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venerdì 19 settembre 2025

Recensione: IL GIOCO DELLA STORIA di Philp Kerr

Buongiorno! Grazie alla collaborazione con la casa editrice Fazi, oggi vi parlo di Il gioco della storia di Philip Kerr.

il gioco della storia

di Philp Kerr
Editore: Fazi 
Pagine: 444
GENERE: Spy story
Prezzo: 9,99€ - 20,00
Formato: eBook - Cartaceo
Data d'uscita: 2025
LINK D'ACQUISTO: ❤︎
VOTO: 🌟🌟🌟🌟 

Trama:
È il 1954 e l’atmosfera variopinta di L’Avana è turbata dalle violente repressioni della polizia contro i dissidenti a regime di Batista. Bernie Gunther, che vive a Cuba sotto falsa identità, ha vinto una barca al tavolo da gioco e si prepara a lasciare l’isola alla volta di Haiti. Con lui, la giovane Melba, prostituta rivoluzionaria ricercata per l’omicidio di un poliziotto. Quando i due vengono fermati in mare aperto dalla marina americana, Bernie viene arrestato e condotto a New York, sotto la custodia degli agenti della cia Silverman e Earp, che lo accusano di essere un «bastardo nazista». Da lì, verrà poi portato in Germania, nel carcere di Landsberg, nella cella numero 7, la stessa in cui Hitler fu rinchiuso dopo il putsch di Monaco e dove scrisse il Mein Kampf. In quello spazio soffocante e infestato dai fantasmi del passato, Gunther ripercorre le sue gesta durante gli anni della guerra, rispondendo alle domande serrate dei servizi segreti e cercando di riportare alla mente eventi che non sembrano più così chiari: pur essendo sempre stato antinazista, ha spesso avuto una condotta discutibile. Il confine tra realtà e finzione diviene sempre più sottile e mantenere i nervi saldi non è facile. Bernie Gunther sa che dire la verità non è sempre la soluzione giusta se vuoi salvarti la pelle, per questo dovrà scegliere con attenzione quali carte giocare in questa nuova partita al tavolo della Storia: la posta in palio è la sua stessa vita.

RECENSIONE

Siete pronti a sporcarvi le mani? A mettere in discussione ogni vostra certezza su cosa sia giusto? Se cercate una spy story rassicurante da leggere sul divano, Il gioco della storia di Philip Kerr vi deluderà amaramente. 

L'autore scrive un romanzo diverso. Un viaggio allucinato in un mondo moralmente in bancarotta, dove le linee tra vittima e carnefice si dissolvono in un fango denso come il sangue. È un universo tinto di feldgrau, il grigio-campo di un'uniforme che non è solo un pezzo di stoffa, ma il sudario di un'intera generazione e l'emblema dell'anima tormentata del suo protagonista. 

Al centro di questo labirinto di specchi rotti c'è un uomo, Bernhard Gunther, che è tutto tranne un eroe. È un sopravvissuto, un camaleonte esistenziale che cambia nome e identità – da detective a Berlino a faccendiere a Cuba – nel tentativo disperato di sfuggire ai fantasmi che lo braccano. Gunther è un cinico incallito, un uomo la cui fede nell'umanità è stata annientata dalle trincee del '18, dalla brutalità di Weimar e dall'orrore scientifico del Terzo Reich. Eppure, sotto questa corazza indurita, pulsa ancora un residuo di coscienza, un fastidioso, irriducibile senso di giustizia che lo costringe a fare la mossa sbagliata al momento giusto, condannandolo a un'esistenza di perenne fuga. È un uomo stanco, logorato da un passato che non è mai passato, un passato che lo assale in frammenti brutali, da una fossa comune a Minsk nel '41 a una cella d'isolamento a New York nel '54. 

La bravura dell'autore risiede proprio nella sua scelta di frantumare la cronologia. Il romanzo non procede in linea retta, ma balza avanti e indietro nel tempo, costringendoci a vivere il trauma della memoria di Gunther. Non sono semplici flashback; sono schegge di vetro che si conficcano nella narrazione presente, ferendola, spiegandola e, infine, condannandola. Passiamo dal sole caraibico di Cuba al gelo di un gulag sovietico, dalle violenze politiche della Berlino del '31 all'ipocrisia della Francia occupata del '40. 

Questo stile narrativo disorienta, affatica, ma è l'unico modo per comprendere il dilemma morale in cui vive Gunther. La prosa di Kerr è tagliente, priva di fronzoli, intrisa dell'ironia amara e laconica del suo protagonista. È il linguaggio di un uomo che ha visto troppo per sprecare parole. Il romanzo è un'esplorazione spietata dei temi della colpa, della complicità e della sopravvivenza. 
Cosa significa rimanere umani quando si è circondati da mostri? 
Gunther non è un nazista, ma ha indossato l'uniforme delle SS. Non è un comunista, ma si ritrova a fare accordi con la Stasi. Non è un eroe della resistenza, ma si rifiuta di partecipare allo sterminio. Il suo è un costante, estenuante calcolo per la sopravvivenza, un gioco in cui ogni mossa, anche quella che sembra giusta, lo avvicina di un passo all'abisso. 

Il gioco della Storia ci sbatte in faccia una verità scomoda: la Storia non è un grande palcoscenico per eroi e malvagi, ma una palude melmosa in cui uomini comuni sono costretti a fare scelte impossibili. Non c'è redenzione facile per Bernhard Gunther, e non c'è una comoda via d'uscita per il lettore. 
Questo non è un libro che si chiude con un sospiro di sollievo, ma con il sapore amaro della cenere in bocca e una domanda assillante: al suo posto, cosa avremmo fatto? 
Leggetelo per farvi interrogare. 
E poi provate a decidere da che parte state. 
Se ci riuscite.

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