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giovedì 20 gennaio 2022

Recensione: DONNE CHE SFIDANO LA TEMPESTA di Myrta Merlino

Buongiorno! Grazie alla collaborazione con la casa editrice Solferino, oggi vi parlo di Donne che sfidano la tempesta della giornalista Myrta Merlino, in cui vengono raccontate le storie di tante donne, famose o meno, che hanno attraversato la pandemia.

donne che sfidano la tempesta

di Myrta Merlino
Editore: Solferino
Pagine: 209
GENERE: Narrativa d'inchiesta
Prezzo: 9,90€ - 17,00
Formato: eBook - Cartaceo
Data d'uscita: 2021
LINK D'ACQUISTO: ❤︎
VOTO: 🌟🌟🌟🌟🌟 

Trama:
Le donne. Perennemente inchiodate a quell’avverbio: «ancora». Ancora non sono alla pari, ancora non sono libere del tutto, ancora pagano il peso della storia scritta dagli uomini, ancora prestano la voce a chi non ha la forza di urlare, ancora fanno notizia se ottengono il posto che spettava a un maschio. Qual è oggi il posto che le donne occupano nella scacchiera della società? Con la pandemia del 2020 qualcosa è cambiato: un virus ha sbriciolato molte certezze ma ha portato in evidenza il ruolo fondamentale e il carattere unico delle donne. Scienziate come Ilaria Capua, grandi testimoni come Liliana Segre ma anche infermiere, cassiere, precarie, casalinghe, impiegate e molte altre. Tutte in prima fila contro un nemico invisibile, con molti oneri e pochi diritti. Myrta Merlino ne ha raccolto le voci di sofferenza e di ribellione, di ingiustizia e di speranza, di dubbi e paure, di vite rivoluzionate e capacità di resistere, componendo un grande ed emozionante racconto collettivo della condizione femminile. Per rilanciare la battaglia di un riscatto inevitabile e necessario. «Siamo sorelle» che camminano insieme per sentirsi meno sole, che sentono le battaglie delle altre come fossero loro perché la generosità è contagiosa e spinge a lanciare cuore e cervello oltre l’ostacolo in una nuova stagione di affermazione e responsabilità.

RECENSIONE

Donne che sfidano la tempesta nasce dall’idea di sorellanza. Una bella parola, vero? Credo nell’intento della giornalista Myrta Merlino di voler dare consistenza a questo concetto scrivendo un libro dove riporta pezzi delle lettere che gli sono state inviate. A esse si accompagnano i racconti delle vite di queste donne, alcune famose, altre decisamente meno, che vivono la pandemia. 
Il covid, dunque. Ebbene, sì. 

Molti leggono per evadere. La maggior parte, credo. Io leggo anche per evadere. Ma soprattutto per sapere, conoscere, entrarci dentro con la testa laddove non posso materialmente. E così, io sono una di quelle persone che non chiudono gli occhi. Non li ho mai chiusi. Per molti, leggere di un libro sulle conseguenze della pandemia sulle persone comuni, non è una bella esperienza. Anzi, alcuni di voi, evitano queste letture, perchè ne abbiamo le scatole piene grazie ai sistemi di comunicazione, al governo, e a quant’altro. 
Ma a me non basta. Forse sono un po’ masochista. 

La giornalista racconta la storia di Annalisa, la prima anestesista che comprende la necessità di un tampone, quando i tamponi non esistevano in Italia, nel momento in cui il primo paziente malato di Covid, Mattia di Codogno, viene portato in ospedale. È grazie a lei che capiamo che il Covid ha raggiunto anche il nostro paese. Le dissero che l’ospedale si scaricava di qualsiasi responsabilità in merito a quel tampone non richiesto e non dovuto, e che lei, semplice anestesista, si sarebbe presa tutto il carico. Annalisa accettò e grazie a lei abbiamo aperto gli occhi. 

La seconda storia è dedicata ad Angela, orfana di una mamma morta nella RSA. Un altro scandalo in cui gli anziani ci sono andati di mezzo. Per lungo tempo ignorata la malattia della donna anziana, mesi per fare un tampone e una totale incompetenza da parte di tutte le autorità che portano alla morte la donna. 

 
La morte ci accomuna, ci rende fragili, 
ma simili.

