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giovedì 15 dicembre 2022

Recensione: UN'ULTIMA COSA di Concita De Gregorio

Buongiorno! Grazie alla collaborazione con la casa editrice Feltrinelli, oggi vi parlo dell'ultimo libro di Concita De Gregorio, dal titolo Un'ultima cosa. Una lettura che mi ha fatto riflettere.

un'ultima cosa

di Concita De Gregorio
Editore: Feltrinelli
Pagine: 176
GENERE: Narrativa contemporanea
Prezzo: 11,99€ - 17,00
Formato: eBook - Cartaceo
Data d'uscita: 2022
LINK D'ACQUISTO: ❤︎
VOTO: 🌟🌟🌟🌟🌟 

Trama:
"Questa è una storia che comincia molto lontano. Non so nemmeno io quando ho iniziato a sentire le voci delle donne che parlano qui", scrive Concita De Gregorio in apertura di un caleidoscopio di canti femminili. È un coro il libro che avete fra le mani. Donne che prendono la parola per l’ultima volta e dicono di sé senza lasciare diritto di replica. Donne che l’autrice ha sfiorato dal vivo ancora bambina, come Dora Maar, oppure adolescente, Amelia Rosselli, o via via crescendo, incontrandole senza riconoscerle e cercandole dopo nelle loro opere: Carol Rama, Nise da Silveira, Vivian Maier, Silvina Ocampo, Maria Lai, Lisetta Carmi e altre ancora. Non tutte sono così conosciute, potevano essere strade maestre, sono rimaste spesso vicoli ciechi. Messe al bando, escluse, lasciate indietro: arrivate troppo presto rispetto ai tempi, alle convenzioni, alla società, hanno rappresentato per il mondo uno scandalo. Ciascuna di loro si alza in piedi al suo funerale per consegnarci, nel congedo, la verità. Un’orazione che è anche un’invettiva: parole incendiate di ironia, di rabbia, di sapienza. Dora è la musa di Picasso, Amelia è figlia di Carlo, Carol è amica di Andy Warhol... sono sempre “qualcosa” di qualcun altro, un attributo. Ombre a cui queste pagine danno luce, restituiscono voce. Concita De Gregorio incarna queste donne, “fonti di eresia, dunque di desiderio e di colpa”, ascoltandole, prendendole su di sé e offrendo loro l’ultima parola. Il filo che dipana è ora un progetto teatrale a cui l’autrice presta corpo in scena. Raccontare la Storia difatti non basta, bisogna raccontare le storie. Averne molta cura.

RECENSIONE

Un’ultima cosa è un libro sulle donne e per le donne. Racconta la vita di dieci figure femminili che hanno caratterizzato la storia universale e si sono proposte per la loro unicità. 
Ognuna di loro ha vissuto esperienze discutibili, sia con uomini che non ne hanno saputo apprezzare la grandezza, sia con la società che, il più delle volte, non le ha comprese. 

La prima donna che incontriamo è Dora Maar. Una delle tante compagne di Picasso. Le parole dell’autrice si mescolano a quelle della protagonista. C’è una prima parte in cui viene raccontata, a grandi linee, la vita della donna, i suoi rapporti più importanti e il suo ruolo sia personale che lavorativo all’interno della società. C’è, poi, una seconda parte, in cui l’autrice mescola frasi pronunciate realmente da Dora Maar, alle sue, creando una sorta di testo teatrale, in cui la protagonista recita e butta fuori tutto il suo dolore e la sua sofferenza in relazione all’uomo che ha amato: Pablo Picasso. 
Egli non era un uomo, ma una malattia – come lo descrive la stessa Dora Maar. Uno strumento di morte che usava il dolore altrui per alimentare il suo. La donna era da addomesticare, perfetta per fare esperimenti sul suo corpo.

Questa è solo una delle tante figure femminili che ci fanno toccare con mano che cosa significa l’amore distruttivo e ci fanno conoscere più da vicino un personaggio come Picasso che usava le donne per la propria arte e per tutto ciò che aveva dentro. 

A lei seguono altre donne del novecento di cui ignoriamo l’esistenza e che troppo facilmente sono state tenute nascoste oppure dimenticate. Ognuna di esse è esempio di forza, di perseveranza, di coraggio ma anche di una profonda sensibilità. In qualche modo, sono tutte donne molto fragili che trovano dentro loro stesse la forza di non abbattersi mai, nonostante siano state vittime di qualunquismo e patriarcato. 

Olga Carolina, Silvia Ocampo, Lisetta Carmi, Vivian Maier, Lorenza Mazzetti, sono esempi di donne che vivono attraverso le pagine e parlano a piena voce. Donne escluse, in linea di massima non volute ma tenute per un tornaconto personale oppure rispedite al mittente senza alcun rispetto. Donne geniali, arrivate troppo presto o troppo tardi. Peccaminose o troppo ingenue. Pertanto ridotte al silenzio, il più delle volte denigrate fino all’eccesso. Storie tristi, senza alcun futuro. 

Molte di loro sono state considerate fonte di desiderio e quindi di eresia. Il desiderio è colpa e pertanto sono state tacciate come colpevoli. Ciò che leggiamo è sofferenza, soprattutto, ma anche tenacia. Il coraggio di non arrendersi, di trovare un modo per affrontare il male rappresentato da un uomo, da un’istituzione o da una malattia. Alcune credute folli, spedite in manicomio, sono riuscite a combattere il male attraverso la poesia o la pittura. Sessualmente libere sono state allontanate perché ritenute un pericolo per la società falsamente moralista. Sono state sacrificate in nome di un ideale inesistente. 

Le donne di questo libro sono modelli da prendere in considerazione per non arrendersi e per trovare nell’arte un modo di sopravvivere. Una cura, insomma, al male di vivere provocato da una società cieca. E ciò che fa l'autrice è ascoltare le loro vicende, la loro anima, incarnarle e restituirgli una voce.

Questa è stata una lettura inusuale ma piena, che mi ha lasciato modo di riflettere e di approfondire storie che non conoscevo e che hanno allargato gli orizzonti della mia comprensione. 
Consigliato a chi non teme il giudizio degli altri e a chi degli altri se ne frega altamente.

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