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mercoledì 12 febbraio 2025

Recensione: EDITH HOLLER di Edward Carey

Buongiorno! Grazie alla collaborazione con la casa editrice La nave di Teseo, oggi vi parlo di Edith Holler di Edward Carey.

edith holler

di Edward Carey
Editore: La nave di Teseo
Pagine: 528
GENERE: Romanzo gotico
Prezzo: 12,99€ - 24,00
Formato: eBook - Cartaceo
Data d'uscita: 2025
LINK D'ACQUISTO: ❤︎
VOTO: 🌟🌟🌟🌟🌟 

Trama:
Marzo 1901, l’amata regina Vittoria è morta e il figlio, ormai anziano, ha preso il suo posto sul trono. Nella città di Norwich, la giovane Edith Holler trascorre le sue giornate tra i chiassosi e pittoreschi abitanti dell’Holler Theatre, di cui il padre è direttore e proprietario. Discendente di una famiglia di attori e impresari, Edith è una dodicenne brillante e curiosa, vittima tuttavia di un’oscura profezia secondo la quale il teatro è destinato a crollare, e lei a morire, se dovesse mai lasciare le sue stanze. Affascinata dai racconti della città che conosce solo da lontano e vorace lettrice delle sue leggende – tra storie di fantasmi, antichi re e cavalieri –, Edith decide di scrivere un’opera teatrale tutta sua: un adattamento della leggenda di Mawther Meg, una donna vissuta centinaia d’anni prima che, si dice, abbia salvato la città da un’invasione di tarli e abbia creato una leccornia divenuta nel tempo rinomata in tutto il paese. Edith, tuttavia, è convinta che qualcosa non quadri in quella storia e che la vicenda nasconda qualcosa di molto più oscuro e terribile, per questo vuole raccontarla tramite ciò che conosce meglio: il teatro. Quando, però, suo padre annuncia all’improvviso il suo fidanzamento con una donna sconosciuta, strana quanto imponente, di nome Margaret Unthank, facoltosa ereditiera della famiglia che continua a produrre la crema inventata da Mawther Meg, Edith si trova a dover proteggere il padre, il teatro e la sua opera dalle minacce che questa nuova situazione porta con sé. Ricca di personaggi indimenticabili e impreziosita dalle illustrazioni di Edward Carey, "Edith Holler" è una favola sorprendente, affascinante e moderna sul teatro e sulla sua potenza, ma soprattutto sulla lotta di una giovane donna pronta a tutto pur di salvare ciò che ama e realizzare i suoi sogni.

RECENSIONE

Edith Holler è un’opera che incanta e inquieta, giocando con i confini tra realtà e finzione, storia e leggenda, infanzia e maturità. Mi sono trovata su una piattaforma che fingendo di avere i piedi ben piantati a terra, come è solito in un teatro di tutto rispetto, in realtà ondeggiava e vagheggiava come una barca in mezzo al mare. Perchè il teatro di Edith, la protagonista, è un universo che sembra reale, ma lo è fino in fondo? Mi ha ricordato fin troppo facilmente i teatrini dell’oggi: quelli fatti sui social. E non gridate all’usurpazione! È vero, ho paragonato il sacro teatro vecchio stile, l’intramontabile recitazione dal vivo, con quello che accade quotidianamente su mezzucci a dir poco digitali, che, difficile negarlo, ci stanno rovinando la vita. 
Il teatro è finzione, giusto? Beh, cosa c’è di più finto e pericoloso dei social? 

Il romanzo di Edward Carey è un’affascinante meditazione sul teatro come strumento di rivelazione e occultamento, un’indagine sul potere della narrazione e sulla capacità dell’arte di smascherare il mondo. Al centro di tutto, una voce: quella di Edith, reclusa tra le mura dell’Holler Theatre, spettatrice e narratrice di un mondo che non può toccare, ma che cerca disperatamente di comprendere. 

Norwich 1901. Una città carica di superstizioni, segreti e paure secolari. L’atmosfera è cupa, gotica, con echi dickensiani e tracce della narrativa di Angela Carter e Mervyn Peake. Il romanzo è un intreccio di horror e realismo magico, in cui la storia della città si fonde con il folklore e la paranoia vittoriana. Edith, segregata da una maledizione, è l’ultima custode della memoria collettiva, la vita stessa di un teatro che sta per crollare, simbolo di un mondo che vacilla sotto il peso delle sue menzogne. 

Ma Edith Holler è anche un testo che parla della nostra epoca: la nebbia dell’Holler Theatre è la nebbia della nostra società, dove il passato viene riscritto e la verità occultata dietro il velo dell’intrattenimento. Il romanzo riflette sulle voci inascoltate, sui bambini dimenticati, sulla fame insaziabile del progresso che divora tutto, proprio come i tarli che minacciano Norwich. 

Edith è una protagonista straordinaria: fragile nel corpo, ma feroce nella mente. È una giovane Cassandra, una bambina costretta all’inattività, ma dotata di una lucidità implacabile. La sua reclusione forzata la rende un’osservatrice acuta, un’investigatrice del tempo e dello spazio, capace di svelare ciò che gli adulti fingono di non vedere. La sua lotta per portare alla luce la verità la trasforma in un’eroina tragica, una figura shakespeariana destinata al sacrificio. Edith è anche un simbolo del teatro stesso: incatenata da una maledizione, proprio come l’arte è spesso soffocata dalla censura, dalla paura, dal compromesso. Ma come il teatro, Edith resiste, usa la sua prigione per creare, per dare forma alla realtà attraverso l’illusione. 

