, ahimé, perché certi difetti, col passare del tempo, trasmutano
in tentazioni che, come tutte le tentazioni, risultano tenaci e irriducibili.
11 – Perché i lettori dovrebbero leggere le sue storie?
Questo
bisognerebbe chiederlo a loro. Io posso riportare alcuni positivi riscontri che
ho ricevuto nel corso della mia lunga militanza letteraria: “la narrazione”, a
quanto mi dicono, “è originale e ben congegnata e i personaggi appaiono ben delineati;
la scrittura fluida rende gradevolmente scorrevole la lettura; nel corso della
storia vengono toccati diversi registri narrativi, mantenendo però un costante
equilibrio”. Trovo tutto ciò esagerato per uno come me che, più realisticamente,
si considera un umile artigiano della parola. Non posso negare, però, che certi
apprezzamenti sono carezze davvero dolci. Delle critiche (che pure arrivano numerose,
com’è giusto che sia, e talvolta taglienti da fare male), invece, faccio
tesoro, ma non mi chieda di diffonderle pubblicamente: non sono masochista. Non
a questo punto, almeno.
12 – Le chiedo di lasciarci con una citazione estrapolata dai
suoi racconti che vuole leggano i lettori.
Estrapolare
una frase dal contesto di un romanzo può rappresentare un azzardo depistante. Se
mi si consente, preferisco invece chiudere con il mio motto: “A writher is larger
than life” . Perché è esattamente così che la vedo: uno scrittore non può
limitarsi a percorrere esclusivamente i binari ordinari che propone ogni giorno
l’esistenza. Deve andare oltre.
Ciao Antonietta :-* non conoscevo questo autore, ma i suoi racconti sembrano interessanti e ben articolati..E poi sai che gialli/polizieschi mi affascinano sempre..
RispondiEliminaBella anche l'intervista.. in particolare concordo in pieno con l'autore sulla risposta riguardo le case editrici :)
Un bacione :-*
Ciao Maria! <3 Anche io come te adoto i polizieschi e i gialli per questo ho letto con molto piacere questi racconti e il commissario Cardona.
EliminaGrazie per essere passata!
Un abbraccio forte :****
Ciao Antonietta e grazie per questo Tuo positivo riscontro . Spero di darti presto occasione... di tornare tra gli intrighi e i misteri di Monteselva.
EliminaPatrizio Pacioni
Gemellina mia eccomi <3 Credevi che me ne sarei dimenticata che questo giorno è super speciale? Me lo hai scritto in un commento e fb ha come sempre messo lo zampino e quindi eccomi qui felice nel poterti augurare il più splendido compleanno del mondo, ricco di ogni gioia e di felicità! Ti auguro tutto ciò che il tuo cuore desidera, un mega abbraccione di cuore ed uno schioccantissimo bacione <3
RispondiEliminaDolcissima Ely, grazie di cuore! Grazie, grazie, grazie come già ti ho scritto, credo, ovunque! <3
EliminaSai che la tua presenza e le tue parole mi sono di grande sostegno e soprattutto leggere i tuoi pensieri sul tuo blog è sempre un grande piacere!
Un abbraccio grandissimo e un bacio fortissimo! <3<3<3