Buon
mercoledì cari lettori! Oggi vi propongo la recensione di un romanzo scritto da
un autore esordiente, Enzo Iorio,
intitolato La
vera storia di Oscar Rafone. Un romanzo dalla scrittura scorrevole e
delicata alla quale è facile affezionarsi per la chiarezza e la capacità “pulita”
di rappresentare i sentimenti e le emozioni della vita del protagonista, un
bambino alle prese con la propria crescita e le difficoltà esterne e della
famiglia. Una lettura che fa riflettere, con importanti tematiche come quelle
dei clandestini e del rapporto con il “diverso”.
Titolo: Enzo Iorio
Autore: La vera storia di Oscar Rafone
Editore: Selfpublishing
Pagine: 150
Genere: Romanzo
Prezzo: € 10,00
Ebook: € 2,99
Uscita: Febbraio 2015
Trama
Oscar ha tredici
anni e una vita difficile. Ha perso la madre a sei anni, appena in tempo per
affezionarsi a lei e alle storie che gli narrava la sera prima di dormire. Gli
è rimasto il padre, un tipo violento e irascibile, che forse gli vuole bene ma
non sa dimostrarlo… E poi arriva Zamina, una ragazza Rom di poco più grande,
che gli cura le ferite e lo aiuta a guardarsi dentro. I due ragazzi, nascosti
in una casa abbandonata, si divideranno una manciata di felicità…
Enzo Iorio: insegnante in scuole medie e superiori, ha maturato esperienze umane e professionali anche grazie a ragazzi con disabilità, in scuole serali per adulti e in corsi per detenuti. Vive e lavora a Ventimiglia.
La vera storia di Oscar Rafone è un
romanzo delicato ma vibrante, di vita, di conoscenza, di esperienza, di
maturazione. E’ una storia toccante, molto vicina alla nostra realtà,
quotidiana e palpabile, resa tangibile dalla scrittura fluida e leggera
dell’autore che s’immerge completamente nella vicenda, rendendola quasi un
emblema di un particolare atteggiamento verso la vita, verso il mondo.
Oscar è il protagonista, un giovane
adolescente che vive in una comunità a seguito della perdita della madre e del
padre e a causa di una serie di disavventure che non solo trasformano
completamente la sua vita ma segnano inesorabilmente tutto il suo percorso di
crescita.
Il romanzo è un meta-romanzo, ci
troviamo di fronte ad una storia che racconta se stessa. Al protagonista, che
parla in prima persona, viene chiesto di scrivere la sua storia, e anche se lui
si sente incapace ed inadatto a raccontare, l’amica Laura lo spinge
inesorabilmente ad iniziare questo nuovo cammino all’interno della scrittura,
ponendo intelligentemente l’accento sulla proprietà terapeutica del raccontarsi
a piene mani e con lucidità per
accrescere la propria consapevolezza.
“Allora adesso scrivi la tua, una
tra le tante. Col vantaggio che siccome non devi né venderla né vincere un
concorso puoi farlo come ti pare e piace, con errori, banalità, volgarità.
L’unico impegno che ti chiedo è di essere sincero.”
E Oscar lo sarà, fino in fondo,
fino a mettere fuori anche il più recondito dei desideri sbagliati o le sue
paure più nascoste, i sentimenti più importanti come l’odio e l’amore, il senso
di amicizia e le emozioni predominanti come l’aggressività e la rabbia.
Un quadro a tutto tondo che
emergerà lentamente, a scatti, grazie ai richiami temporali che l’autore
abilmente mette in campo, asservendo perfettamente l’incastro narrativo alle
sue intenzioni di scrittura. Questo comporta la conoscenza, da parte del
lettore di chi è realmente questo giovane ragazzo che ha avuto una vita non
facile, che si ritrova da solo a combattere contro i fantasmi del proprio
passato e soprattutto a reagire con fermezza e decisione nei confronti delle
conseguenze delle proprie azioni.
