Buongiorno! Grazie alla collaborazione con la casa editrice Armenia, oggi vi parlo di Il bagliore della vendetta di Raven Kennedy.
Il bagliore della vendetta di Raven Kennedy Editore: Armenia Pagine: 544 GENERE: Dark Fantasy Romance/Retelling Prezzo: 10,99€ - 22,00€ Formato: eBook - Cartaceo Data d'uscita: 2024 LINK D'ACQUISTO: ❤︎ VOTO: 🌟🌟🌟🌟🌟
Trama:
Il terzo volume della serie "Re Mida e la gabbia dorata". Continua la serie fantasy per adulti ispirata al mito di Re Mida: esseri fatati, romanticismo e avidità smisurata. Dopo tutto quello che ha passato, Auren non vuole più rimanere rinchiusa in una prigione dorata e anela alla libertà. Tradita da Mida e vessata dalle menzogne, non ha intenzione di rimanere inattiva e lasciarsi appassire. Nulla deve distoglierla dal suo desiderio di vendetta, tanto meno la presenza del potente Re Ravinger, che ha tutta l'intenzione di far colpo su di lei. Ma questa volta sarà lei a tirare le fila di tutta la vicenda, con la sola speranza che il suo cuore non ne rimanga coinvolto...
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RECENSIONE
La verità è un veleno che a volte brucia quando viene ingerito. Lo sa bene Auren, protagonista e prigioniera di una storia di oppressione e illusione, di amore e potere, di inganni e risvegli. Il bagliore della vendetta di Raven Kennedy è il terzo capitolo della saga Re Mida e la gabbia dorata, e forse il più sofferto, il più lacerante. Qui non ci sono più favole, non ci sono più illusioni dorate: c’è solo la realtà che si sgretola sotto il peso delle bugie, lasciando Auren di fronte alla scelta più difficile della sua vita.
Auren è un personaggio che vive nel paradosso: la donna più preziosa del regno, la “favorita” del re, la ragazza che tutti guardano con adorazione e invidia… eppure, non è mai stata così priva di libertà. La sua gabbia non è solo fisica, ma soprattutto mentale: per anni ha creduto che Mida fosse il suo protettore, il suo salvatore, colui che l’aveva tolta da una vita di stenti. In realtà, l’ha solo rinchiusa in una prigione più raffinata. — “Cosa bisognerebbe pensare, secondo te, di un uomo che tiene una donna in gabbia?”
La gabbia è il simbolo perfetto del rapporto tra Auren e Mida: un’illusione di sicurezza che cela una realtà di possesso e manipolazione. Mida non è il principe azzurro che l’ha salvata, ma il carceriere che l’ha tenuta incatenata. Quando le guardie scoprono la verità sul suo potere, il castello di carte crolla: Auren si rende conto che il vero pericolo non è il mondo esterno, ma l’uomo che ha sempre detto di proteggerla.
Il viaggio di Auren è doloroso, perché il riconoscimento della verità è una ferita che brucia più di qualsiasi catena. E Raven Kennedy riesce a raccontare questo percorso con una brutalità e una delicatezza disarmanti: la sua protagonista non è un’eroina perfetta, non è una ribelle senza paura. È una sopravvissuta, con le sue debolezze, le sue paure, i suoi traumi. Ed è proprio questa complessità a renderla straordinaria.
Mida e Ravinger sono le due forze che tirano Auren in direzioni opposte. Due uomini diametralmente opposti, eppure, entrambi potenti a modo loro. Mida è il sovrano dorato, il monarca che ha costruito un impero su una menzogna. Non ha il potere del tocco d’oro, eppure il mondo intero crede che sia il più grande dei re. È un manipolatore raffinato, un maestro nel creare illusioni, nel piegare la realtà alla sua volontà. Non ha bisogno di una magia tangibile, perché il suo potere è fatto di parole, di inganni, di dominio psicologico.
— “Se mi disobbedisci di nuovo, mi sbarazzo di te e ti vendo a Barden East.” Questa frase pronunciata da Zakir durante il flashback dell’infanzia di Auren è fondamentale per comprendere il motivo per cui lei ha accettato così a lungo la gabbia di Mida: perché per lei il concetto di “peggio” è sempre stato un’ombra costante. È cresciuta sapendo che la libertà è pericolosa, che ogni alternativa alla sottomissione è il caos. Mida ha semplicemente ripreso quella lezione e l’ha resa più sofisticata.
Dall’altra parte c’è Ravinger, il re marcio, il sovrano che incarna la brutalità del potere ma senza maschere. Se Mida è una bugia dorata, Ravinger è una verità oscura: il suo potere non si nasconde, è tangibile, visibile, spaventoso. È in grado di far marcire un uomo con un solo tocco, eppure, paradossalmente, è molto più sincero di Mida. — “Mi hai spinta senza tregua ad ammettere ciò che ero.” Ravinger non vuole controllare Auren: vuole che si svegli. Vuole che smetta di nascondere il suo potere, che smetta di fingere di essere debole. È un personaggio che gioca su molteplici livelli, perché non è un eroe, non è un cavaliere dall’armatura splendente. È feroce, spietato, eppure è l’unico che realmente la vede.
La libertà, in Il bagliore della vendetta, non è solo una questione di catene spezzate o di fughe rocambolesche. È una condizione mentale. Auren è libera anche quando scappa da Derfort? È libera quando Mida le dice che la proteggerà? È libera quando Ravinger le mostra un nuovo mondo?
La risposta è NO.
La libertà è una conquista interiore.
È la capacità di dire basta, di rifiutare chi vuole possederti, di riconoscere il proprio valore.
— “Sei sempre molto frettolosa nel giudicarmi. Dimmi, hai dato del bugiardo anche a Mida?” Questa frase di Ravinger è un colpo preciso al cuore di Auren e del lettore: è facile vedere le bugie negli altri, ma molto più difficile riconoscere quelle che ci raccontiamo da soli. Auren si è raccontata per anni che Mida la amava, che la proteggeva. La sua vera battaglia non è contro il re d’oro o contro il re marcio, ma contro la parte di sé che ha paura di esistere senza una gabbia.
Il bagliore della vendetta è un romanzo che non si limita a raccontare una storia di fantasy e intrighi: è una riflessione sul potere, sulla manipolazione, sulla verità e sul valore della propria identità. Raven Kennedy ha scritto un’opera promettente, che colpisce con le sue immagini evocative, che esplora le dinamiche tossiche con una precisione quasi crudele e che non teme di mettere il lettore di fronte a domande scomode.
Auren non è ancora libera.
Non del tutto.
Ma ha iniziato a vedere le sbarre per quello che sono.
E forse, per la prima volta, la gabbia non le sembra più sicura.
Forse, per la prima volta, il bagliore che la chiama non è quello dell’oro… ma quello della libertà.
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