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mercoledì 30 marzo 2016

Quando la notte è più luminosa di Nadia Hashimi Recensione

Buongiorno cari lettori! Grazie alla Piemme, ho letto Quando la notte è più luminosa di Nadia Hashimi, un romanzo forte ma anche pieno di amore e di senso della famiglia, incentrato sulla fuga di Fereiba, una donna afgana e dei suoi tre figli, in viaggio verso l’Europa. Una storia commovente ma anche profondamente vera, una storia che narra di profughi e di sopravvivenza, di vita e di morte.



Titolo: Quando la notte è più luminosa
Autore: Nadia Hashimi
Editore: Piemme
Pagine: 420
Genere: Romanzo
Prezzo: € 18,50
Uscita: 2016

TRAMA


Fereiba è una maestra, ed è cresciuta in un Afghanistan dove la felicità e l’amore erano sogni possibili. I talebani non avevano ancora preso il potere, e suo marito tornava a casa ogni sera da lei e dai loro tre bambini. Finché un giorno non è più tornato. È stato allora che Fereiba ha capito che il suo paese non era più casa sua, ed è partita, insieme ai suoi bambini, verso un posto dove ricominciare, vivere, e dimenticare. L’Inghilterra. Attraversando l’Iran, poi la Grecia, col cuore spezzato dalla tristezza, Fereiba accompagna così i suoi figli verso la salvezza. Finché, nella piazza del mercato di una città greca, Saleem, il figlio più grande, sparisce nella folla. Da quel momento Fereiba avrà una duplice missione: mettere in salvo i due figli più piccoli e ritrovare Saleem, prima che sia troppo tardi. Perché Fereiba sa che anche nelle notti più buie prima o poi sorge la luna, a rischiarare e illuminare la strada.



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Se vedi cosa odiosa, figuratela soave. 
Inghiotti il veleno, ma il sapore non ti sia grave. 

  
Quando la notte è più luminosa, dal titolo originale When the moon is low, è un romanzo che racconta dei profughi e delle sconcertanti disavventure di uomini e donne che scappano dalle loro terre devastate dall’odio e dalla guerra per rifuggiarsi altrove. La protagonista è Fereiba, una donna che ha vissuto tutta la sua vita in Afghanistan e che è costretta a lasciare il proprio paese per trasferirsi a Londra dove vive la sorella. Il suo viaggio, insieme ai suoi tre figli, non è un semplice racconto caratterizzato da uno spostamento e dalle relative vicissitudini che lo marchiano, bensì è una commovente e struggente narrazione piena di angoscia e di sentimenti che permette di sentire sulla propria pelle la sofferenza, il diniego, il terrore che queste persone provano quando abbandonano i loro paesi per entrare a far parte di nuovi mondi con altrettanti pericoli e rischi da cui nessuno sembra in grado di preservarli. 
La storia di Fereiba è una voce piena e tuonante ma anche morbida e delicata, fatta di sentimenti e di vibrazioni, sporcata dal dolore e dal sangue ma anche tenuta in piedi da una ragguardevole speranza. 
La narrazione si muove utilizzando due punti di vista differenti: i capitoli scritti in prima persona in cui è la stessa protagonista a parlare e i restanti capitoli in cui il punto di vista è incentrato sulla terza persona attraverso cui leggiamo le vicende, conoscendo più da vicino il figlio di FereibaSaleem. 
La storia di questa famiglia è struggente e commovente. All’inizio del romanzo siamo immersi nella vita della donna, caratterizzata da un’infanzia poco felice nella quale a causa di una matrigna cattiva e fredda, le era impedito di fare qualsiasi cosa, soprattutto l’apprendimento, essendo un amante della cultura. Le cose migliorano quando, grazie ad un matrimonio combinato, sposa un uomo che presto scopre di amare e con il quale riesce a raggiungere almeno un minimo di felicità. 
La storia dell’Afghanistan, della guerra, dello sconforto, della politica e dell’economia che si cela dietro questi mostri che lottano in nome di chissà cosa, si racchiude tutta in queste pagine, portando alla luce episodi di rara trasmissione emotiva ed emozionale, dove davvero chi ne è fuori, come me, come voi, si sente parte di una realtà che siamo abituati a vedere soltanto in televisione ma di cui ci viene narrato tutto con rispetto e pazienza. Con meticolosa rassegnazione per certi versi, perché lo sappiamo tutti, certe cose non cambieranno mai da un giorno all’altro e purtroppo queste persone sono destinate a soffrire. Soffrire è una brutta parola, disgustosa, soprattutto se consideriamo l’ingiustizia che sottintende tutto questo. Cosa hanno fatto di male queste persone, esseri umani come noi, colpevoli solo di non voler morire? 
Il cuore di mio figlio era più malandato del mio. Seppellii la rabbia che provavo nei confronti di mio marito per aver deciso che dovevamo intraprendere quel viaggio. Non era colpa sua, e io lo sapevo bene quando riuscivo ad essere razionale. 
Nadia Hashimi è un’autrice che parla con il cuore e di certo, non si aspetta neanche una briciola di meno dai suoi lettori. Il suo stile è poetico e ammaliante nel raccontare gli aspetti migliori, quelli che vanno rivalutati, quelli che vanno scoperti e non persi, mentre è capace di grande solidità strutturale e fisica nelle descrizioni più cruente e soprattutto nella rappresentazione degli aspetti meno piacevoli, come la consapevolezza di perdere un figlio. E’ questo quello che accade a Fereiba, quando durante il suo viaggio verso la speranza e la libertà, perde Saleem, catturato e reso prigioniero. I percorsi dei due personaggi principali si dividono e ognuno di loro proseguirà per la propria strada. Fereiba continuerà a lottare per portare gli altri suoi figli in salvo e dall’altra parte, Saleem affronterà le difficoltà da solo, maturando e diventando un uomo. 
Molti personaggi appaiono sulla scena e molti dei loro pensieri e sentimenti ci vengono descritti in modo approfondito durante i capitoli scritti in terza persona e che hanno come protagonista Saleem. 

