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lunedì 21 settembre 2015

Latte acido di Rossella Luongo Recensione

Buon inizio settimana! L’ultima lettura è stata quella di Latte acido, romanzo scritto da Rossella Luongo e inviatomi dalla casa editrice Edizioni della Sera, che ringrazio ancora una volta per la fiducia.
Un romanzo che ripercorre la vita di Roberto, il protagonista, a tratti scioccante in altre estremamente profondo, come soltanto l’amore sa essere, di qualsiasi genere esso sia.


Leggete e lasciatemi le vostre impressioni!



Titolo: Latte acido
Autore: Rossella Luongo
Editore: Edizioni della Sera
Pagine: 125
Genere: Narrativa
Prezzo: € 14,00
Ebook: € -
Uscita: 2012
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Roberto si trasferisce a Bologna per lavoro. Ad aspettarlo c'è Francesca, amica d'infanzia, che lo aiuterà a risollevarsi da un passato torbido e doloroso con lo scambio di una dolce "promessa". Una cronaca di eventi si incastra fino a diventare la denuncia sociale del giovane: dalla solitudine e l'abbandono di un'infanzia negata a un'adolescenza traumatica; dalla relazione incompiuta con sua madre, e contorta con le suore "sconsacrate" del collegio, a quella devastante con la nonna psicopatica che l'ha sottoposto a inconfessabili "giochi". Dopo il distacco dalle sue radici, la morte del padre e il conseguimento di una laurea sofferta, Roberto si trova da solo di fronte alle difficoltà e attraversa una crisi di identità, che lo spinge a verificare la sua identità sessuale. Sentendosi smodatamente attratto dal suo migliore amico, Andrea, con quest'ultimo vivrà una storia disordinata e spiacevole. Attraverso gli occhi del protagonista scorrono le vicende di un gruppo di liceali: i drammi futili, le piccole vittorie, le ipocrisie, i compromessi, i "sogni bucati" quando ci si è resi conto di essere diventati grandi.

Rossella Luongo, Avellino 1971. Svolge la professione di avvocato ed è giornalista-pubblicista dal 1995. Ha realizzato un Ebook di racconti dal titolo “Borderline” (Self-publishing, 2011), riprodotto anche su carta in tiratura limitata. Ha pubblicato le seguenti raccolte di poesia: “Passaggi di piccole cose” (Joker, 2011), “Ipotesi di contrasto”(Giulio Perrone, 2010), “Canti metropolitani” (Samuele, 2009), “La Fata e il Poeta” (Fermenti, 2007). Sito web: www.rossellaluongo.it




Latte acido è un romanzo intenso e scritto in modo fluido e diretto. Rossella Luongo dà voce ad un personaggio maschile facendogli attraversare le scivolose e penetranti strade della sua esistenza, partendo dall’infanzia fino all’età adulta. Roberto è un ragazzo come tanti che però ha vissuto in una famiglia molto particolare, nella quale il padre muore inaspettatamente  e la madre sembra un fantasma, sostituita dalla presenza asfissiante e macabra della nonna.

Dimenticatevi delle nonne dei romanzi, e ancor di più di quelle delle fiabe. La nonna di questo romanzo se l’è mangiata il lupo cattivo, forse quello di Cappuccetto Rosso, vomitando però fuori una creatura storpiata nell’anima, infida nella mente e malvagia nel cuore. Una donna sporca e assolutamente malata che si fa carico di un bambino di cui dovrebbe prendersi cura e proteggerlo, per iniziarlo, al contrario, verso un mondo lascivo e putrido fatto di giochi sessuali strazianti e infangati di cui è davvero difficile persino leggere e comprendere. Un mostro fatto di vecchiaia e rughe, pelle afflosciata e voce stridula, che si trascina il corpo per la casa, il cui tonfo terribile di quelle pantofole logore che sanno di infanzia perduta, riecheggia nella memoria di quel bambino violato ed infossato in quella terra senza perdono.

La sua terra, un paesino del Sud dal quale con gli occhi dei ricordi ci racconta tutto il passato che lo ha visto protagonista, talora di se stesso, altre degli amici e delle sue innamorate compagne. Ora che è grande, che vive a Bologna e che si è costruito una piccola parvenza di normalità, il suono perfido di ciò che è stato e lo ha inevitabilmente condannato, lo relega ad un viaggio a ritroso nel tempo in nome di un riscatto e di una salvezza.

