Buongiorno! Grazie alla collaborazione con la Casa Editrice Giulio Perrone Editore che ringrazio, oggi vi parlo del romanzo di Aixa de la Cruz, dal titolo Transito. Una storia autobiografica che ho letto evidenziando quasi tutte le pagine. I pensieri dell'autrice sono memorabili e rivoluzionari. Leggetelo!
di Aixa de la Cruz Editore: Giulio Perrone Editore Pagine: 127 GENERE: Autobiografia Prezzo: 15,00 € Formato: Cartaceo Data d'uscita: 2021 LINK D'ACQUISTO: ❤︎ VOTO: 🌟🌟🌟🌟🌟
Trama:
Alla soglia dei trent’anni, Aixa de la Cruz raccoglie i ricordi dei momenti più significativi della sua vita: dal giorno in cui una delle sue migliori amiche rimane gravemente ferita in un incidente stradale al divorzio, dai rapporti sessuali con altre donne all’infanzia passata senza un biopadre. Come in un vortice, risucchia i legami, la famiglia, l’identità. Li mastica e li risputa. Si interroga sull’idea di colpa, non sulla sua accezione religiosa, ma come l’intercapedine in cui si forma la giustizia poetica. Riflette sull’attualità che la circonda e che influenza la sua generazione, il movimento #MeToo, lo scandalo delle torture di Abu Ghraib, la femminilizzazione della politica. Transito accumula esperienza su esperienza fino a innalzare un muro e invita, o forse trascina, il lettore a passare dall’altra parte. Quella di Aixa de la Cruz è la scrittura impure dell’io: tra narrazione e saggio sull’identità sessuale, letteratura confessionale e autofiction, rassegna di tweet e insieme di teorie. Ma questa litania viene interrotta quando l’io incontra l’altro e le fantasticherie si fanno carne e le cicatrici riprendono a sanguinare.
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RECENSIONE
Transito è una storia autobiografica dove l’autrice, Aixa de la Cruz, racconta con una frenesia e una potenza disarmante, la sua vita, a piccoli passi, ma a dosi profonde che ti lasciano addosso macchie nere come l’inchiostro della sua penna.
Aixa è spagnola, vive un’infanzia complicata, molto simile a quella di tante persone. Un padre che la lascia quando era troppo piccola, che ogni tanto si fa vedere e a cui lei non sembra molto interessata.
Le analisi di questa donna che scrive della sua vita come se fosse al di fuori di tutto, ti aprono davvero la mente e ti fanno vedere tutto con una lucidità devastante.
Il padre biologico ha l’abitudine di fuggire in continuazione, come fanno quelle persone che quando vogliono suicidarsi, lasciano la porta aperta. Perché? Per essere salvati in tempo. Così ha fatto il padre di Aixa. È scomparso perché era un falso fuggitivo, in realtà non vedeva l’ora di essere cercato. E quando si è stancato che nessuno lo cercasse, si è fatto definitivamente vivo, citando in giudizio Aixa bambina di appena nove anni e richiedendo di vederla. Così, a caso.
Mi ha colpito molto il suo carattere sin da piccola. Lei si definisce piuttosto prudente per essere una bambina, accorta, razionale, minuziosa e con uno sguardo fin troppo razionale sulla realtà che la circonda, in modo particolare su sua madre. La ritiene colpevole di tutte le zone d’ombra della sua vita, ha un rapporto intricato con lei, che non pare essere sulla via della risoluzione, anche a causa di quel biopadre inesistente.
Le donne pazze e i figli scomodi
sono animali da attico.
Intanto Aixa cresce, prende sempre le parti dei più deboli, difende chi è in difficoltà, ed è ammirata ma anche odiata dai compagni di scuola e dalle amicizie che frequenta.
Mostra subito tendenze omosessuali, sia negli abiti che nel rasarsi i capelli a zero, evidenziando la sua voglia, sin da adolescente, di essere se stessa contro il mondo.
Scoprire che piace alla gente, e che le persone la desiderano, lo paragona a intossicarsi con una droga potente che l’organismo non filtra e che ti rimane nel sangue facendoti sentire potente e pronta a qualsiasi cosa. Se fino a quel momento era consapevole di aver affrontato tante difficoltà e di aver vissuto altrettante soddisfazioni, adesso si sente realmente fuori di prigione, pronta a vivere la vita sotto ogni punto di vista.
