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martedì 19 aprile 2016

Plastic Shop di Andrea Campucci Recensione

Buongiorno! Grazie alla Leone ho letto Plastic Shop di Andrea Campucci, un romanzo molto particolare che mi incuriosiva tanto. Ironia e sarcasmo sono le doti principali di questo libro che vi mostrerà il vero volto degli outlet che sono diventati non solo la seconda casa degli italiani ma lo specchio filtrante dei nostri valori o meglio disvalori. Tra regali, sconti, capi firmati, manichini e incubi, un viaggio che non vi aspettate.


Titolo: Plastic shop
Autore: Andrea Campucci
Editore: Leone
Pagine: 160
Genere: Romanzo
Prezzo: 9,90
Uscita: marzo 2016

TRAMA


Il pomeriggio di un giorno di festa cinque amici decidono di fare una visita all’outlet di Barberino del Mugello. Qui si ritroveranno a tu per tu con un’umanità alienata, in un villaggio commerciale che ha tutta l’apparenza di un mondo di plastica. Sconti e promozioni natalizie ai quali seguiranno abusi di alcol e droghe porteranno il narratore a vivere un’esperienza allucinata, e tutti, dai clienti ai manichini nelle vetrine, si trasformeranno in sinistre presenze in grado di far riaffiorare manie, paure e ossessioni. Fino allo scoppio di un temporale, verso sera, e all’arrivo di un carro attrezzi che riaccompagnerà a casa i cinque protagonisti.