La passione dell’autore per i libri, essendo un docente di letteratura, traspare dall’amore che Oscar prova
per la lettura, intensificato dal suo odio per la scuola e per l’impossibilità di
imparare le materie che gli vengono imposte. Le sue sono scelte più libere,
dettate esclusivamente dall’impegno e dall’istinto che lo conducono verso
letture in grado di conquistarlo totalmente e di strapparlo alla quotidianità
spesso troppo misera e meschina della
vita.
“Ogni volta che ritrovavo un buon
libro, quello giusto, lo chiamavo, mi appassionavo talmente tanto che riuscivo
a estraniarmi completamente, dimenticando perfino di mangiare o dormire.”
La vita adolescenziale di Oscar
è caratterizzata dall’assenza della
madre, di cui serba dolcissimi e teneri ricordi e la presenza ossessiva e
violenta del padre, che non esita fin troppo spesso a picchiarlo per tentare, a
suo dire, di educarlo nel modo che ritiene più consono. Oscar vorrebbe avere
una vita diversa, vorrebbe combinare meno guai, vorrebbe che gli altri non lo
odiassero per quello che è: solo un casinista che non è in grado di avere un
vero amico al suo fianco.
L’autore costruisce un personaggio-bambino
completo, con le sue cicatrici, i suoi dissidi interiori dovuti sia ad una vita
disastrata che ad un carattere molto particolare che lo portano ad assorbire
con relativa e apparente calma tutto ciò che di altero e altro lo circonda.
Egli sembra subire le costanti
minacce del padre senza poi in fondo reagire come ci si aspetterebbe, eppure
all’esterno, tenta di vincolare quel senso di rabbia e di tensione costante
verso chi lo circonda e gli ambienti che è solito frequentare come la scuola.
Non a caso si è fatto bocciare due volte e tutti gli altri bambini
fondamentalmente lo temono per i suoi atti sconclusionati ed improvvisi.
“Accelerai il passo senza voltarmi
e uscii dal portone. Avevo gli occhi pieni di lacrime e la rabbia mi stava
offuscando il cervello. Mi accorsi che per la tensione stavo stringendo la
mazza talmente forte che mi faceva male la mano.”
Nessuno sembra capirlo e ancora più
inquietante è che Oscar non si fida di nessuno, tranne di Zamina, una giovane
zingara di qualche anno più grande di lui che lo aiuterà a risollevarsi
psicologicamente e fisicamente quando toccherà il fondo. Un’amicizia molto
particolare che coinvolge due identità agli antipodi, un uomo e un rom, che
tentano, riuscendoci, di creare un legame che vada oltre i confini delle razze,
dei pregiudizi e delle mistificazioni. Con lei Oscar conosce l’amore, i primi
baci, le prime effusioni, si sente protetto e amato, finalmente accettato da
quella parte di mondo che per legge e per condizione dovrebbe invece
rifiutarlo. Il tema della diversità, dell’accoglienza, del relazionarsi con gli
altri popoli, le altre etnie è molto forte e
l’autore non si esime dal mettere questa tematica al centro della sua
storia, per coinvolgere ma soprattutto per far riflettere su cosa siamo e cosa
vogliamo essere, per noi stessi e per gli altri.
I ricordi della madre che Oscar ama
più di qualsiasi altra cosa, si confondono con l’odore e la pelle di Zaima,
l’unica persona in grado di avvicinarlo e di farlo sentire a casa.
“Mi accorsi che non riuscivo a
guardarla negli occhi. Erano di un verde bellissimo, mi ricordavano il mare al
mattino presto quando andavo a pescare sulla scogliera della madonnina e avrei
voluto guardarli a lungo, tuffarmi dentro, ma mi imbarazzava.”
E’ una storia raccontata in punta di
piedi, senza scossoni, senza schiaffi. E’ un modo morbido ma profondamente
sentito di esprimere una propria visione del mondo che non va ad intaccare
quella altrui se non per arricchirla.
