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martedì 7 ottobre 2014

La stagione degli scapoli di Vincenzo Monfrecola recensione + intervista autore

Buon pomeriggio carissimi lettori, oggi posto la recensione di un libro inviatomi gentilmente dalla casa editrice GargoyleBooks del giornalista e scrittore Vincenzo Monfrecola, intitolato La stagione degli scapoli. Un romanzo divertente e allegro, carico di personaggi pieni di positivismo e simpatia. Una storia che, se la leggerete, terrà lontano per un po' ansia e tristezza, ve lo assicuro! 
Insieme alla recensione, ho inserito anche l'intervista che l'autore mi ha gentilmente concesso.



Titolo: La stagione degli scapoli
Autore: Vincenzo Monfrecola
Editore: Gargoyle Books
Pubblicazione: Settembre 2014
Genere: Romanzo
Pagine: 207
Prezzo: 16,00


Trama

È il 1910, all’Eghoist Club di Londra il critico letterario Cyril Billingwest sta festeggiando l’addio al celibato, quando il suo ispirato discorso viene bruscamente interrotto da una telefonata che lo informa che la sua futura moglie è scappata con i regali di nozze. Scioccato dalla notizia, Cyril decide non solo di rimanere per sempre lontano dalla perfidia delle donne, ma addirittura di salvare gli scapoli londinesi dalle insidie del matrimonio. Così, dopo aver scritto di suo pugno un “manuale dello scapolo”, insieme allo scaltro cugino George fonderà un sindacato maschile: lo Scapolificio Billingwest. Ma gli uomini possono davvero fare a meno delle donne? A quanto pare, aiutare gli scapoli a rimanere tali non è semplice come Cyril e George pensavano e la sopravvivenza dello Scapolificio di famiglia è sin da subito minacciata da fidanzate abbandonate, mogli furiose e segretarie dal sorriso irresistibile. Ecco allora che prende vita una divertente commedia “d’altri tempi” in cui bugie, arguti sotterfugi e strampalati colpi bassi vi faranno correre da una sponda all’altra del Tamigi verso la resa dei conti. 
                                                   



❀ Recensione  ❀ 


La stagione degli scapoli è un romanzo che sin da subito mostra di avere tutte le carte in regola per essere una divertente commedia teatrale. Il tono dell’autore, squisitamente ironico, carico di paradossali vicissitudini che si snodano all’interno di un contesto come l’Inghilterra dei primi del ‘900, si presta magnificamente ad una rappresentazione narrativa esilarante ma non per questo superficiale. 

La storia di Cyril Billingwest, giovane 28enne in procinto di sposarsi, che viene abbandonato malamente dalla fidanzata Vera che scappa con il maggiordomo e tutti i regali di nozze, diventa uno spunto tragicomico, utile alla realizzazione di un eccentrico sindacato, chiamato “Lo scapolificio Billingwest”. 
Ad aiutarlo in questa ardua ed improbabile impresa è il cugino arrogante e presuntuoso George, che considera le donne come prugne e passa la sua vita architettando nuovi modi per spillare denaro ad amici e parenti, senza mai instaurare un rapporto sincero e duraturo con una donna. Non a caso l’idea dello scapolificio è sua e nasce semplicemente dalla volontà di accumulare sempre più denaro a danno dei poveri malcapitati che illusi e distrutti dalle moine amorose, troveranno, o meglio crederanno di trovare, in questa nuova istituzione, la loro tanto agognata salvezza. 

Cyril è un personaggio che conquista immediatamente la simpatia e la comprensione del lettore e aggiungerei, persino il suo totale e spassionato appoggio. E’ la vittima per eccellenza che addolcisce anche i cuori più duri ma la sua identità non si esaurisce soltanto in una personificazione cupa e dolorante di un uomo ammalato d’amore. Grazie alla bravura dell’autore, il carattere di Cyril assume anche piacevoli sfumature divertenti ed ironiche che lo fanno apparire persino accattivante nella sua eccessiva timidezza e cronico imbarazzo. Al contrario di George, che con la sua baldanza e sicurezza, senza contare la sua innaturale avversione per tutto l’universo femminile e per tutte le donne in cerca di marito, appare antipatico ed eccessivamente narciso, oltre che fin troppo spesso superficiale ed irrispettoso. 

