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giovedì 18 maggio 2023

Recensione: STREGA di Johanne Lykke Holm

Buongiorno! Grazie alla collaborazione con la casa editrice NNeditore, oggi vi parlo di Strega di Johanne Lykke Holm candidato al Premio Strega Europeo.

strega

di Johanne Lykke Holm
Editore: NNeditore 
Pagine: 196
GENERE: Narrativa contemporanea
Prezzo: 8,99€ - 18,00
Formato: eBook - Cartaceo
Data d'uscita: 2023
LINK D'ACQUISTO: ❤︎
VOTO: 🌟🌟🌟🌟🌟 

Trama:
Rafaela ha diciannove anni quando raggiunge la città di Strega, sulle Alpi, per lavorare all’hotel Olympic come cameriera. I giorni sono scanditi da una ferrea routine dettata da Rex, Toni e Costas, le tre istitutrici, che insegnano a Rafaela e alle altre ragazze a lavare, cucinare e preparare le camere. Ma gli ospiti tardano ad arrivare, e l’albergo rimane vuoto. Nell’attesa, le ragazze si prendono cura l’una dell’altra mentre camminano nel bosco, fumano di nascosto e ammirano le montagne, ma nel loro addestramento si insinuano regole sempre più rigide che condizionano gesti, comportamenti e desideri. Rafa e le altre cominciano a sentirsi un solo corpo, ad avere tutte gli stessi incubi. Finché l’arrivo dei primi ospiti fa precipitare gli eventi: Cassie, una delle ragazze, scompare e l’atmosfera a Strega diventa sempre più inquietante per Rafa, che insieme all’amata Alba inizia a meditare la fuga. Strega è una moderna fiaba gotica, un’inquietante allegoria della cultura patriarcale, fatta di riti e sacrifici tramandati da una generazione all’altra. Con una scrittura suggestiva e sensuale, Johanne Lykke Holm racconta della violenza che si insinua nella vita delle giovani donne, e del coraggio necessario per spezzare quella catena di sottomissione e ritrovare la libertà.

RECENSIONE

Strega è un romanzo che ti lascia stranito. Lo stile è talmente scorrevole che lo leggi e non ti accorgi che le pagine scivolano via come se bevessi un bicchiere d’acqua e come se di quell’acqua tu ne avessi un doloroso bisogno. 

Strega è un paesino disperso tra le montagne dove si trova un hotel in cui va a lavorare Rafaela, una ragazza di diciannove anni. Insieme a lei ci sono otto giovani donne che non sanno nulla della vita e che vengono mandate in quel luogo per imparare un mestiere. Ogni giorno è pieno di azioni che si ripetono una dopo l’altra

Un luogo che sembra abbandonato dove si lavora e si impara per l’arrivo degli ospiti, che non arrivano mai. Uomini e donne, i cui volti diventano gli unici esistenti sulla faccia della terra che insegnano a Rafaela e alle sue colleghe cosa fare e come farlo al meglio. Non c’è molto di cui parlare tra di loro. Sono tutte giovani che vengono da posti diversi e che hanno il loro bagaglio di esperienze. 

Ciò che è interessante è il punto di vista della protagonista che mette subito in luce un aspetto fondamentale del romanzo: la percezione della figura della donna. Già dalle prime pagine, Rafaela vede il suo viso riflesso nello specchio e pensa a tutte le donne accennando a una categoria di pensiero che stigmatizza la figura della donna. Un letto sfatto, sangue e mutande farebbe subito pensare a una scena di femminicidio. Ecco allora la chiave di lettura del romanzo: secondo Rafaela la vita di una donna può trasformarsi nella scena di un crimine da un momento all’altro.“Non avevo capito che vivevo già in quella scena del crimine, che la scena del crimine non era il letto, ma il corpo, e che il crimine era già avvenuto.” 

È questa una della conseguenze di una società patriarcale: nel corpo e nell’identità della donna è già scritto il suo destino, un destino che inevitabilmente deve finire male. Il rapporto con il suo corpo è controverso, più di una volta Rafaela si disprezza sentendosi inadeguata, vedendosi come un mucchio di carne e ossa che odora di sudore e spezie, senza alcuna dignità. – “Che umiliazione, pensai, vivere in questo corpo.” 