Il viaggio è una tortura. Il viaggio incute paura. Il viaggio è una speranza ma è anche fonte di un terribile cambiamento. La stessa Fereiba modifica il proprio carattere e la propria essenza a causa delle circostanze che dovrà affrontare, per non parlare dei figli che modificheranno le loro personalità influenzati dalla paura della morte e dalla minaccia spaventosa e continua del ritorno nella loro terra. 
I trafficanti, le guardie, gli stessi compagni di viaggio sono fonti di emozioni fortissime che molto spesso è difficile controllare e soprattutto gestire in un mondo dove tutti sono pronti a darti addosso e dove la compassione è ormai una merce sempre più rara. 
Quando la notte è più luminosa è un romanzo sul coraggio e sulla forza della speranza. Una storia che non basta, perché storie del genere non bastano mai in questo momento in cui il mondo sa, conosce, parla e ne sparla, ma è ancora troppo poco. Ancora non è niente e lo si vede, lo si percepisce proprio da queste storie che mettono in luce tutte le debolezze, le fragilità, gli ostacoli che questi esseri umani esattamente come noi sono costretti ad affrontare. Nessuno vuole capire fino in fondo, nessuno vuole vedere che l’unica differenza tra noi e loro, è che noi siamo nati in una terra dove ancora nessuno ci ha costretto a scappare. Ma fino a quando? 

4 commenti:

  1. Se prima mi girava la testa, adesso mi sono venuti i brividi.
    La realtà è questa purtroppo: tutti sono sempre pronti a darti addosso e speriamo di non doverci mai trovare nella situazione di dover scappare dalla terra in cui siamo nati, sebbene a volte sono le persone stesse a indurti a farlo!!

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    1. Verissimo, cara Federica! Grazie come sempre per i tuoi commenti che ravvivano il blog e lo scaldano! <3<3<3

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  2. Che bello.mi piace assai questo libro. Lo voglioooooo

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