Il suo rapporto con gli uomini è altalenante, ha diversi amici maschi e persino un marito, ma è con le donne che Aixa supera davvero se stessa. Le odia e le ama allo stesso modo. Ne ha paura per lungo tempo fino a quando non decide di portarsele a letto, da quel momento in poi, la prospettiva cambia. Cambia anche in relazione agli uomini.
Un ragazzo tenta di andare oltre con lei, mentre Aixa si rifiuta vivendo quella sorta di aggressione come una violenza gratuita. Quando lo racconterà alle amiche, scoprirà che ognuna di loro, in modo diverso, ha avuto a che fare con l’ideologia maschilista di supremazia sessuale.
Chi più e chi meno, tutte loro hanno subito una qualche violenza fisica o psicologica, o un tentativo di applicarla sui loro giovani corpi e morbide menti ancora alla ricerca del principe azzurro.
Che questa sia una sorta di iniziazione nell’universo femminile? Forse, pensa Aixa. In ogni caso NON può essere la norma. Arriva persino a pensare che essere donna significhi proprio questo, subire determinate parole o atti che ti inseriscono all’interno di questa “categoria” che gli uomini hanno creato, la nostra cultura ha creato, non di certo la donna stessa.
Sempre con il più debole.
Così mi avevano educato.
Per la protagonista non esiste il determinismo biologico. Suo padre, il falso fuggiasco, non è suo padre soltanto per questioni biologiche. Non lo è, secondo lei, e basta.
Così come il termine “donna” non esiste se non a livello culturale. È un idea, non è un dato di fatto, è il risultato di un insieme di norme arbitrarie che sono state create da qualcun altro, e di cui lei dovrebbe sentirsi parte, ma non è così.
Nessuno, afferma, per il semplice fatto di avere la fica, può parlare in suo nome. Non è l’organo sessuale a renderci tutte uguali. Continua così: “Io non ho firmato la mia adesione, mi hanno iscritto altri.”
Trovo questo pensiero di una chiarezza sconvolgente. Provate a rifletterci su, e vedrete che la vostra mente si aprirà conducendovi verso orizzonti che fino ad allora non pensavate potessero esistere.
“Le ragazze sono delle piagnone, ma non vedo perché tu debba essere una ragazza.”
Questa frase raccoglie perfettamente il significato del pensiero di Aixa sulle donne e sull’identità di genere. Non è quello che abbiamo tra le gambe a dirci cosa siamo o cosa dobbiamo essere. Sono solo idee, non fatti. Quello che sentiamo, e quello che vogliamo, è al contrario, quello che davvero siamo.
Aixa perde diverse volte la carta d’identità e non se ne preoccupa, perché la sua identità, appunto, cambia continuamente. Da nubile a sposata, e poi divorziata e poi di nuovo con un cognome che probabilmente non le appartiene perché ciò che è sicuro è solo il nome della madre, poiché il padre non l’ha mai conosciuto. Quel padre è per lei un disonore, ecco perché, forse, ha perso così tante volte quel pezzo di carta.
Mi pento adesso dei postumi di domani.
Tutto si consuma con l'uso.
Un episodio traccia profondamente il suo cammino e lo rivelerà soltanto verso la fine del libro. — La mia migliore amica dell’infanzia fu violentata dal padre perché io non feci nulla per evitarlo.
Parole dure che la costringono a fare i conti con una verità che si porta dietro per troppo tempo. È una vittima perversa di un sistema, quella che porta il peso dei morti altrui per soddisfare le proprie fantasie masochiste e si dichiara più colpevole dei colpevoli.
Aixa scrive perché desidera lasciare traccia delle cose che le sono accadute e che non si vedono. Perché persino le bruciature del passato, un tempo cicatrici, sono svanite.
E allora che si fa?
Si usano il corpo con i segni del vissuto, e la mente con i segni della memoria, non come una sentenza, ma come la nostra migliore autobiografia perché — Vivere per raccontarlo è la legge.
E quando tutto fallisce, scivola, e niente più ci pompa il cuore di emozioni, facendoci sentire e vedere quello che veramente siamo, resta solo una cosa da fare: mettere all’asta le nostre viscere.
È quello che un po’ fa anche la nostra Aixa.
E spacca.
Una valanga che non puoi fermare.
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