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mercoledì 19 marzo 2025

Recensione: 56 GIORNI di Catherine Ryan Howard

Buongiorno! Grazie alla collaborazione con la casa editrice Fazi, oggi vi parlo di 56 Giorni di Catherine Ryan Howard.

56 giorni

di Catherine Ryan Howard
Editore: Fazi
Pagine: 300
GENERE: Thriller psicologico
Prezzo: 9,99€ - 19,00
Formato: eBook - Cartaceo
Data d'uscita: 2025
LINK D'ACQUISTO: ❤︎
VOTO: 🌟🌟🌟🌟 

Trama:
Nessuno sapeva che vivevano insieme. Ora uno dei due è morto. Potrebbe essere questo il delitto perfetto? 56 GIORNI PRIMA Ciara e Oliver si incontrano per la prima volta in un supermercato di Dublino, durante una pausa pranzo come tante; tra loro scatta subito la scintilla e, nel giro di pochi giorni, iniziano a frequentarsi. Nella stessa settimana, il Covid-19 raggiunge le coste irlandesi. 35 GIORNI PRIMA Quando il lockdown minaccia di tenerli separati, Oliver suggerisce di andare a vivere insieme nel suo appartamento. Nonostante si conoscano da poco, Ciara accetta: per lei è l’unico modo di far funzionare la relazione sfuggendo al controllo della famiglia e degli amici. Per Oliver è l’unico modo di nascondere la sua vera identità. OGGI Nell’appartamento di Oliver viene trovato un cadavere in decomposizione. Gli investigatori si buttano a capofitto nell’indagine: riusciranno a capire cosa è realmente accaduto, oppure la pandemia ha permesso a qualcuno di commettere il delitto perfetto? Una storia d’amore piena di lati oscuri intrappolata tra le mura di un appartamento durante il lockdown: tra i migliori libri dell’anno per «The New York Times», «The Washington Post» e «The Irish Times» e premiato come miglior Crime Fiction Book of the Year agli Irish Book Awards, 56 giorni è un thriller psicologico ad alto tasso di suspense in cui a fare da sfondo a una vicenda ricca di risvolti misteriosi è la più inquietante delle realtà.

RECENSIONE

56 Giorni di Catherine Ryan Howard è un thriller che gioca con il tempo, con la percezione della verità e con il concetto stesso di intimità accelerata, costruendo una tensione che cresce pagina dopo pagina, proprio come la paura che nutriamo nei confronti delle persone che pensiamo di conoscere. 

L’autrice crea un romanzo costruito come un labirinto di specchi che le permette di manipolare il lettore, utilizzando una narrazione frammentata e alternata tra presente e passato, che si sviluppa attraverso i punti di vista di tre personaggi principali: Ciara, Oliver e la detective Lee. 

Il romanzo si apre con il ritrovamento di un cadavere in un appartamento, in pieno lockdown. Un corpo in stato di decomposizione avanzata. E fin da subito, la domanda diventa: chi è la vittima? E chi il carnefice? 

Ciara e Oliver si incontrano in un supermercato 56 giorni prima. Una scena apparentemente innocente, un dialogo che potrebbe sembrare quasi banale: "Vai pure", sono le prime parole che le rivolge. Eppure, in questo scambio c'è già l'ombra del destino. Lei accetta l'invito di un uomo che non conosce e, in un mondo normale, il loro rapporto si sarebbe sviluppato lentamente. Ma la pandemia accelera tutto. 

Quando il lockdown viene annunciato, Oliver le propone di trasferirsi nel suo appartamento. L'isolamento diventa così non solo una misura sanitaria, ma una vera e propria trappola psicologica. Ciara e Oliver sono due estranei che si chiudono volontariamente in una bolla di intimità, eppure il lettore avverte da subito una tensione inquietante. Perché Oliver sembra così diffidente? E cosa spinge davvero Ciara ad accettare la convivenza? 