 “Le dodici mosse di Ulisse” scritte da Cyril sulla scia della sua cocente delusione d’amore, rappresentano il Manuale dello Scapolificio, grazie al quale, i cugini Billingwest assicurano di proteggere tutti gli uomini ancora scapoli di Londra dalle mire opportunistiche di tutte quelle donne che all’apparenza sembrano dolci ed ingenue e dopo il matrimonio, diventano feroci e terrificanti tiranne. Nessuno dei due uomini però, è preparato all’arrivo di Penelope (guarda caso moglie letteraria di Ulisse) che sconvolgerà la vita del nascente sindacato e soprattutto quella di Cyril che, dimentico della recente ferita d’amore, sembra essere già pronto ad accogliere una nuova donna nel suo cuore. 

La lettura scorre veloce, la storia cattura l’attenzione, catapultando il lettore in una serie di paradossali scenette dove equivoci, ritrovamenti, inganni e vendette diventano i motori principali che danno energia all’intera macchina narrativa. La sagacia dell’autore ci permette di essere travolti da un’atmosfera che conquista, vivificata da personaggi caratterizzati alla perfezione, alcuni come delle macchiette che nonostante siano indiscutibili vittime di dolori e perdite amorose, non mancano mai di essere i protagonisti di momenti carichi di vivacità e spensieratezza. Il fulcro centrale resta il rapporto tra uomo e donna e l’intenzione, ben riuscita, di far nascere un sorriso in chi legge senza mai abbandonare la riflessione. 

Una femminilità ghettizzata, incarnata da donne che vengono percepite come mostri pronti a divorare qualsiasi proprietà o possedimento degli uomini, perché incapaci di farsi bastare il loro cuore. Dall’altra parte abbiamo scapoli d’argento e di bronzo (l’oro è soltanto un sogno), incapaci di imporsi e che nonostante i consigli eccelsi del sindacato, sembrano essere fin troppo confusi e persino spaventati di fronte all’intraprendenza e alla fermezza femminile. 
La prova lampante è il contrasto tra i due cugini e l’avvenente tuttofare Penelope, che nonostante sia giovane ed apparentemente sprovveduta fanciulla che viene dalla campagna, si dimostra molto più determinata e furba dei due uomini messi insieme. 

 “Come vedi il mercato matrimoniale è nel panico e il tuo Ulisse può ben poco contro un’orda di donne da marito.” 

Mi è piaciuto molto il titolo perché stagione mi ha ricordato il teatro e ho facilmente immaginato l’ambientazione di questa storia e i suoi personaggi direttamente su un palcoscenico teatrale, proprio per la consistenza delle scene e dei dialoghi, impregnati sempre di una sequela di battute che non perdono mai tono, scadendo in quelle banalità che provocano soltanto noia e perdita di interesse. 

L’atmosfera è baldanzosa, esilarante, motivata e motivante, incastrata molto bene nel gioco di ruoli e nelle angherie dei personaggi che si muovono da un luogo ad un altro alla ricerca di un improbabile stagione d’amore, ognuno a modo proprio. 
Situazioni divertenti, scambi di persona, bugie, tradimenti e una fila lunghissima di personaggi che si trovano a dover risolvere intricati fatti di cui loro stessi sono vittime e carnefici, esattamente come i promotori dello Scapolificio, che con le loro promesse di difesa e protezione di ogni scapolo, non fanno altro che provocare ammirazione ma anche tanta apprensione nei soggetti altamente strambi e simpaticamente inquietanti che accorrono nel sindacato in virtù di un allarmante richiesta di aiuto. 

C’è una chiara rappresentazione della società e della cultura dell’epoca, dei salotti letterari, dove ci si riuniva per leggere le poesie, mettendo in evidenza l’ipocrisia che caratterizzava questo luoghi d’incontro e di scambi, dove c’era un finto e calcolato apprezzamento, utilizzato per celare un cronico disinteresse generale. 

“Sembravano proprio comparse di un varietà di infima categoria.” 

Una società di facciata, distaccata ed ignorante che funge semplicemente da comparsa, sullo sfondo di una totale e deliberata mancanza di attenzione per la consistenza e la profondità dell’arte e della letteratura. Però anche i momenti più seri sono sempre conditi da una battuta o da qualche beffa che a ragion veduta, mitiga l’inevitabile amaro in bocca che certe situazioni generano. 

E’ l’amore a far saltellare i protagonisti da una scena all’altra e tra una parola ed un sorriso, un ammiccamento ed un dispetto, non c’è nient’altro che venga preso così seriamente quanto comicamente. Cuori innamorati, cuori abbandonati, cuori di mariti che sognano di diventare scapoli eppure sono pronti a tornare dalle loro mogli. Insomma uno scapolificio che a dispetto delle sue intenzioni iniziali, alla fine diventa, paradossalmente, l’ultima speranza dei cuori infranti. 