Si coglie l’attenzione dell’autore
per una realtà che proprio di questi tempi assurge al centro della cronaca, il
rapporto con lo straniero, con il clandestino, con il diverso. Sottilmente è
chiaramente percepibile l’atteggiamento di chi scrive nel voler snaturare
qualsiasi tipo di pregiudizio soprattutto riguardante la convivenza con queste
persone che non devono e non possono essere peggiori di noi. In realtà non lo sono.
“Ne dedussi, così direbbe il mio
prof di scienze, che gli zingari non erano più cattivi di altra gente, anche se
questa deduzione imparai presto a tenermela per me, dopo che una discussione
con mio padre sull’argomento era finita a bottigliate.”
Sullo sfondo di una condizione
familiare difficile e piena di contrasti e a contatto con una dimensione
sociale ancora più straniante, l’autore dipinge con poche e sospese frasi la
nascita di una qualche forma di sentimento, di amore, di affetto che somiglia
anche se per poco, troppo poco, alla felicità. La dolcezza di Oscar, il senso di
protezione e la forza di Zamina sono espressioni potenti e disarmanti, ti
contagiano e ti abbracciano fino a commuoverti.
La storia è narrata semplicemente,
ma questo non le impedisce di essere piena e colma di tutto ciò che della vita
lascia il segno, sia nel bene che nel male. E’ uno spaccato serio e dolente,
scherzoso e rabbioso, deciso e pacato di uno specchio di vita giovanile, un
percorso di crescita e di abbandono per poi ritrovarsi laddove sembrava che
tutto fosse perso.
Paradossalmente Oscar troverà
rifugio proprio in quella casa abbandonata dove andava da bambino e che adesso
è il rifugio di Zamina e metaforicamente riceverà ristoro e affetto proprio dal
diverso, sfuggendo totalmente qualsiasi altra forma di convivenza con la
società ufficiale.
Alcune immagini sono descritte così
bene dall’autore da restare favorevolmente impresse, sussurrate e accompagnate
da un linguaggio silenzioso ma pieno di premura, quasi egli non volesse
sbagliare, per evitare di rivelare la propria presenza.
Ho riconosciuto la volontà di
distaccarsi dalle forme comuni di pensiero, dagli atteggiamenti considerati
vincenti, dalle guerriglie fatte di parole e scossoni, per respirare
un’atmosfera diversa, di accettazione, di familiarità, di appartenenza. Un
pensiero intelligente, connesso, delineato e tratteggiato con semplicità per
dimostrare che l’esistenza può riservarci sorprese impensabili e che molto
spesso ciò in cui crediamo è solo ciò in cui ci fanno credere, rivelandosi
tristemente falso.
La forza di volontà di Oscar è un
insegnamento, ma più di questo c’è il desiderio di raccontare qualcosa che permetta
di acquisire una visione diversa di ciò che ci circonda. Il legame che lo
unisce a Zamina oltre ad avere valore in sé, contribuisce a dettare una maniera
differente di guardare il mondo, con occhi più puri e più sinceri.
L’invito nascosto dell’autore,
quello che il lettore dovrebbe leggere tra le righe, sembra essere quello di
guardare e soprattutto guardarsi dentro. Un invito alla lettura della propria
anima, del proprio essere, perché questo è l’effetto che la storia di Oscar ha
provocato dentro di me.
La scrittura di Enzo Iorio è
delicatamente sincera, pulita, quasi inerme di fronte alla barbara realtà
contro la quale fin troppo spesso dobbiamo combattere. Il suo tono, quello che
mi fa piacere pensare di aver letto sotto la parvenza di ogni parola, anche di
quella più semplice, è quello di un padre premuroso che cerca di accompagnare
suo figlio senza farsi notare, che non lo perde d’occhio, che lo assiste. Un
tono caldo, paterno, premuroso, affettuoso. Sembra indifesa la sua storia
eppure è forte come una vittoria. E’ proprio quella sincerità a renderla
speciale, flessuosa ma reale. Vera e non insipida ma con un sapore forte che sa
di vita.
Solo per il titolo meriterebbe un plauso XD
RispondiEliminaIl titolo di un libro ha sempre la sua importanza :-)
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