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mercoledì 2 ottobre 2024

Recensione: LA LUNGA NOTTE SENZA LUNA di Simon Jimenez

Buongiorno! Grazie alla collaborazione con la casa editrice Mondadori, oggi vi parlo di La lunga notte senza luna di Simon Jimenez.

la lunga notte senza luna

di Simon Jimenez
Editore: Mondadori
Pagine: 468
GENERE: Epic Fantasy 
Prezzo: 11,99€ - 23,00
Formato: eBook - Cartaceo
Data d'uscita: 2024
LINK D'ACQUISTO: ❤︎
VOTO: 🌟🌟🌟🌟🌟 

Trama:
Anticamente, Luna e Acqua si amavano. In cerca di un modo per stare insieme, crearono il Teatro Riflesso, un luogo sospeso tra i mondi e nel tempo, a cui anche ai mortali è consentito l’accesso attraverso il sogno. Quando arrivi, sai già dove andare: ottava fila, posto centrale. Attratto da una forza sconosciuta, ti siedi e assisti al racconto di questa storia: un tempo, uno dei Primi Uomini scucì Luna dal cielo con la punta della sua lancia. Lei gli concesse quindi un desiderio: una discendenza investita di doni sovrannaturali che da allora ha regnato sull’Antica Patria, soffocandola, tuttavia, con la propria sete di potere e gettandola in un’oscurità sempre più profonda. Gli imperatori hanno tratto per secoli la loro forza da Luna, imprigionata nelle segrete del palazzo reale, ma una divinità non può essere rinchiusa per sempre... Mentre l’Ottavo Imperatore si prepara a un pellegrinaggio in cerca del segreto della vita eterna, e i suoi eredi, i Tre Terrori, tramano per prendere il suo posto, Luna convince Jun, figlio prediletto del Primo Terrore, ad aiutarla a scappare per rimediare al suo passato da feroce assassino. Durante la fuga, i due incontrano Keema, un giovane guerriero con un solo braccio e dalle misteriose origini, che si unisce a loro in questo pericoloso viaggio verso i confini più estremi del regno, alla ricerca di un modo per riportare la libertà e la luce nell’Antica Patria. Grazie a una capacità narrativa estremamente originale e stratificata, Simon Jimenez dà vita a un incredibile romanzo corale, che è allo stesso tempo un’avventura epica e una storia d’amore, un’esplorazione profonda dell’identità e del senso di appartenenza, e un tributo all’immenso potere delle storie e del racconto.

RECENSIONE

Con La lunga notte senza luna, Simon Jimenez ci trascina in un mondo che non è solo ambientazione di un racconto epico, ma un’esperienza sensoriale e narrativa che stravolge ogni aspettativa del genere fantasy. Questa non è la solita storia di eroi, magia e mondi da salvare: è una meditazione sulle storie stesse, sul potere del raccontare e sul nostro ruolo, come lettori, nel dare vita a ciò che leggiamo. 

Fin dalle prime pagine, veniamo travolti da un mondo dove il confine tra mito e realtà è costantemente messo in discussione. La struttura narrativa, che si dipana tra la prima, seconda e terza persona, sfida ogni convenzione e trasporta il lettore in un teatro invertito, dove la storia viene "danzata" davanti ai nostri occhi, piuttosto che semplicemente narrata. È come se la trama fosse un sogno condiviso, una narrazione che appartiene tanto ai personaggi quanto a noi, spettatori e partecipanti. 

Al centro della storia ci sono Keema e Jun, due eroi imperfetti, legati da un destino comune ma tormentati da traumi e perdite personali. Keema, guerriero di una tribù ormai caduta, lotta contro un destino che lo vuole relegato ai margini, mentre Jun, erede di un passato di violenza e soprusi, cerca di sfuggire al suo ruolo di carnefice. La loro relazione, fatta di tensioni sottili e desideri trattenuti, emerge con delicatezza in un contesto dominato dalla missione più grande: restituire la libertà a un mondo oppresso da tiranni. 