Capovolgimenti di fronte, personaggi che da arroganti e millantatori diventano timidi agnellini dagli occhi innamorati, fulgidi esempi di cosa può creare una fervida commedia dell’amore e dell’equivoco. L’amore può rendere debole il forte e forte il debole, nel rispetto della più classica tradizione dello scambio di ruoli che genera divertimento e leggerezza. Una lettura immediata, dunque, con qualche riflessione più intensa sparsa qui e lì per il romanzo, senza che appesantisca l’aria boriosa e fintamente intellettuale che si respira per tutta la storia. 

I personaggi acquistano sempre più vigore e personalità ed è difficile resistergli. Cyril è goffo, imbranato, bruttino, con il viso piccolo, dominato da un paio di occhiali di corno, che lo espongono immediatamente ad un confronto immeritevole con il cugino George, di ben altra pasta esteticamente e soprattutto caratterialmente, dal quale il primo ne esce rovinosamente perdente. 
L’arguta ed affascinante Penelope conquista il cuore dei due uomini o meglio l’incavo vuoto del petto di George che appare un irrimediabile e disgustoso calcolatore che nonostante tutto non può far altro che far sorridere il lettore per i suoi piani, puntualmente sfasciati dalle idee della simpatica segretaria. 
La stagione degli scapoli è un romanzo divertente e pacato, raffinato nell’humor e nelle frasi ad effetto. Gag tipicamente da commedia ci accompagnano in questa lettura deliziosa che ci permette di riflettere suoi capovolgimenti della vita e su un finale decisamente ad hoc per ciascuno dei personaggi. 
Vincenzo Monfrecola, con la sua scrittura che si presta perfettamente a questo genere narrativo, ci conduce tra i sentieri ben disposti della trama, regalandoci momenti di sincero divertimento. La serietà e la cupezza narrativa ed esistenziale sono bandite rigorosamente da questo romanzo che esige la più fulgida e vivace attenzione. E’ penetrante e giocoso e assicura positivismo e leggerezza, il tutto condito da un irrefrenabile voglia tragicomica. 
Non c’è tempo per annoiarsi, ma solo di leggere, entusiasti, le folli ed intricate peripezie che la storia ci propone, con la grazia e la maestria di un vero autore. 

Ancora una volta Monfrecola dimostra la sua verve narrativa, appassionando il lettore e lasciandogli, senza dubbio, un sorriso sulle labbra. 

Ed ora come dice Penelope: Et voilà.






❀ Intervista  ❀ 


Salve Vincenzo, innanzitutto grazie per aver accettato questa intervista. 

Prima di tutto le chiedo com’è nato l’amore per la scrittura e quando ha iniziato a dedicarsi seriamente ad essa. 

Tutto è nato per caso nel 2009. Non avevo mai pensato di scrivere un libro. Per oltre 30 anni ho fatto il giornalista e i miei articoli si attenevano ai fatti di cronaca. Poi però le cose cambiano. Per fortuna. 


L’idea del romanzo da dove nasce e che genere di storia devono aspettarsi i lettori? 

I miei romanzi nascono dalla quotidianità dei piccoli episodi che un tempo ci si raccontava la domenica attorno al tavolo quando la famiglia era riunita per il pranzo. Oggi quei momenti sono persi perché computer e telefonini assorbono ogni momento. L’idea di scrivere La stagione degli scapoli è nata dopo aver ascoltato casualmente mia figlia Federica discutere di matrimonio con i suoi amici. Sembrava che parlassero di una fastidiosa malattia da evitare assolutamente. Per un momento ho immaginato cosa si sarebbero detto i nostri nonni quando ad inizio ‘900 erano solo dei ventenni. Poi come spesso avviene nei romanzi, i personaggi acquistano un’anima e camminano da soli. Lo scrittore diventa solo spettatore ed i lettori dovranno aspettarsi di tutto. Anche che un romanzo si trasformi in commedia. Però il bello sta proprio qua. 

Che definizione darebbe di se stesso come scrittore? 

Amo gli stati d’animo. Odio prendermi sul serio. Adoro trasmettere emozioni che non siano solo di cupo pessimismo. A quello già ci pensano i telegiornali, i nostri politici e tutto il resto. 

Senza anticipare nulla, vuole raccontarci qualcosa sui protagonisti? 