Insieme alle otto ragazze che vivono con lei, comincia a conoscere il luogo che la circonda e si confronta con le altre scoprendo che hanno la stessa età e gli stessi pensieri. Nessuna di loro vuole in realtà fare la domestica, ma non vuole nemmeno fare la moglie. Figlie di madri che lavorano e di padri spariti nel nulla, sono state spedite lì per imparare un mestiere, per prendere parte alla società, per rientrare in un ruolo definito dal controllo patriarcale. Ma nessuna di loro ha scelto quella vita. Anzi, su di loro gravita anche il senso di colpa perché ognuno dei loro parenti ha dovuto vendere qualcosa, un gioiello o roba simile, per ottenere i soldi per spedirle in montagna, perché costa. Tutti credono che non può esistere un futuro degno di essere vissuto se la donna necessariamente non rientra nei ruoli prestabiliti, e adempie ai suoi doveri. – “Ci picchiavano con l’oggetto sconosciuto sulle piante dei piedi.” 

Il destino di Rafaela e delle altre è accudire bambini, gestire una casa, stare al fianco di un uomo, magari senza aprire bocca, e ripetere ogni santo giorno gli stessi movimenti. Più passano i giorni, e più i segreti dell’hotel vengono fuori, il passato in cui ci vivevano delle suore e le antiche dicerie sul loro conto. 

L’apparente tranquillità viene disturbata dalla scomparsa di una ragazza. Nessuno sa che fine abbia fatto, eppure non vengono effettuate delle vere e proprie ricerche, tutto sembra andare avanti per inerzia come se il destino di ognuna di loro fosse già scritto. 

Lo stile dell’autrice è asciutto, ma spesso sensoriale e onirico. È un romanzo che tende al gotico e a quel tipo di scrittura che abbraccia i sensi e mira a compenetrare realtà e sogni. Conosciamo i pensieri della protagonista attraverso l’impatto dei suoni e dei colori sulla sua visione del mondo. È un romanzo pieno di sensazioni e di emozioni che giungono direttamente da ciò che la circonda. È come se ai pensieri dei personaggi si mescolassero le voci dei luoghi. Questo è un romanzo in cui i luoghi hanno un potere straordinario. Parlano attraverso le sensazioni belle o inquietanti che trasmettono. L’autrice è il filtro attraverso cui veniamo a conoscenza di questa realtà così misteriosa che però, non si lascia mai scoprire fino in fondo. – “I giorni passavano, ma gli ospiti non arrivavano.” 

Strega è un luogo che a tratti diventa persino fantastico, che sembra inghiottire i corpi e le anime di chi ci abita, oppure li sputa fuori, come fa con Rafaela che alla fine riesce a conquistare la sua libertà. Ma non dopo aver attraversato quel cammino oscuro che la condurrà a scontrarsi con gli emblemi del patriarcato, con quella consapevolezza che la donna può scegliere se vivere una vita decisa dagli altri oppure farsene una propria, nonostante sappia che da un momento all’altro quella vita può finire. 
Per volere di un uomo o per volere della stessa società. 

Quando Rafaela, verso la fine del libro, immagina che ogni donna vive aspettando il suo assassino, come se nel suo destino di femmina fosse già marchiata la sua condanna a essere vittima, non intende soltanto un assassino reale, ma l’assassino che rappresenta la società quando intende inglobare la donna in determinati ruoli e doveri. 

Ho trovato questo romanzo a suo modo liberatorio, aperto, anticonvenzionale. Ti permette di vedere la società e i suoi dogmi sotto un punto di vista diverso, camminando in punta di piedi, e senza fare denunce urlate o urlanti, ma bensì suggerendoti, quasi suggestionandoti lentamente e mostrandoti che molto spesso noi donne siamo “portate” a sottometterci rivestendo ruoli per convenzione, non perché ci crediamo, ma perché sono comportamenti che abbiamo interiorizzato. 

Strega è un paese. 
Ma è anche una ribellione. 
Un atto di coraggio come lo è la scrittura in ogni sua forma. 
Questo libro riesce laddove altri hanno fallito. 
Suggerisce e non minaccia. 
Sussurra e non sbatte in faccia. 
Chiede ascolto e non pretende nulla. 
In cambio, però, ti lascia una sensazione di completezza. 
Chiudi le pagine e sai di aver compreso. 
Tutto. 
E ringrazi chi l’ha scritto perché questa volta lo hai fatto senza pressione alcuna.

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