Ogni personaggio, anche quelli secondari, trova la sua voce e il suo spazio nel racconto, arricchendo la narrazione con sfumature psicologiche e motivazioni complesse. Ciò che rende questo romanzo davvero innovativo è il modo in cui l’autore utilizza la struttura narrativa per esplorare temi come la violenza, il trauma e il peso della storia. Non è un libro che glorifica le battaglie o i gesti eroici senza riflettere sul loro costo umano. Al contrario, la violenza non è mai priva di conseguenze: ogni morte, ogni ferita lascia un segno tangibile non solo sui protagonisti, ma sull’intera struttura del racconto. È come se il dolore e la sofferenza dei personaggi permeassero le pagine, costringendo il lettore a confrontarsi con le implicazioni morali e emotive di ogni azione. 

Il lettore non è un semplice spettatore passivo, ma viene invitato a partecipare attivamente alla creazione del significato. In questo modo, la storia diventa una riflessione sul potere del racconto e sul nostro bisogno di storie per dare senso alla nostra vita e alle nostre esperienze. L’uso della seconda persona è forse la scelta più audace e disorientante, in quanto ci coinvolge direttamente nella narrazione, facendoci sentire parte della storia e rendendo la nostra presenza quasi fisica all'interno del racconto. Questo espediente narrativo ha un duplice effetto: da un lato ci fa sentire partecipi degli eventi, come se fossimo testimoni diretti delle vicende di Keema e Jun; dall'altro, crea una distanza psicologica, come se fossimo in un sogno, sospesi tra realtà e finzione, osservatori e protagonisti allo stesso tempo. 

La struttura polifonica è un altro elemento distintivo dello stile. La narrazione si frammenta continuamente, passando da una voce all’altra, da un punto di vista all’altro, come in una sinfonia in cui ogni strumento suona la sua parte ma contribuisce all'armonia complessiva. Non è raro, infatti, che il punto di vista di un personaggio minore venga improvvisamente elevato a protagonista per un momento, donando spessore a figure che in un romanzo più tradizionale sarebbero rimaste sullo sfondo. Questo continuo saltare da una mente all’altra, potrebbe sembrare caotico, ma l’autore lo gestisce con grande maestria, creando un senso di coralità che arricchisce la narrazione, facendo percepire l'epicità e l’universalità del racconto. Inoltre, l'inserimento di elementi onirici e teatrali, aggiunge un ulteriore livello di complessità. 

Le descrizioni dei sogni e delle danze sembrano voler trasmettere al lettore un senso di trascendenza, come se la narrazione non fosse confinata alla pagina ma si espandesse in uno spazio immaginario e viscerale. Questi momenti sono veri e propri atti performativi che richiamano la tradizione orale, ma anche la ritualità della narrazione, come se chi scrive volesse ricordarci che raccontare storie è un atto antico e sacro. 

Il contesto fantastico non è descritto in modo puntuale, con una minuziosa costruzione del mondo tipica di molti romanzi fantasy. L’autore preferisce lasciare i dettagli vaghi, evanescenti, come ricordi di storie raccontate dai nostri antenati, creando un senso di familiarità che si mescola al mistero. La descrizione del regno oppresso dall’imperatore e dai suoi figli non è centrale tanto per il suo rigore geografico o politico, ma per ciò che rappresenta a livello simbolico: la lotta contro l’oppressione, la ricerca della libertà e la riscoperta delle proprie radici. La "vecchia terra", citata ripetutamente, si lega alla tradizione culturale e orale che attraversa il romanzo. 

La dimensione mitica è popolata di figure divine, come la dea della luna, e di creature mostruose, come i figli dell’imperatore, ma è anche un luogo di memoria e di sogno, che richiama l’esperienza del racconto orale trasmesso di generazione in generazione. Questo richiamo alle storie della nonna rafforza il legame tra il lettore e il contesto narrativo, rendendo il mondo del romanzo non solo un luogo fantastico, ma anche uno spazio culturale ed emotivo che appartiene a noi. 

Keema è il guerriero ribelle, caratterizzato da un forte senso dell’onore e del dovere, ma anche da un profondo orgoglio personale. La perdita di un braccio simboleggia la sua condizione di "incompiutezza", di eroe imperfetto che, nonostante tutto, è chiamato a portare a termine un’impresa più grande di lui. Rappresenta il personaggio che, pur essendo segnato dal fallimento e dalla sconfitta personale, trova la sua forza nella perseveranza e nella lealtà. 