“Io, ultimo della stirpe dannata di Spunteri, resto ancora terrorizzato e violato in quel paese caldo e sporco di spazzatura, fetido come l’inferno, un posto diviso dal resto del mondo dove il ponte con la civiltà sembra essersi spezzato da un secolo. Il paese delle mie violenze, rimaste infossate con gli anni miei più belli, tra le case aggrappate alle falde del vulcano spento.”

Lo stile dell’autrice è scarno, crudo, palpabile. Inizialmente è tutto votato alla descrizione dei primi anni di vita di Roberto, che con l’uso della prima persona, sembra quasi raccontare con un certo atteggiamento distaccato i fatti che lo hanno segnato. Ma non distaccato nel senso di freddo bensì accettato, come qualcosa di meccanico e dovuto, la cui ombra ha spezzato le ali stesse di una crescita che poteva forse essere perfetta. O almeno normale. Il modo di narrare è semplice nel suo terrore, assolutamente probabile nella sua accettazione, un’infanzia bombardata dalla solitudine, dall’incomprensione, dal sopruso, dalla violenza e per questo scarnificata nel peggiore dei modi: in casa. E’ come se Roberto bambino fosse stato privato dell’affetto e della fiducia, nei momenti più importanti del suo abituarsi al mondo circostante. E’ come se la sua carne fosse stata scuoiata e il suo spirito sporcato di melma e fango.

I ricordi che attraversano le sue parole sono bruciati, fumosi, pallidi com’è pallido il colore della morte quando il cuore smette di battere. Un po’ di quel senso di morte, Roberto se lo porta sempre addosso, inquietudine, inconsuetudine, amarezza e decomposizione di un progetto di vita familiare a cui vengono spezzate le gambe ancora prima di nascere.

“Ma la cattiveria del mondo, a volte, è dentro casa nostra e il mostro è in ciascuno di noi, pronto ad azzannare. A uccidere.”

C’è un continuo senso di tremore, di paura, che percorre le pagine, ma è qualcosa di appena accennato, può essere udibile o meno, incastrato in mezzo ai racconti più orridi che si alternano a quelli più felici nei quali il protagonista non solo mette in scena se stesso ma anche gli amici con cui è cresciuto e con i quali ha condiviso gran parte delle sue esperienze.

C’è Francesca, l’amica di sempre e c’è Andrea, il minotauro, l’eroe, quel dio tanto ammirato, per il quale quell’affetto così apparentemente disinteressato sarà capace di creare un inferno nel cuore di Roberto.
La nonna che vitupera il corpo, la madre che uccide lo spirito, il padre che muore portandosi appresso il ricordo dell’unico affetto, la presenza ingombrante di Andrea che diventa la chiave di lettura della vita di Roberto.

Il suo carattere e la sua personalità per buona parte della narrazione si esprimono proprio attraverso l’amico eroe. E’ il contrasto e contemporaneamente l’attrazione che lo legano inesorabilmente a lui che mostrano chi è Roberto e le sue contraddizioni. Andrea è lo specchio debole di Roberto, è il vetro che si frantuma, la carne che si taglia e il sangue che cade a pezzi davanti ad un altare sconsacrato. L’altare dell’amicizia che diventa peccato.

Un rapporto contorto, che li ha visti condividere tutto tranne le donne perché mentre Andrea è accattivante, sensuale, un inarrestabile conquistatore tormentato che non sembra trovare mai pace in nessun abbraccio che gli offrono le sue vittime predestinate, l’altro è talmente chiuso, avvolto in se stesso come un serpente, lontano da qualsiasi approccio con il mondo femminile che alla fine, paradossalmente, non fa che inquietarlo e stranamente turbarlo. Eppure tutte le sue amiche sembrano innamorate di lui ma per Roberto c’è bisogno di qualcosa di diverso, qualcosa che abbia un unico nome e un unico gesto: la vicinanza di Andrea.

Tra viaggi, incontri, chiacchiere, segreti e scoperte, la vita dei personaggi uniti da una stretta e densa amicizia, si dispiega mentre la maturità e la crescita prendono il sopravvento, conducendo ognuno di loro sulla sua strada.