Peccato che per poco tempo la gente si sia resa conto di tutto questo. Dopo qualche mese di lockdown, dove le persone hanno rispettato le regole più per paura per loro stesse che per proteggere gli altri, siamo tornati al totale disinteressamento e all’egoismo più puro. E come disse un filosofo proprio all’inizio della pandemia: non ci sarà un aumento di solidarietà dopo questa brutta esperienza, perchè la gente dimentica. Tutto. 

C’è anche Ilaria Capua, il primo medico ad aver ammesso la pericolosità del Covid, quando tutti gli altri la negavano. Ho scoperto la storia di Ozlem Tureci, donna turca trapiantata in Germania, fondatrice insieme al marito della BioNThec, la prima azienda ad aver prodotto il Pfizer, vaccino contro il Covid. Una donna che aveva un sogno: trovare un vaccino contro il cancro all’esofago e allo stomaco. Ecco perchè appena è scoppiata la pandemia tutti gli sforzi dedicati a questo progetto si sono spostati vero la prevenzione del Covid. 

E poi ci sono tante storie di donne normali. Insegnanti, infermiere, donne che fanno i corrieri per Amazon, che hanno agriturismi e non sono state aiutate dallo stato. Ma anche donne che sono morte sul posto di lavoro durante la pandemia e il loro caso è passato inosservato nonostante la gravità. 
Una lettura che non è stata semplice. Bisogna affrontarla con consapevolezza. Forse per molti è ancora troppo presto, o magari è il momento giusto per metterci questa storia alle spalle. Ma purtroppo le sofferenze che hanno patito queste persone, quelle abbiamo patito tutti, non possono essere cancellate con un tocco di bacchetta magica. 

La storia dell’infermiera Michela divenuta famosa grazie a una lettera indirizzata al Presidente Conte dove rifiutava con tutta se stessa i 100 euro dedicati agli operatori sanitari. È proprio attraverso le sue parole, di chi ha vissuto da vicino quali sono le vere sofferenze, che 100 euro proprio non ci stanno. Lei non li vuole. Li rifiuta. È la sua umanità a parlare. La sua dignità, ma soprattutto la sua stanchezza. 

Avete mai riflettuto sulla paura? Certo che sì, vero? Sulla vostra paura, naturalmente. Ebbene c’è un altro tipo di paura a cui nessuno ha pensato. Il governo ha regalato un pensiero, seppur di pura apparenza, agli operatori sanitari, ma la gente che lavorava nei supermercati durante tutti quei mesi di lockdown? Gente senza protezione, quando le mascherine non si trovavano, che era costretta a stare dentro quei luoghi definiti i principali portatori di contagio, (come dimenticare quando ci hanno tartassato nel dover sanificare la spesa?), senza nulla che li proteggesse dal mostro chiamato Covid. Quando la gente finiva in ospedale e moriva. 
MORIVA.
Loro erano lì, senza fiatare. Senza ribellarsi. E ci sono stati per tutto il tempo necessario. Beh, a loro non dobbiamo riconoscere niente? Nah. Nemmeno il vaccino come categoria protetta. 

Tra le storie, spunta quella di Liliana Segre, e di Ursula von der Leyen, proprio lei la chiave di un Europa che va verso il futuro. 

 
C’è un posto speciale all’inferno per le donne che non aiutano le altre donne.

Il femminismo, dunque, che immagina finalmente la donna al potere. Se per l’uomo è stato sempre un gioco al possesso. L’uomo ha sempre voluto possedere e poi distruggere, per la donna è diverso. La donna desidera, e con il termine desiderio che deriva dal latino de sidera, ossia mancanza delle stelle, la donna si propone come colei che non vuole possedere ma vuole rimettere insieme qualcosa, forse proprio quelle stelle che ci mancano. La sua volontà è quella di far crescere, di ricomporre il mancante, non di prenderlo egoisticamente. 

Purtroppo però, l’ostacolo più grande delle donne, sono le donne stesse. Ciò che mi ha colpito di più di questo libro è la parola sorellanza. Un’utopia per me che non l’ho mai vissuta sulla mia pelle, e sinceramente ci credo poco. Molto poco. Ma senza dubbio, credo nella giornalista che con questo testo ha voluto dare voce e speranza alla sorellanza.

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