Jun, al contrario, è un personaggio che fugge dalla violenza, cercando di espiare un passato di crudeltà e sangue. È tormentato dai suoi demoni interiori, dalla colpa e dalla vergogna, ma anche dal desiderio di redenzione. La sua relazione con Keema è una delle dinamiche più affascinanti del romanzo, poiché si sviluppa attraverso un delicato gioco di fiducia e sospetto, attrazione e distanza. Jun, pur essendo uno dei figli del terribile Primo Terrore, ha rifiutato il ruolo di distruttore, scegliendo di dedicarsi alla missione della sua nonna, la dea della luna. Il suo viaggio non è solo fisico, ma soprattutto interiore, un cammino verso l’accettazione di sé e del proprio passato. 

Infine, Luna, è una divinità imprigionata dal malvagio imperatore, colui che ha tratto il suo potere proprio dalla dea. Questa relazione di dominio è metafora di una dinamica di potere molto più ampia: il fatto che l'imperatore tragga la sua forza dalla dea imprigionata rappresenta un’appropriazione del potere femminile da parte di un'autorità patriarcale e corrotta. Luna, quindi, diventa simbolo di resistenza e, al tempo stesso, di sfruttamento: è una figura potentissima, capace di plasmare le sorti del mondo, ma è relegata a un ruolo passivo a causa della prigionia. Questa condizione di sofferenza e repressione si lega profondamente al tema della libertà, uno dei principali motori della trama. 

La fuga di Luna e la sua ricerca di riscatto sono paralleli alla lotta dei due protagonisti, Keema e Jun, che cercano anch'essi la liberazione da un destino di oppressione e violenza. Tuttavia, non è semplicemente una vittima, ma una forza attiva nel mondo, il cui potere è intrinseco alla narrazione stessa. La sua ricerca di libertà è anche una ricerca di identità, un desiderio di riappropriarsi del proprio ruolo non come oggetto, ma come soggetto della storia. Jun è incaricato di riunirla con il suo primo e più grande amore, il mare, un viaggio che ha una dimensione epica, ma anche intima. Questo amore perduto è al centro della missione di Luna: non solo cerca la libertà fisica, ma desidera riunirsi con il mare, che rappresenta la sua vera natura e la sua connessione più profonda. L'oceano, con la sua vastità e il suo mistero, è il luogo da cui Luna proviene e in cui desidera tornare, simboleggiando l’eterno ritorno alla propria essenza. 

Luna, in questo senso, è anche un personaggio tragico, poiché è stata separata da ciò che amava e tradita dai propri figli, che incarnano la corruzione e la crudeltà dell'imperatore. La sua sofferenza, quindi, non è solo fisica, ma anche emotiva, e la sua missione diventa un atto di redenzione, tanto per se stessa quanto per il mondo che è stato devastato dalla sua prigionia. Il viaggio di Jun per riunirla con l'oceano assume un valore simbolico: è un atto di amore e di riparazione, un tentativo di risolvere le fratture del passato. Da un lato, è vista come la chiave per la salvezza del mondo, la dea benevola che, una volta liberata, potrebbe riportare l’armonia e la pace. Dall'altro lato, la sua presenza è anche associata a un senso di pericolo e distruzione. Essendo una divinità, il suo potere è così vasto e incontrollabile che potrebbe facilmente travolgere coloro che cercano di liberarla. Questa ambiguità riflette il modo in cui viene esplorato il tema del potere: la forza, anche quando esercitata per il bene, ha sempre un costo, e liberare Luna comporta rischi e sacrifici

In un panorama letterario dominato da convenzioni di genere, Simon Jimenez osa rompere gli schemi, creando un romanzo che sfida i confini del fantasy epico e invita i lettori a immergersi in un’esperienza narrativa unica. La lunga notte senza luna non è solo un libro per chi ama il fantasy, ma per chiunque cerchi una storia che esplori i confini della narrazione stessa. Un'opera audace, raffinata e indimenticabile, che resterà con voi a lungo dopo l'ultima pagina.

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