I protagonisti sono normalissimi giovani che vorrebbero vivere la loro vita. Sposarsi ed essere felici. Ma la vita ci insegna che non sempre funziona così. Può anche succedere che la futura sposa scappi alla vigilia del matrimonio con i regali di nozze. Allora le cose cambiano e cambia la strada che si apprestavano a percorrere. Ma non è detto che il cupo pessimismo prenda poi il sopravvento anzi, può diventare tutto più divertente se ci affidiamo alla stravaganza dei giovani personaggi.

Quanto cura i personaggi di contorno? 

Nei miei romanzi tutti i personaggi entrano ed escono dalla scena come succede nella vita. Quante volte abbiamo avuto a che fare con qualcuno che poi non rivedremo più. Nel romanzo succede lo stesso. 

Nel suo ultimo libro, La stagione degli scapoli, l’ambientazione è l’Inghilterra dei primi anni del ‘900. Perché ha scelto questo contesto e quest’epoca? 

Perché è un’epoca più ingenua rispetto alla nostra. Oggi una donna non scapperebbe mai prima del matrimonio con i regali di nozze. Magari lo farebbe subito dopo e dopo aver concordato sui profitti della separazione con il proprio avvocato. Ma gli inizi del ‘900 è anche un’epoca con più entusiasmo visto che il nuovo secolo aveva portato tante aspettative nella gente. L’ho ambientato a Londra perché è una città che conosco e che mi ha conquistato non solo come metropoli cosmopolita ma anche per come difende le proprie tradizioni. E tutti sono orgogliosi del loro passato. Questa mentalità servirebbe anche al nostro Paese. 

L’universo maschile e quello femminile sono descritti in maniera chiara e contrapposta. Sembrano due mondi in continua collisione, dove c’è una predominanza femminile che fa apparire gli uomini come delle vittime inconsapevoli di una “tirannia” matrimoniale. Cosa pensa in realtà dell’uomo e della donna e del loro rapporto? 

Penso che gli uomini sono vittime consapevoli mentre la donna non è tiranna come si vuol fare apparire. Nel mio romanzo ciò emerge chiaramente ed è divertente stare al gioco. 

L’humor è sempre presente nei suoi romanzi. Ironia e battute, condite da beffe ed equivoci sono i tratti salienti che accompagnano le sue storie. Cosa cela in realtà questa visione tanto “scoppiettante” della vita nelle sue opere rispetto alla sua identità di uomo e di scrittore? 

Se da un lato amo Londra e il suo humor dall’altro sono pur sempre un napoletano. L’umorismo sta nel mio dna. Nei miei romanzi mi diverto a far incrociare queste due anime tanto uguali ma cosi diverse. Il segreto sta nel bilanciarle senza far prevalere l’uno rispetto all’altro.

Meglio cartaceo o ebook? L’editoria sta cambiando ma secondo lei cosa offre oggi di diverso rispetto al passato quando un autore emergente faticava davvero a farsi conoscere? 

E’ difficile anche adesso farsi conoscere. Il problema è che in Italia ci sono più scrittori che lettori. Nelle famiglie non c’è la cultura della lettura e d’altronde il costo di un libro è veramente alto rispetto al resto d’Europa. Io preferisco il cartaceo perché mi da contatto. Posso stringerlo, buttarlo su una poltrona. Strapazzarlo e riprenderlo. Tutto ciò mi da conforto. 

Quali sono i suoi autori preferiti e quali considera i suoi maestri e fonte d’ispirazione per la sua opera? 

Le mie letture spaziano da Maugham a Georgette Heyer, da Wilkie Collins al pessimista Gissing fino a Wodehouse. Non tralascio Waugh e neanche Joyce. 

C’è un romanzo che le piace particolarmente e vorrebbe essere stato scritto da Lei? 

Vorrei riuscire a scrivere un romanzo serio. Uno di quelli che ti fa venire la pelle d’oca e le lacrime agli occhi. O magari con un personaggio che sia veramente cattivo. Purtroppo non ci riesco. Le lacrime si trasformano in sorriso e il cattivo mi diventa buono.

Grazie per la gentilezza e la disponibilità e alla prossima!

2 commenti:

  1. Deve essere proprio bello questo libro!
    Humor italiano/inglese!
    Grazie per la recensione e anche per l'intervista (anche io amo tenere in mano i libri in cartaceo!)
    Un abbraccio Maria

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    Risposte
    1. E' molto spensierato e proprio quell'humor mi ha fatto sorridere molto! Anche io adoro fin troppo i libri di carta XD
      Grazie di essere passata! ♡♡♡

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