Ho apprezzato molto lo stile dell’autrice fin dall’inizio del suo narrare, anche quando, per questioni ovviamente pratiche, il racconto poteva apparire a tratti monotono, ripetitivo e persino banale, ma saltuariamente era già presente quella consistenza visionaria e poetica che rendeva anche il momento più semplice e naturale in una trasposizione emozionale che catturata dall’esterno, ci veniva data indietro intinta e arricchita con l’anima del protagonista. Il suo particolare modo di vedere che lo rende disagiato, ai margini, costantemente fuori il fluido pullulare della vita. Ma a Roberto mancano i pezzi di un’esistenza filiforme, la sua concezione della realtà è morbosa e sformata, disastrata, contorta, come lo è stato quell’affetto che più che un perdono, è stata una punizione senza avere colpa.

Il sentimento che lo lega ad Andrea l’ho sentito fino in fondo, il modo in cui si è abbandonato ad esso, si è lasciato prendere da un legame che era sbagliato ma non per questo impossibile. Un rapporto in cui l’altro lo dominava e lui si lasciava sottomettere per il solo piacere di prendersi cura di quella creatura che ai suoi occhi era sempre apparsa divina, ma una divinità macchiata dalla superficialità e dalla facile menzogna. Un carro del sole senza un Apollo degno di splendere, perché le nubi nere hanno portato con se la notte e anche l’idillio di un amore peccaminoso che si trasforma nella consapevolezza di un legame bruciato.

“C’era una forza irresistibile in lui che mi attirava facendomi dimenticare i suoi atteggiamenti contorti e spietati, volgari. Mi attraversava, mi penetrava nel profondo, invadendomi, senza che io potessi oppormi.”

Le parole di Roberto mostrano una lucidità sostanziale e quasi un distacco emotivo in alcuni momenti che poi all’improvviso, come un temporale spazientito, si scioglie di fronte al ricordo di quell’amore sudato e sporcato, ingenuamente voluto e appiccato come un fuoco risolutore, come una benedizione venuta dal demonio, l’angelo dalla faccia di ghiaccio, il suo Andrea, patetico e pagliaccio.

La narrazione inizia in sordina, pacata, sonnolenta, molto attenta alla descrizione degli ambienti e delle emotività sempre presenti. In seguito la storia assorbe forza e caratterizzazione, più Roberto si scopre, più il racconto si snoda, si arricchisce, coinvolge e paralizza. Più si focalizza sull’aspetto sentimentale e fisico, più le parole si fanno pregnanti, cariche di significati, di aspettative ma anche di profonde delusioni. Il protagonista si mette a nudo mentre spoglia il suo eroe, con gli occhi e con l’anima. Mentre ce lo descrive imponente, sicuro, con quel sorriso che sembra un eterno ghigno capace di far perdere il senno a chiunque incontri il suo sguardo, egli parla di se stesso, delle sue ferite, delle sue nostalgie. Andrea è il pretesto per dire “io ci sono, sono ancora qui, sono vivo. Dopo le sofferenze, le intolleranze e le indifferenze, dopo il fondo toccato senza bisogno, risalgo ed inizio daccapo.”

E’ questo quello che mi è sembrato volesse dirmi Roberto ed io l’ho ascoltato. Ho cercato di riportare tra queste righe così perfette ed incastrate in un inchiostro nero e diretto, le sensazioni che mi ha lasciato addosso una storia che non ha  nulla di perfetto perché non è pulita, luminosa, non è sorridente né meravigliosa, è una storia opaca, scura, delusa, che s’incupisce sotto il peso di uno spogliarsi l’anima lento ed inesorabile, uno scavarsi senza apparente ragione, per risalire da una solitudine perduta nella speranza di ritrovarsi addosso una nuova pelle, più lucida e sicura. Una lettura che ha un’unica pecca: troppo breve forse, ma è anche quella la sua bellezza.



2 commenti:

  1. Questo romanzo sembra molto bello, mi ispira.
    P.S. Ho letto la tua risposta alle domande che ti ho fatto sul romanzo dedicato all'amore, ma l'ho vista dallo smartphone e mi sono scordata di risponderti. Comunque grazie! :)

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    Risposte
    1. Mi fa piacere che ti abbia ispirato!
      Non preoccuparti, l'importante è che tu abbia letto la risposta, perchè magari ha potuto aiutarti nello scegliere di leggere o meno il romanzo. :-)

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