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mercoledì 14 dicembre 2022

Recensione: BACI ALL'INFERNO di Ariana Harwicz

Buongiorno! Grazie alla collaborazione con la casa editrice Ponte alle Grazie, oggi vi parlo di Baci all'inferno di Ariana Harwicz.

baci all'inferno

di Ariana Harwicz
Editore: Ponte alle Grazie
Pagine: 196
GENERE: Narrativa contemporanea
Prezzo: 10,99€ - 16,90
Formato: eBook - Cartaceo
Data d'uscita: 2022
LINK D'ACQUISTO: ❤︎
VOTO: 🌟🌟🌟🌟 

Trama:
L’oggetto che vi trovate tra le mani non è un semplice romanzo: è un’esperienza di lettura tra le più perturbanti che possiate fare oggi. Ma andiamo per ordine: Baci all’inferno comprende due romanzi brevi, La debole di mente e Precoce, legati tra loro dal tema della relazione fra madre e figli. Nel primo, l’autrice ci conduce nei meandri di un rapporto quasi animale tra una madre e una figlia. Nel flusso di coscienza che riprende una forte tradizione europea femminile (da Virginia Woolf a Nathalie Sarraute) si innesta però con violenza una vena grottesca che richiama tanta grande letteratura latino-americana. Narrato in brevi scene, La debole di mente è costellato di emozioni estreme e corpi violati, da un’infanzia fragile a un finale tanto straordinario quanto imprevedibile. Al centro di Precoce è stavolta il rapporto tra madre e figlio: entrambi diseredati, nuovi poveri europei, la loro vita in comune è un rovesciamento totale dei ruoli familiari classici, che mette in questione il significato stesso e i presunti doveri della maternità. In uno stile disincarnato, spoglio di ogni ornamento e convulso come la vita stessa, Precoce ci racconta di come a volte l’inferno in cui viviamo sia causato dall’eccesso di amore.

RECENSIONE

Baci all’inferno è un romanzo scritto in modo crudo e viscerale, diviso in due parti che sono indipendenti l’una dall’altra e che ti costringono a fare i conti con una realtà aberrante. 
Sulla copertina c’è una madre e una figlia. Almeno, è quello che immaginiamo considerando la trama. 
Sempre di amore si tratta. 

Nella prima parte del romanzo, intitolata “La debole di mente” assistiamo al monologo interiore, feroce e brutale di una figlia che parla della sua vita, del suo amore/dipendenza per un uomo sposato, e del suo rapporto contorto con la madre
Due donne a confronto. 
Due folli. 
Due fuori di testa a livello totale che non lasciano nulla di inespresso. 
Sapete, a volte, noi ci controlliamo. Per educazione, per moralismo, per ciò che ci ha inculcato la società, ciascuno di noi, molto di rado, dice fino in fondo quello che pensa. Ancor meno fa tutto quello che vorrebbe. 
Vi sembra ovvio, lo so. 
Ma in questo libro non è così. 

Lo stesso accade nella seconda parte del romanzo, intitolata Precoce. Questa volta è una madre a rapportarsi al figlio. Un figlio che la odia eppure le vuole bene mentre la madre si dimentica persino di lui perché sta con un uomo. 

Se sfiorate le prime pagine, notate subito che non c’è nulla di simile scritto in giro. Le parole sono pugnali, sembrano essere state scelte proprio per colpire, ferire, divorare la sanità mentale e lasciare il corpo privo di orpelli, soltanto ossa distrutte. 

È un po’ così che ci sente mentre si legge dell’esistenza di questa figlia che ama e odia la madre allo stesso tempo. Che la vede andare a letto con gli uomini come se fossero tutti animali, e in cui predomina la violenza, sia in ambito sessuale che sociale. Insomma, sembra quasi che la sua vita non sia altro che violenza. Ma non in senso malato o sbagliato, nel senso che lei non sa vivere le emozioni se non in modo così viscerale e animale, selvaggio, senza alcun filtro che possa salvarla o salvare chi le sta intorno dalla sua furia. 

Sopraggiunge anche la voce della madre che adora la figlia ma allo stesso tempo non la sopporta, eppure ridono, cucinano, brindano insieme. La madre non voleva la figlia, dice più volte che se solo l’uomo fosse tornato, sarebbe stata disposta ad abbandonarla. 
Ci scandalizziamo? Ma neanche un po’. 

L’infanzia non esiste, non esiste nemmeno il presente, nemmeno quello che leggiamo pagina dopo pagina. È chiaro che è tutto assurdo eppure così riconoscibile nelle sue atrocità, soprattutto emozionali. Madre e figlia. Così struggenti e imprevedibili. Così distanti, nemiche eppure vittime della stessa misera vita. Così lontane dalla realtà, perché l’autrice sembra aver estremizzato tutti i loro comportamenti e le loro parole. 

Addirittura c’è una scena in cui la figlia immagina che in casa entrino due uomini che vogliono violentarle. Lo desidera, in qualche modo. Perché non sa pensare in modo diverso se non attraverso il desiderio violento. Quello che ti lascia i segni addosso, così, almeno, esisti. E la figlia immagina, dunque, che lei e la madre, durante il fatto, si guardino a vicenda. 

Un momento che può apparire raccapricciante, per certi versi, e differenza di molti che sostengono che questo libro non è per tutti, io credo, invece, che lo sia. A meno che voi non vogliate nascondere la testa sotto la sabbia e credere ancora che madre e figlia siano un idillio senza tempo. 

La madre definisce la figlia “anticresciuta”, usando questo termine per dire che i loro ruoli sono scambiabili e che anche la figlia potrebbe partorire la madre, senza alcuna distinzione. 
Ed è un po’ così questo libro, che ti lascia di stucco, senza quasi parole. È pieno di crepe e di eccessi, quasi quasi ti vien voglia dire, “lascia stare”, ma no, perché dove c’è l’eccesso, amici miei, c’è sempre un fondo di verità. 
Siete disposti a vederlo?

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