Catherine Howard costruisce i due personaggi con un’abilità rara, facendo emergere poco alla volta le loro ombre. Oliver non è chi dice di essere. Non è solo un uomo con un passato, è un uomo in fuga dal proprio passato. E mentre cerca disperatamente di proteggere il suo segreto, il lockdown gli fornisce un'occasione d’oro per sparire dal mondo. Ma sparire, a volte, non significa salvarsi. 
Dall’altra parte, Ciara non è l’innocente ragazza in cerca di affetto che sembra all’inizio. Anche lei ha motivazioni nascoste. Anche lei sta giocando una partita pericolosa. Quando Oliver le chiede, con una punta di nervosismo, quanto tempo è che è a Dublino, la sua risposta è quasi casuale: "Da lunedì. Sono qui da sette giorni." Ma il lettore avverte subito che questa informazione non è priva di significato. Cosa nasconde davvero? E perché il suo passato rimane sempre sfocato? 

Il lockdown, nel romanzo, non è solo un’ambientazione, ma un vero e proprio strumento narrativo. L’autrice lo usa come metafora della prigione psicologia e strumentalizza il contesto della pandemia per chiudere i suoi personaggi in una bolla di falsa sicurezza. 
Cosa accade quando non possiamo più scappare? Quando siamo obbligati a convivere con i nostri segreti? 

L’isolamento forzato amplifica la paranoia, trasforma la casa in una prigione, crea un microcosmo di tensione crescente. Non è un caso che il lettore si trovi spesso a chiedersi: "Se fossi costretto a passare settimane intere con una persona che conosco a malapena, come reagirei?" E qui sta la bellezza del romanzo: l’autrice prende una condizione che tutti noi abbiamo vissuto e la porta all’estremo, esplorando il lato più oscuro dell’intimità forzata. 

Se Ciara e Oliver sono due personaggi ambigui, la detective Lee è la figura che cerca di riportare ordine nel caos. Ma la giustizia non è mai così semplice. Nel corso dell’indagine, si trova di fronte a una domanda fondamentale: essere colpevoli significa sempre meritare una punizione? Lee è un’investigatrice pragmatica, consapevole che la legge non è perfetta. Quando finalmente riesce a ricostruire l’accaduto, non tutto è bianco o nero. Il romanzo ci spinge a chiederci se, in certe circostanze, la vendetta possa sostituire la giustizia. E se la verità sia più pericolosa della menzogna. 

Catherine Howard non scrive un semplice thriller: costruisce una storia che parla delle nostre paure più profonde. Quanto conosciamo davvero chi ci sta accanto? E se quella persona nascondesse qualcosa di terribile? Ed è proprio questa impossibilità di sapere a fondo la verità che diventa l’essenza stessa di un vero horror. L’autrice spinge il lettore a confrontarsi con l’illusione della fiducia. Spesso pensiamo di poter riconoscere il male, di poter "sentire" quando qualcuno non è chi dice di essere. 

Ma 56 giorni ci dimostra il contrario. Il male non sempre ha un volto riconoscibile. A volte si nasconde dietro un sorriso gentile. Dietro una routine innocente. Dietro la normalità. 
"E mi piaci anche tu." 
 "Be’, sono molto piacevole." 
Uno scambio leggero, quasi banale, eppure, nel contesto del romanzo, acquista un sapore inquietante. Quante volte siamo convinti di trovarci al sicuro, mentre invece siamo sull'orlo di un baratro? 

56 giorni è un thriller perfettamente in linea con i tempi moderni perché suggerisce nemmeno tanto sottilmente una riflessione sulla nostra epoca. In un mondo sempre più connesso ma allo stesso tempo isolato, l’autrice ci costringe a riflettere su quanto possiamo davvero fidarci delle persone che entrano nelle nostre vite. Con una scrittura tagliente, una costruzione narrativa perfetta e un finale che ribalta ogni aspettativa, questo thriller è una lettura da fare.
A tal punto che alla fine, vi chiederete: chi siamo DAVVERO quando nessuno ci vede?

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