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Plastic Shop di Andrea Campucci è un romanzo particolare, capace di mescolare diversi stili e approcci alla realtà che ti consegnano una storia nella quale puoi trovarci una sana e dissacrante ironia accompagnata da una serie di riflessioni tanto argute ed intelligenti da non sottovalutare. 
L’ambientazione è di quelle più inusuali ed apparentemente innocue: un outlet. Lì si racchiude tutto il significato dell’intreccio e anche la subdola ed avvincente intenzione dell’autore che propone al lettore più sprovveduto un’innocente visita ad un comune centro commerciale che lentamente ed inesorabilmente, con sua inquietante sorpresa e mancata avvedutezza, si trasformerà in un incubo ad occhi aperti. 
Ma quell’incubo ha per tutto il corso della lettura un preciso significato ed un altrettanto indiscutibile senso: criticare con sarcasmo la realtà che ci circonda e la nostra società, partendo proprio dal basso, ossia dall’istinto naturale dell’uomo di fare acquisti, dietro il quale si cela la sua vera natura, pronta a farsi strada senza remore. 
Il protagonista, insieme al suo gruppo di amici, un pomeriggio qualunque alle porte del Natale, si reca nell’outlet più famoso della Toscana perché deve comprare un regalo a suo fratello che vive nel Nord Europa. Dunque, quale migliore scusa per recarsi nel mondo dei sogni, tra sconti, slogan ammiccanti, voci sensuali e femminili agli altoparlanti che ti invitano nei negozi dove spiccano gli sconti più gustosi, con toni torbidi e accondiscendenti? 
Un’avventura che inizia in modo tranquillo e sornione e che poi si rivela, ora dopo ora, come il viaggio più allucinatorio che i protagonisti abbiano mai fatto.  
Lo stile dell’autore è prolifero, pieno di termini poco usati, meticoloso e dettagliato. Descrittivo in modo quasi disumano, capace di riprendere ancora di più che con una telecamera, ogni minimo dettaglio di quel luogo utopico e di tutti i suoi pseudo abitanti. 
Un linguaggio pieno di aggettivi che ti permettono di visualizzare tutto con estrema chiarezza, senza un minimo di riluttanza; le visioni si susseguono diventando sempre più allucinatorie grazie al fumo e all’alcol.  
Mentre leggi è come se fossi bombardato dallo scorrere dei caratteri neri sulla pagina e dal loro senso esplosivo, eccezionalmente dinamico, che ti strappa il valore compiuto della realtà per regalarti attimi di pura e rigenerante follia.
Si riscontrerà quindi la presenza, statisticamente comprovata, di branchie di charlie, di ivan e natasha, e di infibulate.
Il protagonista effettua una sorta di analisi degli avventori che a lui si accompagnano in quel pomeriggio apparentemente normale, suddividendoli in tre categorie, che mettono ancora una volta in evidenza l’irriverenza dello stile e la sottile permanenza di commedia dietro cui si nasconde una profonda drammaticità.  
E’ tutto molto scenografico, colorato, pieno di luci e di suoni, siamo nel periodo Natalizio e la scelta dell’autore non è casuale. Quale momento migliore per vivere a fondo e in modo pazzo e persino assurdo la corsa ai regali, il clima festante, l’orgoglio di essere cittadini di un outlet che rappresenta metaforicamente la nostra società piena di automi, di manichini, di assenti col cervello pensante che hanno l’unica preoccupazione di cogliere il miglior sconto e di portarsi a casa il capo firmato? 
Più di una volta ho avuto la sensazione di trovarmi davanti un fumetto con delle vignette in grado di spararmi direttamente nel cervello i movimenti, le azioni ed i discorsi dei personaggi, tutto in modo sempre molto baldanzoso, critico ma mai noioso. 
Sottili elucubrazioni travestite da sfottò e da parolacce sono il fiore all’occhiello di questo romanzo che fa sorridere e ti lascia interdetto di fronte alla verità feroce di talune considerazioni. I valori del nostro mondo e della nostra vita sono i primi ad essere messi in discussione. Non esistono più se di fronte abbiamo tutti la stessa insensibilità e la stessa assenza di pudore che ci spinge a pubblicare foto di camerini mentre siamo svestiti e addirittura in mutande. Questa considerazione dell’autore mette in evidenza il suo totale disprezzo per l’atteggiamento esclusivamente commerciale e mediatico non solo della nostra società ma di noi stessi, pronti a svendere ciò che abbiamo di più privato per che cosa? Bella domanda. 
Che si tratti di un villaggio in cartongesso come questo o di incantevoli portali di shopping on line non fa differenza. Quello che hanno in comune, ossia l’infinita espansione delle possibilità comunicative dell’uomo, si porta dietro anche l’infinita espansione dei suoi disvalori. 
Argomenti come l’omosessualità e l’essere vegani vengono affrontati in modo apparentemente distaccato ed anonimo, con una certa nonchalance, laddove, al contrario, nascondono un preciso scopo di annientamento dell’opinione banalizzata del vivere sociale. 
Il viaggio fatto di incubi e meraviglie accompagnato da strane figure parlanti e da un improbabile e mistica sacerdotessa, viene continuamente ombreggiato dalla presenza dei perturbanti, il nome con il quale il protagonista chiama i manichini. Sono loro ad incutere terrore e timore e a rendere quel mondo di plastica ancora più inquietante. 
Ripensandoci non ho mai visto tanta oscenità in un unico ambiente. Ma è nei luoghi apparentemente insospettabili che esplodono in tutta la loro inconsolabile desolazione i desideri irrisolti di un’intera società. 
Andrea Campucci ci consegna un romanzo per tutti coloro che non amano le cose troppo serie, che si dilettano a leggere qualcosa di divertente ma che non sia spassionatamente inutile. Per coloro che credono che l’ironia ed il sarcasmo siano l’arma vincente per scrostare la crosta di illegalità e di corruzione nella quale la nostra società ci ha imbalsamati, plastificando i nostri pensieri e rendendoci dei perturbanti. 

Occhi aperti su Plastic shop che vi mostrerà il vero volto degli outlet, diventati ormai simbolo di mondi paralleli pieni di merci semplicemente da acquistare con tanti soldi, naturalmente. Dietro quel mondo sognante si nasconde l’Orrido Abisso, il vero volto del male che una volta smascherato, nasconde un viso che conosciamo tutti molto bene. Non è vero?

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