Buongiorno! Grazie alla collaborazione con la casa editrice Roberto Nicolucci, oggi vi parlo di Compriamo bambini di Luigi Incoronato.
RECENSIONE
Ci sono romanzi che raccontano storie, e romanzi che svelano verità. Compriamo bambini di Luigi Incoronato non è soltanto un'opera letteraria, ma una finestra spalancata su una delle pagine più oscure della storia italiana del dopoguerra. Un romanzo che squarcia il velo su un commercio agghiacciante, quello dei bambini venduti dalle famiglie povere a organizzazioni che promettevano loro un futuro migliore in America.
Carmela è madre di sette figli che si trova di fronte a una scelta impossibile: vendere una delle sue bambine in cambio di una somma di denaro che potrebbe garantire la sopravvivenza del resto della famiglia. L'offerta arriva da un'organizzazione che traffica bambini verso famiglie americane benestanti, proponendosi come un'alternativa al destino di fame e miseria che attanaglia il popolo napoletano nel periodo del dopoguerra.
Al fianco di Carmela si muovono personaggi complessi. Sergio, giovane uomo d'affari con idee neofasciste, che lavora per l'organizzazione e che rappresenta l'indifferenza calcolatrice di un sistema che sfrutta la povertà per arricchirsi. Antonio, il compagno di Carmela, che vede la vendita della figlia come un'opportunità e non come un crimine. Paola, la fidanzata di Sergio, simbolo di una coscienza morale che cerca di resistere alla corruzione del tempo. Attraverso le loro storie si dipana un affresco umano crudo e toccante, che lascia il lettore attonito davanti alla brutalità delle scelte a cui erano costrette le famiglie più povere.
Luigi Incoronato ambienta la sua storia a Napoli, e non è una scelta casuale. La città, reduce dalle macerie della Seconda Guerra Mondiale, si trova in un limbo tra la ricostruzione e la disperazione, tra il miraggio del boom economico e la miseria che ancora soffoca i quartieri più popolari. Il popolo napoletano, con la sua storica capacità di arrangiarsi, si trova a combattere contro una realtà che lo spinge verso soluzioni impensabili, come la vendita di un figlio per poter sfamare gli altri. La povertà è una condizione che non lascia spazio alla morale, e l'autore la racconta con uno sguardo lucido, senza edulcorazioni o pietismi.
Napoli diventa dunque il simbolo di un'Italia spezzata, che cerca di rialzarsi ma che deve fare i conti con le contraddizioni del suo tempo: una parte della popolazione inizia a intravedere i benefici della modernità, mentre un'altra rimane intrappolata in un circolo di miseria senza via d'uscita. Le strade affollate, i vicoli pieni di voci e di fame, il mare che sembra l'unica promessa di fuga: l'ambientazione non è solo un contesto, ma un protagonista silenzioso che amplifica la drammaticità della storia.
Negli anni '50 e '60, l'Italia vive una fase di transizione. Da un lato, c'è il boom economico, la crescita industriale, la modernizzazione che porta benessere a chi ha accesso alle nuove opportunità. Dall'altro, c'è un'Italia contadina e proletaria, fatta di famiglie numerose, di donne costrette a essere madri e lavoratrici senza nessuna protezione, di uomini che si affidano a lavori precari o alla criminalità per sopravvivere.
La vendita dei bambini non era un fenomeno isolato, ma una pratica che nasceva dalla disperazione. Le famiglie che accettavano di separarsi dai propri figli non lo facevano per crudeltà, ma per necessità, nella speranza che almeno loro potessero avere un futuro migliore, anche al costo di un addio definitivo. Era un'epoca in cui lo Stato era ancora troppo fragile per garantire protezione alle fasce più deboli, e in cui le persone si aggrappavano a qualsiasi opportunità per sfuggire alla miseria.
Oggi, Compriamo bambini ci colpisce ancora con la sua forza devastante. La sua denuncia sociale non si limita agli anni '50, ma risuona potente nel presente. Oggi non si vendono più bambini nei vicoli di Napoli, ma il traffico di minori è una piaga ancora attuale in molte parti del mondo, spesso mascherato da adozioni illegali o migrazioni forzate.
Il romanzo ci costringe a riflettere su quanto poco sia cambiato il mondo per chi si trova ai margini della società. Ci chiede di non distogliere lo sguardo, di non cadere nella facile illusione che certe cose appartengano solo al passato. Ci insegna che la miseria può piegare anche i sentimenti più puri, che la disperazione può portare un genitore a compiere l'impensabile. E ci ricorda che la responsabilità di evitare che storie come questa si ripetano non è solo dei singoli, ma dell'intera società.
Lo stile dell'autore è diretto, senza fronzoli, quasi giornalistico nella sua asciuttezza. Non concede spazio alla retorica, non cerca la commozione facile, ma lascia che siano i fatti a parlare. Questo approccio rende il romanzo ancora più potente, perché la crudezza della realtà emerge in tutta la sua forza. Tuttavia, proprio questa essenzialità può risultare a tratti spietata, privando il lettore di un momento di tregua emotiva.
Compriamo bambini è un romanzo che non assolve, non giustifica, ma racconta. Ed è proprio questa la sua grandezza: la capacità di trasformare una storia in uno specchio, in cui ognuno di noi è costretto a guardarsi e a chiedersi fino a che punto può arrivare la disperazione umana.
Un libro che va letto con la gentilezza nel cuore e la mente pronta a mettersi in discussione. Perché la storia di Carmela non è solo sua. È la storia di un'Italia dimenticata. È la storia di ogni tempo e di ogni luogo dove la povertà costringe a scelte impossibili.
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