Il padre di Edith, impresario del teatro, è un uomo che ha fatto della menzogna il proprio mestiere. Vive di illusioni, costruisce mondi fittizi per il pubblico, ma si rifiuta di vedere la verità che lo circonda. Il suo personaggio incarna la tensione tra il desiderio di protezione e il bisogno di controllo: vuole salvare Edith, ma al tempo stesso la imprigiona. Rappresenta il patriarcato che soffoca le donne in nome della loro sicurezza, ma che in realtà teme il loro potere. 

Margaret Unthank è la vera antagonista, una figura oscura e magnetica. Erede della Pasta di Tarlo, è il volto di un capitalismo feroce che si nutre di miti e sacrifici umani. La sua presenza è avvolta da un’aura sovrannaturale, un richiamo diretto a Mawther Meg, la leggendaria cannibale di Norwich. Il suo matrimonio con Edgar Holler è il simbolo dell’invasione del teatro da parte di forze oscure: il denaro, il potere, la corruzione. 

Se Edith rappresenta la verità artistica, Margaret è l’industria culturale che la trasforma in merce. Qui si racciglie tutto il senso del libro che come uno specchio ti sbatte in faccia la mercificazione dell'originalità, dell'istinto e della creatività che sta avvenendo oggi, ancor di più del passato, perchè con i mezzi virtuali diventa tutto più semplice, fattibile, raggiungibile, ma anche più misero e vergognoso.

Il tema dei bambini scomparsi è centrale nel romanzo e richiama archetipi profondamente radicati nella nostra cultura: Hansel e Gretel, il Pifferaio di Hamelin, i racconti sui bambini sacrificati. Ma qui la storia assume un carattere politico: i bambini di Norwich non sono solo vittime di una leggenda, sono le vittime della storia, i dimenticati, gli invisibili. Sono l’infanzia negata, la carne sacrificata per mantenere l’illusione della civiltà. Come oggi, in un mondo che consuma e sfrutta i più deboli senza mai fermarsi a guardarli. 

Il teatro è uno dei protagonisti del romanzo. È il rifugio e la prigione di Edith, il luogo dove la verità viene celata e rivelata, dove la storia si ripete in infinite variazioni. 

Edith Holler è un’opera che riflette sul ruolo dell’arte nella società: il teatro è un luogo di potere, uno spazio dove si può manipolare la realtà o smascherarla. L’autore ci mostra due facce del teatro. Il teatro come inganno: Edgar Holler usa la scena per creare illusioni, per distrarre il pubblico dalle vere tragedie che si consumano fuori. Il teatro come rivelazione: Edith, invece, lo usa per svelare l’orrore nascosto sotto la superficie. Scrive la sua pièce per denunciare i crimini di Norwich, per dare voce ai bambini scomparsi. Questa dualità conquista e atterrisce allo stesso tempo: l’arte può essere un velo o una finestra, un diversivo o una rivoluzione. Edith sceglie la seconda strada, e per questo è pericolosa. È un’artista nel senso più puro: non cerca l’intrattenimento, ma la verità. E per questo rischia di essere distrutta. 

Il romanzo è una riflessione su come la storia venga narrata e tramandata. Edith scopre che la leggenda di Mawther Meg è stata trasformata in una favola rassicurante, ma che sotto di essa si cela un orrore più profondo. Questa dinamica si riflette nel modo in cui le società costruiscono i propri miti: quante verità scomode vengono riscritte, edulcorate, cancellate? Il teatro diventa così una metafora della memoria: ciò che mettiamo in scena è ciò che scegliamo di ricordare, e ciò che lasciamo fuori è ciò che vogliamo dimenticare. 

L’autore scrive con una voce ricca di dettagli, in bilico tra il gotico e il surreale. L’atmosfera è densa, onirica, con un senso costante di minaccia. La narrazione di Edith è impregnata di un’ironia malinconica, una voce che oscilla tra la consapevolezza di una tragedia imminente e la speranza disperata di evitarla. La prosa è colta, teatrale, capace di evocare immagini vivide e inquietanti. Le illustrazioni di Edward Carey aggiungono un ulteriore livello di lettura: i suoi disegni deformi, quasi grotteschi, danno un senso di distorsione, di un mondo che si contorce sotto il peso dei suoi segreti. 

Edith Holler è un romanzo che parla del nostro tempo. Parla di verità nascoste, di storie riscritte, di potere e oppressione. Parla del ruolo dell’arte in una società che preferisce il conforto dell’illusione al dolore della verità. È un’opera che grida per chi non può parlare, un monologo tragico e potente che risuona nel teatro della storia. 

Io ci ho visto davvero troppo della nostra misera realtà, e leggendo, mi è venuto anche un po’ di affanno, quell’affanno di chi capisce che tra le righe di una storia che sa di passato, si riflette tutto il marciume di un oggi calpestato dalle notizie false, dalle grida di gente che gode delle rovine altrui, e di chi, proprio come gli sciacalli, risorgono dalle proprie ceneri, non muoiono mai, e masticano i fallimenti degli altri, sopravvivendo alla loro stessa vergogna. 

Siamo tutti prede dei teatrini dei social, dove ci spacciano fregature per verità, dove la gente corre a Roccaraso perchè un’influencer è andata proprio lì. Dove nessuno riesce più a stare al suo posto, perchè significa misurare troppo la propria piccolezza, il proprio spazio, eccessivamente limitato rispetto agli altri, a quell’universo di divertimento e di ricchezza che ogni giorno ci seduce con il teatro dei social. 

A fine libro, ci si pone una domanda, la stessa che ogni giorno tormenta quelle menti un po’ più riflessive e attente a ciò che le circonda. Quanto di ciò che vediamo è realtà e quanto è solo uno spettacolo ben orchestrato?

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