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giovedì 10 febbraio 2022

Recensione: IL PITTORE CHE DIVORA LE DONNE di Kamel Daoud

Buongiorno! Grazie alla collaborazione con la casa editrice La nave di Teseo, oggi vi parlo di Il pittore che divora le donne di Kamel Daoud, un viaggio attraverso l'arte di Picasso che ci fa riflettere sulla moralità e sulla religione dell'Occidente e del mondo arabo.

Il pittore che divora le donne

di Kamel Daoud
Editore: La nave di Teseo
Pagine: 160
GENERE: Narrativa contemporanea
Prezzo: 9,99€ - 18,00
Formato: eBook - Cartaceo
Data d'uscita: 2022
LINK D'ACQUISTO: ❤︎
VOTO: 🌟🌟🌟🌟

Trama:
Un uomo arabo cammina di notte nelle sale del Museo Picasso di Parigi. Non è un visitatore qualunque. Una fantasia, un volto scuro venuto dal deserto, dalla Siria o da Timbuctù o da Algeri, si chiama Abdellah, è un jihadista che vuole distruggere per sempre le tele di un pittore infedele, colpevole di aver vissuto un amore proibito con una donna molto più giovane di lui e di averne esposto le nudità in opere blasfeme. Di fronte a quei quadri osceni, racconto di una caccia erotica, immorale, senza limiti, Abdellah vacilla, quello sguardo è lontano dal suo mondo, da quello che sa dell’amore, del piacere, della libertà. Può l’arte guarire un uomo dalla violenza, portarlo a scegliere il desiderio qui sulla terra invece della beatitudine eterna? Kamel Daoud, vincitore di un premio Goncourt e di un prix Méditerranée, sfida le nostre certezze e i nostri pregiudizi narrando la meraviglia dell’arte, e in quello stupore accende la luce di una libertà assoluta, contro ogni fondamentalismo.

RECENSIONE

Kamel Daoud. 
Giornalista algerino. 
Colui che non si ferma davanti a nulla, e che, consapevole di quanto le sue idee vadano contro il suo stesso paese, religione, politica, ha deciso di esprimerle ugualmente attirandosi la malevolenza di molti e la curiosità della maggior parte del resto del mondo. 

Chi è il pittore che divora le donne? Pablo Picasso. 
L’autore, inventandosi il personaggio di Abdellah che ha le sue stesse origini, visita il museo Picasso di Parigi durante la mostra “Picasso 1932. Anno erotico” che si è tenuta a cavallo tra il 1917 e il 1918. Abdellah è un terrorista. E intende distruggere tutte le tele di Picasso. Il motivo? Per l’erotismo e la sessualità delle sue opere, per ripulire il mondo da tutto ciò che non è puro, non è stato, secondo lui e la sua religione, creato da Dio. 

Picasso, simbolo dell’arte del Novecento, rappresenta per lui l’orrore e il terrore di una cultura sporca, priva di moralità, troppo carnale e viscerale per ottenere una qualsivoglia forma di rispetto. 
Abdellah cammina da solo per le sale del museo, di notte. È lui l’unico interlocutore di quelle tele così spaventose. Ma come affermava il filosofo Nietzsche: “se tu scruterai a lungo in un abisso, anche l'abisso scruterà dentro di te”, così mentre il protagonista tenterà con tutto se stesso di odiare quello che vede, nel frattempo sarà proprio la pittura di Picasso, quella sensualità e quella sessualità così dichiarata e performante a insidiarsi dentro di lui, squarciare la scorza della quale si ricopre per non essere sfiorato, e a intaccare la sua irreprensibilità. 

 
Come dire il respiro e il grido quando si dipinge? Coi colori. Sillabe diventate colori. Niente di più appropriato per dire anche il calore delle ossessioni.

Le tele su cui si concentra la sua attenzione sono quelle dedicate alla giovane amante del pittore, Marie Therese Walter. All’epoca fu uno scandalo, perchè c’era una sostanziale differenza di età. Soprattutto in relazione alle tele così erotiche ed esplicite tanto da coniare il termine “erotismo dell’occhio.” 
Una figura della donna che ne esce vincente. Opere ossessive, possessive, che lanciano un grido a squarciagola: la fame del pittore che travalica i muri della religione e della moralità di chi lo osserva. Picasso divorava le donne dando vita a un’energia erotica straripante, celata negli angoli più impensabili, nei dettagli più silenziosi dei suoi innumerevoli quadri. 

Attraverso l’arte, espressione universale dell’animo e del genio del singolo, Daoud s’interroga sulle caratteristiche della pittura e dove consistano i veri limiti morali. Può l’arte ascendere allo stesso Dio? Può un artista conferirsi l’atto creativo che nel mondo arabo appartiene soltanto a Dio? Le tele di Picasso esprimono, attraverso il mistero e il mito, l’atto del piacere e quello del dolore utilizzando le immagini. Una prerogativa che nel mondo islamico appartiene soltanto a Dio. La sfida, dunque, consiste proprio in questo. 

Abdellah riflette sulla sua vita e su quella dell’Occidente, sui contrasti e sulle similitudini, cambiando lentamente atteggiamento nei confronti di quei dipinti che all’inizio voleva distruggere. Ma soprattutto, è sul concetto di fame e di digiuno, di bulimia e di astinenza che si contraddistingue il suo viaggio. Un viaggio che avrei voluto fare anche io, partendo proprio dal bacio, che viene paragonato alla caccia, alla predazione e al sangue. 
Chi bacia, divora. 

 
L’erotismo è un rito di caccia, solo che non uccide la preda, la seduce.

Il bacio e il sesso sono atti di cannibalismo, esprimono il desiderio di divorare l’altro per saziare se stessi. Fare l’amore significa concedersi il lusso di smarrirsi nel più profondo dell’essere altro. Inabissarsi per poi emergere di nuovo. 

Le protagoniste di questo libro, quindi, sono anche le donne. Soprattutto loro. Del resto l’autore si è sempre messo dalla loro parte. Picasso divorava le donne usando il bacio. Ma a differenza delle fiabe in cui il bacio serve per risvegliare la principessa, nella pittura di Picasso, il bacio serve ad addormentarla, a immergerla nel sogno dell’arte. 

L’Occidente per Daoud è un corpo di donna, qualcosa che lui non arriva a comprendere a pieno perchè il mistero della nudità gli è stato negato. Eppure intuisce che si tratta di una sorta di decomposizione morale e una ricomposizione artistica. 

 
L’Occidente? Lo adoro e mi affascina, ma mi fa molta paura quando ha fame.

Daoud è figlio di un mondo in cui l’erotismo è solo silenzio. Il corpo non è amato, ma subito. E tutto questo incide sulla condizione della donna e sull’arte in generale. Sulla nostra anima, i nostri desideri, i sogni. 
L’arte può guarire un uomo che crede che il sollievo sia nella violenza della distruzione? 
Forse la risposta è qui. 
Per Abdellah. 
Per Daoud. 
E anche per tanti di noi. 
“L’erotismo è la religione più antica, il corpo è la mia unica moschea e l’arte è la sola eternità di cui posso avere certezza.”

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